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Autore: Zapoz23    16/06/2018    0 recensioni
stagione 1 della serie TV, mi sono immaginata un momento dal punto di vista di Clarke, sono sempre stata curiosa di capire quello che lei poteva provare per Bellamy!
Vorrei continuare, magari con sprazzi del genere nelle stagioni anche a seguire, quindi se vi piace commentate e recensite C:
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarke Griffin
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Stesa sulla terra, a pancia in su, non sentivo niente. Non ero nemmeno me stessa. Non avevo nessuno di cui preoccuparmi, o nessun a cui dover rendere conto. Ad occhi chiusi, mi concentravo solo sui suoni: il frusciare delle foglie, il cinguettio di uccelli, l’acqua che scorre in lontananza, e il silenzio della terra. Mi sembrava impossibile: potevo sentire il vento, farlo mio. Mi passava fra i capelli, sulla pelle, attraverso i vestiti, era mio. Ad occhi chiusi, la terra mi apparteneva, ed io a lei. Sull’arca non era mai stato così.

Se mi concentravo, forse potevo anche udire il suono lontano, molto lontano degli 82 che erano rimasti. Avevo bisogno di una pausa lontana da tutti loro, lontana dalle responsabilità. Volevo solo sentirmi umana, terrestre.

Sempre distesa, inerte, non protetta, sento un passo delicato poco lontano da me, forse qualche albero più indietro. Un passo leggero, quasi cauto, ma un respiro profondo. Sapevo chi era.

Lo sento sempre più vicino, ma ancora non mi decido ad aprire gli occhi. Passo, passo, passo,passo.

“Clarke?”

La sua voce roca, grattata quasi mi coglie alla sprovvista, facendomi sussultare.

“Cosa fai qui da sola?” Mi chiese, leggermente adirato.

“I terrestri potrebbero ucciderti da un momento all’altro. Sei fuori di testa, principessa?”

Storco il naso. Lo sa che mi infastidisce, e mi irrita volutamente.

“Lasciami in pace, Bellamy.”

“Non posso lasciarti qui sola, lo sai.”

“No voglio tornare al campo.”

Fra le mani potevo sentire le foglie, l’erba, fiori. La terra era sotto di me, non c’era più lo spazio.

“Cosa vuoi dire, scusa?”

Non rispondo. Sono ancora rapida dal vento.

“Già sei stufa delle tue responsabilità? Mai fidarsi dei privilegiati.”

Sospiro profondamente. Quanto potrebbe essere più irritante?

Un momento di silenzio, e posso udire il vento passare di nuovo fra le grandi querce sopra di me.

“Sdraiati con me, Bellamy.”

“Come scusa?” Replica lui, con un tono confuso e divertito. Allora apro gli occhi e osservo la sua espressione: il suo viso era rilassato, quasi perplesso, ma i suoi occhi brillavano. Uno spiraglio di luce li rendeva quasi ambrati, come il colore dell’ambra, e i ricci sopra la testa neri come il carbone.

“Sdraiati con me.”

Aggrotta le sopracciglia, non del tutto sicuro di aver sentito bene. Quando lo fa, gli si arriccia anche il naso, e stende gli angoli della sua bocca.

“Non fare il drammatico, stenditi e basta.” 

Scuote la testa, con un ghigno sulle labbra. 

“Per fare cosa? Dobbiamo controllare quei delinquenti e lo sai.”

“Bellamy...” sussurro, sospirando. Non posso fare niente se non dirglielo. Mi appoggio ad un gomito.

“Negli ultimi due giorni, io e te abbiamo ucciso due persone” dico, fissandolo. “Ho bisogno di una pausa.”

Abbassa le spalle, sfinito. So che effetto hanno le mie parole su di lui, sono le stesse cose che provo io. Come se un buco nero mi attagliasse la bocca dello stomaco, come se mi dovesse inghiottire dall’interno. Vedevo le stesse cose nei suoi occhi. Si sfila la giacca, rimanendo a maniche corte, e vi butta sopra la pistola, la stessa che aveva dall’Arca. 

“Va bene,” dice, sedendosi accanto a me. L’erba scroscia leggermente, mentre tutte e due stendiamo la schiena su di essa. Chiudo gli occhi, di nuovo. 

“Dobbiamo ritornare in quel bunker, per trovare altre munizioni.” 

“Dopo.”

“Clarke..”

“Bell, ho detto pausa.” 

“Agli ordini, principessa,” sbuffa, quasi ridendo. Apro gli occhi e lo vedo, con il profilo verso il cielo, ancora teso. 

Sulle sue braccia, ci sono le stesse lentiggini che gli decorano il viso, come una spruzzata di stelle. Allungo la mano, cercando la sua. Quando la trovo, lui si gira a guardarmi. Ha un’espressione sorpresa per un secondo, ma dopo il suo sguardo cambia, e diventa intenso. Nel mio petto, il cuore sembra accelerare, e abbasso lo sguardo. Sento ancora i suoi occhi su di me.

“Chiudi gli occhi.”

“Ma cosa..”

“Fidati, Bellamy.” Rialzo lo sguardo, e rincontro i suoi occhi, e per un secondo trattengo il respiro. Non eravamo stati così, soli e vicini. Una scossa, leggera, mi passa nel petto, fino alle gambe, e la tensione mi fa aumentare il respiro. Perché mi rendeva così tesa stare vicino a lui?

Lui sospira profondamente, e chiude gli occhi. Rivolge di nuovo la testa al cielo, ma stavolta sento la sua mano più rilassata.

“Respira.”

Vedo che stende la bocca, ed alza le sopracciglia, insicuro di quello che sta facendo. 

“Prendimi seriamente, Bellamy,” gli dico, dandogli un pizzico sul dorso della mano. Anche lì ci sono le lentiggini, visibili fra le nocche graffiate. 
“Agli ordini, principessa,” sbuffa lui, con lo stesso ghigno. Gli do un altro pizzico. 

Il sorriso si allarga, e così rido anche io. 

Richiudo gli occhi e mi stendo accanto a lui. Forse dovrei togliere la mia mano dalla sua, ma non ne ho voglia. 

“Respira.”

Sento il suo respiro profondo, il rumore del suo petto, e come le sue spalle si abbassano e si alzano. 

Per un po’ stiamo in silenzio, così in quella posizione. Siamo io e lui, sulla terra, circondati da luce ed aria. Per un secondo non mi sento più così tanto sola. Avevo forse la sensazione per la prima volta da quando eravamo atterrati di essere leggera. Solo me, stesa così sull’erba umida, con lui accanto. Leggere e sicura. 

In lontananza, sento alzarsi il rumore delle foglie, e so che sta per arrivare una folata di vento. Sono quasi eccitata al fatto che lui sia lì con me, e che posso fargli sentire quello che provo io. 

Il vento arriva, scompigliando le foglie sopra di noi, ma così delicato da non farne cadere nessuna. 

“Senti l’aria?” chiedo, a bassa voce. 

“Sì, Clarke, come potrei non sentirla?” mi risponde, con un tono lievemente sarcastico.

“No, no intendo dire se la percepisci.”

Non mi risponde, e so che vuole che io mi spieghi. O forse sono solo io che voglio farlo. 

“Come la brezza passa nelle foglie, come le accarezza, cullandole. Come il rumore che fa è quasi un sussurro, quasi una musica. Come la luce balla, e si riflette sull’erba. Come il sole splende e il vento soffia via il caldo. Come passa sulla pelle, come se respirasse su di noi. Passa fra i capelli, fra i vestiti, sulla pelle. E’ come se la terra ci prendesse, ci donasse il suo respiro.”

Il vento passa, ancora lieve su di noi. Sospiro. Forse non mi dispiace essere stata spedita qua giù.

“Ci avresti mai creduto, dieci giorni fa, al vento?” gli domando. Non risponde. 

Apro gli occhi, ed alzo lo sguardo per vedere cosa sta facendo. Lo vedo con gli occhi aperti, su di me. Mi fissa, il volto, gli occhi, il naso, le labbra, i capelli. Mi osserva, incuriosito. 

Non mi sono accorta che mentre parlavo, gli avevo stretto la mano ancora più forte. 

Faccio lo stesso anche io: osservo i suoi capelli, che gli accarezzano la fronte in piccole onde scure, gli occhi, scuri, profondi, dello stesso colore della terra, il naso, ricoperto di lentiggini, la bocca piena e leggermente aperta, la sua cicatrice sul labbro superiore, la sua mascella, di solito contratta ma ora rilassata. Ci fissiamo negli occhi, e il mio cuore manda scariche di elettricità a tutto il petto. Alcune arrivano anche a lui. 

“Che c’è?” sussurro, dopo un minuto interminabile. 

Non mi risponde subito, continua a fissarmi. Sospirando, mi risponde.

“Sei così...”, lasciando in sospeso la frase. Non sono sicura che voglia che la finisca. Sospira ancora una volta, e il suo petto si abbassa. Distoglie lo sguardo, non mi guarda più. Fissa le nuvole sopra il cielo chiaro sopra di noi. So che non terminerà la frase. Lascio la sua mano. 

Torno a chiudere gli occhi, e non sono più rilassata come prima. Ad un tratto, ero nervosa, tesa, che lui fosse vicino a me. Volevo che se andasse. 

No, non volevo che se ne andasse. Volevo che finisse la frase. 

“Mi piace la tua pausa,” mi bisbiglia, facendomi aprire gli occhi. Gli sorrido, ma lui osserva ancora le nuvole. 
“ Sapevo che ti sarebbe piaciuto,” affermo, sicura veramente. 
Un altro momento di silenzio. 
“Puoi venire con me, se vuoi.” 
Azzardo a chiederglielo, perché voglio sapere la sua risposta. Non lo guardo, non ne ho il coraggio. Mi rendo conto di avergli fatto vedere il mio piccolo spazio di rifugio da tutto, dalla navicella, dai 100, dalla mia testa. Ma non sentivo che fosse nel posto sbagliato, lo volevo lì. 
“Quando potremmo tornarci?” mi domanda, guardandomi. Accenno un sorriso, riguardandolo di rimando. Qualcosa nel mio petto si allarga. 
“Quando avremo bisogno di una pausa da tutto.”
Annuisce, e la sua espressione si rabbuia un secondo. Sta pensando al campo, al fatto che quando torneremo lì dovremmo fare a botte con la realtà. Si alza a sedere. Mi alzo in piedi. 
“Andiamo,” gli dico, “vediamo che sono riusciti a sopravvivere per un’ ora senza di noi.”
Alza lo sguardo e mi guarda. Vedo per un secondo lo stesso sguardo disperso che gli avevo visto nel bosco.
Gli offro la mia mano. 
“Ho bisogno di te, Bellamy.”
La prende, e si alza, e mi accorgo che la mia testa arriva al suo petto. 
Mi guarda per un secondo, e passa un’altra folata di vento. Chiude gli occhi, e quando li riapre, i suoi occhi sono luminosi. Non sento neanche più il vento, le foglie, l’erba, il sole, sento solo lui. 
“Persino una principessa ha bisogno di aiuto, allora” dice, con il tono profondo e sarcastico che usa la maggior parte delle volte che parla con me. Scuoto la testa e sorrido. Ancora non mi ha lasciato la mano. 
“Forse mi sono pentita di averti detto il mio segreto,” osservo, guardandolo e ridendogli in faccia. Mi allontano, staccandomi da lui, e incominciano a camminare. Sento di nuovo la terra sotto i piedi, ed il sole sulla mia testa. 
“No, non è vero.”
Mi giro, e lo vedo rimettersi la giacca, riposizionare la pistola nella cintola dei pantaloni dietro la schiena. 
“Assolutamente non vero,” ripete, con un ghigno sul volto. Il suo sguardo era sicuro, prepotente e divertito. 
Era tornato il solito Bellamy indisponente. Ma gli sorrisi comunque, perché mi piaceva anche questa parte di lui. 
Alzo un sopracciglio e mi giro, continuando a camminare, non aspettandolo. 
Chissà se si rende conto del fatto che non l’ho contraddetto.
Lo sento dietro di me, che mi raggiunge poco dopo. 
Mentre torniamo al campo, una piccola parte di me vorrebbe rimanere lì, dove possiamo ascoltare tutta la terra intorno a noi, e non le grida dei nostri compagni. O almeno non voglio tornare in un posto dove Bellamy ed io litighiamo solamente, dove mi ignora. Non voglio tornare in un posto dove vedo entrare ogni sera ragazze diverse nella sua tenda, dove lui parla con me solo riguardo la sopravvivenza. Non so perché, ma non ne ho voglia. 
O forse lo so, ma non voglio ammetterlo a me stessa, ne a nessun altro. 
Al cancello, mi saluta facendomi l’occhiolino e si avvicina al gruppo di ragazzi vicino all’armeria. 
Sospiro, guardandolo andare, e quasi mi chiedo se quello di prima non fosse tutto un sogno. 

Più tardi, quella sera, però lo vedo entrare da solo nella tenda. 
   
 
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