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Autore: The Custodian ofthe Doors    07/06/2018    2 recensioni
Alec non sa per quale motivo ha accettato di scappare dal festival e arrivare in bicicletta sino al promontorio dell'Angelo assieme ai suoi fratelli e i suoi amici, sa solo che il vento che gli soffia in faccia lo fa sentire bene, lo fa sentire vicino a casa, lontano in posti sperduti, lo fa sentire al completo.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sboccia nella notte.




A quei veri amici che la vita ci è valsa.





 

Alec non sa per quale motivo ha accettato di scappare dal festival e arrivare in bicicletta sino al promontorio dell'Angelo assieme ai suoi fratelli e i suoi amici, sa solo che il vento che gli soffia in faccia lo fa sentire bene, lo fa sentire vicino a casa, lontano in posti sperduti, lo fa sentire completo. Ha la vaga sensazione che da un momento all'altro, se solo accelerasse un poco di più, potrebbe spiccare il volo e librarsi tra le stelle.
Sente gli schiamazzi e le risate dei suoi amici, sente Clary urlare seduta davanti a Jace che fa il cretino cercando di far saltare la bici e Simon e Izzy in discesa libera con i piedi all'aria ed i pedali che girano all'impazzata. C'è Lidya davanti a lui che si avvicina a Maia solo per sfiorarle la spalla e farla deconcentrare dalla sua stupida gara contro Jordan a chi riesce a stare più in piedi, Catarina che si stringe a Ragnor tenendosi la corona di fiori che hanno tutti in testa, simbolo della loro promozione. Ci sono Raphael che canta le sue canzoni spagnole con una spiga in bocca e Lily che gli poggia la testa tra le scapole ascoltando il suono della sua voce amplificato dalla cassa toracica. E Magnus, Magnus sulla bici vicino alla sua che ride divertito e senza pensieri, che getta la testa indietro e lascia che la luna, le stelle ed i fuochi lontani del festival gli bacino la pelle ambrata e luminosa, i fiori colorati gli cingono la testa intrecciando le loro foglie tra i fili brillanti della sua chioma. Apre gli occhi: due biglie di vetro colorato, le vetrate delle chiese più belle, l'armonia caleidoscopica dei colori del rosone di Notre Dame de Paris, la meta del loro ultimo viaggio scolastico prima di entrare all'università. Il giallo scintillante di Napoli screziato del verde malachite, le scaglie più brillanti del granata e quelle più scure dello smeraldo. La pupilla nera dilatata dall'euforia e dall'oscurità che li circonda, i riflessi di tutte quelle luminarie naturali e non, che segnano il loro cammino, dal senso più banale come il sentiero che stanno seguendo per raggiungere il promontorio, a quello più filosofico della loro vita, di ciò che verrà.
Gli sorride senza un solo pensiero per la testa, gli sorride tutta la sua gioia, la sua serenità, il suo amore ed Alec si sente gonfio come un palloncino all'elio, pronto a volare al minimo soffio di vento che sia in grado di sciogliere il nodo del filo che lo ancora a terra.
Le sue iridi cobalto volano leggere tra i volti gioiosi dei suoi amici e di nuovo quel calore senza precedenti si staglia nel suo petto, aprendo quegli ultimi lucchetti che tenevano legate quelle pesanti catene nel suo animo.
Chi incontra il suo sguardo gli restituisce un sorriso, una risata leggera ma piena di significato. Annuisce o gli fa un cenno con il capo ed Alec capisce che gli vogliono bene, che hanno accettato il suo carattere scontroso e riservato, che hanno atteso che si sentisse abbastanza a suo agio per rivelare il suo vero animo. Gli sono stati vicini durante i suoi periodi più bui, quando ha deciso di dire la verità su di sé, quando ha baciato Magnus davanti a tutti e gli hanno battuto le mani e fischiato dietro perché era ora amico! e io l'ho sempre saputo che eravate fatti l'uno per l'altro!
Gli volevano bene e nulla sarebbe mai cambiato, anche se il liceo era finito e avrebbero intrapreso strade diverse lui li amava, tutti loro, e nulla sarebbe mai cambiato.
Riportò lo sguardo su Magnus, sul suo ragazzo, e gli sorrise come la stella più accecante del firmamento.
Magnus rise, rise buttando ancora la testa indietro, con il vento che gli solleticava il volto e strappava i petali più precari, le foglie più deboli, per portarle in aria e segnare il cammino della corrente.
Le labbra morbide del ragazzo si chiusero solo per plasmare le lettere di quelle parole, parole che avrebbe potuto sussurrare nel più dolce dei modi o gridare con tutto l'orgoglio presente nel suo corpo. Un “Ti amo” leggero lasciò quelle labbra e Alec avrebbe voluto strappargli lettera per lettera da quella bocca a suon di baci.
Lasciò semplicemente che gli si insinuassero sotto pelle e nel cuore, facendovi breccia e incendiandogli l'anima.
Chiuse gli occhi tirandosi dritto con la schiena, allargò le braccia e si lasciò carezzare dai fiori e dai petali scappati alle corone. Il vento gli poggiò le mani sulle scapole e in un qualche modo Alec capì cosa volesse dirgli la brezza, come fosse abbandonarsi tra quelle braccia e lasciarsi trasportare come facevano i fiori.
Gli parve di volare, di staccarsi da terra, preso per mano da una corrente dolce e delicata come la gioia che lo riempiva. La libertà soffocante del primo respiro di un nascituro accecato dalla vita, della prima corsa tra i campi quando l'erba è più alta di te e il grano ti sfiora i palmi quasi volesse salutarti. Del primo tuffo nelle acque cristalline che ti fanno rinascere ancora; la prima boccata d'aria sulla la neve quando il vento gelato ti fa capire che non hai mai respirato ossigeno in vita tua. Come il primo bacio, quando ti rendi conto che quello che ti da è tutto un tipo diverso di etere e che non potrai mai farne a meno.
Era il primo amore, candido ed infantile. Il vero amore, sorprendente ed eterno. E non è detto che l'uno non sia l'altro o vice versa.
Era la voce dei suoi fratelli che lo chiamavano, le loro mani che cercavano le sue perché li faceva sentire protetti.
Era l'orgoglio negli occhi dei suoi genitori, era la soddisfazione in quello dei suoi amici, le loro risate senza tempo come le loro storie affidate a tante foto e vecchi diari scarabocchiati da troppe mani.
Grida sorprese si levarono attorno a lui, il suo nome chiamato da dodici voci diverse, con toni diversi, in modi diversi, ma tutti ugualmente attoniti ed incantati.
Per Alec era come se un fiore gli fosse germogliato sulla schiena, allungando i suoi petali carnosi oltre le spalle, lambendo il vento come una vela, la potenza disarmante della natura convogliata in lui per spingerlo verso il cielo.
Aprì gli occhi solo quando non sentì più la bici sotto di sé. Si ritrovò davanti solo l'immensità della volta celeste infinita rispecchiatasi nel mare che s'increspava come un manto di velluto pregiato facendo specchio a quelle stelle magnifiche e ipnotiche. Il vento gli sussurrò nelle orecchie che stava volando, che era arrivato alla vetta, che tutta la sua vita era stata protesa verso quel momento, verso l'attimo fatale in cui avrebbe potuto solcare le correnti aeree come la delicata rondine e la potente aquila.
Un sorriso impossibile da trattenere gli si allargò sul volto, i muscoli piegati contro la sua volontà nell'espressione di pura gioia che provava in quel momento, e libertà, gioia e libertà.
Allargò ancora le braccia lasciandosi sfuggire un'esclamazione esterrefatta. Il petto era tanto gonfio che sarebbe potuto scoppiare da un momento all'altro liberando tutte le farfalle che si erano innalzate in volo con lui. Girò di poco la testa per osservare lucenti piume nere estendersi per metri oltre le sue spalle, brillanti come il marmo più lavorato, come il cielo nero ricamato di stelle in cui volava in quel momento. Piegò le ali alla sua volontà, virando oltre il bordo della scogliera dove i suoi amici lo stavano ancora inseguendo con le bici, si tuffò a strapiombo verso il mare volandoci a pochi centimetri di distanza, sfiorandone la superficie con le dita, così vicino che avrebbe potuto chinare il volto e toccarla con il naso. Vide il suo riflesso come mai aveva fatto e per una volta non riuscì a negare le parole di Magnus: il suo volto in quel momento esprimeva tanta felicità da essere incantevole, i suoi occhi parevano stelle di quello stesso firmamento ed Alec non avrebbe potuto chiedere altro che vedere quell'espressione per sempre, sentire quelle emozioni per sempre, essere libero e felice per sempre.
Voltò le spalle all'acqua facendo bagnare le piume di mille gocce scintillanti come cristalli, il ritmico battere delle ali a cullarlo, gli occhi fissi al cielo.
La roccia del promontorio dell'Angelo lo fece tornare al presente senza riuscire a strappargli la luce dal volto. I suoi amici erano tutti lì, sul ciglio del precipizio a fissarlo incantati. Le braccia protese nel buio per indicare la sua figura che carezzava il mare come un veliero che vi naviga sopra veloce.
Non dovette neanche far forza per spingersi verso l'alto, le sue ali gli risposero come se non avesse fatto altro per tutta la vita, il vento lo prese ancora tra le sue braccia facendolo sfrecciare tra i fiori ed i petali, tra i fili d'erba e le lucciole che lo seguivano come una scia, come se fosse il loro faro, cucendogli un manto scintillante come la coda di una cometa.
Passò rasente il muro di roccia, così vicino e veloce da far saltare indietro gli altri, facendo inciampare qualcuno tra le bici abbandonate a terra nella fretta di seguirlo. Li sentì ridere, li sentì acclamarlo e gridare felici nella sua direzione.
Vide gli occhi d'oro di Jace come lampadine accecanti, gli occhi scuri di Izzy luminosi come fiamme, il verde intenso degli occhi di Clary che parlavano di stupore, come quelli nocciola di Simon ed il suo mezzo sorriso incredulo. Erano gli occhi neri di Maia e di Jordan, così simili eppure così diversi, accomunati quella notte anche dalla scintilla sorpresa. Gli occhi cerulei di Lidya che no, non ci credevano, ma era stupendo; quelli profondi di Catarina che si stringeva a Ragnor, che con le sue iridi lucide non si perdeva una sola mossa di quelle ali frementi come le ali di un colibrì, gli occhi dolci e caldi di Raphael che si era tolto la spiga di bocca e lo fissava quasi orgoglioso di vederlo la su, a volare, con Lily ancora seduta a terra che si poggiava sulle braccia per sporgersi all'indietro e non perdersi neanche una mossa con gli occhi a mandorla attenti e incantati. Gli occhi semplicemente unici di Magnus lo fissavano come se fosse la cosa più bella del mondo, come se non avesse mai visto nulla di così magnifico. Come avrebbe voluto che lo guardasse per tutta la vita, come qualcosa di unico, con uno strano, banale, complesso e potente sentimento in quelle iridi che Alec riuscì a classificare solo come amore.
Ridiscese ancora per rimanere ad una spanna da terra e ad una dal suo ragazzo, senza sapere cosa fare, senza voler far altro che fissarlo per tutta la vita. Gli porse la mano come in trance e Magnus la prese al volo, stringendola e lanciandosi verso di lui per passargli le braccia attorno al collo e baciarlo come avevano fatto alla cerimonia del diploma davanti a tutti per poter stare finalmente alla luce del sole. Difronte a tutte le persone che davvero valevano, come in quel momento sotto l'astro che li aveva uniti e protetti fin dal germogliare del loro amore.
Alec lo strinse a sé e si lasciò trasportare dalle emozioni, dai sentimenti, senza rendersi conto di essere ancora sollevato da terra. Le sue ali nere battevano lente e solenni, armoniose con i colpi del suo cuore e di quello sincronizzato di Magnus, sotto lo sguardo amorevole del firmamento e dei loro amici, protetti dalle spire del vento che li abbracciavano spingendoli più vicini, contornati di lucciole e sfiorati dai petali di quei fiori che erano il simbolo della fine di un capitolo e l'inizio di un'avventura.
Felice di amare, libero di farlo.




































 

Questa storia forse sarebbe dovuta venir fuori un po’ prima, magri anni a quando nacque, in una notte afosa in cui si discuteva se si potesse dire di essere già in estate o se fossimo ancora in primavera, malgrado facesse così caldo. Sdraiati sulla terrazza di casa, a raccontare storie mai ante o forse ripetute da mille bocche, limando i particolari di vite immaginarie ed effimere e altre fatte di solida carta e nero inchiostro.
Come protagonisti di queste ennesime avventure i personaggi amati, usciti dalla penna di un altro autore, uno vero, che ormai però sentiamo nostri, che vediamo ovunque in mille situazioni diverse, che “avremmo fatto agire così…”.
Quando il giorno dopo sarebbero cominciati gli esami di maturità e come nelle più banali commedie, come da giusta tradizione, si è passati ore ad ascoltare ‘Notte prima degli esami’, perché forse credevamo scioccamente che con la giusta colonna sonora tutto si sarebbe concluso per il meglio.
Quando si è deciso che quell’anno l’estate sarebbe iniziata esattamente quando avremmo mosso il primo passo fuori da quell’aula, comunque andasse, qualunque fosse il verdetto, quell’estate sarebbe stata nostra così come lo era stato quell’anno.
Forse è una storia arrivata troppo tardi, quando non si riesca più a ricordare com’è aver appena finito un’avventura grande e lunga come il liceo, come l’adolescenza, come l’infanzia, quando forse non ci si ricorda più com’è avere un’estate tutta per sé, livera, avere una nostra estate.
Ma dopotutto, ho sempre pensato che non sia mai troppo tardi.
O forse voglio solo aggrapparmi con tutte le mie forze a questo pensiero.
Quindi, mia cara e ormai vecchi amica, credo proprio che dopo tutto questo tempo sia giunto il momento di dedicarti una delle mie storie.
A te e alle corse lungo le strade illuminate dai lampioni, immaginando di far evoluzioni, spalancando le braccia contro il vento, sognando di volare, di alzarsi da terra e non rimetterci più piede. Alle notti passate alle finestre a fissare le montagne puntinate di luci come tante lucciole, a quelle passate sul terrazzo a fissare un cielo mai abbastanza buio per permettere di vederlo davvero, ma sempre magnifico e affascinante. Ai sogni e a ciò che volevamo fare da grandi, a tutto ciò che abbiamo fatto, a ciò che abbiamo perso, a ciò che faremo e perderemo.
Ai nostri anni di scuola, a quelli della nostra infanzia. Agli amici che non ci hanno mai lasciato la mano e a chi ci ha voltato le spalle.
Scuola è finita, ormai da un bel po’, ma le strie, le nostre, lo sappiamo bene nel profondo, non finiranno mai.

TCotD.

   
 
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