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Autore: khrenek    16/06/2018    12 recensioni
Al contatto con la mano del compagno, una strana sensazione si era impadronita di lui. Una specie di scarica elettrica gli era corsa su per il braccio e si era propagata nella schiena. Era strana ma non spiacevole e, pensandoci un attimo, si rese conto di averla già provata prima di allora.
Era successo pochi giorni addietro, durante la partita che la nazionale aveva disputato con l'Arabia Saudita.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Shingo Aoi, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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LEAN ON ME – IL CORAGGIO DELLA VERITÀ



Era ormai pomeriggio inoltrato e il cielo stava cominciando ad assumere i colori aranciati del tramonto. La partita di allenamento della Nazionale stava per concludersi e Tsubasa avanzava verso l'area avversaria, palla al piede. Aoi, che nel primo incontro aveva giocato nella sua stessa squadra e che ora, nel secondo, giocava nella squadra avversaria, stava giungendo a tutta velocità con l'intento di fermarlo e partire a sua volta in contropiede. All'avvicinarsi di Shingo, Tsubasa optò per un dribbling veloce, ma il numero venti gli si fece sotto con tutta l'intenzione di impedirgli di proseguire. Dopo una serie di finte, Shingo tentò di bloccare l'avversario con un tackle in scivolata che Tsubasa evitò saltando. In quel momento il Mister fischiò, decretando la fine delle ostilità. Tsubasa si volse a guardare il compagno, ancora a terra, il quale ricambiò lo sguardo del capitano con un'espressione che lui interpretò come ammirazione nei suoi confronti.
Mentre allungava una mano per aiutare il ragazzo a rialzarsi, Tsubasa ripensò all'arrivo precipitoso e inatteso di Shingo nel bel mezzo dell'incontro con la Thailandia e di quello che, all'inizio del secondo tempo, si erano detti:
 
"Tsubasa, quando ti salutai all'aeroporto non ebbi la possibilità di dirti il motivo per il quale ero venuto, quindi voglio dirtelo ora. Grazie a quanto mi dicesti al termine della partita tra la mia squadra e la Nankatsu ho deciso di continuare a giocare a calcio e a credere nel mio sogno, e quel sogno ora si sta avverando; giocare al tuo fianco in nazionale!"
"Allora diamoci dentro!"
"AGLI ORDINI, CAPITANO!"

 
e quella frase l'aveva pronunciata con tutto l'entusiasmo e la felicità di un bambino davanti ai regali, la mattina di Natale, portandosi la mano alla fronte e mimando un perfetto saluto militare.
 
A pensarci bene, anche Tsubasa era rimasto impressionato fin da subito da quel ragazzino minuto che sul campo aveva buttato l'anima, unico della sua squadra, nel tentativo quasi disperato di arginare lo strapotere della Nankatsu. Nonostante avesse dimostrato di avere la stoffa del grande giocatore, aveva dovuto soccombere, terminando la partita in lacrime per la cocente delusione nel vedere il mister e i suoi compagni soddisfatti da una sconfitta che in verità avrebbe dovuto gettarli nello sconforto. Quando poi se l'era visto comparire all'aeroporto, si era immediatamente ricordato di lui e, pur non conoscendo il suo nome, lo aveva apostrofato con il suo numero di maglia e gli aveva donato tre monete, una giapponese, una francese e una americana, come augurio per il futuro.
 
Mente lo aiutava ad alzarsi, Tsubasa si fermò a osservare più attentamente il viso del compagno di squadra. Come sempre c'era quell'espressione di ammirazione e gratitudine che gli riservava ogni volta che lo vedeva, ma in quel momento il Capitano ebbe l'impressione che negli occhi di Shingo ci fosse anche qualcos'altro, un brillio nelle sue iridi che lui non riusciva chiaramente a interpretare. Vero era che Aoi si era dimostrato una persona alquanto emotiva che non aveva timore di mostrare ciò che provava, ma in quel momento il suo sguardo aveva qualcosa di particolare a cui Tsubasa non era in grado di dare una spiegazione. Accantonò la questione in attesa che Shingo decidesse di aprirsi. Sapeva che lo avrebbe fatto, prima o poi, proprio perché il ragazzo aveva una vera e propria ammirazione per lui, cosa che a volte lo metteva un po' a disagio.
 
***
 
Aveva tentato in tutti i modi di togliere il pallone dai piedi del Capitano e l'unico risultato che aveva ottenuto era di trovarsi sdraiato a terra, dietro di lui, nel momento in cui il mister aveva fischiato la fine della partita e dell'allenamento. Tsubasa si era girato a guardarlo con espressione compiaciuta: forse la giocata, dopotutto, era stata di suo gradimento e gli stava dimostrando che l’approvava. Aveva incrociato il suo sguardo contento di averlo soddisfatto e, quando il Capitano aveva allungato la mano per aiutarlo ad alzarsi - non che ne avesse realmente bisogno -, era stato felice di quel gesto amichevole.
Al contatto con la mano del compagno, una strana sensazione si era impadronita di lui. Una specie di scarica elettrica gli era corsa su per il braccio e si era propagata nella schiena. Era strana ma non spiacevole e, pensandoci un attimo, si rese conto di averla già provata prima di allora.
Era successo pochi giorni addietro, durante la partita che la nazionale aveva disputato con l'Arabia Saudita.
Aveva giocato come suo solito, cercando di dare il massimo, ma si era agitato troppo ed era incorso nelle ire dell'arbitro che lo aveva sanzionato con un cartellino giallo per gioco pericoloso. Teso com'era, stava per combinare un disastro facendosi espellere per proteste. Tsubasa l'aveva salvato da sé stesso, bloccandolo fermamente con un braccio, e lo aveva redarguito energicamente. In quel momento, quel contatto gli aveva dato la stessa netta sensazione di una scarica elettrica come quella che aveva appena provato, ma lui aveva pensato che fosse il risultato della sua agitazione e del rimbrotto del capitano. Dopo quella volta la cosa non si era ripetuta e lui non ci aveva dato peso, ma ora che non era agitato e che Tsubasa non lo stava rimproverando, quella sensazione era riapparsa. Cosa gli stava succedendo? Possibile che il contatto con Tsubasa gli facesse quell'effetto?
Con quel pensiero che gli ronzava in testa si diresse verso gli spogliatoi. Giuntovi, si liberò della divisa da allenamento e si diresse alle docce. Si attardò sotto il getto sempre in preda ai pensieri riguardo la strana reazione che aveva avuto al contatto con il corpo del capitano, sperando che il getto d'acqua calda lo aiutasse a rilassarsi e a schiarirsi la mente.
Non sapeva quanto tempo fosse rimasto a rimuginare sotto la doccia e quando si decise a uscire si rese conto che lo spogliatoio era ormai quasi deserto. Rimanevano solo Tsubasa e Matsuyama che si erano attardati sul campo per un allenamento supplementare: ancora seminudi, stavano discutendo tra loro per mettere a punto gli ultimi dettagli strategici per l’imminente partita.
Si bloccò sulla porta come congelato e percepì nuovamente una strana sensazione, come un'ondata di calore che si dipartiva dal petto e si irradiava a tutto il corpo. Quando Tsubasa si volse e lo vide, Shingo sentì il cuore perdere un battito e le gote prendere fuoco. Non era un giorno che frequentava gli spogliatoi ed era abituato alla nudità propria e dei compagni di squadra, ma la vista del corpo del Capitano l'aveva lasciato senza fiato. Cercò di darsi un contegno, ma non riuscì a muoversi né a spiccicare parola.
Matsuyama, nel frattempo, resosi anche lui conto che qualcosa stava succedendo, e non volendo creare ulteriori imbarazzi nel ragazzo, finì di vestirsi velocemente, salutò e uscì, lasciando soli Tsubasa e il giovane attaccante.
L'imbarazzo di uno si propagò all'altro e i due rimasero fermi in silenzio a osservarsi. Il viso di Shingo aveva ormai raggiunto una tonalità porpora e il ragazzo era praticamente bloccato con un'espressione indecifrabile sul volto. Anche Tsubasa non sapeva come uscire dall'impasse di quella situazione strana e inaspettata. Aveva avuto modo più volte di notare come Shingo fosse piuttosto emotivo e in quel momento si chiese nuovamente se per caso, oltre all'ammirazione, non ci fosse dell'altro. Sentirsi oggetto di interesse da parte di un altro uomo era una situazione alla quale non aveva mai pensato. Non aveva mai avuto pregiudizi in merito, ma rendersi conto che il compagno lo stava guardando con occhi adoranti lo mise a disagio. Doveva trovare un modo per comprendere se la sua interpretazione fosse effettivamente quella giusta senza mettere ulteriormente in soggezione il ragazzo o, peggio, urtare la sua sensibilità. Tutto avrebbe voluto tranne che ferirlo. Decise in ogni caso che fosse arrivato il momento di agire e si rivolse al compagno.
"Aoi, c'è qualcosa che non va?"
"N-no..."
"Shingo, hai qualche problema di cui vorresti parlarmi?"
Di nuovo, il ragazzo smozzicò un no.
"È dalla fine dell'allenamento che hai una strana espressione; sicuro che vada tutto bene?"
"S-sì..."
Ora era quasi certo che la sua interpretazione dei fatti fosse corretta, ma se Shingo non avesse deciso di parlarne, lui non avrebbe potuto né voluto obbligarlo. In ogni caso, la situazione doveva risolversi: ne andava del rendimento in campo, ma soprattutto, cosa ben più importante, ne andava della pace interiore del ragazzo.
Tsubasa decise di tentare un bluff. Terminò di vestirsi, prese il borsone e con un tono più risoluto si rivolse al compagno, con la speranza che decidesse di vedere il suo gioco.
"Va bene, quando sarai pronto a parlarmi di quello che ti preoccupa, sai dove trovarmi!"
Si voltò e si diresse verso l'uscita.
Shingo rimase spiazzato, per un momento, da quel repentino cambio di tono del capitano, poi decise che il nodo che gli stringeva lo stomaco e gli impediva di respirare liberamente doveva essere sciolto. Prese il coraggio a due mani e disse: "Capitano... aspetta."
Sul viso di Tsubasa, che era ancora voltato di spalle, comparve fugacemente un sorriso che lui fece sparire prima di girarsi a guardare il compagno.
"Tsubasa, sì, de-devo parlarti. Sai che ti ammiro fin da quando ti ho conosciuto e che ti sono grato per avermi spronato. Se sono qui ora è grazie a te." Fece una pausa per riordinare le idee, il nodo allo stomaco più stretto che mai.
"Ma da qualche tempo credo... penso di provare... di sentire... Capitano, credo, no, so... sono innamorato di te."
Nel momento stesso che ebbe pronunciato quelle parole fu come se un enorme macigno fosse stato tolto dal suo petto. Ciò nonostante continuò a guardare a terra senza la forza di alzare lo sguardo.
Tsubasa si avvicinò e pose una mano sulla sua spalla. Nel preciso momento in cui la mano sfiorò la pelle nuda, Shingo fece letteralmente un balzo indietro, come se fosse stato toccato da un ferro rovente.
Tsubasa prese nuovamente il compagno per le spalle, che questa volta non si mosse.
"Aoi" lo chiamò, ma questi continuò a tenere gli occhi fissi a terra.
"Shingo, guardami."
Gli afferrò il mento tra le dita e fece una lieve pressione per convincerlo ad alzare lo sguardo.
Quando gli occhi del ragazzo incontrarono quelli di Tsubasa, ciò che videro non fu né rabbia, né risentimento o riprovazione ma un sorriso aperto e amichevole.
"Sei un bravo ragazzo, Shingo, onesto e coraggioso. E ci vuole coraggio per dire quello che tu mi hai appena detto. Per questo io ti ammiro e ti rispetto. Purtroppo le mie inclinazioni sono diverse dalle tue, ma per me, nei tuoi confronti, non è cambiato nulla. Sono, anzi, orgoglioso di poterti considerare un amico."
Lo sguardo dell’attaccante si fece più intenso e l'emozione fino a quel momento trattenuta ruppe gli argini. Una lacrima scese dalle ciglia lungo la guancia, e Tsubasa la raccolse con gentilezza con il dorso della mano. Shingo si avvicinò a lui, pose il viso contro il suo petto e, tra le lacrime, sussurrò un accorato: "Scusami."
Tsubasa lo cinse con il braccio e, gentilmente, lo guidò verso una delle panche, dove con dolcezza lo fece sedere. Prese posto al suo fianco, il braccio ancora attorno alle spalle: "Shingo, non vergognarti mai dei tuoi sentimenti e non scusarti mai per aver detto a qualcuno che gli vuoi bene."
Questi si volse a guardarlo e Tsubasa continuò: "Io sono dispiaciuto per non poterti dare ciò che vorresti da me, ma ricorda che io sono e sarò sempre tuo amico e, in qualsiasi momento, se tu avrai bisogno, potrai contare sul mio appoggio e sul mio sostegno."
Poi aggiunse: "Ciò che ci siamo detti questa sera è accaduto qui e qui rimarrà."
Shingo pose lo sguardo nelle iridi nocciola del capitano e vi lesse la conferma che quanto gli aveva appena detto era la verità. Si asciugò le ultime lacrime, gli sorrise e disse semplicemente: "Grazie."
Tsubasa gli scompigliò i capelli ancora bagnati e gli diede un buffetto su una guancia, come avrebbe fatto con suo fratello.
Si alzò e, sorridendo disse: "Forza, campione. Vestiti, ché andiamo a mangiare! Si è fatto tardi e ho una fame da lupo."
"Sì, Capitano!" rispose timidamente.
Quando fu pronto, Tsubasa si avvicinò, gli mise un braccio sulle spalle e, sorridendo, aggiunse: "Muoviamoci, ché gli altri ormai ci avranno dato per dispersi!"
 


L'angolo dell'autore
Innanzi tutto voglio ringraziare Kara e Melanto che anche questa volta hanno accettato di farmi da beta-reader e mi hanno dato una grossa mano a sistemare il testo e a eleminare almeno un paio di mostri :-D
Ringrazio anticipatamente chi, dopo aver letto vorrà lasciare una recensione e chi leggerà solamente. Questa storia è un primo esperimento di racconto shonen-ai. Spero sia stato di vostro gradimento.

 
   
 
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