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Autore: Nao Yoshikawa    09/06/2018    8 recensioni
DAL TESTO:
Fu un insegna di un colore fucsia acceso ad attirare la sua attenzione: c’era chiaramente scritto Hime’s Sweetie Bakery. Che fortuna, esattamente quello che gli serviva.
Senza perdere altro tempo entrò in quella pasticceria ed immediatamente venne accecato da un unico colore: il rosa. Era tutto rosa, lo erano le pareti, lo erano i divanetti, lo era il pavimento… probabilmente se l’aria avesse avuto un colore sarebbe stato proprio il rosa in quel caso.
Batté le palpebre, sentendosi alquanto stordito. Poi notò il bancone, osservando la fila di dolci, pasticcini, brioche e torte accuratamente decorate come se si trattasse di un’opera d’arte. E lui di opere d’arte se ne intendeva abbastanza.
Dietro il bancone però non vi era nessuno. Sentendosi quindi leggermente più rassicurato, si avvicinò, lanciando una veloce occhiata.
Esattamente cosa avrebbe dovuto prendere?
Ad un tratto un rumore confuso attirò la sua attenzione. Orihime uscì di fretta e furia dalla cucina, con addosso un grembiule sporco di glassa rosa e sul viso una spolverata di farina.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inoue Orihime, Schiffer Ulquiorra
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Another world'
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Come Ulquiorra iniziò ad amare i dolci… e a farli

 
Era stata dura, ma alla fine Orihime poteva dire di avercela fatta.
Aveva frequentato corsi su corsi per tentare di migliorare la sua abilità nel preparare dolci e alla fine, dopo una miriade di tentativi, era riuscita ad ottenere il suo attestato.
Fare la pasticcera era sempre stato il suo sogno sin da bambina. C’erano così tante creazioni da realizzare, tra impasti, pasta di zucchero e decorazioni che, al solo pensarci, gli occhi le brillavano.
Poi c’era stato il grande aiuto di suo fratello maggiore Sora, che le aveva dato una mano a comprare il locale. Anzi, lui lo aveva considerato un vero e proprio regalo, ed ovviamente Orihime non avrebbe mai smesso di ringraziarlo per averla aiutata con la realizzazione del suo sogno.
Hime’s Sweetie Bakery, era così che aveva chiamato la sua pasticceria. Un nome senza dubbio smielato, ma dopotutto adatto, no?
C’era stato bisogno di fare qualche lavoretto qua e là, dipingere le pareti e comprare le giuste attrezzature. Era insomma stato un investimento per il futuro, ma Orihime sapeva che ne sarebbe valsa la pena.
O almeno così sperava.
Aveva aperto la sua nuova impresa già da un anno,, ma il lavoro faticava ancora a decollare. Forse alla gente non interessavano i dolci?
Questo non era possibile! Inoltre, la ragazza si premurava sempre di sistemare la vetrina come se fosse un museo, nella speranza di invogliare i clienti a comprare qualcosa.
Non si stava rivelando essere una passeggiata, ma dopotutto se lo era immaginata. Bisognava soltanto tenere duro e non demordere, i risultati sarebbero arrivati da soli a tempo debito.
… Anche perché andare in perdita e chiudere tutto sarebbe stato un grave colpo al suo orgoglio.
Quel tardo pomeriggio Orihime si trovava da sola. In genere era suo fratello che si occupava dei clienti, lei invece rimaneva rintanata nelle cucine a realizzare le sue creazioni. Sora era però un avvocato che, quando poteva, tentava di aiutare la sorella a lavoro. Quando era possibile.
Glielo aveva ripetuto mille volte: “Dovresti assumere qualcuno, non puoi pensare di fare tutto da sola!”.
E lei ogni ogni volta annuiva e gli rispondeva che lo avrebbe fatto.
Peccato che poi non agiva mai.
In fondo non era un problema.
In un modo o nell’altro ce l’avrebbe fatta. Sorrise, scacciando dalla mente ogni sorta di pensiero negativo. Dopotutto era importante essere ottimisti.
E a lei l’ottimismo non mancava di certo.

Il week-end rappresentava sicuramente il periodo migliore per Ulquiorra. Perché la gente usciva, la piazza si riempiva e allora c’era la possibilità di concludere qualche “affare”.
Seduto a gambe incrociate su una panchina e gli occhi fissi verso un punto indefinito, il ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi sembravano intento a disegnare qualcosa.
La gente, curiosa, si avvicinava alla sua bancarella per osservare i dipinti fatti a mano, dipinti che rappresentavano più che altro paesaggi, animali, natura morta. Adesso, con un pennello stretto tra le dita e una pratica tavolozza di colori pericolosamente poggiata accanto a lui, Ulquiorra stava cercando un’idea per il suo prossimo dipinto.
In genere era l’ispirazione stessa a trovarlo, ma non ultimamente.
In quell’ultimo periodo sembrava non avere più idee.
Come si poteva essere senza idee dinnanzi ad un mondo così vasto?
“Hey, Ulquiorra, come vanno gli affari?”.
L’artista dallo sguardo perennemente serio sollevò lo sguardo.
“Potrebbe andare meglio, Grimmjow. Ah, ciao anche a te, Nnoitra”
“Anche a te? Perché vengo trattato sempre come la “spalla” di Grimmjow?”, sbuffò il ragazzo seccato. “Piuttosto, perché non la pianti di startene lì come uno scemo? Avanti, stai con noi!”.
Ulquiorra sospirò. Grimmjow e Nnoitra erano due stupidi, ma erano quelli che poteva considerare i suoi migliori amici. Due migliori amici casinisti, rumorosi e che passavano le loro giornate a bighellonare per la piazza, andare sullo skateboard, infastidire i ragazzini all’uscita da scuola e ad abbordare – senza successo – le ragazze.
“Grazie per l’offerta, ma rifiuto”
“Andiamo”, sbottò ancora Nnoitra. “E poi, si può sapere chi te lo fa fare? Dovresti trovarti un lavoro vero”
“Dovresti farlo anche tu”, rispose con la solita calma in grado di far andare fuori di testa l’amico. Grimmjow allora rise sguaiatamente.
“Direi che a questo giro ha ragione Ulquiorra”, disse infatti. “Dopotutto lui è così intelligente, disponibile e gentile e...”
“Va bene, che cosa vuoi?”, tagliò corto il corvino.
Grimmjow sorrise.
“Abbiamo fame. Ci prendi qualcosa?”.
Ulquiorra li guardò confuso.
“Ma io sto lavorando. Non potete andarci voi?”
“No che non possiamo!”, spiegò Nnoitra con assai poco garbo. “Sto tenendo d’occhio la zona. Non voglio che Renji e i suoi amici mettano piede qui quando ci siamo noi”
“Ma la piazza è di tutti”, sussurrò, pur sapendo che le sue sarebbero state vane.
“Beh, me ne infischio. Coraggio, che ti costa? Stiamo attenti noi alla tua roba”
“Non mi fido”
“Non ti fidi dei tuoi migliori amici?”, chiese Grimmjow con teatralità.
In effetti no, non si fidava affatto. Ma sapeva anche che quei due lo avrebbero tormentato finché non avrebbe detto sì, quindi tanto valeva non prolungare quella tortura.
“Va bene, ma quando torno voglio trovare esattamente tutto com’era. E non fate scappare i clienti. E non toccate niente”
“Agli ordini. Ma tu prendici delle ciambelle”, sghignazzò Grimmjow divertito.


Ciambelle. Dove avrebbe potuto trovare delle ciambelle?
Ma soprattutto, perché aveva deciso di dar retta a quei due?
Probabilmente per essere lasciato in pace in seguito. Per i primi dieci minuti almeno.
Ulquiorra sospirò mentre formulava quel pensiero. Aveva camminato per un po’ senza trovare nulla che potesse essergli utile.
Molto spesso si chiedeva come potesse un tipo come lui, estremamente riservato e mite, attirare sempre gente che di norma era il suo opposto.
Forse aveva una sorta di maledizione addosso. Sì, probabilmente doveva trattarsi di questo, altrimenti non avrebbe saputo spiegarselo.
Fu un insegna di un colore fucsia acceso ad attirare la sua attenzione: c’era chiaramente scritto Hime’s Sweetie Bakery. Che fortuna, esattamente quello che gli serviva.
Senza perdere altro tempo entrò in quella pasticceria ed immediatamente venne accecato da un unico colore: il rosa. Era tutto rosa, lo erano le pareti, lo erano i divanetti, lo era il pavimento… probabilmente se l’aria avesse avuto un colore sarebbe stato proprio il rosa in quel caso.
Batté le palpebre, sentendosi alquanto stordito. Poi notò il bancone, osservando la fila di dolci, pasticcini, brioche e torte accuratamente decorate come se si trattasse di un’opera d’arte. E lui di opere d’arte se ne intendeva abbastanza.
Dietro il bancone però non vi era nessuno. Sentendosi quindi leggermente più rassicurato, si avvicinò, lanciando una veloce occhiata.
Esattamente cosa avrebbe dovuto prendere?
Ad un tratto un rumore confuso attirò la sua attenzione. Orihime uscì di fretta e furia dalla cucina, con addosso un grembiule sporco di glassa rosa e sul viso una spolverata di farina.
“Ah, allora non mi ero sbagliata!”, esclamò. “C’è veramente un cliente! Scusi per l’attesa, ero di là e non mi accorta di essere chiusa in cucina da mezz’ora!”.
Si tolse frettolosamente il grembiule, mentre saltellava goffamente dietro il bancone, sotto lo sguardo stralunato di Ulquiorra.
Per l’appunto. Attirava sempre persone che erano il suo opposto.
“Amh… non si preoccupi”, affermò serio, le mani infilate in tasca.
“Ok!”, esclamò Orihime allegra. “Allora, che cosa posso darle? Crostata di mele? Cheesecake? Biscotti forse. Lei mi da l’impressione di essere un tipo che ama i biscotti al cioccolato e...”.
Quanto parla? Decisamente tanto.
Il ragazzo le fece un segno con la mano.
“In realtà sono qui per prendere delle ciambelle ai miei amici. Però non ho idea di che gusto comprarle, quindi… faccia lei”
“Oh, bene! D’accordo allora. E’ proprio sicuro di non voler assaggiare nulla?”
“No… non sono un grande amante dei dolci”.
In quel momento Orihime sentì come se qualcosa le si fosse spezzato dentro.
Come si poteva non amare i dolci? I dolci erano tutto… e piacevano a tutti!
Così sorrise.
“Se mi dice così però sono tentata di farle cambiare idea...”.
Ulquiorra non cambiò espressione, tuttavia dovette ammettere di sentirsi piuttosto inquieto.
“Amh… magari un’altra volta… devo tornare a lavoro. Ho lasciato i miei amici a sorvegliare, ma non mi fido troppo”
“Ah, scusi! Allora mi do una mossa emh, amh… Com’è che si chiama?”
“Ulquiorra e… ti prego, dammi del tu, avremo la stessa età”.
Orihime chinò la testa di lato, osservandolo e pensando che quegli occhioni verdi da cucciolo fossero a dir poco adorabili.
“Va bene! Io sono Orihime. Hime per gli amici”, disse contenta, porgendogli un sacchetto. “E qui c’è quello che hai ordinato. Fanno seicentoquaranta tre yen e cinquantaquattro! Spero… di rivederti, allora”.
Ulquiorra si sbrigò a pagare. Quella ragazza sorrideva molto, contrariamente a lui che aveva quasi sempre la stessa espressione seria e apatica.
A passo veloce si sbrigò a raggiungere il parco. Quando giunse a destinazione per fortuna trovò tutto in ordine, Nnoitra e Grimmjow avevano quanto meno ascoltato la sua richiesta di non fare casini.
Così finalmente poté tornare a dedicarsi ai suoi amati dipinti, mentre Grimmjow e Nnoitra divoravano le loro tanto attese ciambelle.
“Mmh”, fece il primo. “Hanno un sapore strano. E’ un misto tra fragole, cannella… e zucchina? Ma che cavolo...”
“E’ vero, la mia sa di cioccolato e pomodoro! Dove le hai prese?”.
Il corvino diede un’altra pennellata, finendo finalmente di colorare quello che doveva essere uno specchio d’acqua con dietro un sole morente.
“Si chiamava tipo… Hime’s Sweetie Bakery… una cosa del genere?”.
Grimmjow alzò il capo.
“Ah, adesso si spiega tutto. Conosco quel posto, è famoso per i suoi abbinamenti strani… per questo non va molto. Però ho sentito dire che la tipa che ci lavora è davvero molto carina. E’ vero? l’hai vista, no?”..
Ulquiorra gli lanciò un’occhiata truce. Era sempre il solito, non appena si parlava di ragazze andava fuori di testa.
“Non saprei… era normale, credo”
“Andiamo che vuol dire “non saprei?”, fece Nnoitra. “Nemmeno un tipo come te può rimanere impassibile di fronte ad una ragazza carina”.
Effettivamente Orihime era molto carina. E gentile. Probabilmente doveva essere un po’ goffa da quel poco che aveva visto.
“Anche se fosse non verrei a dirlo a te”
“Ah-ah! Ma a me sì!”, sghignazzò Grimmjow. “Perché sono io il suo migliore amico”.
L’artista alzò gli occhi al cielo. Chissà perché i suoi amici tentavano sempre di trovargli una ragazza. Non che non fosse interessato, ma fino a quel momento non aveva mai trovato quella giusta.
Non necessariamente doveva essere uguale a lui. Anzi, sarebbe stato meglio qualcuno di un po’ diverso… eppure era strano, con la maledizione che aveva addosso ciò non avrebbe dovuto essere un problema!
Il povero Ulquiorra non poteva saperlo, ma c’era una certa persona che stava tramando silenziosamente alle sue spalle.


Il giorno dopo era domenica e il parco era, se possibile, ancor più pieno del giorno prima. E Ulquiorra contava di passare un pomeriggio tranquillo, peccato che quello che si definiva il suo “migliore amico”, avesse piani ben diversi.
“Mi vai a comprare delle altre ciambelle?”.
A quella strana richiesta, l’artista lo guardò male… molto male.
“Pensavo che non ti piacessero. Non avevano un sapore strano?”
“Sì, ma non ho mai detto che non mi piacevano!”
“Pff, vacci tu!”
“No! Cioè...”, si schiarì la voce. “Non posso, perché se io vado e Renji e e la sua banda arrivano, il povero Nnoitra si ritroverà da solo. E tu lo sai quanto è debole e inerme”
“Hey!”, esclamò il diretto interessato.
Non bisognava di essere dei geni per capire quali fossero le reali intenzioni di Grimmjow: farlo andare di proposito in quella pasticceria!
E Ulquiorra sapeva di poter anche rifiutare. Ma non lo fece. Di per sé tendeva ad essere sempre abbastanza accondiscendente, ma in quel caso non si trattava di quello. Di certo no.
Così alla fine decise di dargliela vinta e tornò da Hime’s Sweetie Bakery. Entrò lentamente, questa volta l’eccessivo rosa non lo infastidì troppo. Inoltre Orihime era già lì. Dietro il bancone stava piegata su un foglio, con un’espressione stranamente preoccupata. I lunghi capelli erano sistemati dietro le orecchie, indossava anche delle forcine. Adesso il viso non era sporco di farina.
Ulquiorra si fermò qualche istante a guardarla.
Effettivamente sì, era carina. Se non addirittura bella. La ragazza, capendo di non essere più sola, sollevò lo sguardo, incrociando i suoi occhi verdi.
Immediatamente le labbra si curvarono in un sorriso.
“Oh, ciao! Sei venuto di nuovo a trovarmi!”.
Il corvino non si accorse neanche di essere arrossito.
“Già… per lo stesso motivo di ieri, aggiungerei”.
Cos’era quello strano formicolio che avvertiva dentro? Forse… nervosismo?
“Beh, questo mi rende molto felice. Sono sempre contenta di parlare con i clienti”, si portò una mano tra i capelli, sorridendo imbarazzata. “Purtroppo non capita molto spesso”.
Fu a quel punto che Ulquiorra si ricordò delle parole di Grimmjow del giorno prima circa la reputazione della pasticceria.
“E… come mai, se mi è concesso chiedere?”
“Temo sia per colpa mia. Però ti prego, siediti. Ti offro una cioccolata”
“Io veramente...”, Ulquiorra distolse lo sguardo. I suoi dipinti lo attedevano, eppure sentiva il bisogno di rimanere.
E questo non era mai successo.
Beh… dopotutto ci sono Grimmjow e Nnoitra, no?
E poi, se lei mi guarda così
“Va bene… va bene, rimango volentieri”.


Non poteva credere di trovarsi in quella situazione. Una situazione in verità normalissima, lo sapeva bene. Ma era davvero troppo tempo, praticamente anni, che non gli capitava di parlare così tanto con una ragazza…
Con una come lei.
Orihime aveva preso a parlare, mentre lo guardava negli occhi senza alcun timore. Questa era già di per sé una grande cosa, molti si trovavano a disagio a parlare con lui, forse per i suoi modi di fare un po’ indisponenti.
“Ho sempre amato preparare dolci”, spiegò la ragazza. “Così come ho semrpe amato fare delle combinazioni un po’… bizzarre, ecco, forse inusuali. Ho fatto il corso per diventare pasticcera tre volte. Alla fine credo che mi abbiano dato la qualifica più per disperazione”, sorrise. “Però sono contenta, perché pian piano, grazie anche all’aiuto di mio fratello, sto riuscendo a realizzare il mio sogno. Anche se non sempre è facile”.
Ulquiorra la ascoltò, fissando la cioccolata scura e ovviamente amara.
“Non ho visto nessun altro dipendente qui”, disse ad un tratto.
“Sì, beh. Mi occupo di tutto io”, affermò.
“Tu? Ma come fai?”.
Orihime fece spallucce.
“Ho provato a cercare qualcuno, ma non ho avuto molta fortuna. Ah, però mio fratello mi da una mano quando può. Comunque sia ti chiedo scusa, ho parlato solo di me. Tu invece? Tu cosa fai?”
“Sono una sorta… di artista di strada”, disse a bassa voce. “Faccio dipinti”
“Un artista?”, esclamò Orihime con gli occhi lucidi. “Effettivamente hai il fascino tipico degli artisti, deve essere bello”.
Orihime si entusiasmava davvero per poco.
E quel suo modo di fare ingenuo e un po’ infantile era addirittura adorabile.
Lui fece spallucce.
“Sì, ma essere un artista di strada non è esattamente quello a cui miravo. Ma dopo che ho finito l’accademia… mi sono dovuto arrangiare. Sarebbe bello se a qualcuno interessassero i miei dipinti”.
Orihime poté scorgere nel suo tono una certa nota di tristezza che la intenerì. Quasi senza pensarci poggiò la mano sulla sua.
“Su, non devi mollare! Sono sicura che riuscirai a realizzare i tuoi sogni!”, gli disse con un affabile sorriso.
Il corvino rimase immobile. Il contatto delle loro mani che si sfioravano era incredibilmente piacevole. Inoltre, senza ombra di dubbio, Orihime era rumorosa, eccessivamente allegra e si entusiasmava per un nonnulla, ma gli stava infondendo, forse senza saperlo, tanto coraggio,
“Sì… grazie...”, rispose visibilmente imbarazzato, senza riuscire però a scostarsi.
Fu Orihime a spostarsi, sorridendo in modo strano.
“Lo sai, dicono che il cioccolato sia la miglior cura contro la tristezza. Non mi cono certo dimenticata di ciò che mi hai detto ieri. Quindi, adesso ti prego di assaggiare uno dei mieii biscotti”.
Ulquiorra a quel punto osservò il vassoio poggiato sul tavolo, lo stesso vassoio che aveva accuratamente evitato di guardare e su cui erano poggiati dei biscotti con le gocce di cioccolato.
“Sei gentile, però davvero...”
“Ah-ah!”, esclamò agitando un dito. “Non è possibile che ad una persona non piacciano i dolci! Avanti, assaggiane solo uno. Anche perchè vorrei conoscere il tuo parere!”.
In quel momento Ulquiorra si sentì stupido. Perché per come lei lo stava guardando, con quei grandi e dolcissimi occhi, sentiva che non avrebbe potuto dirle di no in ogni caso.
Sospirò, afferrando uno dei biscotti. Con grande sforzo se lo portò vicino alla bocca, addentandone un pezzo.
Prima di tutto avvertì il cioccolato. Poi sentì una consistenza… piuttosto strana.
“Cosa… c’è dentro?”, domandò.
“Oltre il cioccolato ci ho buttato dentro della scorza di arancia. Però non mi bastava, quindi ho aggiunta anche la scorza di un limone e del finocchietto selvatico. Emh… non ti piace?”.
Per Orihime non sarebbe stata la prima volta che si sentiva dire che qualcosa da lei preparato non fosse esattamente buono.
E in un’altra situazione, Ulquiorra non si sarebbe creato problemi a dire la verità. Ma in quel preciso caso non voleva assolutamente offenderla.
Aspro… dolce… agrumi… okay, non so neanche se esiste una parola per definire ciò che sto mangiando… quanto meno non lascio trapelare nulla.
Mandò giù, guardandola negli occhi e pronunciando una semplice frase.
“E’ buono… davvero”.
Orihime batté le palpebre, sentendo gli occhi divenire lucidi. Era abbastanza intelligente da capire quando una persona stesse mentendo, e quello era il caso di Ulquiorra. Ma magari stava mentendo per non darle un dispiacere. E il solo pensiero la lusingò.
“Davvero? Mi piacerebbe che gli altri la pensassero come te”, sospirò. “Mi sa che se continuo ad andare così male dovrò chiudere”
“Chiudere?”
“Sì, altrimenti andrò in perdita”.
Fu allora che l’artista si ricordò dell’espressione preoccupata della ragazza. Probabilmente doveva essere quella la causa. Fu stavolta lui ad allungare una mano e a poggiarla sulla sua.
Lei alzò lo sguardo, sentendo il cuore battere veloce.
Sempre di più.
Era strano. Quel ragazzo era completamente diverso da lei.
Lui la luna, lei il sole. Eppure sembrava comprenderla.
Sembravano comprendersi entrambi, e completarsi.
Lo scampanellio della porta che si apriva li fece sussultare.
“Hime, eccomi! Scusa, ho cercato di fare prima che potevo!”.
Orihime, rossa in viso, si alzo.
“Nii-san! Ciao, emh… non fa niente, davvero!”.
Sora lanciò un'occhiata a Ulquiorra.
“Ciao, tu sei…?”
“Io sono soltanto… un amico di Orihime”, affermò un po’ incerto.
“Ah, ho capito. Sei il suo ragazzo”
Ma io veramente non ho detto nulla.
La diretta interessata spalancò gli occhi.
“Nii-san! Ma che dici! Non è assolutamente così! Che vergogna!”
“Andiamo, sto scherzando!”, rise.
Davvero era così facile scambiarli per una coppia?
“Visto che sei in buone mani, adesso posso andare”, disse il corvino con lieve imbarazzo. “Ciao… ci si vede”.
“Certo, ci vediamo!”, esclamò lei speranzosa. Senza accorgersene i suoi occhi avevano preso a brillare.
Lei non se n’era accorta, ma Sora sì.
“Vedo che ti piacciono i belli e tenebrosi”.
Orihime gonfiò le guance, imbarazzatissima.
“Nii-san, sei uno stupido!”.

Ulquiorra era tornato da Grimmjow e Nnoitra con uno sguardo più pensieroso del solito. Per quanto in genere preferisse non impicciarsi negli affari altrui, se pensava a Orihime gli veniva piuttosto difficile non preoccuparsi.
E questo era veramente ridicolo.
Ma per la mente continuavano a tornargli le sue parole e i suoi occhioni tristi. Lui sapeva bene cosa volesse dire non riuscire a realizzare un sogno.
Era quasi il tramonto quando si stava ritrovando a sistemare i suoi dipinti in modo da poter tornare a casa. Grimmjow gli era stato dietro tutto il pomeriggio, curioso di sapere cosa fosse successo tra l’amico e la tipa della pasticceria.
Aveva atteso un momento di calma e poi aveva lanciato la bomba.
“Allora, com’è andata?”.
Ulquiorra si voltò a guardarlo. Male, come al suo solito.
“Sai, ho dimenticato quand’è che ti ho assunto come consulente matrimoniale”
“Non essere noioso e parla. Hai l’espressione di uno che ha tanto da dire”
Veramente io ho sempre la stessa espressione.
Sospirò.
“Io e Orihime abbiamo parlato un po’… ci siamo conosciuti meglio”
“E com’è? Intendo lei”
Ci pensò su un attimo.
“Colorata. E ha un buon odore. Poi sì, direi che è… carina”, disse incerto. “Ma non ti fare strane idee, sono troppo diverso da lei”
“Non lo sai che gli opposti si attraggano? Lei ti piace? E intendo in quel senso lì”.
Ulquiorra lo guardò con fare pensieroso. Sicuramente Orihime apparteneva a quella categoria di persone che di solito sopportava a stento. Però, stranamente, i suoi modi di fare così allegri e la sua dolcezza non gli dispiacevano. No, anzi… si era trovato fin troppo bene a parlare con lei.
Si era sentito capito.
“Direi di sì… Ma non credo sia interessata ad una relazione, sarà troppo occupata a non far chiudere la sua pasticceria”
“Bene, questo è decisamente una buona scusa per avvicinarsi. Devo insegnarti tutto io?!”.
“Ci penserò, ok?”, disse infine per rabbonirlo.
Grimmjow parlava spesso a vanvera, ma quella volta aveva detto qualcosa di estremamente interessante.
Aiutare Orihime? Ma in che modo? Cosa aveva lui da offrirle?
Era sempre così razionale e tranquillo, adesso era bastato così poco per mandarlo in confusione. Tutto ciò solo perché lei gli piaceva.
Avrebbe dovuto farsene una ragione, perché da allora le cose sarebbero andate soltanto a peggiorare.

Il week-end era passato e Orihime aveva aperto la pasticceria. Sperava che nel pomeriggio arrivasse qualche cliente, perché continuando per quella strada non sarebbe andata da nessuna parte.
Fra tutti i clienti probabilmente ce ne sarebbe stato uno particolare che le sarebbe piaciuto rivedere.
Arrossì solo nel formulare certi pensieri. Era sempre stata un’inguaribile romantica, ma non aveva ancora trovato quello giusto. E Ulquiorra con il suo fascino misterioso l’aveva colpita.
“Ah, svegliati Hime!”, esclamò. “Non hai tempo per poltrire! Vai a fare i biscotti! Sì, vado a fare i biscotti”.
Fuori dalla pasticceria, Ulquiorra era molto indeciso se entrare o meno.
Con quale scusa poteva prensetarsi?
O magari sarebbe bastato essere sinceri.
Questa è colpa di Grimmjow e delle sue idee. Anche se certamente non mi sta obbligando.
Sospirò spingendo la porta.

Orihime sussultò immediatamente a quel rumore, e gli occhi subito le si illuminarono.
“Ciao!”, esclamò. “Sei venuto anche oggi. Vieni spesso per essere uno a cui non piacciono i dolci”
“Sì… in realtà sono venuto qui per parlarti”
“Oh”, il cuore prese a battere forte. “A parlare di cosa?”.
L’artista abbassò lo sguardo.
“Hai detto che ti serve personale ma che non hai trovato nessuno, giusto? Stavo pensando che… se posso esserti utile… io potrei darti un male”
… L’ho detto.
La ragazza batté le palpebre, scoppiando poi in una fragorosa risata.
Davvero fa così ridere?
“Scusa, non voglio prenderti in giro, è solo che non me lo aspettavo. Insomma, da uno a cui i dolci neanche piacciono non me lo aspettavo”
“Lo so, però mi sono reso conto che sei molto simile a me. So quanto è avvilente dover portare avanti un progetto e… malgrado la mia quasi incapacità di relazionarmi al prossimo, con te mi sono trovato bene. Per questo vorrei aiutarti”.
Il cuore di Orihime prese a battere ancora più veloce.
“E come farai con i tuoi dipinti?”
“Per quello troverò il tempo. Però è giusto che tu sappia una cosa. Non ho la più pallida idea  di come un forno si accenda. Quindi temo che dovrai insegnarmi tutto tu e...”.
Non riuscì a terminare la frase. Orihime lo stava guardando in modo strano.
“CI PENSO IO!”


Beh, almeno la divisa da pasticcere mi sta bene.
Orihime sembrava davvero divertita dalla cosa. E lui era abbastanza a disagio.
“Bene, come prima cosa ti insegno a fare una delle preparazioni base, ovvero il pan di Spagna! Sul tavolo ci sono gli ingredienti, farina, lievito, uova, buccia di limone e… sì, decisamente dovrei aggiungere qualcosa di mio”
“Qualcosa di tuo?”
“Sì, io aggiungo sempre un tocco personale alle ricette”
Me ne sono accorto.
“Comunque sia, inizia a mettere gli ingredienti nella ciotola, su!”, esclamò allegra. Ulquiorra fece pazientemente come lei gli aveva richiesto, non potendo fare a meno di pensare.
Adesso ne era certo, Orihime gli piaceva ed anche molto. Perché per nessun altro avrebbe fatto mai una cosa del genere.
Iniziò a montare le uova, un po’ goffamente in realtà, mentre Orihime, dietro di lui, sembrava star cercando qualcosa.
Ad un tratto la rivelazione.
“QUESTO E’ PERFETTO! ESTRATTO DI ROSA!”.
Ulquiorra non ebbe neanche il tempo di chiedere che la ragazza si avvicinò, buttando giù l’intera boccetta.
“Non per dire, ma non pensi che così sarà troppo?”
“Perché mai? Il sapore di rosa si deve sentire. Pan di Spagna alla rosa, magari anche il colore dovrebbe essere rosa”.
“Va bene, ok. Timeout”, sospirò. “Io non sono un pasticcere, però sono un pittore. E’ una cosa che so è che non bisogna mai esagerare con i colori. Un quadro colorato può essere bello, sì, ma anche i dipinti più semplici e dai colori tenui possono essere belli… quanto personali...”.
Orihime lo ascoltò con gli occhi lucidi. Sentirlo parlare della sua arte era davvero incredibile.
“Wow… sei davvero sveglio”
“No, sono solo un pittore senza arte né parte. Quello che sto cercando di dirti è che.. magari dovresti provare a fare lo stesso. Puoi personalizzare i tuoi dolci, ma con accortezza. Anche se devo ammettere che la tua audacia è ammirevole”.
Nel ricevere quel complimento Orihime sorrise, arrossendo.
“Io… farò tesoro del tuo consiglio. Però l’insegnante sono io, quindi torna a lavoro”.
Ulquiorra sorrideva raramente, in quel caso dovette addirittura sforzarsi per non farlo. Stando ben attento che lei non potesse vederlo, le lanciava delle occhiate furtive mentre temperava attentamente il cioccolato.
Era così presa.. esattamente come lui con i suoi quadri.
Lei gli si avvicinò, con un cucchiaino.
“Assaggia”
“Cosa?”
“Avanti!”.
Ulquiorra si ritrovò imboccato come un bambino.

“E’… cioccolato con… cannella?”
“Solo un pizzico. E’ buona?”
“Sì… decisamente”
“Sono contenta. Sai, penso che se dovessi paragonarti ad un dolce saresti proprio il cioccolato fondente, così amaro. Io sarei qualcosa di più dolce e fresco, tipo una fragola… o comunque qualcosa di rosa”
“Credimi, ho capito dalla mobilia che il tuo colore preferito è il rosa”.
Orihime strabuzzò gli occhi, lanciandogli poi un’occhiata di sfida.
“Hey! Non prendermi in giro!”, esclamò prendendo una manciata di farina e tirandogliela addosso.
Poi scoppiò a ridere, probabilmente nel vedere l’espressione sorpresa dell’altro.
Senza scomparsi più di tanto, Ulquiorra afferrò un pugno di farina a sua volta.
“Va bene, l’hai voluto tu”
“No, no, no!”, esclamò lei tentando di bloccargli le braccia. Ovviamente non ci riuscì, ed entrambi si ritrovarono con il viso bianco.
“Sciocco!”, rise lei.
“Mi sono solo difeso. Direi che adesso hai la stessa faccia di quando ti ho conosciuta”.
Orihime si accorse solo in quell’istante di essersi avvicinata eccessivamente a lui. Ulquiorra era serio, ma i suoi occhi parlavano da sé.
Ebbe per un attimo l’impressione che i loro cuori battessero all’unisono.
Ed in effetti era così. Lui sentì il petto quasi far male.
Questo non gli era mai successo. E si sentì felice.
L’atmosfera era diventata strana, Orihime poté giurare di averlo visto arrossire. E poi lì, quasi abbracciata a lui, ci stava proprio bene.
Talmente erano assorti nei loro pensieri che non si accorsero neanche dei rumori fuori la cucina.
Soma entrò senza bussare, fermandosi di scatto.
“Emh… scusate, interrompo qualcosa?”
“Eh? No, no, no!”, Orihime si staccò subito. “In realtà stavo insegnando a Ulquiorra a fare il pan di Spagna”
“Davvero? Lavori qui adesso?”
“No… non ancora almeno. Però voglio darvi una mano”
“Bene, contento di averti qui allora!”, esclamò dandogli delle sonore pacche sulle spalle. Ulquiorra lo guardò truce, rimanendo comunque in silenzio mentre Orihime se la rideva alla grande sotto i baffi.
Quell’intenso e breve attimo di poco prima era stato magico. Sperò solo che un momento come quello arrivasse nuovamente.



Da quel giorno in poi, Orhime e Ulquiorra iniziarono a vedersi ogni giorno. La ragazza era sorpresa nel vedere tanta buona volontà da parte di quell’artista affascinante, di cui pian piano stava scoprendo ogni sfaccettatura. Era incredibilmente intelligente, alle volte si perdeva ad ascoltarlo quando parlava. E poi lo stava introducendo al magnifico mondo dei coloratissimi dolci!
Oramai Ulquiorra non sembrava troppo restio dall’assaggiarli, sembrava anzi che stessero iniziando a piacergli.
Sì, per forza. In quanto artista, metteva una cura quasi maniacale in ciò che faceva, mentre coltivava la sua relazione con Orihime, giorno dopo giorno più intima.
Non era mai stato propenso ad aprirsi. Ma con lei era successo, senza che neanche se ne accorgesse. Pian piano si era lasciato andare.
Lei sta tirando fuori quello che nessuno riesce neanche a vedere. Deve essere speciale. Sì, tu sei senza ombra di dubbio speciale.

Era sera. Ulquiorra aveva passato un’altra giornata piena, con Grimmjow e Nnoitra che, come al solito, non gli rendevano le cose facili. Il primo non faceva altro che auto-complimentarsi per aver spedito l’amico tra le braccia di una donna.
Probabilmente un giorno avrebbe dovuto ringraziarlo. Forse.
Poiché non aveva avuto modo di andare da Orihime, pensò che magari poteva passare prima di tornare a casa. Si avvicinò al negozio, trovando la luce spenta. Era strano che fosse già chiuso.
Così bussò sul vetro.
“… Hime, ci sei?”. Dovette attendere qualche istante prima che la ragazza aprisse la porta con un’espressione strana.
“Ciao! Scusa, non sapevo saresti passato”
“Beh, oggi non ho avuto modo di venire e… perché è tutto spento? Non è orario di chiusura”.
Orihime allora sospirò. Ulquiorra capì che probabilmente avesse bisogno di qualcuno che la ascoltasse.
Poco dopo i due si sedettero all’interno del locale, la luce era soffusa. Orihime gli stava seduta accanto, strofinandosi le mani.
“Rischio di indebitarmi”, sospirò sconsolata. “Accidenti, pensavo avrei avuto un po’ più di tempo. Ma ci sono tante spese da pagare e ultimamente non ho avuto clienti. E quei pochi che ho avuto… oh, non credo ritorneranno! Che razza di pasticcera sono!”.
Lui la fissò un attimo prima di rispondere.
“Lo sai, non molto tempo fa ho inviato i miei dipinti ad alcuni musei della città”
“Eh?”, sussurrò. “Davvero?”
“Già. Ho pensato che magari sarei stato fortunato. Ma non è ancora successo nulla”
“Oh… mi dispiace...”
“Non dispiacerti. Prima o poi qualcuno si accorgerà della nostra arte. Perché sì, Hime. Anche la tua è arte, io ho potuto vederlo. Sai cosa faccio quando mi viene il blocco e non so più come andare avanti?”.
Lei scosse il capo, incantata.
“Prendo a disegnare la prima cosa che mi viene in mente. Così, di getto. A volte il risultato è pessimo. A volte invece mi piace. Forse dovresti fare lo stesso anche tu e...”.
Si fermò di botto quando si accorse che Orihime aveva l’espressione di una con un’idea geniale.
“Ho capito!”, esclamò. “Vieni con me, subito!”.
Lo afferrò per un polso, trascinandolo in cucina. Ulquiorra non ebbe neanche modo di chiederle cosa avesse in mente, perché la ragazza lo aveva zittito e gli aveva detto di non muoversi.
Circa venti minuti dopo se n’era uscita con un dolce al cioccolato!
“Assaggialo!”, esclamò porgendolo a Ulquiorra.
“Che… uno dei tuoi esperimenti?”
“Assaggialo e basta. Attento. E’ bollente”.
Lui sospirò. Si trattava di un tortino molto profumato. Ne staccò un morso. Avvertì subito la cremosità ed una punta d’acidità che non gli dispiacque affatto, anzi, trovò l’abbinamento molto azzeccato.
“Questo è davvero buono. Cosa ci hai messo dentro?”.
Gli occhi di Orihime si illuminarono.
“Cioccolato fondente con fragole. Come ho fatto a non pensarci prima, era tutto destino! Il nostro incontro lo era! Ho unito questi due ingredienti perché mi ricordano me e te. E ho avuto una combinazione perfetta. Sì! Dolci al cioccolato fondente e fragole, potrebbero diventare il nostro prodotto di punta, ho già un milione di idee!”.
Ulquiorra la osservò sconvolto, dovendosi trattenere parecchio per non ridere.
Hime… tu sei davvero incredibile.
Non avrei mai pensato di trovarmi così bene con una ragazza come te… e di arrivare addirittura ad farmi piacere i dolci.
“Sai cosa penso?”, disse poi Ulquiorra. “Dovremmo fare una riapertura. E magari sistemare il locale. Tipo togliendo quel rosa shocking orribile!”
“Hey, ma l’ho scelto io!”, esclamò strizzando gli occhi. “Però sai… non sarebbe una cattiva idea, sono certa che mio fratello sarà d’accordo. Adesso però… mettiamoci a lavoro. Di quei tortini ne voglio almeno venti… anzi no, trenta!”.
Ormai era chiaro che Orihime fosse partita in quarta. Aveva ritrovato la sua allegria ed energia. Che erano, incredibilmente, ciò che ad Ulquiorra tanto piaceva.
Ormai sono quasi certo che la mia non sia una maledizione, dopotutto. Non può esserlo se mi ha condotto a te.

Qualche tempo dopo…

La riapertura della sua pasticceria rappresentava per Orihime un punto di ripartenza. Forse aveva avuto bisogno di passare da quel periodo non esattamente felice, perché adesso era più carica che mai. E adesso l’Hime’s Sweetie Bakery era pieno. In occasione dell’inaugurazione, Orihime aveva indossato un abito un po’ più elegante, nero, semplice e aderente al punto giusto. Con un bicchiere di champagne in mano, osservava le pareti, non più rosa shocking, ma di un rosso caldo. Doveva ammettere che non le dispiaceva affatto, anzi. Ulquiorra l’aveva ben consigliata.
“Sora, sei sicuro che non hai bisogno di una mano?”, chiese a suo fratello che si trovava dietro il bancone, inondato letteralmente da ordini su ordini.
“Figurati, pensa a rilassarti. Comunque le vostre creazioni vanno a ruba!”.
Sorrise nel sentirselo dire. Probabilmente non avrebbe smesso di sperimentare… lo avrebbe solo fatto con più criterio.
Grimmjow entrò, trascinandosi dietro Nnoitra e guardandosi intorno.
“Che buon odore!”
“Perché? Perché mi hai portato qui? Io non volevo neanche venire”, si lamentò l’altro.
“Chiudi il becco. Ulquiorra ci ha invitato. Dimmi un po’ se lo vedi, piuttosto!”.
Nnoitra assottigliò lo sguardo. Il ragazzo stava in un angolo con la sua solita espressione allegra.
“Eccolo, è lì!”
“Bene! Hey!”, Grimmjow gli andò incontro. “Ciao! Ma perché te ne stai qui con quella faccia da funerale?”
“Ti ricordo che io ho sempre questa faccia”
“Sì, sì, noi vogliamo sapere i dettagli piccanti”, fece Nnoitra. “Sappiamo che adesso lavori ufficialmente qui. Verrai pagato bene immagino”, alluse a qualcosa di assai poco casto, mentre Ulquiorra alzava gli occhi al cielo.
Orihime si avvicinò ai tre, schiarendosi la voce per attirare l’attenzione.
“Ciao, voi dovete essere Grimmjow e Nnoitra, vero?”.
Il primo si voltò, spalancando gli occhi di fronte ad una bellezza simile.
“S-sì! Io sono Grimmjow, è esatto”.
Lei sorrise dolcemente.
“Ulquiorra mi ha parlato tanto di voi. Mi ha detto che siete i suoi miglior amici”
“Già”, sospirò il corvino. “Ma non dirglielo troppo o si monteranno la testa. Adesso scusate, ma io e Hime dobbiamo lasciarvi”.
Grimmjow li osservò sconvolto. Certo che il suo amico aveva fatto dei passi in avanti.
“Io sono ufficialmente il nuovo Cupido”, si gongolò, dando una pacca sulla spalla a Nnoitra. “Adesso però sistemiamo anche te”
“Neanche per sogno”, rispose lui acido.

Ulquiorra e Orihime si allontanarono un attimo dalla confusione del locale e andarono fuori. Visto dall'esterno, con la nuova insegna, faceva tutto un altro effetto. Il ragazzo si era perso a guardare la ragazza. Perché, quella sera in particolare, lei brillava come una stella, forse per la tanta felicità.
“Sono certa che adesso andrà tutto meglio. Se non fosse stato per te...”
“Ti prego, non dirlo… non ho fatto nulla...”
“Sì invece! E sono sicura che le cose inizieranno a girare bene anche per te!”.
Ulquiorra scostò lo sguardo.
“A proposito di questo… c’era una cosa che volevo dirti, ma aspettavo il momento giusto. Qualche giorno fa uno dei musei a cui avevo dato i miei dipinti mi ha chiamato e… mi ha detto che vorrebbero esporli”.
Orihime lo guardò con gli occhi lucidi.
“Ma è una notizia bellissima! Oh, sono davvero fiera di te!”
A quel punto non riuscì più a trattenersi. Si avvicinò e lo abbracciò stretto. Ulquiorra rimase immobile, sorpreso da quel gesto. Nel sentirlo rigido sotto di sé, la ragazza si scostò, con le guance arrossate. Forse era stata un po’ troppo avventata? Dopotutto non avevano mai avuto un vero e proprio contatto fisico.
“Io… ecco… scusa, non volevo metterti a disagio”.
E’ proprio questo il punto. Non era disagio il mio. Era il vano tentativo di mantenere il controllo. Ah, ma chi se ne frega.
Lui la attirò a sé, guardandola negli occhi.
“Sono io ad essere fiero di te”.
Orihime sentì il cuore perdere un battito. Stava per succedere quello che pensava?
Lo vide avvicinarsi e poggiare con impeto le labbra sulle sue. Avvertì immediatamente un piacevole calore, poi un brivido, il suo odore addosso e infine la felicità.
Ulquiorra la sentì tremare. Quindi si staccò, senza allontanarsi del tutto e senza staccare gli occhi dai suoi.
“Grazie per aver tirato fuori il meglio di me...”.
Orihime sorrise radiosa.

“E per averti insegnato ad apprezzare i dolci”
“Sì, anche quello. Da questo momento in poi non dobbiamo più fermarci, d’accordo?”
Lei annuì.
“Se sono insieme a te, puoi star certo che non mi fermerò”.
Poi lo afferrò, presa da un impeto di coraggio, e lo baciò come poco prima lui aveva fatto.
Un bacio che sapeva un po’ di cioccolato, un po’ di fragole.
E con quel casto e dolce gesto, suggellarono la promessa di andare sempre avanti insieme.



NDA
... Io non potevo non scrivere una storia su quella che è la mia seconda coppia preferita in Bleach. Però la cosa divertente è stata come è nata questa storia. Una sera io e il mio ragazzo ci siamo messi a parlare e allora è nata la domanda: "Ma cosa farebbero i personaggi di Bleach nel mondo reale?" (cosa che ovviamente tutti si chiedono). Niente, sono uscite delle cose troppo belle, infatti probabilmente più avanti questa storia diventerà tipo una raccolta, perché avrei delle idee molto divertenti che comprendono anche gli altri personaggi.
Per quanto riguarda Hime e Ulquiorra. Easy, la prima fa la pasticcera sperimentale [?], il secondo, da quando ho scritto "Vietato morire", me ne sono innamorata nella versione "artista incompreso". Quindi niente, è nata questa storia molto leggera (ogni tanto). Spero possa piacervi, perché io mi sono divertita a scriverla **
Alla prossima ^^
   
 
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