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Autore: Mikarchangel74    13/06/2018    3 recensioni
Ormai aveva smesso di gridare ed agitarsi da ore e stava facendo di tutto per respirare il più lentamente possibile per non consumare il poco ossigeno che ancora aveva a disposizione. Il prezioso ossigeno che lo avrebbe mantenuto in vita, finché Sam non lo avesse trovato e salvato; Perché sicuramente lo avrebbe fatto, ne era sicuro, Sam riusciva sempre a salvarlo pensò Dean speranzoso facendosi coraggio.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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~~Titolo: Quelle interminabili ore..
Fandom: Supernatural
No ship
Warning Nessuno
Tags: Hurt & Comfort
Partecipo alla Challenge #26promptschallenge 6/26 ‘Respirare’
Parole: 4239

Quelle interminabili ore..

Ormai aveva smesso di gridare ed agitarsi da ore e stava facendo di tutto per respirare il più lentamente possibile per non consumare il poco ossigeno che ancora aveva a disposizione. Il prezioso ossigeno che lo avrebbe mantenuto in vita, finché Sam non lo avesse trovato e salvato; Perché sicuramente lo avrebbe fatto, ne era sicuro, Sam riusciva sempre a salvarlo pensò Dean speranzoso facendosi coraggio.

Quella mattina era uscito dal bunker con Sam per seguire le tracce di un mutaforma, ma come spesso succedeva ad un certo punto si erano separati, Sam era andato a cercare nell’ultimo posto dove il mutaforma aveva colpito e poi sarebbe passato dall’obitorio per controllare il cadavere, mentre Dean era sceso nelle fogne sotto la città con la sua piccola torcia in mano. Il tanfo gli aveva impregnato le narici stordendolo, sicuramente lì da qualche parte c’era la tana della creatura e probabilmente qualche cadavere o i resti dei suoi cambi di pelle che stavano andando in putrefazione, aveva pensato coprendosi bocca e naso con la manica del giubbetto.
Il suo sesto senso lo aveva messo in guardia, la città era antica e sicuramente anche quelle vecchie condutture là sotto, si avvertivano lievissimi scricchiolii e rumori poco rassicuranti, come se tutto il tunnel si stesse ancora assestando e questo era tutt’altro che un buon segno. Sapeva che non era prudente avventurarsi da solo là sotto, anche perché ovviamente il telefono non prendeva cosa di cui lui di certo non si stupiva. Lo guardò, sospirò, e lo rificcò nella tasca dei pantaloni.
Bene o male Sam era al corrente di dove stava andando Dean, ma la città era grande e le fogne là sotto si estendevano per diversi chilometri anche fuori dall’agglomerato. Ad un certo punto decise di tornare indietro, ma poi un movimento furtivo aveva attirato la sua attenzione e così era partito all’inseguimento della creatura cadendo nella sua astuta trappola. Il mutaforma lo aveva attirato in una parte isolata, in un vecchio condotto nemmeno più in uso da anni ed aveva fatto esplodere un candelotto di dinamite lasciato da alcuni operai che avrebbero dovuto far saltare e chiudere quella parte di fognatura, ma i lavori erano stati bloccati anni prima con sommo piacere del mutaforma che poi vi si era stabilito e tutto andava alla grande finché questi due cacciatori non avevano iniziato ad indagare e ficcare il naso.
Ma ormai uno dei due era già stato messo fuori gioco. Sarebbe morto intrappolato là sotto e la creatura avrebbe preso il suo posto. Nessuno si sarebbe accorto di niente.
La dinamite aveva proprio fatto il suo lavoro pur essendo vecchia ed umida. L’esplosione aveva scaraventato Dean indietro contro la parete scavata nella roccia e rinforzata da una colata di cemento armato, aveva battuto la testa violentemente perdendo i sensi, mentre cemento, sassi e terra si riversava nel condotto intrappolando il cacciatore.
Quando Dean aveva ripreso conoscenza due, tre ore più tardi aveva gridato dal dolore. Una pietra gli era caduta su una gamba spezzandola e sentiva una dolorosa fitta poco sotto la cassa toracica su un fianco che gli rendeva difficile e doloroso respirare, per non parlare della grossa trave in cemento armato che gli schiacciava lo sterno, tenendolo bloccato a terra e che probabilmente gli aveva rotto qualche costola, sicuramente il motivo di quella forte fitta.
A causa della polvere che ancora aleggiava e persisteva in quello che ormai era diventato un loculo, gli sembrava di avere una grattugia in gola e sentiva sapore di terra. Poi di colpo era stato colto da un forte attacco di tosse questo lo fece urlare come un pazzo, il dolore al costato era divenuto insopportabile facendogli perdere di nuovo i sensi per un breve lasso di tempo.
Riacquistando lucidità poco dopo si guardò intorno, ma era troppo buio e ci doveva essere ancora troppa polvere nell’aria. Provò a muovere braccia e mani, per fortuna sembravano intatte e funzionanti. La gola sembrava intasata come se avesse ingoiato del cotone e fosse rimasto attaccato alle pareti, ma molto più ruvido. Cercò di deglutire per togliere quella fastidiosa sensazione e si sforzò di non tossire. Ogni respiro era come un pugnale infilato nel fianco. Ma non doveva tossire, avrebbe accettato tutto ma non il dolore orribile di poco prima. Deglutì di nuovo e gemette. Si strappò un lembo della maglia e cercò di coprire la bocca, avrebbe voluto legarsi il pezzo di stoffa dietro alla testa, ma come sollevò le braccia gridò di nuovo e dovette abbassarle subito “Maledizione!” Imprecò a denti stretti.
Magari poteva provare ad urlare, si riempì i polmoni quanto la posizione, il dolore e la trave gli consentirono e chiamò aiuto due, tre.. cinque volte, ma sembrava che la sua voce rimanesse intrappolata lì con lui, anzi, sembrava che non ci fosse proprio spazio intorno a lui, non c’era risonanza. Allungò un braccio tastando alla cieca intorno a se, in pratica era chiuso come fosse in una bara, il che voleva dire avere poco ossigeno a disposizione. Il cuore e la respirazione accelerarono per la brutta scoperta e preso dalla paura, puntellò i gomiti vicino ai suoi fianchi, appoggiò i palmi delle mani alla trave nella speranza di spostarla e liberarsi, ma al primo sforzo la fitta si riacuì all’istante e abbandonò subito anche questo proposito emettendo un singulto strozzato “Cazzo!!” Imprecò di nuovo rendendosi sempre più conto di quanto fosse critica la sua situazione. Non era più il caso di urlare per non consumare ossigeno vitale, non riusciva a liberarsi e non poteva fare altro che aspettare… Sam o … la fine.
Pensò positivo, pensò a suo fratello, sicuramente lo avrebbe cercato di contattare al cellulare e non trovandolo sarebbe andato a cercarlo. Quel che ignorava era che quel mutaforma aveva già preso le sue sembianze e se ne stava andando a giro per la città con la sua identità e senza nessuna difficoltà avrebbe preso il posto del fratello maggiore al fianco di Sam.
A questo punto non gli restava altro da fare che cercare di rimanere in vita più a lungo possibile. Si era messo fermo, non muovendo nemmeno un mignolo e cercando per quanto il dolore glielo permetteva, di respirare lentamente e con costanza. Inspirava, tratteneva un pochino l’ossigeno e lo rilasciava.

Il tempo aveva iniziato a trascorrere e Dean adesso aveva così tanto tempo per pensare, pensare era l’unica cosa che ancora era in grado di fare. Ma detestava pensare. Si teneva costantemente occupato pur di non pensare, ma adesso, lì, non c’era nessun filmato o fumetto porno da guardare, nessuna musica da ascoltare, nessun caso da risolvere per tenere la mente occupata, non aveva proprio niente da fare se non cercare di resistere il più a lungo possibile e sopravvivere, così molti pensieri gli si affollarono in mente, uno più di tutti:

Era un ragazzino di 10 anni, scaraventato nelle acque di un lago da suo padre per imparare a nuotare.
-Respira …Nuota … Respira.. Rimani a galla..-  Continuava a ripetersi mentre continuava ad allungare il collo con la testa che a tratti spariva sott’acqua ed agitava affannosamente le braccia magroline, in quell’acqua verdognola e gelida. Aveva freddo ed era terrorizzato.
Un’altra prova da superare per diventare uomo, per sopravvivere in questo mondo, ecco cos’era per suo padre. Poco importava che i figli soffrissero ed invece che trovare utile e dilettevole uno sport, si affliggessero e lo temessero.
John Winchester era un’ex marine e non era mai stato portato per la famiglia, soprattutto dopo la morte della moglie e madre dei suoi due figli pochi anni prima. Tutto ciò lo aveva segnato moltissimo e voleva che Sam e Dean fossero forti e pronti a tutto.
Dopo la morte di Mary aveva perso tutta l’allegria e il cuore s’era indurito, non era più uno di quei genitori che giocavano a calcio col figlio o che lo portavano al parco insegnandogli a far volare l’aquilone. Lo faceva poco anche prima, ma adesso vedeva i suoi due figli come cadetti, non conosceva altro modo per crescerli se non quello di prepararli al peggio nella vita.
Dean in questo caso aveva dovuto controllare il panico crescente, imparare a coordinare i movimenti sotto la guida e le spiegazioni di suo padre che lo osservava dal molo con le braccia incrociate sul petto e sarebbe intervenuto solo in casi estremi.
Aveva ingurgitato qualche boccata d’acqua che sapeva di alghe ammuffite, preso da un eccesso di tosse aveva rischiato d’affogare e gli sembrava di non avere abbastanza ossigeno anche in quell’occasione, ma non perché non ce ne fosse, ma perché tra il terrore e tutto quel dibattersi disperatamente e affannosamente, era quasi andato in iperventilazione. Già, proprio il contrario di quel che tentava di fare adesso.
Nonostante fossero passati anni, era ancora un ricordo vivido, come se fosse accaduto solo il giorno prima.
E mentre le immagini del ricordo lentamente si dissolvevano sospirò ed emise un altro gemito. La posizione, non era per niente comoda e la trave era dolorosamente pesante sul suo petto. Non aveva modo nemmeno di controllare la gamba che iniziava ad essere insensibile ormai e non era un buon segno.
Non voleva morire lì. Non così. Gli mancava Sam, e sì, gli mancava un po’ anche suo padre, gli mancava anche Bobby.
Si sentiva la gola in fiamme, avrebbe dato via il rene sinistro per un goccio d’acqua adesso.
‘Sam dove sei?’ E si rese conto che stava diventando sempre più difficile respirare. La stessa sensazione che avevano iniziato a provare lui e suo fratello quando quel deficiente di Ketch li aveva chiusi dentro al Bunker invertendo le ventole per l’aerazione ed erano quasi morti asfissiati. Un altro ricordo.
Quanto avrebbe dato adesso per quel lanciarazzi, per una granata, qualsiasi cosa avesse potuto aprire un varco, anche solo per vedere il cielo ed il sole… Perché Sam ci metteva così tanto?


“Hey eccoti qua!” Disse Sam raggiungendo il falso Dean seduto ad un tavolo di un bar a bersi una birra “Allora, com’è andata? Trovata la tana del mutaforma?”
Dean lo guardò serio per un secondo, poi accennò un sorriso tirato “Non c’era nessuna tana là sotto, falsa pista, probabilmente abiterà da un’altra parte. Tu, cos’hai scoperto?”
Sam ordinò una birra per sé e si sedette lì con lui, iniziando poi a raccontare cosa aveva fatto e cosa aveva scoperto.
Passò altro tempo, il sole si apprestava a tramontare ormai. Sam si accorse di quanto stessero bene lui e suo fratello lì, seduti a quel tavolino in quella tranquilla cittadina, chiacchierando e gustandosi la birra.
Alla fine si alzarono per tornarsene nel loro hotel. Sam non avrebbe avuto nessun motivo per sospettare che il giovane uomo che gli stava accanto non fosse il vero Dean, ma a causa di brutte esperienze passate, aveva imparato a non fidarsi nemmeno di fronte all’evidenza, era meglio essere sospettosi e verificare, soprattutto quando c’era un mutaforma nei paraggi. Così solo per proforma guardò gli occhi di Dean mentre passava un auto con i fari già accesi. Ed immediatamente si rese conto che aveva fatto bene eccome a controllare. Gli occhi di Dean avevano brillato argentei per una frazione di secondo, riflettendo i fari della vettura. Quello non era affatto suo fratello, quindi Dean probabilmente era tenuto prigioniero da qualche parte. Sarebbe stato meglio non insospettire la creatura prima di aver liberato suo fratello, così si comportò normalmente, andando in camera con la creatura e pensando a come potersi liberare e uscire in cerca di Dean, non aveva la più pallida idea che Dean stava soffocando ed ormai non c’era più molto tempo.
Squillò il telefono, era il coroner che aveva una scoperta da riferirgli, prese la palla al balzo
“Salve. Sì. Sì, capisco. Certo…” E una volta chiusa la comunicazione aggiunse “..Certo, arrivo subito. Grazie.”
Quindi si voltò con aria stanca verso il falso Dean “Devo recarmi dal coroner, dice di aver trovato una cosa insolita, addio ore di relax” disse fingendo di essere amareggiato
“Vuoi che ti accompagni?” Chiese il mutaforma
“E rinunceresti al materasso vibrante e avere la pay tv tutta per te?” Sam lo guardò con un sopracciglio alzato, recitando perfettamente la parte e sperando che la creatura si comportasse come suo fratello e non decidesse di andare con lui. Dean spostò lo sguardo da Sam al letto e di nuovo su Sam e poi fece un piccolo salto distendendosi sul materasso con le braccia sotto alla testa con un sorriso tra il divertito ed il beato sul volto.
“Come pensavo” concluse Sam scuotendo giocosamente la testa e gli lanciò una moneta per azionare il materasso. Sospirando tra sé e sé
“Goditelo fratello” Disse prima di prendere le chiavi dell’auto ed uscire.

-Respira… Ancora un altro respiro..- Dean ormai boccheggiava come un pesce fuor d’acqua. Stava lentamente spegnendosi, per quanta aria cercasse di inspirare, ormai di ossigeno non ce n’era più e quella piccola prigione in cui era bloccato era satura di monossido di carbonio. Non aveva più la mente lucida, aveva delle strane ed inquietanti visioni. Alle volte allungava il braccio perché quelle visioni erano così reali, gli sembrava di avere Sam o Bobby davanti a lui, altre volte sobbalzava perché un grosso cane infernale stava per balzargli addosso e poi gemeva per il dolore che il movimento gli procurava.
-Respira- Il corpo tremava leggermente, gli occhi erano chiusi, le labbra secche e screpolate e una lacrima scivolò giù, creando una riga chiara sul suo viso coperto di polvere incrostata.
Sam arrivò dove c’erano le fognature, puntò i fari dell’auto, accese la sua torcia ed iniziò a chiamare suo fratello a squarcia gola
“Dean!!... Dean!! Dove sei?!” Rimase in ascolto ma non ricevette risposta.
Forse era imbavagliato? … Svenuto? .. Forse non era lì? Poteva tentare di telefonargli… ma se poi il cellulare l’aveva preso il mutaforma?
“Avanti Dean… dammi un qualche segno” Disse sottovoce tra sé e sé.
Poi aprì una cartina con tutto il reticolo delle fognature. Diavolo, si estendevano per chilometri. Sospirò preoccupato e si decise a scendere nelle fognature armato e pronto ad affrontare altri mutaforma se ce ne fossero stati. Era ormai già dentro nella botola per metà, quando i fari dell’Impala illuminarono qualcosa di strano, sembrava ci fossero alcuni alberi caduti, uno strano pulviscolo e … una frana! E se Dean fosse rimasto intrappolato?
Uscì di corsa dall’apertura e corse verso la piccola voragine che si era creata.
“Dean!! Dean sei lì sotto?!” Ma anche stavolta nessuna risposta.
Dean aveva ormai quasi perso conoscenza e anche se avvertì la voce del fratello la prese per un’allucinazione e comunque non avrebbe avuto ormai la forza di rispondere.
Sam puntò la torcia osservando scrupolosamente. E se Dean non era nemmeno lì? Si morse il labbro indeciso, chiuse gli occhi qualcosa gli diceva di provare a scavare proprio lì. Non seppe spiegarsi cos’era, forse il sesto senso, forse il forte legame fraterno, o qualsiasi cosa fosse, non gli interessava, decise solo di dargli retta, prese una pala e scavò più velocemente possibile purtroppo pietre e cemento rendevano difficoltoso scavare, la pala rischiava di rompersi, ma non si perse d’animo, s’inginocchiò e iniziò a togliere pietra per pietra a mani nude, mentre ad intervalli chiamava il nome del fratello. Poi vide un lembo di tessuto, tolse altri detriti, era il suo giubbotto “Dean!” Non ricevendo ancora risposta, e sì che ormai doveva sicuramente udirlo, pensò al peggio “Avanti Dean resisti!! Sono qui! Coraggio!” Continuò a parlargli e piano piano riuscì a raggiungere un fianco, la spalla e dietro ad un pezzo di cemento che rimosse con cautela spuntò finalmente la testa. Ma Dean non dava segni di vita.
“Dean! Coraggio!!” Si chinò sopra di lui senza spostare nient’altro e poggiando le labbra sulle sue, chiudendogli delicatamente le narici, gli soffiò aria nei polmoni un paio di volte. Furono sufficienti, Dean spalancò di colpo gli occhi e la bocca aspirando una gran quantità d’aria, ma la tosse lo travolse subito prepotente afferrò la manica del giubbotto di Sam tenendola stretta nel pugno serrato mentre urlò e pianse per il rinnovato dolore, serrando di nuovo gli occhi. Sam fu sollevato di vederlo reagire, ma il cuore gli si strinse in una morsa vedendo la sua tremenda sofferenza, Dean era rimasto immobile fino a quel momento, ma le tempie erano leggermente imperlate di sudore, la classica reazione alla tremenda sofferenza del corpo. Dopo interminabili momenti di dolore dove Dean rimase rigido come se fosse pietrificato con mascella e pugni serrati preso da lieve tremore, mentre il pomo d’adamo saliva e scendeva freneticamente come se deglutisse a ripetizione, finalmente riuscì a calmarsi ed aprì gli occhi incrociando quelli del fratello che lo guardava preoccupato e gli stava carezzando dolcemente il volto, cercando di togliere un po’ di sporcizia.
“Sam… sei qui….” Disse debolmente cercando di sorridere, ma apparve una specie di smorfia sul suo viso
“Tranquillo, Tranquillo, adesso ti aiuto” Sam smise di accarezzarlo e con calma scostandosi dalla sua testa continuò a rimuovere tutta la terra e le pietre più piccole intorno al corpo di Dean, lentamente, piano piano, per capire quanto gravemente fosse incastrato e ferito. Ogni cinque minuti gli chiedeva come stava, un po’ per tenere cosciente il fratello e un po’ per capire se gli procurava ulteriore sofferenza, cosa che non avrebbe assolutamente voluto. Ci vollero all’incirca due ore prima di aver portato alla luce quasi tutto il corpo del fratello. C’era rimasta solo la grossa trave che attraversava il torace di Dean, tenendolo bloccato a terra e una grossa pietra sulla gamba destra.
Dean gemeva leggermente ad ogni respiro ma preferiva gemere inalando aria piuttosto che non averne come prima, ma ogni volta che Sam gli faceva la domanda, lui sollevava faticosamente la mano con il pollice rivolto verso l’alto per far capire a Sam che aveva fatto un ottimo lavoro e che lui stava bene, non voleva far preoccupare Sam più del necessario, sapendo com’era apprensivo.
Sam infine si decise a tentare di spostare la trave, ma nonostante gli sforzi questa non si mosse. Allora tentò con la pietra sulla gamba, ma riuscì solo a far gridare forte Dean ed a farlo tornare rigido come una pietra nell’intento di far attenuare di nuovo quel dolore che gli devastava ogni centimetro del corpo, così Sam lasciò subito la presa e tornò a confortare il fratello, accarezzandogli la testa e tendendogli una mano
“Ok, ok scusami, .. da solo non ci riesco, occorre aiuto… devo andare a cercare qualcuno o qualcosa”. Disse mortificato, Dean deglutì ed annuì ma non accennò a lasciargli la mano. “Ho tanta sete Sammy, ho la bocca secca e piena di terra” disse piano.
“A questo posso rimediare.” Sam si alzò e corse all’auto, aprì il vano posteriore e tornò con un’ampolla
“Magari non sarà buonissima, ma per fermarti un po’ la sete potrà andare, è l’acqua santa” Esclamò, poi gli passò la mano dietro alla nuca, sollevandogli leggermente la testa per facilitargli la deglutizione e gli versò l’acqua piano piano in bocca. Dean aveva il terrore che gli andasse per traverso e tossisse così all’inizio nonostante la sete non bevve, tenne l’acqua in bocca, si sciacquò e la risputò, ma poi a piccolissimi sorsi lasciò scendere il liquido giù in gola e chiuse gli occhi provando sollievo.
“Con calma, così, bravo” Sam lo incoraggiava dolcemente come se parlasse ad un bambino.
Poi pensò a come fare per tirarlo fuori di lì, poteva chiamare i pompieri, sicuramente loro avrebbero portato l’attrezzatura, erano gli unici visto l’ora tarda. Ma un pensiero andò anche alla creatura, si sarebbe insospettito non vedendolo tornare? Sinceramente adesso non gliene fregava niente, ma aveva un dubbio che si doveva togliere
“Dean… come ci sei finito qui?”
Dean lo guardò “il mutaforma… sono caduto nella sua trappola come uno stupido.”
“Già, saresti potuto morire qui, un quarto d’ora più tardi e…”
Dean lo interruppe “Come .. come hai fatto Sam? Come hai fatto a scoprire dov’ero?” Voleva distrarsi dal dolore costante che sentiva al petto ed alla gamba, aveva bisogno di argomenti a cui potersi aggrappare con la sua mente stanca.
“Il bastardo ha avuto il coraggio di farsi vedere in giro prendendo il tuo aspetto, ho notato i suoi occhi che per un momento hanno riflettuto i fari di un’auto e poi bo’ … solo fortuna” disse Sam sorridendogli e alzando le spalle.
C’era un po’ di sangue secco ed incrostato dietro la testa di Dean, quando l’aveva sollevata, ma sembrava che la ferita non gemesse più. La gamba lo preoccupava, non si vedeva bene, ma Dean doveva esser liberato il prima possibile e sperò per il mutaforma di non ritrovarlo in camera o l’avrebbe ucciso ancor prima che aprisse bocca, visto cosa aveva fatto a suo fratello!
Dopo avergli dato tutta l’acqua, Sam si decise a chiamare i vigili del fuoco, nel frattempo non si staccò mai da Dean che ormai era sfinito, e ogni tanto si addormentava o meglio, perdeva conoscenza, ma Sam lo scuoteva leggermente svegliandolo, perché vederlo incosciente in quel modo lo spaventava.
Quando arrivarono i pompieri si misero subito al lavoro, Imbracarono la trave e con un argano la sollevarono. Cercarono di essere delicati, ma per il corpo straziato di Dean ogni piccolo cambiamento o movimento voleva dire dolore atroce. Sam gli stava ancora accanto, tenendogli la mano, che sentiva stritolare in continuazione, ma quello che mise a dura prova il suo self control furono i lamenti strazianti, che suo fratello cercava di coprire con una mano sulla bocca e che penetrarono in Sam, facendo contorcere ogni fibra del suo essere sentendosi maledettamente impotente.
“Coraggio Dean… Ci siamo quasi, è quasi finita. Resisti ti prego!”
Dean vomitò bile dal dolore e perse di nuovo conoscenza e Sam questa volta lo lasciò riposare, forse era meglio per rimuovere anche la pietra sulla gamba, non avrebbe retto ad un altro strazio del genere.
Quando finalmente il corpo del cacciatore fu’ libero, c’era già pronta un’ambulanza. Caricarono Dean su una barella e lo portarono d’urgenza in ospedale. Solo quando stavano per varcare la sala operatoria, i medici bloccarono Sam e staccarono il contatto delle loro mani così Sam corse giù nella cappellina dell’ospedale.
Non era solito pregare, come anche suo fratello, era una cosa inusuale per loro, ma stavolta ne sentiva il bisogno, Dean era ridotto veramente male. Ma forse pregare era solo una scusa, aveva bisogno di camminare, muoversi, come se il tempo passasse più veloce in quel modo, piuttosto che stare fermo seduto su quelle sedie di plastica in sala d’aspetto.
Finalmente, dopo ben tre ore sotto ai ferri, Sam fu’ chiamato dal chirurgo
“Suo fratello ha perso molto sangue, ha una commozione cerebrale e potrebbe sembrare confuso per qualche giorno, ha due costole rotte e solo per un caso fortunato una di esse non ha perforato il polmone. L’osso sotto al ginocchio era rotto, ma siamo riusciti a sistemarlo. Lo terremo sotto anestesia ed in terapia intensiva per questa notte, ma domani potrà vederlo. Sam aggrottò la fronte, avrebbe voluto stare lì con lui in stanza, ma il medico si rifiutò categoricamente.
Visto che non poteva vegliare suo fratello ed aveva comunque bisogno di sfogarsi, Sam sapeva già come occupare il resto della nottata anzi, dei primi bagliori del nuovo giorno.
Salì sull’impala come una furia cieca, raramente era stato in quel modo in tutta la sua vita, ma adesso, con tutta la sofferenza che aveva sentito in suo fratello e che aveva riempito il suo cuore, voleva solo vendicarlo. Guidò fino al motel, prese un pugnale d’argento dal vano posteriore dell’Impala, stringendo l’impugnatura nella mano destra così forte che aveva la colorazione delle dita esagui ed entrò nella stanza dove aveva lasciato il mutaforma qualche ora prima; La stanza era in ombra e sembrava che lui dormisse, alzò il pugnale e lo calò con una violenza tale da poter trapassare anche il materasso.
Ma poi sentì sghignazzare. Alzò la testa per vedere la creatura, seduta sul davanzale della finestra
“Immagino tu abbia trovato il tuo compagno cacciatore” Poi si lasciò cadere di sotto e quando Sam uscì fuori, era già scomparso mentre il sole iniziava a far capolino. Sam ringhiò di rabbia e delusione, ma questi sentimenti fecero presto a svanire, sostituiti dalla voglia di rivedere e riabbracciare suo fratello.
Guardò ancora nella direzione dove era scappato il mutaforma, tanto sapeva che prima o poi le loro strade si sarebbero incrociate nuovamente e la prossima volta non gli avrebbe lasciato scampo. Quindi tornò in ospedale.
Sul mezzo del giorno Dean fu’ dimesso dalla terapia intensiva e spostato in un’altra stanza, ma sotto sedativi, continuò a dormire per tutta l’intera giornata. Anche Sam alla fine crollò riverso sul letto del fratello, essendo ormai sveglio da quasi quarant’otto ore.
Ed arrivò una nuova alba, Dean aprì gli occhi fissando il soffitto bianco della stanza di ospedale, gli ci volle un po’ per realizzare e far mente locale su dove si trovasse e sull’accaduto, ma poi si ricordò tutto, sentì una presenza lì accanto, non aveva bisogno di guardare chi fosse, così gli appoggiò una mano sulla testa e Sam si svegliò all’istante sollevando la testa e finalmente i loro sguardi si erano incrociati. Dean gli diede delle pacche delicate sulla guancia e gli sorrise dolcemente, ringraziandolo a modo suo e Sam appoggiò la sua mano su quella di Dean restituendogli il sorriso.

The end

   
 
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