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Autore: StrongerH    07/06/2018    0 recensioni
La storia di Kat Evergreen comincia a San Francisco. Dopo essersi allontanata da New York e dalla famiglia, decide di ricominciare da capo, senza pensare al passato. Frequenta la San Francisco State, e nel frattempo lavora part-time in una biblioteca. Dopo che il suo migliore amico, Mash l'ha convinta ad andare ad una festa, tutto cambia. Kat incontra, in un modo quasi imbarazzante ed irripetibile, Jayden West: donnaiolo, tatuato, bello e impossibile. Nonostante per Kat sia lo stereotipo del "bad boy", qualcosa in lui la attrae. Le coincidenze non giovano poi, mettendolo sempre sul suo cammino, in un modo o nell'altro. Kat però non vuole cascarci. Vuole pensare a se stessa. Ha un passato oscuro da cui scappare, e da dimenticare, e un futuro pieno di speranza.
Ma come se il destino avesse già deciso, Kat sembra avere le mani legate. Dovrà sorbirsi quel sexy e dannato Jayden West, ma croce sul cuore, non se ne innamorerà... O almeno spera.
Alla fine cosa può farci, se è vittima di Un pazzo Amore a San Francisco?
Tutti i diritti riservati. ©
StrongerH
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo | Contesto: Universitario
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Capitolo sei:

 

È passata più di una settimana dal mio “non-appuntamento” con Jayden. Lo ammetto, è stato difficile cercare di evitarlo per tutto questo tempo, ma è stata la cosa migliore da fare. In questa settimana, io e Beck abbiamo stretto ancora di più i rapporti. Ogni mattina lei mi ha aspettata fuori dal suo appartamento per andare assieme al campus, e ogni sera, dopo il turno alla biblioteca abbiamo mangiato assieme. Mash la adora, dice che è la persona giusta per me, perché nonostante sia timida quasi quanto me, ha un bel caratterino. Dice che ho bisogno di qualcuno come Beck accanto a me, che mi aiuterà a, cito testuali parole, “Uscire fuori le palle.”

Siamo diventati un terzetto, e lo adoro. In qualsiasi situazione, tranne alle lezioni, non sono mai sola. Che sia Beck o Mash sono sempre al mio fianco. Dopo avermi vista parecchio diversa negli ultimi giorni, ho dovuto raccontargli di ciò che è successo con Jayden, e entrambi mi hanno dato della stupida. Per loro sarà anche una scelta stupida, ma per me, che devo fare i conti con i fantasmi del mio passato, è stato essenziale allontanarmi da lui. 

Ci sono riuscita fino ad oggi.

Siamo seduti in caffetteria, Beck e Mash parlano di non so cosa, e io sorseggio il mio cappuccino per rilassarmi, mentre rileggo gli appunti delle ultime lezioni. Il gruppetto di Jayden entra, e Ethan si fionda al nostro tavolo abbracciando Beck. 

«Ehi straniera.» la saluta, e lei diventa rossa. «Sei sparita ultimamente.» la rimbecca, e lei annuisce, guardandomi. «Ho avuto da fare.» mente, e lui le accarezza la testa con fare protettivo. Mash si presenta come suo solito, e Ethan si siede accanto a lui. Beck mi guarda con gli occhi sgranati. So che in questo momento Jayden è dietro di me. Lo avverto dal suo profumo che mi arriva dritto nelle narici quasi come uno schiaffo in pieno volto. 

«Kat.» la sua voce mi fa sussultare un attimo. Mi volto a guardarlo. «Ehi Jayden.» lo saluto timidamente. Ma perché mi sto comportando così?

«Potresti venire un attimo fuori? Ho bisogno di parlarti.»
Annuisco e mi alzo, lasciando la tazza sul tavolo. Usciamo fuori, e lui poggia la schiena al muro. 

«Perché mi hai evitato in questi giorni?» Sapevo che se ne sarebbe accorto, Jayden non è stupido. «Non ti ho evitato, ho avuto da fare.» cerco di mentire, ma non sono mai stata brava in questo. «Pensi che possa crederti?» Una nota di disappunto traspare dalla sua voce, e una parte di me vorrebbe scappare a gambe levate. «Dovresti, perché è esattamente ciò che è successo.» bofonchio. Lui alza gli occhi al cielo. «Hai saltato almeno tre lezioni di Letteratura questa settimana.» 

«Mi stai spiando per caso?» 

«No che non ti sto spiando!» sbuffa lui esasperato «Mi preoccupo per te. Dopo l’ultima volta che abbiamo parlato sei completamente sparita. Non dire che hai avuto da fare! Hai accuratamente evitato i posti dove sapevi di potermi incrociare. È il primo giorno che ti vedo alla caffetteria dopo più di una settimana.» Mi stritolo le mani, cercando di farmi venire in mente qualcosa con cui controbattere. 

«Non sono stata molto bene e ho dovuto fare alcuni turni in più in biblioteca, tutto qua.» continuo a mentire, cercando di non guardarlo negli occhi. Lui si avvicina a me, e mi afferra il braccio con una mano. «Kat… Smettila di mentire.» mi sussurra, e il mio cuore comincia a battere molto più velocemente. Odio l’effetto che mi fa. Odio come divento quando è vicino a me. 

«Devo andare ora, Jayden. Ci sentiamo.» farfuglio. 

«Kat… non scappare.» quasi mi supplica. «Non sto scappando.»

«Oh si invece, senti. Ne parliamo stasera? Davanti ad una pizza? Diciamo alle… Nove?» mi chiede, e appena il mio stomaco sente la parola “pizza” incomincia a brontolare. «Oh beh…» farfuglio. Lui mi scocca uno dei suoi sorrisi “strappamutande” «Non accetterò un no come risposta, Kat.» Alzo gli occhi al cielo. «Okay, okay!» sbuffo, e rientro nella caffetteria. 

 

La giornata passa così veloce che maledico me stessa di aver accettato l’invito, non che comunque Jayden mi abbia lasciato altre possibilità. Mentre si avvicina l’orario il mio cuore comincia a battere più veloce neanche fossi una quindicenne al suo primo appuntamento. Beck entra in casa senza nemmeno bussare e si butta sul divano.

«Il tuo divano è molto più comodo del mio letto, è ingiusto.» si lamenta, stravaccandosi. «Allora hai accettato l’appuntamento con Jay?» chiede curiosa, poggiandosi su un gomito. «Ho dovuto.» borbotto. 

«Non hai dovuto, ti piace, non mentire con me.»

«Si, okay, forse mi piace. Ma non spero in niente di più di una semplice amicizia.» farfuglio. O forse no, ma in ogni caso, ciò che spero non ha importanza. Ho fatto più di quattromila chilometri per riprendermi me stessa, per riuscire ad amarmi e non ad amare solo gli altri, e non commetterò altri errori. Sono stanca di dovermi curare sempre degli altri, con nessuno che si cura di me. Sono stanca di tutto il peso che ho sulle spalle, voglio solo finire la mia carriera universitaria, laurearmi, e trovare il lavoro dei miei sogni, il più lontano possibile da New York e dalla mia famiglia. 

«Vorrei darti i miei occhi per farti vedere lo sguardo di Jay ogni volta che tu sei nella stessa stanza con lui. Sembra sparire qualsiasi altra persona, guarda solo te. È da pazzi non ammetterselo e continuare a vivere con due belle fette di prosciutto sugli occhi.» Ridacchio all’idea, ma poi torno seria. 

«Beck, stai fraintendendo tutto, sul serio. Siamo amici, semplicemente amici.» 

«Vuoi continuare con questa cazzata del “Siamo amici”? Bene, accomodati. Ma ti dirò una cosa, Jayden Parker non ha mai, e sottoscrivo mai, avuto amiche donne. Se le porta solo a letto. E dubito che abbia avuto voglia di incominciare proprio con te.» mette le braccia conserte e mi scocca un’occhiata accusatoria.

«Tutti possono cambiare Beck.»

«Jayden Parker non è “tutti”.» dice virgolettando con le dita l’ultima parola. E per la prima volta non posso che darle ragione. 

Jayden Parker non è tutti. Sarà il modo in cui mi guarda, o quel dannatissimo sorriso… o quegli occhi magnetici, ma mi suscita qualcosa che non ho mai provato in tutta la vita. Ha provato a scavarmi dentro il giorno dopo avermi conosciuta, si è interessato a me nonostante fossi una semplice e sfigata matricola. È strano da dire, ma mi piace. Mi piace il modo in cui mi fa sentire, il modo in cui mi fa ridere, il fatto che è totalmente e spassionatamente se stesso, e che non finge. Mi piace come mi fa sentire tranquilla quando sono con lui, non mi fa sentire inadeguata o fuori posto. Quando sono con lui, è come se fossi al posto giusto nel momento giusto. E questa cosa mi scombussola e anche parecchio. Non sono mai stata abituata a rimuginare così tanto sui miei sentimenti, insomma… Alle superiori non ero Miss Popolarità, anzi tutt’altro. Ho due amiche contate, Jessie e Gwyneth, che mi messaggiano ogni giorno. Sono riuscite entrambe ad entrare alla Cornell, anche se inizialmente puntavano alla Columbia, anzi… tutte e tre puntavamo alla Columbia, poi i piani sono cambiati, loro non sono state accettate, e io ho gentilmente declinato l’accettazione, preferendo quella della San Francisco State. Solo e soltanto con loro due mi sono sempre sentita a mio agio, erano le mie uniche alleate a New York, e devo ammettere che mi mancano. Davvero tanto. 

«Terra chiama Kat! Iuuh-uhh!» mi richiama Beck, facendomi scivolare via i pensieri. 

«Stavo pensando…» borbotto.

«A come ti porterai Jayden Parker a letto?» sogghigna lei, alzando le sopracciglia. Divento istintivamente rossa e mi copro il volto con le mani. «Kat, stai diventando rossa come se ti avessi descritto un pomp…» la fermo con la mano e scuoto la testa. «Smettila Beck.» cerco di fermarla. Ma lei mi scocca un’occhiataccia. «Oh andiamo, non fare la pudica ora! Non sto parlando di niente di scandaloso!» ridacchia, e io mi sento andare a fuoco le guance. 

«Okay, sono vergine. D’accordo?» farfuglio. Mi sento andare la faccia in fiamme ancora di più e so anche che ho gli occhi rossi, mi sta venendo da piangere. Non che io non abbia mai voluto farlo, ma non è stato semplice per me trovare qualcuno con cui condividere qualcosa di così importante al liceo. Ero praticamente un’emarginata. L’unico ragazzo che mi si è avvicinato era Bryan Welsh, siamo usciti due volte, è stato il ragazzo a cui ho dato il mio primo bacio, in realtà primo ed unico bacio. Era uno dei giocatori di Football della scuola, amico di mio cugino. Stava andando bene, fin quando Cedric e Charlotte lo hanno preso in giro perché usciva con me. Da quel giorno Bryan non mi ha più rivolto la parola, anzi… ha incominciato a prendermi in giro per i corridoi come facevano tutti. È stato snervante e brutto da morire. Il ragazzo di cui mi ero fidata, a cui avevo dato il mio primo bacio… mi trattava male esattamente come tutti gli altri. Dopo qualche mese si è messo con Charlotte, e stanno ancora assieme. Sono passati tre anni. 

«Oh… beh, non è poi così grave.» balbetta lei. 

«Non è poi così grave Beck? Sono al primo anno del college, e non ho mai dato più di un bacio.» la rimbecco. Lei sventola la mano e ghigna. «Si può recuperare, e chi meglio di Jayden Parker?» 

Alzo gli occhi al cielo e le tiro un cuscino. 

«Allora, dato che devi fare colpo.» si alza e mi analizza. Ho messo le prime due cose che ho trovato nell’armadio. «Questo outfit…» dice indicandomi dalla testa ai piedi «È rivoltante, sul serio! Dove diavolo li hai trovati ‘sti vestiti?» Alzo gli occhi al cielo «Non sono male.» 

«Andrebbe arrestato chi te li ha venduti, che obbrobrio. Andiamo.» mi afferra per la mano conducendomi verso camera mia, e poi spalanca l’armadio. Incomincia a buttare per terra le cose che non vanno bene e io vorrei mettermi ad urlare, ci vorrà un secolo per rimettere tutto apposto. 

«Okay questo potrebbe andare.» dice lanciando sul letto un vestito che non ho mai avuto il coraggio di indossare. È un tubino bordeaux con un’ampia scollatura a barca. È troppo corto e troppo scollato, e… Oh mio Dio, proprio no. 

«Mettici questo sopra.» butta sul letto una giacca in jeans color nero strappata e con delle scritte bianche. «E infine…» si accovaccia per vedere le scarpe e sceglie un paio di converse color bordeaux. «Per non sembrare troppo in tiro. Sexy e casual.» mi fa l’occhiolino. Poi raccoglie i vestiti e me li poggia sulle braccia. «Ora cambiati, ti do cinque minuti.» 

Esattamente cinque minuti dopo sono nei suoi vestiti e mi guardo allo specchio. Devo essere sincera, ciò che vedo mi piace. Il tubino valorizza le mie curve, ma la giacca di jeans fa in modo che non siano fin troppo visibili. E in realtà il vestito non è nemmeno poi così corto, come me lo immaginavo. 

«Allora? Ci metti una vita!» urla lei entrando in camera, per poi bloccarsi di scatto non appena mi vede. «Uuuh-uhh! Sei uno schianto!» batte le mani e io sorrido timidamente. «Jayden dovrà trattenersi parecchio!» ridacchia e mi abbraccia. 

Non ho alcuna intenzione di truccarmi, così metto solo un po’ di mascara. Alle nove in punto Jayden suona al mio citofono. «Scendo.» biascico e mi volto verso Beck, sto tremando. 

«Kat, sei stupenda. Non complessarti, fidati di me.» mi rassicura e mi da un bacio sulla guancia «Io resto qui per scroccarti Netflix.» sorride e scuoto la testa. «Creati un nuovo profilo, non scombussolare  il mio. I pop-corn sono nel terzo ripiano a sinistra, e ti consiglio il genere Fantasy. Buona visione Beck.» 

«Sei la migliore!» urla mentre chiudo la porta. 

 

Arrivo giù e apro il portone, e Jayden si blocca a guardarmi. «Wow.» dice a bocca aperta. «Cosa?» chiedo timidamente, e lui schiocca la lingua «Sei bellissima Kat.» mi sorride, e addirittura mi apre lo sportello del passeggero, e lo ringrazio. 

 

Arriviamo al ristorante. Ci fanno accomodare ad uno dei divanetti in pelle, siamo così vicini che le nostre gambe si toccano sotto il tavolo, la cameriera arriva e ci sorride, ordiniamo una pizza a testa e una valanga di patatine fritte. 

«Allora, mi eviterai ancora?» chiede lui e io alzo gli occhi al cielo. «Non ti stavo evitando Jay.» Sta volta è lui ad alzare gli occhi al cielo. «No sul serio, è che…» mi blocco, non so cosa dirgli. «Lascia stare okay? Voglio solo sistemare le cose.» borbotta lui e mi paralizzo sul mio posto mentre lui mi sfiora la coscia con la mano. «È tutto apposto Jay.» cerco di rassicurarlo, e lui scuote impercettibilmente la testa. «Non ho molta esperienza con le amicizie femminili, mi sto abituando a non fare il cazzone…» si rimprovera e istintivamente poggio una mano sulla sua spalla. Si volta e mi guarda dritto negli occhi. Il cuore mi rimbomba nel petto.

«Te la stai cavando bene, considerando che mi offrirai una bella pizza e tante… tante patatine fritte!» lo prendo in giro e lo sento rilassarsi al mio fianco. 

La serata procede bene, parliamo di tutto. Mi racconta di avere altri due fratelli, uno più grande e uno più piccolo. Il maggiore si chiama Tyler e ha due anni più di lui, si è già laureato e lavora nell’azienda del padre, nella sede di Boston. Il piccolo, Sebastian, va ancora alle superiori, è al suo ultimo anno e mira ad una delle scuole della Ivy League, è ancora indeciso tra Harvard e Princeton. Mi mostra una loro foto, di tutti e tre assieme e devo ammettere che la somiglianza è devastante. Il più piccolo è praticamente la sua fotocopia, con i suoi capelli scuri portati lunghi e scompigliai e gli occhi color ghiaccio. Ammette che è un play boy esattamente come lui, a differenza di Tyler, che è sempre stato il più timido dei tre, nonostante sia il primogenito. Mi racconta alcuni dei suoi ricordi più folli, come quando assieme ai suoi amici delle superiori ha dato forato le gomme all’auto del preside, facendoci dei graffiti sopra per poi scappare, o quando hanno fatto scoppiare una bomba blu nel laboratorio di scienze. Ridacchia ed è parecchio rilassato, dice però di non rimpiangere i vecchi tempi da testa calda. Mi chiede della mia famiglia e gli racconto dei miei cugini, dato che sono figlia unica. Non specifico il rapporto con i gemelli, ma quello con Cass sì. Gli parlo di come mi abbia aiutata a sentirmi a mio agio, a sviluppare la forza di non farmi mettere i piedi in testa. Mi confesso con lui, spiegandogli quanto mi manca e quanto vorrei averla qui affianco a me ogni giorno. Lui annuisce senza mai interrompermi e a fine serata, dopo aver divorato le pizze e le patatine fritte usciamo sorridenti dal ristorante. Saliamo in macchina convinta che mi stia riportando a casa, ma quando lo vedo guidare verso la città mi acciglio. 

«Dove stiamo andando?»

«In un posto. Fidati.» dice inserendo la marcia. 

Dieci minuti dopo siamo di fronte al Golden Gate Bridge, seduti sull’erba ad un’altezza incredibile. Sotto di noi c’è un picco altissimo, e se cadessi di qui sicuramente morirei per l’impatto con l’acqua. Rabbrividisco pensandoci e mi tiro un po’ più su. Ma la vista è da togliere il fiato. Le luci della città scintillano sotto i miei occhi e il rumore dell’acqua che si infrange sulla scogliera è rilassante. 

«Mi hai portata qui per uccidermi e gettare il mio cadavere nell’Oceano Pacifico?» ridacchio e lui mi scocca un’occhiataccia. «Come hai fatto a scoprirlo!» mi prende in giro facendomi sorridere. 

«Grazie per la serata Jay.» 

«Di niente baby.» sulle mie braccia si formano dei piccoli brividi per via del nomignolo e sorrido come un’ebete. Porta un braccio sulle mie spalle e mi attira verso di lui. Ho la schiena poggiata contro il suo petto, ma al contrario, al posto di essere nervosa, mi rilasso all’istante. Porto una mano sulla sua e comincio a disegnargli dei cerchi invisibili sul dorso. Lo sento inspirare e poi espirare pesantemente, per poi stringermi più forte a se. È una strana situazione, una parte di me mi dice che non dovrei farlo e forse ha ragione, ma l’altra parte di me urla di non far finire quel momento. Di continuare a stare tra le sue braccia, perché è la sensazione più bella del mondo. Mi accoccolo più vicino a lui e poggio la testa tra il suo collo e la spalla. Mi bacia sulla fronte e mi sento protetta, come se in questo momento nulla potesse farmi paura o ferirmi. 

«Jay?» mormoro. 

«Si?» mi risponde lui. 

Mi volto e non ci penso due volte, portando il cervello su off. 

Lo bacio. 

Si blocca un attimo per il gesto inaspettato, poi porta una mano sul mio fianco e mi stringe più forte, baciandomi con più foga. Mi mordicchia le labbra e un gemito esce dalla mia bocca senza nemmeno che me ne accorga. La sua lingua mi accarezza le labbra, quasi stesse chiedendo il permesso, e io schiudo le labbra facendola entrare. Ci stiamo assaporando, godendoci questo momento improbabile ma comunque perfetto. D’un tratto lui si stacca, inspirando e distoglie lo sguardo. 

«Forse è meglio che ti riaccompagni a casa.» mugugna e io annuisco abbassando lo sguardo. Ho fatto qualcosa di sbagliato? Dio che patetica che sono… 

Saliamo in macchina e per tutto il tragitto guardo fuori dal finestrino, letteralmente schiacciata sullo sportello. Non riesco a quasi a respirare, mi viene da piangere e mi sento così stupida. Arrivato sotto casa spalanco lo sportello e corro verso il portone. Lui non mi ferma, né mi saluta. Ringrana la marcia e va via nella notte, lontano da me. 

Appena entro nel mio appartamento Beck mi guarda e sorride. «Beh? Raccontami tutto!» ridacchia facendomi spazio sul divano, ma la prima cosa che riesco a fare è scoppiare a piangere. Mi abbraccia accarezzandomi i capelli. «Dimmi solo se ti ha fatto del male.» scuoto la testa e singhiozzo involontariamente. 

«Non so cosa sia successo, ma appena lo becco gli taglio le palle.»

Ridacchio all’affermazione e lei mi sorride. «Sono serissima, nessuno fa soffrire la mia amica e la passa liscia. Nemmeno Jayden Parker.» Abbraccio Beck stretta, e lei poggia il mento sulla mia testa. Ho solo bisogno di questo ora, ho solo bisogno che Jay sparisca dalla mia mente.

   
 
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