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Autore: Nao Yoshikawa    08/06/2018    7 recensioni
Ho scritto questa minilong ispirandomi al film "Adeline - L'eterna giovinezza".
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Takumi è diverso da tutti. Perché gli è stato fatto un dono. O una maledizione, dipende da come la si guarda.
Come si può conciliare l'amore con l'immortalità?
DAL PRIMO CAPITOLO:
Mancava poco alla mezzanotte. Mancava poco al suo compleanno. Il novantesimo, per la cronaca.
Già, ma chi ci avrebbe mai creduto?
Nascondere la realtà dei fatti era la cosa più facile... all'incirca.
Si incamminò per il lungo corridoio. Quell’hotel in cui la serata di gala si stava svolgendo sembrava essere molto antico, oltre che elegante.
Poteva sentire il conto alla rovescia.
Tre...
Lo scorrere del tempo non mi sfiora più
Due...
Continuerò così in eterno?
Uno...
Duemilaquattordici.
Quasi un secolo prima veniva al mondo. E chi l'avrebbe mai detto, vedendolo, che Takumi avesse vissuto una guerra?
Che avesse assistito al primo sbarco dell'uomo sulla luna? Che avesse visto le cose cambiare? Il mondo che credeva di conoscere era diventato tutt'altro. Ma, come per tutto, si era abituato.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Azami Nakamura, Souma Yukihira, Takumi Aldini, Yukihira Jouichirou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Young - Parte prima


Era il primo gennaio millenovecentoventiquattro quando Takumi e Isami Aldini vennero al mondo, nella loro umile casa del nord Italia.
Takumi era il più grande, oltre che il più vivace. Ed era quello il cui destino sarebbe stato - considerato da molti - straordinario.
Il sei dicembre del quarantadue, a diciotto anni, Takumi si ritrovava nella sua auto.
A causa della guerra era stato richiamato al fronte. E fremeva, non sapendo come la sua famiglia l'avrebbe presa. Probabilmente se lo aspettavano anche, ma quella consapevolezza non cambiava le cose.
Quella sera di Dicembre... nevicò.
Ciò era abbastanza strano: gli inverni in Toscana erano sì rigidi, ma non nevicava poi così spesso.
Forse quello avrebbe potuto essere un segno.
Ma come poteva Takumi immaginarlo?
Come poteva immaginare che di lì a poco avrebbe perso il controllo dell'auto, la quale si sarebbe rivoltata sotto sopra, facendolo finire nel lago ghiacciato sotto di lui?
Takumi cadde. E vide la morte.
Il suo cuore cessò di battere. La temperatura scese sotto i trenta gradi, le pupille vitree si fissarono in un punto indefinito del cielo.
Alle ore ventitré e due minuti, si poteva tranquillamente affermare che Takumi Aldini fosse morto.
Ma... la sua ora non era giunta. Non ancora.
Un fulmine squarciò il cielo, illuminandolo. Come una freccia infuocata colpì il suo corpo, causando una serie di conseguenze: innanzitutto la scarica elettrica aveva riattivato il suo battito cardiaco. Il sangue aveva ripreso a scorrere nelle vene. Gli occhi avevano ritrovato la vita e, con un grande sforzo, era uscito fuori dall'acqua gelida.
E infine, la scarica che lo aveva attraversato aveva modificato il normale stato delle sue cellule, bloccandone l’invecchiamento.
Stremato e senza forze, si lasciò cadere sull'asciutto. Scampato ala morte ma vittima di un destino peggiore: Takumi Aldini non sarebbe più invecchiato, neanche di un giorno.


31 Dicembre 2014, Tokyo

"Andiamo, Ryuji. Non farti pregare, vieni con noi!"
"No. Lo sai che non mi piacciono le feste"
"Ma perché sei sempre così scontroso? Dai, ci divertiremo, te lo prometto!”.
Ryuji, il cui nome era Takumi, alzò gli occhi al cielo. Il suo amico Isshiki sapeva essere piuttosto insistente.
"E va bene, vengo. Ma piantala di starmi addosso!", proclamò infine, esausto.
“Bene! Lo dico agli altri allora! Vedrai, sarà un capodanno incredibile”
“Sì, d’accordo”, sbuffò facendo spallucce.
Peccato che quando si viveva tanto quanto lui, lo scorrere del tempo non contava neanche più.
La vita – o l’esistenza – di Takumi erano scandite sempre dalle stesse azioni: cambiare città, nome e lavoro ogni dieci anni circa. Rimanere nello stesso posto per troppo tempo avrebbe sollevato dei sospetti.
Probabilmente era quello che succedeva quando – da quasi cent’anni – avevi sempre lo stesso aspetto. E la stessa età.
Dieci anni prima si era trasferito in Giappone. E fra meno di due mesi si sarebbe spostato ancora, cambiando nuovamente nome,
Una bella seccatura, ma fortunatamente esistevano i documenti falsi.
A quel giro gli sarebbe dispiaciuto per gli amici che si era fatto, fra cui, infatti anche Isshiki.
Quando si era come lui era meglio evitare di legarsi troppo a qualcuno. Per questo il suo atteggiamento era così indisponente.
Per quel giorno, la vigilia di capodanno, aveva deciso di essere un po’ meno indisponente e di festeggiare insieme ai suoi amici. Isshiki lo aveva invitato ad andare ad una festa, più che altro una serata di gala. E così aveva accettato, non sapendo che a volte, la vita, anche una monotona nella sua straordinarietà come la sua, poteva sorprenderlo.
Per questo, la sera stessa, Takumi si presentò alla festa. Era senza ombra di dubbio bello, con i suoi occhi azzurri e il suo sguardo inespugnabile.
La sua amica Yuki, con addosso un lungo abito blu, nel vederlo gli fece subito segno di avvicinarsi.
“Ryujichiiiin!”, lo chiamò, già mezza brilla. “Che bello vederti. Temevamo ci avessi scaricato!”.
Lui allora si avvicinò, con le mani dentro le tasche. 
“Sì, così Isshiki mi avrebbe tormentato a vita”
“Chi è che ti avrebbe tormentato a vita?”, il diretto interessato gli arrivò alle spalle, porgendogli un bicchiere stracolmo di champagne. “Suvvia, brindiamo ad un nuovo anno. Forza, possiamo farci scattare una foto”
“No! Niente foto, lo sai che non mi piace”
“Uffa, Rujichin, non capirò mai questa tua fissazione”, sbuffò Yuki.
Le foto erano in grado di catturare un momento e renderlo eterno. Ti ricordavano anche quello che volevi dimenticare. Per questo, Takumi preferiva non fotografarsi. Perché se si fosse riguardato fra trent’anni, il suo viso sarebbe stato uguale. E questo faceva male.
“Va bene, niente foto”, asserì Isshiki. “Però almeno divertiamoci. C’è così tanta gente, chissà che il nostro Ryuji non trovi qualcuno”
“Perché non pensate per voi? Io sto benissimo!”
“Ah, adesso vado a cercare qualcuno”, Yuki si dondolò. “E se ha un amico carino te lo presento”.
Takumi alzò gli occhi al cielo. I suoi amici tentavano sempre di appioppargli qualcuno, dicevano che così sarebbe stato meno acido. Se solo fosse stato così facile, allora si sarebbe anche lasciato andare.
Ma l’immortalità, la giovinezza eterna, avevano il loro caro prezzo.
Ovviamente, proprio come aveva previsto, Yuki e Isshiki si persero immediatamente nel torpore della festa, mentre lui se ne stava lì a sorseggiare il suo champagne. Gli sarebbe mancato tutto questo, ma oramai era abituato.
Era abituato ad andar via. Ad avere un nome diverso. Ad avere una vita diversa.
Ma in fondo rimaneva sempre lui. Takumi Aldini, il ragazzo che non poteva invecchiare, che non poteva avere una vita normale.
Mandò giù un sorso di champagne. I suoi due amici si stavano divertendo un mondo, non voleva rovinare loro l’atmosfera. 

Mancava poco alla mezzanotte. Mancava poco al suo compleanno. Il novantesimo, per la cronaca.
Già, ma chi ci avrebbe mai creduto?
Nascondere la realtà dei fatti era la cosa più facile... all'incirca.
Si incamminò per il lungo corridoio. Quell’hotel in cui la serata di gala si stava svolgendo sembrava essere molto antico, oltre che elegante.
Poteva sentire il conto alla rovescia.
Tre...
Lo scorrere del tempo non mi sfiora più
Due...
Continuerò così in eterno?
Uno...
Duemilaquattordici. 
Quasi un secolo prima veniva al mondo. E chi l'avrebbe mai detto, vedendolo, che Takumi avesse vissuto una guerra?
Che avesse assistito al primo sbarco dell'uomo sulla luna? Che avesse visto le cose cambiare? Il mondo che credeva di conoscere era diventato tutt'altro. Ma, come per tutto, si era abituato.
Il suo telefono squillò.
"Pronto? Sì", le sue labbra si curvarono in un sorriso. "Buon compleanno anche a te, fratellino. Ma non dovresti stare sveglio fino a tardi, non ti fa bene...".
Camminò ancora, mentre sembrava non accorgersi di due curiosi occhi dorati che lo osservavano.
"Sì, certo che domani ci vediamo. Tranquillo, ho bevuto poco. Ho diciotto anni, Isami, non trattarmi come un bambino. Già, comunque adesso devo andare. Devo chiedere ad un tizio perché mi sta osservando. È inquietante".
Soma Yukihira trattenne il fiato. Come aveva fatto ad accorgersene?
Eppure si era nascosto così bene...
Takumi lo guardò con un sopracciglio alzato.
"Beh? Perché mi guardi così?"
"Mi stavo solo chiedendo come mai non fossi con gli altri a festeggiare", affermò sicuro di sé.
"Ah. Non sono fatti tuoi".
"Effettivamente è vero", sorrise, portandosi una mano tra i capelli. "Sei giovane, come mai sei qui? Voglio dire, di solito alle serate di gala non vengono i ragazzini"
Ragazzino? Ma da che pulpito.
"I miei amici mi hanno costretto a venire qui. Dovevo immaginarmi che mi avrebbero scaricato per un po' di alcol, ma alla fine è meglio così. E comunque non sono un ragazzino, ho ben diciotto anni"
Qualcuno in più in realtà.
"Anche io!", esclamò. "Mi chiamo Soma Yukihira. E tu invece come ti chiami?".
"Ryuji Hirashi", rispose prontamente. "Il tuo abbigliamento è strano".
Effettivamente, per come era vestito, sembrava più che altro un...
"Perché io sono un cuoco. Cioè, un apprendista in realtà. Tutto quello che stasera hai mangiato....ci ho messo mano io!"
"Perfetto, così se sto male so con chi prendermela", rispose freddamente, con il risultato di farlo ridere.
"Sei simpatico. Adesso vai via?"
"Credo proprio di sì. Prenderò un taxi"
"Però forse potrei accompagnarti io".
Takumi lo guardò male.
Non mi piace dove sta andando a parare.
"Ti ringrazio, ma non è il caso", rispose mentre chiamava l'ascensore. "Magari devi tornare a lavoro".
"In realtà ho già finito!", mentì spudoratamente, infilandosi con lui in ascensore. La verità era che Soma era rimasto colpito da quel ragazzo, dalla sua bellezza, dalla sua finta aria fredda che serviva sicuramente a nascondere della malinconia causata da qualcosa che non conosceva.
Finalmente Takumi riuscì a premere quel maledetto bottone e a richiamare l’ascensore. Quel ragazzo era bello come il sole e gli stava dando delle attenzioni che non gli dispiacevano, ma che sicuramente sarebbero state inopportune.
“Stai mentendo”, affermò frettoloso. “Non è il caso che ti prenda un rimprovero per colpa di uno sconosciuto”.
Le porte si aprirono. Il biondo entrò e l’altro, prontamente, gli venne dietro.
“Su! Non siamo più due estranei. Sto solo cercando di essere gentile”.
Takumi allora gli rivolse un sorriso malizioso.
“Tu mi stai facendo una corte spietata. Chi ti dice che sono gay?”.
Soma lo squadrò, facendo poi spallucce.
“Non lo sei?”.
Che ragazzo buffo. 
Tentò di trattenere una risata, mentre finalmente l’ascensore raggiungeva il piano terra. Takumi uscì, sistemandosi la sciarpa intorno al collo.  Quel tipo non non mollava neanche morto. Erano anni che non gli capitava una cosa del genere.
“Hey, non mi hai risposto!”, Soma gonfiò le guance, andandogli dietro. Si fermarono fuori l’hotel. Fuori nevicava e, nonostante l’orario tardo, intorno c’era molta vita.
“Lascia perdere”, Takumi tese un braccio. “Sono troppo vecchio per te”
“Ma se abbiamo la stessa età. Suvvia, non lasciarmi così, quanto meno lasciami il tuo numero!”.
Un taxi si fermò. Il biondo entrò, abbassando poi il finestrino e guardando quello splendido ragazzo dagli occhi dorati.
“Magari sarà per un’altra volta, Yukihira Soma”, affermò sorridendo, sinceramente lusingato da tutte quella attenzioni che non avrebbe però potuto ricambiare.
L’auto si allontanò, mentre Takumi si lasciava andare ad una consapevolezza che aveva ormai accettato molti anni prima: quando si viveva una situazione straordinaria come la sua, era categoricamente vietato innamorarsi. Era l’unico modo che conosceva per evitarsi di soffrire.
Per quanto triste fosse.
Non si era voltato, quindi non aveva potuto scorgere quel tipo, Soma, osservare l’auto che si allontanava, in mezzo alla strada e sotto la neve come un totale idiota.
Sarà per la prossima volta… io ci conto!

L’indomani era giunto e, nonostante si fosse coricato a notte inoltrata, Takumi aveva dovuti svegliarsi presto. Casa sua era un vero disastro a causa dell’imminente trasloco Quella volta aveva optato per il freddo e tranquillo Hokkaido. Dopo essere stato in tutta l’Europa e in buona parte dell’America, era ora di esplorare anche quel bellissimo paese che era il Giappone.
Probabilmente avrebbe preso una casa in campagna, gli ultimi dieci anni li aveva passati nel fermento della città, quindi staccare la spina gli avrebbe fatto bene.
Seduto ad un tavolo, il ragazzo sembrava star aspettando impazientemente qualcuno, mentre ogni tanto beveva del vino bianco dal suo calice.
Ad attirare la sua attenzione fu una persona che era appena entrata. Si trattava di un uomo anziano ma, nonostante ciò, molto arzillo. I pochi capelli erano bianchi, l’espressione dolce e un paio di spessi occhiali stavano poggiati sul naso. Takumi si alzò sorridendo, andando subito incontro al nonnino.
“Isami!”, lo chiamò. Il suo gemello allora lo abbracciò.
“Oh, ciao! Buon compleanno”
“Buon compleanno anche a te, fratello”, gli sussurrò ad un orecchio, per poi sorridere.
Isami Aldini era il suo gemello ma con un età diversa. Era quello normale dei due, insomma.
Ed era anche l’unico ad essere a conoscenza del suo segreto. L’unico con Takumi poteva essere se stesso, senza finti nomi o finte storie.
“Allora? La tua prossima meta sarà l’Hokkaido?”, chiese Isami.
“Già. Vorrei vivere qualche anno tranquillo, lontano dalle grandi città. Sai, Isami... Dovresti venire con me”
“Suvvia, non ce n’è bisogno. Esistono le case di riposo per questo”.
Takumi quasi non si strozzò con quello che stava mangiando, per poi lanciare un’occhiata truce al fratello.
“Che ho detto?”, chiese quest’ultimo.
“Ne abbiamo già parlato. Tu non andrai in una casa di riposo. Hai me”
“Lo sai che non voglio essere un peso”, dichiarò Isami a braccia conserte. “Piuttosto continuo a vivere da solo”
“Isami, non su può di certo dire che stai ringiovanendo. Anzi… tutto l’opposto”, sussurrò.
“Ti prego, possiamo evitare di fare questi discorsi nel giorno del nostro compleanno? Parliamo d’altro, tipo del fatto che dovresti trovarti qualcuno, sarebbe l’ora”
“Ti prego, smettila. Lo sai che non posso”, alzò gli occhi al cielo. “Anche se… in effetti ieri ho conosciuto uno”
“Davvero? Chi è? Come si chiama? Che lavoro fa? E’ bello?”.
“E’… molto bello”, sussurrò Takumi con aria sognante, non riuscendo a togliersi dalla mente il sorriso e gli occhi di Soma. Poi però scosse il capo. “Ma non ha importanza. Tanto non c’è possibilità che io lo riveda”
“Va bene, non insisto”, sbuffò Isami. “Mi chiedo come si possa vivere così”.
Me lo chiedo anche io da un pezzo, in realtà. Ma immagino che sia tutta una questione di abitudine.
La giornata per i due fratelli passò molto piacevolmente. Nonostante l’età, Isami tentava in tutti i modi di non pesare sul suo gemello, il quale era però terribilmente apprensivo.
Molte volte Takumi cercava di non pensare al fatto che suo fratello sarebbe morto prima di lui. Che tutte le persone che aveva conosciuto sarebbero morte prima di lui.
Era anche per questo che non si fermava mai in un posto per troppo tempo. Perché lasciarsi tutto alle spalle e dimenticare era più facile.

5 Marzo, 1954
“Io non lo accetto. Takumi, non posso accettarlo, te ne prego. Io e te siamo sempre stati insieme”.
Isami non riusciva a trattenere le lacrime. Come avrebbe potuto? Non era pronto ad accettare una cosa del genere.
“Isami, ti prego… non devi piangere. Giuro che ovunque io andrò tu sarai sempre mio fratello. Questo nessuno potrà mai cambiarlo”
“Ma perché? Perché devi andare via?”
“Perché tu hai già trent’anni. Nessuno crede più al fatto che siamo gemelli. Ho bisogno di allontanarmi per un po’. Avrò una nuova identità quando ci rivedremo. Staremo comunque insieme, solo che...”
“Solo che per il resto del mondo, noi non saremo fratelli”, sussurrò. 
Takumi sospirò. Sapeva quanto doloroso fosse. Lo era anche per lui.
Si avvicinò a suo fratello, abbracciandolo.
“Tu sei la mia famiglia. Per sempre”, tentò inutilmente di trattenere una lacrima che ora solcava il suo viso.
Era giusto così. Era giusto per entrambi.
C’erano dei compromessi che andavano fatti quando si era straordinari come lui.



Il pomeriggio e la sera Takumi lo passò a sistemare le ultime scatole per il trasloco. In una di esse aveva accuratamente conservato l’album di fotografie datato 1942. All’interno vi erano delle foto che lo ritraevano da bambino, in compagnia dei genitori e del fratello, foto in bianco e nero e un po’ rovinate. L’ultima risaliva al natale del 1941, poco prima dell’incidente.
Dopodiché il nulla, come se Takumi Aldini fosse morto il giorno stesso.
E in un certo senso era forse così…
Esistere non è uguale a vivere.


Il giorno dopo, Takumi andò a lavoro. Malgrado fosse ancora fresco di feste, stare a casa gli risultava fin troppo snervante. Lavorava in una biblioteca, una delle poche del quartiere. Il proprietario non c’era mai, così aveva lasciato al ragazzo le chiavi del posto, poiché si era sempre dimostrato un lavorate estremamente affidabile e capace.
Aveva fatto mucchi e mucchi di lavori, tra cui l’inserviente, il cameriere, il dog-sitter, il contabile, il cuoco… Tutti lavori molto umili ma che gli avevano sempre permesso di vivere una vita dignitosa.
Ma la cucina, quella gli mancava terribilmente! Era una delle sue passioni, una delle cose che era rimasta uguale in quegli anni.
Takumi sistemò una fila di libri sullo scaffale, sebbene non ce ne fosse bisogno, probabilmente era più un abitudine.
E pensare che per certi versi sono anche peggio di un libro. Ci sono tante cose che so a causa della mia esperienza ma che non posso condividere con nessuno. O quasi.
Questo alle volte è davvero frustrante.
Un libro gli cadde di mano e, con un sonoro sbuffo, si chinò a raccoglierlo. Visto il periodo in cui si trovava, era certo che nessuno lo avrebbe disturbato.
… O almeno questo pensava.
Ebbe appena il tempo di sollevare lo sguardo e allora lo vide: lo stesso ragazzo di due giorni prima, Yukihira Soma, gli stava davanti tenendo un libro. E gli sorrideva.
Lo guardò ad occhi sgranati.
“Tu”
“Amh… ciao, Ryuji. Ma che sorpresa, non sapevo lavorassi qui”, affermò con un tono non esattamente convincente. “E pensare che ero venuto qui solo per prendere un libro”
“No, no, no!”, esclamò. “La cosa mi puzza, come facevi a sapere dove lavoro? E non dirmi che non lo sapevi, perché sono abbastanza bravo a capire quando una persona mente!”.
Soma sorrise imbarazzato, portandosi una mano sulla testa.
“E va bene, mi hai scoperto. Me lo ha detto il tuo amico… Isshiki, giusto?”
“Lui?”
“Sì. Quando te ne sei andato sono tornato dentro e l’ho incontrato. Mi sembrava piuttosto stordito e mi ha chiesto se per caso avessi visto un biondino dagli occhi glaciali che se ne andava in giro con fare imbronciato. Abbiamo iniziato a parlare e gli ho chiesto dove potevo trovarti. Ti prego, non arrabbiarti con lui”.
Isshiki, maledetto traditore.
Sospirò, tentando di mantenere la calma.
“Beh, a quanto pare non ti arrendi facilmente”
“Affatto”, ammiccò. “Comunque il libro lo prendo davvero”.
Takumi abbassò lo sguardo, scorgendo la copertina: si trattava di un libro di cucina. A quel punto fu per lui impossibile trattenere la curiosità.
“Ti serve per il lavoro?”
“Eh? No, in realtà no. Sai, per me la cucina è anche una passione”
Ma pensa… proprio come me.
“Anche per me. Facevo il cuoco qualche anno fa...”.
Accidenti a me. Qualche anno fa? E’ stato tipo vent’anni fa! Devo stare attento a quello che dico.
“Wow, forte, hai cominciato presto. E come mai hai lasciato se ti piaceva?”
Il biondo chiuse gli occhi.
A volte si devono fare delle scelte.
“M-mi sono dovuto trasferire. E mi trasferirò di nuovo, a metà febbraio”
“Viaggi per il mondo? Forte, a me piacerebbe, ma devo necessariamente mettermi dei soldi da parte. Dov’è che sei stato?”.
Takumi aveva fatto del suo meglio per tentare di mantenere Soma distante, senza sbilanciarsi troppo.
Ma adesso che si erano seduti a parlare ad un tavolo come se si conoscessero da sempre, gli risultava tutto molto difficile.
“Wow”, gli occhi di Soma brillavano. “Sei stato in un sacco di posti. Come hai fatto? Non basterebbe una vita intera!”.
E’ senza ombra di dubbio adorabile. E dolce. E solare.
Controllati, Takumi
.
“Diciamo che ho i miei segreti. E tu, Soma? Che mi dici della tua entusiasmante vita?”
“Pff, non è entusiasmante”, affermò accasciandosi su una sedia. “Vivo in un angusto appartamento e lavoro per pagare l’affitto. A volte credo che andare via di casa non sia stata una scelta saggia, ma volevo la mia indipendenza. Fortunatamente la mia famiglia mi da una mano. E tu, insomma… in che rapporti sei con la tua famiglia?”
Il biondo sospirò.
“Sono orfano”.
Silenzio.
“Ah… ecco, sapevo che avrei dovuto chiederti altro...”
“Su, non è il caso di imbarazzarsi. Però ho un fratello gemello”
“Ah, sì? E dimmi, è carino come te?”, domandò sorridendo e guardandolo dritto negli occhi.
Ho seriamente paura di perdermi in questi occhi. Cosa stai cercando di fare, eh Soma?
Si schiarì la voce.
“Diciamo che sono io il bello della coppia”
Un altro sorriso.
Questo non va assolutamente bene.
“Capisco. Dunque, l’ultima volta mi avevi detto che quando ci saremmo rivisti saremmo potuti stare insieme”.
Sì, perché ero quasi certo che non ci saremmo più rivisti.
Takumi lo guardò, rigido come un bastone.
Dirgli di no sarebbe stata la cosa più opportuna, ma non sarebbe stato ciò che voleva.
“Ti avverto che sono molto esigente”.
Soma chinò il capo.
“Ed io non ho assolutamente nessun problema”.


Non poteva crederci, gli aveva detto di sì, ma che gli era saltato per la mente?
Era chiaro che piacesse a Soma,ed era anche chiaro che lui stesso fosse interessato.
Tutta colpa di quel tonto del suo migliore amico.
“Isshiki!”, furente lo chiamò al telefono. “Sei un traditore, come hai potuto farmi questo?”
“Ce l’hai con me perché ti ho avvicinato ad un ragazzino carino?”
“Cosa…?”, le sue guance si colorarono di rosso. “Non è per questo”.
Avvertì un rumore gracchiante in sottofondo, poi udì la voce acuta di Yuki.
“Suvvia, smettila di fare il sostenuto e buttati. Io faccio il tifo per voi, più di Isshiki”
“Dammi il telefono!”, esclamò quest’ultimo. “Dicevamo. Alla fine non sei mica costretto ad uscirci, no?”
“Oh”, sbuffò. “Gli ho già detto sì”
“Bene, allora è andata. Mi raccomando, se dovete fare le vostre cose, usate le protezione”
“E fate i filmini!”
“Ah, stupidi!”, arrossendo si sbrigò a chiudere la chiamata. Quei due erano sempre i soliti. Anche se doveva ammettere che non dispiaceva troppo l’idea di uscire con Soma. Non necessariamente le cose dovevano prendere una piega strana.
Takumi avrebbe, dal canto suo, fatto del suo meglio per mantenere un certo contegno.


Quarantotto ore dopo, il momento del loro primo appuntamento arrivò.
Appuntamento… appuntamento… chi ha detto che è un appuntamento?
Takumi sbuffò, sistemandosi nervosamente la sciarpa attorno al collo. Quel giorno faceva freddo, probabilmente non dovevano esserci più di dieci gradi, ma fortunatamente non stava nevicando.
Si sentiva nervoso. Era davvero troppo tempo che non usciva con un ragazzo.
Lui e Soma avevano appuntamento di fronte ad un cafè  Sperò vivamente che quel tipo non gli avesse dato buca, altrimenti lo avrebbe trovato solo per ammazzarlo.
Dovette avvicinarsi parecchio e farsi spazio fra la gente che gli passava accanto prima di vederlo. 
Ah, è già lì… che carino.
Contegno, Takumi!

“Amh.. hey...”. Il rosso lo guardò, sorridendo.
“Ciao! Come stai?”, nel dire ciò gli si era avvicinato, abbracciandolo. Questo gesto lo aveva lasciato piuttosto turbato. 
Che profumo meraviglioso. E com’è caldo il suo corpo.
… Questo però non mi aiuta di certo.
“Un po’ infreddolito ma bene… Allora… dove vuoi portarmi?”
“A casa mia”
Takumi ovviamente lo guardò male.
“Scusami?”
“No! Aspetta, non è quello che pensi tu! C’è un motivo… so che ti chiedo tanto ma… puoi fidarti di me?”
Certo, perché non dovrei fidarmi di uno stalker come te?
Tuttavia, se lo guardava negli occhi, non riusciva a leggere nessun intento malevolo.
“E sia”, sospirò. “Tanto se fai qualcosa che non devi so difendermi benissimo”
“Perfetto, andiamo!”, con entusiasmo lo afferrò per un polso.
Soma era completamente diverso da lui. Era allegro, pieno di vita, ed anche se i suoi modi di fare potevano sembrare insopportabili, in verità lo sopportava molto volentieri.
L’appartamento di Soma si rivelò essere una vera sorpresa. Era decisamente piccolo, ma molto accogliente e tutto era stranamente in ordine.
“Però… non male per uno che vive da solo”
“Eh, eh, grazie, mi ci sono impegnato! Ma ora, il vero motivo per cui sono qui è… Ryuji, ti andrebbe di cucinare con me?”.
Takumi strabuzzò gli occhi.
“C-cosa? Io? Con te?”
“Beh, visto che entrambi abbiamo la passione per la cucina… pensavo che magari potevamo cucinare qualcosa insieme. Ti ho sorpreso?”, domandò speranzoso.
Lo aveva sorpreso, ed anche molto in effetti. Come poteva però dirgli che erano tipo vent’anni che non cucinava insieme a qualcuno?
In quegli anni aveva messo da parte la sua passione.
“Sì… devo ammettere che mi hai sorpreso”, affermò nervoso. “E cosa… dovremmo cucinare?”
“Quello che vuoi tu. Sei mio ospite, quindi lascio decidere te. Spero che tu riesca a starmi dietro”, affermò con tono provocatorio.
Takumi allora assottigliò lo sguardo.
Ma vedi un po’ tu. Mi stai stuzzicando, Yukihira Soma. 
E’ davvero troppo tempo che non ho uno stimolo del genere.  Spero solo di non essermi arrugginito
.
“L’hai voluto tu. D’accordo. Ma caso mai sei tu quello che deve starmi dietro”.
Soma allora sorrise, sentendo una strana eccitazione divampare.
Poco dopo, lui e Takumi avevano indossato dei grembiuli bianchi. 
Al rosso bastò poco per capire che al ragazzo piacesse comandare. Lo aveva infatti messo a cuocere del tritato di carne, mentre il suo ospite mescolava agilmente della besciamella in una scodella.
Cavolo, è davvero passata una vita dall’ultima volta. Non ricordavo fosse così piacevole. 
E pensare che mi ero ripromesso che non avrei più condiviso con nessuno questa mia passion
e.
“Non avevo mai fatto le lasagne in questo modo!”, esclamò Soma distraendolo dai suoi pensieri.
“Tsk, ma che volete saperne voi giapponesi. Io sono un passo avanti, ho origine italiane”
“Davvero? Ah, forte. Posso assaggiare? Grazie!”
“Ma, hey…!”.
Senza che lo ascoltasse, Soma aveva preso della besciamella con il dito, portandoselo poi alle labbra.
“Mh, buono! Però forse manca di sale”
“Ah, sta zitto!”, borbottò senza però alcuna cattiveria.
E mi sto anche divertendo. Sì, Soma. Tu devi essere senza dubbio magico, altrimenti non so spiegarmelo.
Finita la preparazione, Takumi infornò mentre ordinava a Soma di pulire.
Se lo era ripromesso, non si sarebbe fatto coinvolgere. Ma non lo faceva a posta, era una cosa che sfuggiva totalmente al suo controllo.

Adesso sì che sembra davvero un appuntamento.
Takumi aveva formulato tale pensiero perché la tavola era stata accuratamente apparecchiata, erano a lume di candela ed erano lui e Soma… da soli.
Perché ho sperato che la cosa potesse rimanere innocente?
“Caspita!”, Soma agitava la forchetta come un forsennato. “Sono deliziose, complimenti Ryuji!”
“Suvvia, tu mi hai aiutato”, affermò lui sorseggiando un bicchiere di vino rosso molto dolce.
“Giusto! Allora propongo un brindisi alla nostra bravura!”, esclamò Soma facendo incontrare per un attimo i loro bicchieri.
La fiamma della candela si rispecchiava nei suoi occhi, illuminandoli.
Sarebbe stato un vero peccato dover andare via… ma non avevo altra scelta.
“Ah”, Soma sospirò. “Sono contento che tu abbia accettato di venire qui. Mi hai fatto penare, ma direi che ne è valsa la pena”
“Non sono esattamente un tipo facile con cui avere a che fare. E tu sei alquanto masochista, sai che dovrò andarmene”
“Sì, lo so, ma… cosa succederebbe se riuscissi a farti cambiare idea?”
“Perché dovresti farlo?”
“Perché mi piaci. E perché non mi arrendo mai. E’ un mio difetto. O un pregio, dipende”
“Oh, Soma… davvero, non...”
“Lo so, sono un estraneo. Però… ho ancora un po’ di tempo, no?”.
Soma aveva preso a parlare dolcemente. Dopodiché si era alzato e gli si era inginocchiato davanti. Takumi si sentì accaldato. Forse per il vino. Forse era il batticuore.
“Senti, Soma… se proprio devo essere sincero… l’idea di una relazione mi spaventa… l’ultima volta non è andata troppo bene”
“Avevo intuito una cosa del genere. Io non voglio darti da pensare. Non voglio neanche che guardi troppo al futuro. L’unica cosa che ti chiedo è di darmi la possibilità, giorno dopo giorno, di dimostrarti che… forse… potrebbe valere la pena di rimanere”.
Oh, Soma… tu non sai quante volte avrei voluto fermarmi. Ma è sempre stato impossibile. Se però mi guardi così, mi fai credere che ci sia almeno una sola possibilità per me di essere felice.
Non ho mai guardato al futuro, perché per me il futuro non esiste.
Esso è monotonia, è misera esistenza.
Però adesso il cuore batte forte… e mi fa sentire vivo.

Sospirò.
“Ragazzo meraviglioso e testardo”, commentò. “Va bene. Te lo concedo”.
Soma esultò internamente.
“Allora… devo chiederti di rimanere stanotte… non guardarmi così, non voglio fare nulla che tu non voglia. Io sono un cavaliere. Allora?”.
Takumi sapeva che a quel sorriso avrebbe sempre detto di sì. Preso da un impeto di coraggio, si chinò su di lui, posandogli un leggero bacio sulle labbra, un gesto che valeva più di qualsiasi consenso.
“Ma se mi tocchi senza permesso ti mozzo le mani”, gli sussurrò. Soma allora rise. Andava bene così. Perché il solo averlo lì gli sarebbe bastato.
Takumi non credeva potesse esserci un futuro con lui, ma ci sperava.
A meno che non fosse successo qualcosa di straordinario, sarebbe stato costretto ad andarsene.



NDA
Salve a tutti. Quest'idea mi frullava per la testa da un po', cos' ho deciso di metterla nero su bianco. Se non avete visto il suddetto film, FATELO, perché non ve ne pentirete. Se lo avese visto, immagino possiate immaginare cosa succederà.
La storia sarà di tre capitoli, credo proprio che aggiornerò la prossima settimana, anche perchè succederanno cose... quindi.
Intanto vi lascio con questo primo capitolo ^^

 
   
 
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