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Autore: saramermaid    15/06/2018    0 recensioni
Saphael | Fantasy!AU
'Il dolore era insopportabile, continuo, persistente.
Non mancava molto alla fine della caduta.
Ma Raphael continuava a precipitare.
Ed il vuoto tornò ad inghiottirlo'
[Partecipa alla "26 Prompts Challenge" indetta dal gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia]
Genere: Angst, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Raphael Santiago, Simon Lewis
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa storia partecipa alla 26 Prompts Challenge indetta dal gruppo Facebook ‘Hurt/Comfort Italia’.
Il prompt di questa settimana è Cura. Il resto delle note si trova a pié pagina. (Prompt 7/26)
Coppia: Saphael (Simon x Raphael)
Tipo di storia: Fantasy!AU





Cura





Stava precipitando nel vuoto.
I suoi occhi scuri non riuscivano a vedere nient’altro che buio e oscurità.
Era un monito, la sua personale punizione, per quello che aveva fatto.

Il suo corpo fluttuava in uno spazio denso, quasi gelatinoso, rendendogli impossibile prevedere la velocità della caduta né se potesse attutirla in qualche modo senza l’ausilio delle ali che ora giacevano ripiegate su sé stesse come un peso morto.

Un tempo erano state rigogliose con le piume di una leggera sfumatura dorata e la consistenza morbida e liscia come seta. Erano il suo orgoglio, il suo vanto, ed usarle era facile come camminare o respirare. Adesso le piume erano strappate in più punti, avevano perso la loro lucidità aurea e pesavano come un macigno, contribuendo a trascinarlo più giù durante la caduta.

C’era stato un tempo in cui Raphael era stato uno dei prediletti di Dio, l’arcangelo che gli sedeva a pochi troni di distanza ed il cui compito era quello di cantare, di intessere lodi al Creatore attraverso melodie meravigliose. Poi Lucifero aveva iniziato a insinuare il dubbio, la gelosia e l’invidia tra le schiere celesti.

Lo spettro delle emozioni umane, un qualcosa del tutto estraneo e innaturale per la loro natura di angeli, aveva iniziato a serpeggiare. E Raphael si era fatto tentare, era stato troppo debole e cieco per capire. Quando l’aveva finalmente intuito, era ormai troppo tardi e Dio lo aveva ritenuto egualmente colpevole insieme alla cerchia di angeli che avevano ceduto al fascino di Lucifero.

Era stato bandito dal cielo, dalla gerarchia celeste, lontano dai suoi fratelli e dalle sue sorelle.
Il Creatore gli aveva tolto il dono delle ali e lo aveva privato della luce divina, spedendolo nell’oblio scuro in cui ancora si trovava. Ogni altro angelo colpevole di tradimento aveva subito la stessa sorte, poteva sentirli lamentarsi e invocare Dio anche se non poteva vederli.
Ma nessun perdono sarebbe giunto.

Quando sarebbe arrivato il momento, quando sarebbero caduti sulla terra, lontani anni luce gli uni dagli altri sarebbero diventati umani. Avrebbero perso memoria di quello che era il cielo, le stelle, la volta celeste. Tutto sarebbe rimasto assopito in un angolo remoto della mente come un sogno lontano. Da quel momento in poi avrebbero dovuto cavarsela da soli in quanto mortali.

Mi Creador, perdòname.

Sussurrò allungando un braccio nudo verso l’alto, quasi sperando di poter raggiungere Dio come Adamo durante la sua creazione. Un lamento acuto gli sfuggì dalle labbra rosee, poi un altro seguì al primo in una litania straziante.

Le piume delle sue stesse ali gli fluttuavano attorno mentre si staccavano una dopo l’altra.
Ben presto non ne sarebbe rimasta alcuna traccia.
La sua schiena sarebbe stata nuda e spoglia come un quadro senza la sua cornice naturale.

Il dolore era insopportabile, continuo, persistente.
Non mancava molto alla fine della caduta.
Ma Raphael continuava a precipitare.
Ed il vuoto tornò ad inghiottirlo.







Si sentiva confuso, stordito, debole.
Un intenso calore gli colpiva la pelle liscia e nuda accarezzandogli il viso, le spalle, il petto e le gambe. La parte posteriore del corpo era resa umida dal terreno e dai ciuffi d’erba che trattenevano ancora le gocce di rugiada.

Il sangue rappreso e appiccicoso gli ricopriva le scapole al centro della schiena, scorrendo fino alle natiche e sporcando alcune chiazze di prato verde. Un dolore intenso si irradiava da quel punto, costringendolo a versare qualche lacrima tra un sigulto strozzato e l’altro.

Raphael aprì gli occhi, strizzandoli per via della luce intensa del sole e osservando le nuvole bianche che tinteggiavano il cielo azzurro. Le chiome frondose di alte querce rigogliose venivano scosse dal vento, circondandolo e formando quasi un semicerchio perfetto.
Sembrava una radura.

Per un attimo permise alla paura di prendere il sopravvento, facendogli battere il cuore all’impazzata. Le dita corsero ad aggrapparsi ai ciuffi d’erba incolta, stringendoli in una presa salda e rigida che rischiava di strapparli dal terreno.
Era finita. La sua caduta si era conclusa.

«Ehi! Non è carino maltrattare la foresta, la natura merita rispetto eーWoah! Sei completamente nudo!»

Raphael spostò lo sguardo verso il suono di quella voce, reclinando il viso di lato e lasciando scivolare via dalle sue mani i fili d’erba. C’era un ragazzo a pochi passi da lui. I capelli castani venivano mossi dalla brezza, gli occhi nocciola lo fissavano con sgomento e in modo cauto, il naso sottile era arricciato e le labbra rosa erano leggermente schiuse.

Per un attimo Raphael si perse ad osservarlo, a studiarne i lineamenti e i vestiti.
Sembrava un normale essere umano, eppure la leggera curvatura a punta sulle orecchie gli fece intuire che non lo fosse del tutto.

Raphael tentò di sollevarsi, di mettersi seduto, nonostante la schiena bruciasse come lava rovente. Un nuovo rivolo di sangue vivo corse lungo la spina dorsale, aggiungendo altre macchie cremisi sul terreno. I suoi occhi scuri corsero ad osservarsi le mani, le dita erano macchiate di fango e terriccio così come gran parte del corpo. I capelli gli si erano attaccati alla fronte, il sudore gli bagnava la pelle.

«Oh cacchio! Sei ferito, vero?», lo sentì chiedere con voce stridula, «Sei proprio un genio Simon, è ovvio che sia ferito… che razza di domande fai… sei un elfo imbecille...» Concluse borbottando tra sé e sé.

Una risatina gli sfuggì dalle labbra a quelle parole, mentre le guance dell’elfo si tingevano di una lieve colorazione rosata. Raphael lo trovò stranamente adorabile, poi scacciò via quel pensiero e balzò in piedi barcollando. Il suo senso dell’orientamento era completamente nuovo, doveva ancora abituarsi all’assenza delle sue magnifiche ali. Erano state quelle a dargli stabilità di movimento ed ora non c’erano più. Al loro posto restavano solo due enormi e profondi squarci verticali ancora sanguinanti.

Raphael provò a muovere alcuni passi, osservandosi i piedi nudi e facendoli avanzare uno dietro l’altro come qualcuno che impara a camminare per la prima volta. Riuscì solo a percorrere un breve tratto, poi si ritrovò a inciampare e perdere sostegno. Due forti braccia corsero subito a circondargli i fianchi, sorreggendolo senza fatica.

«Attento! Non dovresti camminare in queste condizioni… le tue ferite sembrano molto brutte e profonde… forse possoー», si interruppe l’elfo guardandolo con le gote sempre più imporporate a causa della vicinanza e della nudità, «forse posso aiutarti a farle guarire… se vuoi, p-posso curarle… e-ecco.» Aggiunse balbettando e incespicando sulle ultime parole.

Il volto di Raphael si rabbuiò appena, preso d’assalto da uno strano senso di malinconia e tristezza come se sentisse la mancanza di qualcosa. Non sapeva di preciso a cosa anelasse, i suoi ricordi a riguardo diventavano vaghi ogni volta che cercava di afferrarli, eppure ricordava la forma e la consistenza delle proprie ali, ricordava di averne avuto un paio e la sensazione di poter volare.

Un basso mugolio gli si impigliò tra le corde vocali e la sua testa prese a girare.
Simon adesso lo guardava preoccupato, la fronte era corrucciata, i denti martoriavano il labbro inferiore.

«Mi chiamo...», iniziò a dire interrompendosi quando una nuova ondata di dolore lo colpì in pieno, «mi chiamo Raphael… io sono… ero… un angelo.» Riuscì a borbottare cercando di ricacciare indietro il fuoco che lo divorava nel profondo.

L’elfo emise un verso indefinito, strabuzzò gli occhi nocciola e boccheggiò.
La presa attorno ai fianchi si fece più salda e Simon iniziò ad annuire concitatamente più a sé stesso che a lui.

«Oh benedetto cielo!», esclamò quest’ultimo senza mezzi termini rendendosi poi conto di ciò che aveva detto e arrossendo dall’imbarazzo, «Cacchio! Cioè non volevo bestemmiare o chissà cosa, scusami se ti ho offeso non userò più quella ridicola frase! Non che io pensi che la volta celeste sia ridicola o altro… La smetto di parlare adesso… umh… devo curarti. Ecco, si, questa è un’ottima idea. Non siamo lontani dal rifugio.»

Raphael si sentiva sempre più debole.
Man mano che si addentravano nella foresta, diventava sempre più difficile tenere gli occhi aperti e muovere i muscoli. Non sapeva se quella spossatezza fosse un processo di adattamento da parte del suo corpo alla sua nuova natura mortale ma si sentiva sempre più stordito e il sudore si condensava in piccole goccioline che attraversavano il petto nudo.

Fu solo quando Simon spalancò la porta in legno di un cottage situato al limitare della boscaglia e lo adagiò su una brandina all’angolo della stanza che Raphael lasciò che l’oblio lo inghiottisse, alternando momenti di lucidità a quelli di completo annientamento.

La voce dell’elfo gli arrivava ovattata e distante, a tratti distorta e sussurrata.
Riuscì solo a capire che il ragazzo aveva intenzione di curargli le ferite e che ci sarebbe voluto qualche istante. Raphael si aspettava qualsiasi cosa, a quel punto. Non sapeva come funzionasse il processo di guarigione o cosa dovesse fare.

In tutta risposta nascose meglio il viso contro il mucchio di stracci che formavano il cuscino e permise a Simon di farlo distendere a pancia in giù per avere maggior campo libero. Gli occhi scuri dell’angelo caduto si concentrarono sulle mani dell’altro, le videro muoversi e compiere alcuni movimenti circolari e precisi.

Tutto sembrava sfocato, una miscela di colori indistinguibili.
Strizzò gli occhi tentando di recuperare lucidità, di restare ancorato a qualcosa, e si sorprese quando l’elfo iniziò a intonare una litania in una lingua sconosciuta. Le vene sui palmi di quelle mani iniziarono a tingersi di un verde scuro, simile a quello della foresta che circondava la casa, e Simon fece scorrere i polpastrelli ai margini degli squarci sanguinanti.

La fronte dell’elfo si aggrottò di nuovo, questa volta in segno di concentrazione, gli occhi erano invece chiusi. L’angelo avvertì un improvviso tepore accarezzargli la pelle tiepida e il fuoco vivo che sentiva dentro si spense del tutto, donandogli sollievo immediato.

«Riposa, Raphael. Ne avrai bisogno per recuperare le forze. Va tutto bene, adesso.»

La voce di Simon era tornata melodiosa, pacata, dolce.
Raphael socchiuse gli occhi, abbandonandosi alla stanchezza che lo reclamava.
Sorprendentemente le ferite erano guarite.
Restavano solo delle lunghe cicatrici a testimonianza del loro passaggio.
E la consapevolezza che Dio non l’avrebbe perdonato tanto presto.







Quando aprì gli occhi scuri, questa volta, la pelle non bruciava più.
Avvertiva, al contrario, una sensazione di freschezza e si accorse solo in un secondo momento della presenza di un panno bagnato che gli accarezzava l’epidermide. Le mani di Simon si muovevano svelte e caute lungo il suo corpo, lavando e pulendo accuratamente la cute dai residui di sangue, sudore e terriccio.
Erano una carezza piacevole.

Raphael le sentiva spostarsi lungo la schiena, facendo attenzione alle ferite appena guarite, per poi scendere lungo le braccia, inoltrandosi tra le pieghe delle dita e sotto le unghie. Poteva sentirle scivolare sulla parte bassa della spina dorsale, sfiorargli le fossette di Venere, i glutei sodi e le gambe fino a soffermarsi sui piedi.

Un sospiro appena accennato si fece largo tra le sue labbra schiuse e i movimenti di Simon si arrestarono di colpo. Raphael spostò il viso da un lato, fissandone i lineamenti del volto e notando le gote imporporate dell’elfo come se si sentisse in imbarazzo nell’essersi permesso di prendersi cura di lui.

«Simon...», sussurrò nel silenzio spezzato solo dal cinguettio degli uccelli e dal rumore dell’acqua che scorreva non troppo lontano.

«Scusami, non v-volevo svegliarti o i-importunarti», balbettò l’elfo portando le mani in grembo e artigliando il panno umido tra le dita, «ho solo pensato che… umh… fosse una buona idea ripulire il sangue rappreso e i residui di terra...»

Raphael annuì a quelle parole, sorridendogli riconoscente.

«Gracias», gli rispose grato osservando la bacinella semivuota ai piedi del letto, «hay agua... sento il rumore dell’acqua.»

Il viso dell’elfo tornò ad illuminarsi e gli occhi nocciola si riempirono di eccitazione.
Simon lo fissava con espressione fiera e impaziente, non riuscendo a star fermo sul tronco di legno utilizzato come sedia di fortuna.

«Oh si! Qui vicino c’è un magnifico ruscello, dovresti vederlo! Le sue acque sono limpide e fresche, ci si può fare anche il bagno e a pensarci bene forse è quello che dovremmo fare. Insomma, voglio dire, sarebbe più comodo se potessi lavarti lì invece che con un panno umido...»

La voce di Simon era acuta e melodiosa come il tintinnio di tanti campanellini, l’elfo gesticolava concitatamente e parlava a raffica quasi non respirando tra una parola e l’altra. Raphael continuò a guardarlo affascinato, per nulla irritato da quell’incessante farneticare.

«Està bien.»

Lo interruppe annuendo nuovamente, accettando poi l’aiuto di Simon per mettersi in piedi. Percorsero un breve tratto d’erba a sinistra del rifugio e Raphael si perse a fissare rapito il tappeto di fiori accanto ai loro piedi. Ne memorizzò le forme e i colori, la morbidezza dei petali, la lunghezza degli steli, la setosità quando gli sfioravano le caviglie.

Non ci misero molto prima di giungere alla sorgente d’acqua.
Simon aveva ragione, il ruscello era magnifico.
L’acqua scorreva placida e serena, una cascata naturale era incastonata nella roccia grezza.

«D’accordo, ti aiuto ad entrare in acqua. Andiamo.»
Sussurrò l’elfo.

Il fondale non era molto profondo ma Raphael si immerse fino al collo, socchiudendo gli occhi e rilassando i muscoli. Il corpo di Simon era a pochi passi da lui, lo sentiva spostarsi alle proprie spalle smuovendo l’acqua ad ogni minimo movimento.

Le braccia dell’elfo si chiusero attorno alla sua vita, sorreggendolo per qualche istante e sospingendolo contro il proprio petto. Raphael sussultò appena a quel contatto, rabbrividendo e tremando leggermente.

Gli sembrava di sentire lo stomaco contorcersi e una strana sensazione si fece largo in lui, costringendolo a incurvare le spalle e irrigidirsi. Non sapeva cosa ci fosse che non andasse, era come se l’istinto gli dicesse che quella vicinanza fosse errata.
Un peccato.
Cedere alle emozioni lo aveva punito.

Si ritrovò a pensare.

L’elfo sembrò intuire il cambio di atteggiamento, la presa sul suo corpo si allentò e l’altro indietreggiò di qualche passo.

«Scusa Raphael», l’udì pigolare con voce sommessa e priva di quell’allegria che di solito aveva, «non intendevo metterti a disagio.»

«Non preoccuparti, Simon. Va tutto bene.» Gli rispose prima di iniziare a lavarsi, grattando via le ultime tracce di sporco e sangue.

Non poteva lasciarsi sopraffare dalle emozioni umane.
Il suo cammino sarebbe stato lungo e tortuoso.
Ed il suo posto sarebbe sempre stato nel cielo.
Eppure per un solo singolo istante a Raphael non era importato.
Per un solo istante il modo in cui Simon si era preso cura di lui l’aveva fatto sentire vivo.












A/N
Sara’s Corner


Il prompt di questa settimana mi ha messa in crisi non poco. Ho avuto più volte il blocco dello scrittore e cambiato idea altrettante volte nell’arco di pochi giorni. Onestamente? Quello che ne è uscito fuori non mi convince molto, non so, mi sembra di aver abbozzato troppo il tutto o di aver scritto troppe descrizioni inutili. E’ difficile spaziare col prompt ‘Cura’ perché la definizione in sé della parola non lascia molto margine di inventiva. Mi sembrava banale concentrarmi su una storia in cui uno dei due fa l’infermiere/badante dell’altro vuoi per incidenti, malformazioni fisiche naturali etc. Perciò è vero che Simon si prende cura di Raphael ma lo fa in un contesto fantasy che probabilmente si allontana dal classico cliché. Se volete fatemi sapere cosa ne pensate, mi aiuterebbe molto conoscere l’opinione di chi legge (:
Come sempre lascio a piè pagina il vocabolario spagnolo in caso di bisogno!

Piccola precisazione: Molti penseranno che la storia sia una sorta di Crossover con la saga di ‘Fallen’. In realtà ho solo preso spunto dalla leggenda universale degli angeli caduti (: Per quanto riguarda la presenza dello spagnolo, ho pensato che essendo stato Raphael un arcangelo egli conoscesse tutte le lingue del mondo e si trovasse più a suo agio nel parlare proprio lo spagnolo.


Vocabolario spagnolo:

- Mi Creador, perdòname..
(Mio Creatore, perdonami.)
-Gracias.
(Grazie)
- Hay agua..
(C’è acqua.)
- Està bien.
(Va bene.)
  
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