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Autore: Laura Taibi    16/06/2018    1 recensioni
{miraculous AU}
"«Tutto questo è un incubo» aveva esclamato Marinette, stringendo la trapunta tra le dita.
Adrien le aveva poggiato una mano sulla sua. «Lo so, ma non possiamo arrenderci... se restiamo uniti potremo sopravvivere!»
I due ragazzi si erano guardati negli occhi, poi lui, inaspettatamente, l'aveva abbracciata. «Non preoccuparti, ti sveglierò da quest'incubo» aveva detto."
Questo racconto pone i personaggi di miraculous in una situazione del tutto diversa. La storia contiene SCENE FORTI quindi, se non vi piace il genere, passate oltre.
Buona lettura!
Genere: Horror, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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«Dannazione!» imprecò Marinette sottovoce, richiudendosi la porta alle spalle.

Si trovavano in una degli uffici della sicurezza, nel seminterrato dell'edificio, che era stato messo a soqquadro e saccheggiato più e più volte. Non vi erano finestre e la luce al neon pendeva sbilenca dal tetto, emanando una luce fredda e intermittente che rendeva quella devastazione ancora più spettrale.

Adrien si affrettò a spingere il pesante porta documenti davanti l'entrata, dopodiché poggiò le mani sulle ginocchia, annaspando alla ricerca di aria. La corsa era stata estenuante.

Oltre la porta si riuscivano ancora a sentire le voci e lo sbattere di quegli esseri infernali ma, almeno per il momento, non sembravano abbastanza per superare la barriera di fortuna.
Marinette poggiò le spalle alla parete, lasciandosi scivolare a terra con aria distrutta.
Com'era potuto succedere? Eppure soltanto una settimana prima tutto sembrava essere normale...

Ricordava perfettamente quel giorno.

 

Si era alzata tardi, come sempre, e come sempre aveva fatto colazione di fretta per correre a scuola.

Alya aveva alzato la mano per salutarla, non appena l'aveva vista arrivare, e insieme si erano dirette in classe, parlando del film che avevano dato in televisione la sera prima e della sua cotta per Adrien, il migliore amico di Nino, il ragazzo di Alya. Cavoli, era incredibile come si ricordasse ogni minimo particolare e come, quelle chiacchierate, ora le sembrassero assurde e appartenenti a un'altra vita.

Le lezioni erano iniziate come al solito, poi uno strano colpo era esploso in lontananza, facendo tremare i vetri della classe. Lei, Alya e tutti gli altri si erano precipitati alle finestre e avevano subito notato l'enorme colonna di fumo che saliva in cielo, proveniente da un punto imprecisato della città.

«Ragazzi, state calmi, sono certa che...» aveva iniziato l'insegnante, ma subito era stata interrotta dallo stridio di gomme e lo schianto di un'auto a pochi isolati di distanza, seguito da alcune sirene e diversi colpi d'arma da fuoco.

A quel punto era scoppiato il caos. Tutti i ragazzi della scuola si erano lanciati verso le uscite, urlando e spintonando.
Marinette era stata trascinata a terra, e sarebbe potuta finire schiacciata se Adrien non l'avesse aiutata, prendendola al volo e allentandola dalla calca.

«G-grazie» aveva esclamato la ragazza, un po' per paura e un po' per imbarazzo.

Alya e Nino si erano avvicinati a loro, all'angolo dell'aula, proprio mentre la folla andava scemando.

«Ma che sta succedendo?! Sembrano tutti impazziti!» si era lamentato Nino, guardandosi intorno confuso.

La sua ragazza intanto aveva già tirato fuori il cellulare, alla ricerca di qualche notizia che potesse fare luce sull'accaduto. Sullo schermo era apparsa l'immagine di madame Chamack, in diretta dal centro città dove, apparentemente, era scoppiato un vero e proprio caos.

«I cittadini sembrano essere affetti da una strana malattia altamente infettiva. Chi la contrae ha atteggiamenti aggressivi, pertanto le autorità consigliano di restare in casa fino a...»

Un urlo aveva interrotto la giornalista. La telecamera era caduta a terra, trasmettendo scene di panico poco prima di interrompere il collegamento.

I quattro ragazzi si erano guardati l'un l'altro con aria spaventata.

«Dobbiamo andare» aveva affermato Adrien.

«M-ma non sarà pericoloso?» aveva balbettato Marinette. Sentiva le gambe tremarle e il cuore a mille.

«La scuola non mi sembra così sicura» aveva obbiettato il biondino «ma casa mia lo è, e non si trova troppo distante da qui.»

Nonostante la paura avevano convenuto che Adrien avesse ragione. Dovevano muoversi al più presto, prima che qualche infetto facesse irruzione lì.

Erano appena uscirti in strada quando il telefono di Marinette aveva preso a squillare.

«Tesoro! Santo cielo, stai bene per fortuna!» aveva esclamato sua madre, dall'altro lato. «Dove ti trovi? Sei al sicuro?»

«Si mamma, sto bene. Sono per strada, io...»

«Non venire qui!» aveva esclamato sua madre. Il panico era ben udibile dal tono della sua voce.

«Cosa? Mamma, che succede?!»

Una serie di schianti avevano fatto tremare il microfono del cellulare.

«Mamma!» aveva urlato la ragazza, presa dal panico mentre Alya la trascinava per stare al passo dei due ragazzi.

Una porta si era chiusa e sua madre aveva iniziato a respirare in modo affannato. «Marinette, tesoro mio, trova un posto sicuro e nasconditi» le aveva detto.

«Mamma, che hai? Dov'è papà?»

Sua madre non aveva risposto subito. Quando poi lo aveva fatto la sua voce era rotta dal pianto. «La pasticceria era aperta, tuo padre, lui... T-ti voglio bene amore mio.»

La chiamata si era interrotta.

In quel momento non lo poteva sapere, ma aveva appena sentito sua madre per l'ultima volta.

Erano quasi arrivati alla villa di Adrien quando un infetto era spuntato dall'angolo: aveva gli occhi iniettati di sangue, le vene del collo gonfie e pulsanti, di un nauseante color violaceo e muoveva il corpo e la mascella a scatti, producendo un sinistro ticchettio con lo sbattere dei denti. Non appena li aveva visti, l'infetto si era lanciato su di loro, muovendosi con una velocità e degli scatti del tutto inumani.

I quattro ragazzi si erano sparpagliati.

L'infetto aveva deciso di lanciarsi su Nino che, preso dal panico, aveva cercato riparo all'interno di un'auto.

L'uomo lo aveva afferrato per una gamba ma proprio in quell'istante un colpo di pistola era partito, facendo esplodere la testa di quell'essere, sotto gli occhi sconvolti dei ragazzi.

L'agente Raincomprix, il padre della loro compagna di classe Sabrina, era a pochi metri da loro, con l'arma ancora fumante. «Dovete andarvene di qui, subito.»

«Lo ha ucciso!» aveva esclamato Alya, sconvolta.

L'uomo l'aveva guardata con aria grave. «Se non lo avessi fatto ora avremmo un problema in più e voi un amico in meno.»

«M-ma che sta dicendo? Quello era un uomo!» aveva detto Adrien, avvicinandosi. Non riusciva a capire cosa stesse accadendo.

Il poliziotto stava per ribattere quando dall'angolo un'altra infetta si era scagliata alle sue spalle, azzannandolo al collo. L'uomo aveva urlato, dimenandosi mentre il sangue iniziava a uscire a fiotti dalla ferita.

Marinette aveva provato ad avvicinarsi ma Adrien le aveva preso il braccio, esortandola a muoversi.

Mentre i quattro ragazzi si avviavano oltre i cancelli della villa avevano visto il signor Raincomprix rialzarsi dalla pozza di sangue dove l'infetta lo aveva lasciato... aveva gli occhi iniettati di sangue e la mandibola aveva preso a sbattere.

 

Da quel momento in poi le cose erano precipitate.

La città era caduta nel caos, i mezzi di comunicazione si erano interrotti e gli infetti si erano decuplicati nel giro di pochi giorni.

Quando erano entrati nella villa Adrien aveva cercato subito suo padre ma quando era iniziato tutto Gabriel doveva trovarsi alla sede della sua azienda, dall'altra parte della città, e non c'era modo di raggiungerlo. a quel punto aveva deciso di attivare i sistemi di sicurezza, mettendo la casa e i suoi amici al sicuro.

«Come facciamo se dovesse andar via la corrente elettrica?» volle informarsi Nino, constatando la mancanza di porte che davano all'esterno.

«Non c'è da preoccuparsi» lo aveva rassicurato Adrien «la casa dispone di un generatore interno abbastanza potente da darci elettricità per parecchio tempo.»

Nessuno di loro pensava che avrebbero dovuto resistere più di qualche ora, ma dopo diversi giorni  in cui si erano sentiti spari e rumore di assalti da parte dell'esercito la città era stata completamente invasa e non vi era traccia di ulteriori rinforzi, né tantomeno di squadre di soccorso.

Marinette, sconvolta da tutto quello che era successo, si era rifugiata in una delle tante stanze da letto della villa, chiusa in un ostinato silenzio che neppure Alya era riuscito a scalfire.

Aveva perso i suoi genitori, la maggior parte di quelli che conosceva erano morti o infetti e, per quanto ne sapeva, loro quattro erano gli unici sopravvissuti.

Qualcuno aveva bussato alla sua porta e, poco dopo, Adrien aveva fatto il suo ingresso, reggendo un vassoio. «Devi mangiare, non puoi continuare così» le aveva detto.

Marinette aveva alzato lo sguardo, asciugandosi gli occhi rossi e gonfi.

Adrien aveva poggiato il vassoio sulla cassettiera e si era accomodato accanto a lei.
In altre circostanze, in quello che sembrava un secolo prima, lei avrebbe provato imbarazzo misto a nervosismo ed eccitazione nel vederlo così vicino. Si era presa una bella cotta per quel ragazzo e sembrava incredibile che fino a qualche tempo prima il come riuscire a parlargli era stato il più grande dei suoi problemi.

«Scusa... non ho molta fame» aveva risposto.

Adrien aveva sospirato, poi aveva allungato il braccio, prendendo la foto che era poggiata sul comodino. «A volte è incredibile la facilità con cui diamo per scontatele persone che ci stanno accanto» aveva detto. «Spesso non ci accorgiamo di quanto siano importanti per noi, finché non le perdiamo per sempre.»

Marinette aveva seguito lo sguardo di Adrien, fino a posarsi sulla foto che reggeva e che ritraeva una bellissima donna con i capelli biondi.

«Mia madre» aveva detto il ragazzo, rispondendo alla sua muta domanda, «è morta qualche anno fa.»

I due erano rimasti a lungo in silenzio, rotto solo dal rumore dei loro respiri.

«Tutto questo è un incubo» aveva esclamato Marinette, stringendo la trapunta tra le dita.
Adrien le aveva poggiato una mano sulla sua. «Lo so, ma non possiamo arrenderci... se restiamo uniti potremo sopravvivere!»

I due ragazzi si erano guardati negli occhi, poi lui, inaspettatamente, l'aveva abbracciata. «Non preoccuparti, ti sveglierò da quest'incubo» aveva detto.

 

 

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Ciao gente!

Ed ecco qui che, dopo averci pensato un po' su, ho deciso di pubblicare questa storia che mi balenava nel cervello da qualche tempo, mostrandovi anche il mio lato macabro e amante degli zombies!

So che si tratta di una storia molto diversa dal solito... cupa e davvero claustrofobica. Il secondo atto dovrebbe essere anche quello finale, se vi piace e siete curiosi posterò anche quello.

spero di non avervi sconvolto troppo. Un bacio, alla prossima!

 

   
 
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