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Autore: Ariadne Taylor    17/06/2018    0 recensioni
"Non pensi anche tu di aver bisogno di qualcuno?”
“Anch’io penso di aver bisogno di qualcuno. Non sei l’unica.”
Non siamo più soli.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Maledetta pioggia di novembre.
L’acqua nei vestiti, il freddo nelle ossa.
Avere venticinque anni e non sapere dove andare, che cosa fare della propria vita.
Avere venticinque anni e perdere tutto da un giorno all’altro.
Ieri avevo tutto, oggi non ho niente.
Senza la mia casa, con pochi soldi nelle mie tasche, vago senza meta per le vie di quella triste New York, così piena di vita che io non posso vivere, così piena di risate che io non posso condividere.
Amavo la mia New York: piena di avventure, feste, amici, musica.
Oggi, però, sembra rifiutarmi anche lei, con queste nuvole nere che tentano di intimarmi ad andare via.
Vado, vado, penso. Vorrei tanto poter andare via.
Mi sento invisibile, vuota, mi sento il fantasma di me stessa.
Sono così assorta nei miei pensieri che non vedo un tombino, e v’inciampo col tacco dei miei stivaletti neri. Cado per terra, bagnandomi ancora di più se possibile.
La disperazione è tale che mi mancano le forze persino per alzarmi; mi trascino sul marciapiede, mi siedo sotto alla piccola tettoia di una casa, e comincio a piangere.
Piango a dirotto, piango lacrime di dolore, lacrime di freddo, lacrime di solitudine. Piango sotto la fredda pioggia di novembre.
La mia vita, i miei affetti. Tutto mi ha abbandonato, anche ciò che pensavo potesse durare per sempre. Sono sola.
 
Nothin' lasts forever
And we both know hearts can change
And it's hard to hold a candle
In the cold November rain

 
“Ehi… che cosa c’è che non va?”
I miei singhiozzi vengono bruscamente interrotti da una voce.
Vengo colta di sorpresa, mi spavento.
Alzo lo sguardo, vedo un uomo che mi guarda apprensivamente, con un ombrello in mano.
Indossa un giaccone lungo, di colore beige. Sembra un uomo sulla cinquantina, tuttavia è molto giovanile, e sembra anche in forma. Non è molto alto, ha i capelli corti, castani, così come i suoi occhi, appena percettibili attraverso la pioggia che cade a dirotto. Sembra essersi appena fatto la barba, e ha in bocca una sigaretta, fumata a metà, ora spenta dalla pioggia. La butta a terra con una smorfia.
Lo fisso a lungo, lui non sa bene come comportarsi, sembra si stia chiedendo se gli conviene andarsene o rifarmi la domanda.
Faccio per alzarmi in piedi, lui mi porge la mano per aiutarmi.
Lo guardo negli occhi, lui guarda i miei, rossi. Gli faccio un mezzo sorriso, che lui ricambia. È davvero attraente, ed è l’unica persona ad essersi accorta di me, ad avermi vista in mezzo a quella New York desolata e tormentata dalla pioggia.
“Ehi. Tutto bene?” ripete. Continuo a non riuscire a parlare, dovrei sembrargli un’idiota, ma invece pare capire e mi sorride, per poi parlare ancora.
“Cavoli, stai tremando. Sei sola?” Mentre lo dice, si sfila il giaccone e, con un po’ di difficoltà dato che aveva l’ombrello in mano, me lo avvolge attorno alle spalle. Io lo guardo, mi stringo nel calore di quell’indumento asciutto. Ha un bel profumo. Sorrido, visibilmente contenta di quel gesto, e annuisco per rispondere alla sua domanda.
“Senti, non voglio sembrare il tipico maniaco a caccia di giovani donne, ma non posso lasciarti qui a congelare. Lascia che ti offra una cioccolata.”
Non dico nulla, ma infilo un braccio sotto al suo e mi metto sotto all’ombrello con lui.
Camminiamo per un po’, finché non arriviamo ad un piccolo caffè, in una stradina piuttosto piccola e poco conosciuta.
Vengo pervasa dal calore e dal profumo del caffè non appena varco la soglia del locale. C’è una bella luce soffusa, ed è arredato in stile un po’ antico. Ci sono librerie qua e là, e dei tavolini con dei divanetti. Ci sono solo un altro paio di persone oltre a noi. È perfetto. Ci sediamo ad un tavolino in fondo alla sala, su un divanetto rosso.
Poco dopo arriva il cameriere, e l’uomo parla.
“Ciao, ti dispiacerebbe portarci due cioccolate belle calde? Con un bel po’ di panna e marshmallows” sorrido a queste ultime parole, lui si gira un secondo e mi fa l’occhiolino, con uno sguardo scherzoso. Noto che ha un’espressività esilarante, ha un aspetto davvero maturo ma allo stesso tempo gli basta uno sguardo per sembrare un ragazzino. Mi piace, sento il calore della stanza e del suo corpo seduto vicino al mio arrivarmi al cuore.
“Certo, arrivano subito” dice il cameriere.
Poco dopo torna con quanto l’uomo aveva ordinato. Prendo subito la mia tazza e comincio a bere, godendomi ogni sorso di quella bevanda paradisiaca.
Le mie ossa dimenticano il freddo della pioggia, nonostante io sia ancora fradicia.
“Va meglio, eh?” dice lui, con sguardo soddisfatto.
Io annuisco e sorrido, con la panna sopra le labbra, a mo’ di baffi bianchi. Lui ride.
Una volta finito e pagato, mi parla ancora: “Ehi, posso accompagnarti fino a casa? Dove abiti?”
A quella domanda il mio sorriso si spegne, abbasso lo sguardo, un singhiozzo mi parte dalla gola.
“Cosa… ehi, ehi, tranquilla. Okay, ho capito, vieni con me.”
Mi avvolge un braccio attorno alle spalle e riapre l’ombrello.
Camminiamo un altro po’, finché non arriviamo davanti ad una casa con un cancello nero e una porta bianca.
L’uomo mi fa entrare, io mi sento un po’ timida, ma non appena mi ritrovo nell’ingresso mi sento investita dal profumo di casa, e mi lascio inebriare dalla sensazione che provo. Lui nota il mio compiacimento e, sfilandomi il cappotto e poggiandolo sull’attaccapanni, mi dice: “Ecco, questa è casa mia, ti piace?”
Annuisco. Lui sorride e mi porta in soggiorno, dove accende il camino.
Il tepore del fuoco raggiunge subito il mio corpo, e io mi ci siedo vicino per riscaldarmi di più.
“Se vuoi usare il bagno, c’è un asciugacapelli. È di là, seconda porta sulla destra” mi indica.
Sempre in silenzio ci vado. Mi guardo allo specchio, sono completamente bagnata.
Faccio una cosa che non so se dovrei, ma sempre meglio che prendermi una polmonite: mi tolgo vestiti e scarpe, rimanendo in intimo, e mi asciugo i capelli velocemente. Porto il malloppo di vestiti in soggiorno e li poggio davanti al caminetto, mi ci siedo accanto per riscaldarmi.
“Ehi, wow, beh sì direi che ti ci vuole qualcosa di asciutto. Aspetta un secondo.”
Va un attimo in quella che presumo sia la sua camera, e torna con un maglione molto grande, di colore bordeaux. Me lo porge, e io lo infilo. Mi va a mo’ di vestito, quindi è perfetto.
“Ecco, molto meglio.”
Mi piace il fatto che continui a parlarmi, nonostante io non gli risponda.
Ci sediamo sul divano, e fa un cenno per invitarmi a sedere accanto a lui.
Dopodiché, forse per rompere un po’ il ghiaccio, comincia a parlare di tutto e di più. Mi racconta che è solo, che lavora in uno studio fotografico, e che ogni tanto gli piace recitare. Non ha avuto un’infanzia né un’adolescenza facile, il rapporto con il padre non è mai stato facile ciò ha comportato la sua dipendenza per le droghe; ha affrontato un lungo e difficile cammino di disintossicazione, ma nel frattempo ha sofferto tanto per altre cose davvero spiacevoli. Più parla e più lo capisco, lo sento vicino a me. Mi fa qualche domanda di tanto in tanto, ma se non rispondo dopo un po’ ricomincia a raccontarmi altre cose.
È meraviglioso sentirlo parlare, in pratica lo sto conoscendo senza avere una vera conversazione con lui, ma mi fa sentire così a mio agio, è straordinario, bello, affascinante, mi attrae così tanto, e sento che anche lui è attratto da me, lo vedo dal modo in cui mi guarda, in cui mi esplora tentando di carpire informazioni su di me semplicemente dal linguaggio del mio corpo.
E ciò è fantastico, perché non mi sta forzando ad espormi, mi sta dando tempo, spazio, ma contemporaneamente cerca di coinvolgermi, di tirarmi fuori dal baratro oscuro in cui sono sospesa, porgendomi un po’ di luce a cui aggrapparmi, per potermi tirare su e farmi entrare un po’ nel suo mondo.
E così, mentre mi sta raccontando della sua prima vacanza a Los Angeles, durante gli anni del college, lo interrompo.
“Alice” dico semplicemente. Lui si blocca e mi guarda, torna serio. “Mi chiamo Alice, comunque. Alice Daves. Ma tutti mi chiamano Ally.”
Lo vedo un po’ confuso, ma piacevolmente sorpreso. Non sa come agire, non sa cosa rispondere, ha paura di spezzare questo momento e tornare punto e a capo.
Così, mi risponde quasi indirettamente, riprendendo il filo del suo discorso, quasi per non spaventarmi, e continuare a farmi sentire a mio agio: “E quindi, oh ma che sbadato, sono qui a parlarti da quasi un’ora di me e non mi sono neanche presentato; mi chiamo Robert, Robert Downey. Mi chiamano anche “Jr” perché ho lo stesso nome di mio padre, che a sua volta viene chiamato “Senior”. Comunque” ride, “ti dicevo, correvamo a perdifiato sulla spiaggia di Santa Monica, quando…”.
E così continua per non so quanto tempo, finché, ad un certo punto, non vede che i miei occhi fanno fatica a restare aperti, e la mia testa si è da un po’ di tempo poggiata su una sua spalla.
“Sei stanca” osserva. Io annuisco. “Se vuoi posso lasciarti il mio letto, io resterò qui sul divano.”
Faccio per dire di no con la testa, per fargli capire che possiamo benissimo fare al contrario, ma lui mi sorprende ancora una volta con la sua empatia.
“Ah, no” dice, con un sorriso “non c’è bisogno che tu dica nulla. Ho deciso così. Vieni, ti mostro la camera.”
Ci alziamo dal divano e andiamo in camera sua. È bellissima, sembra la tipica stanza da letto di una baita in montagna, con luci soffuse e un letto enorme e all’apparenza davvero soffice.
Sistema le coperte, e io mi ci infilo sotto. È troppo bello per essere vero.
Ci hanno tolto la casa per i troppi debiti, mia madre si è tolta la vita per la disperazione due mesi fa. Il mio fidanzato ha deciso di prendere una strada differente dalla mia, perché “sono cambiate troppe cose tra di noi” e tutti quelli che consideravo miei amici se ne sono andati, chi per una ragione, chi per un’altra. Da giorni dormo a Central Park, terrorizzata dal pensiero qualcuno mi possa portare via le pochissime cose che mi sono rimaste e che porto con me, o che mi faccia del male. E adesso sono in un letto, un vero letto, in una vera casa, con quest’uomo tanto affascinante quanto gentile, che mi ha capita senza che io dicessi niente, che mi ha aiutata senza che io gli dicessi nemmeno una volta ‘grazie’.
Se questo non è un angelo, non so proprio cosa sia.
Sta giusto per spegnere la luce, dopo avermi augurato la buona notte, ma decido di fermarlo.
“Aspetta” dico. Lui, come la prima volta che gli ho parlato, è sorpreso.
“C’è qualche problema?”. Faccio di no con la testa.
“Resta un po’ con me”. Lui sembra non sapere che cosa fare, ma decide di assecondarmi e si siede accanto a me, sull’altro lato del letto.
“Grazie” dico, e gli do un bacio sulla guancia. Lui sorride.
Poi inizio a parlare. Non riesco a fermarmi, comincio a raccontargli di me, di come sono finita lì dove mi ha trovata, ma anche dei momenti felici della mia vita, di chi sono, di chi vorrei essere, dei miei sogni e delle mie speranze che sono andate in frantumi. Non so cosa mi sia preso.
Robert mi ascolta come incantato, in religioso silenzio, come se avesse paura che, interrompendomi, io possa smettere e chiudermi di nuovo in me stessa.
È solo quando faccio una pausa che parla.
“Wow, Alice– voglio dire Ally, io sono… mi dispiace davvero tanto per tutto quello che hai passato, ma cavolo, sei una ragazza magnifica, non meriti tutto questo. Tu meriti molto di più, meriti tanto, meriti di pubblicare il tuo libro e diventare una scrittrice, e magari recitare come me, visto che ti piace tanto farlo. Ti porterei con me a Hollywood e faremmo un provino insieme. Saremmo i nuovi Brangelina della storia”. Rido alla sua battuta, però ci penso, sarebbe davvero bello. “Non so cosa mi ha spinto a venire a vedere come stavi, di solito sono molto a disagio quando vedo queste cose, ma credimi sono così contento di averlo fatto. In una sera ho conosciuto una persona fantastica e mi sono fatto una nuova amica.”
“Robert, sei stato il mio angelo. Sei un uomo meraviglioso, e anche tu meriti tanto di più di ciò che hai, in una sera mi hai cambiato la giornata, e probabilmente la vita, perché non dimenticherò mai ciò che hai fatto per me, sembra una cazzata, ma credo che non ce l’avrei fatta a resistere un giorno di più. Mi sono aperta con te, mi sono sfogata, ho buttato fuori il dolore e tu hai fatto lo stesso con me, raccontandomi sia le cose belle che quelle meno belle. Mi sento ancora tanto persa, ma per la prima volta dopo tanto tempo mi sento meno sola.”
“Non sei sola.”
“Non voglio più esserlo, Robert.” Noto che ha poggiato, forse inconsapevolmente, una mano sulla mia coscia. Sento il suo respiro sul viso, ci stiamo guardando negli occhi e sto provando delle sensazioni che non comprendo, sono tanto strane quanto meravigliose, e non ho intenzione di smettere di provarle.
Ne ho fatte di cose irrazionali e istintive nella mia vita, anche quando avevo tutto. Ed ora… qualcuno diceva che quando non hai niente, non hai niente da perdere.
E beh, io ora come ora non credo di avere nulla da perdere.
Mi avvicino pericolosamente al suo viso, lo sento passare con la mano dalla coscia al fianco, come se volesse avvicinarmi di più a sé.
Non so cosa abbia quest’uomo che mi attrae come un magnete potentissimo, ma mi sento come un pezzo di ferro che non riesce a resistere alla sua forza attrattiva.
E allora mi lascio sopraffare da questa forza, mi abbandono completamente ad essa nel momento in cui faccio scontrare le mie labbra con le sue, prendendo il suo viso fra le mani.
Lui risponde subito, come se stesse cedendo anche lui in quel momento alla stessa forza che con violenza ci ha spinti improvvisamente e inevitabilmente l’uno contro l’altra. Mi bacia con passione, non colgo alcuna malizia nei suoi movimenti, ma solo pura passione, la stessa che sto sentendo bruciare anch’io dentro di me, assieme all’adrenalina che mi coglie pensando che stia baciando quest’uomo conosciuto da appena poche ore, e che mi sembra di conoscere da una vita.
Mi stringe forte a sé, perde l’equilibro e cade sopra di me. Mi bacia il collo, mi accarezza i fianchi.
Sono totalmente inebriata da ogni parte di lui, è una cosa che non mi so spiegare, mi sto abbandonando in lui come se mi stessi aggrappando alla vita stessa, ed effettivamente ha un po’ senso perché lui, oggi, me l’ha di fatto salvata.
“Ehi” si ferma un attimo, ha l’affanno. “Non fraintendere ma, sei sicura di ciò che sta accadendo? Voglio dire, non vorrei che ti stessi facendo prendere dalla foga del momento, non voglio che tu faccia nulla di cui tu possa pentirti.”
“Quando non hai nulla, non hai nulla da perdere” gli dico, ripetendo quanto stavo pensando poco fa.
“Non è vero che non hai niente. Hai tanto potenziale, tante cose che voglio aiutarti a realizzare, e ti giuro, le realizzerai. E ora… ora hai anche me. Voglio esserci per te.”
“E io ti voglio. Tutti hanno bisogno di qualcuno, io ho bisogno di te. Non pensi anche tu di aver bisogno di qualcuno?”
“Anch’io penso di aver bisogno di qualcuno. Non sei l’unica.”
 
Don't ya think that you need somebody
Don't ya think that you need someone
Everybody needs somebody
You're not the only one

 
Mi bacia di nuovo, poi si sposta e si stende accanto a me. Ci addormentiamo così, l’una nelle braccia dell’altro, perché adesso, finalmente, abbiamo il nostro qualcuno. Non siamo più soli.
 
Mi sveglio alle tre del mattino, colta da un incubo. I soliti demoni che ritornano. Temo che Robert sia stato solo un sogno, temo di essere ancora accasciata sull’asfalto bagnato, da sola, al confine fra la vita e la morte, in un punto di non ritorno.
E invece sussulto e apro gli occhi fra le braccia dell’uomo, che si sveglia a sua volta.
“Ally, ehi. Va tutto bene, era solo un brutto sogno. Sta’ tranquilla. Ci sono io, non sei sola. Ci sono io adesso.” Mi stringe.
Sono tutta sudata, improvvisamente sento un caldo soffocante. Mi siedo un attimo, mi sfilo il maglione e mi ristendo sotto le coperte, rimanendo in intimo come qualche ora prima.
Robert, inaspettatamente, mi accarezza la pancia. Mi giro verso di lui, su un lato. Lo guardo, è bellissimo. Non so che cosa stiamo facendo, chi siamo. In quel momento semplicemente esistiamo, in quel letto, sotto quelle coperte, sotto il tetto di quella casa. Lo vedo sfilarsi i pantaloni del pigiama e la maglietta; evidentemente anche lui aveva caldo, penso. Vedo la sua fronte imperlata di sudore.
Ci guardiamo negli occhi, lui mi accarezza dolcemente, mi sento finalmente protetta e in un posto giusto per me.
Sento che con lui la vita mi dà una seconda opportunità, sento che, se ce la giochiamo bene, potremo fare grandi cose insieme.
Anni fa mi sarei data della pazza anche solo ad immaginare la situazione in cui mi trovavo adesso, nel letto con un uomo la cui età è il doppio della mia, mezzi nudi e con una sempre più palpabile tensione sessuale, dopo esserci appena conosciuti e baciati.
Sembra una delle tipiche scene dei romanzi rosa super cliché, solo che questa è la realtà, e non è una banale storia in cui la protagonista è depressa perché ha perso la sua borsa preferita, incontra l’uomo super figo e dopo due capitoli sono già sposati con tre bambini.
Questa è la mia realtà, la nostra realtà, eravamo due persone sole e ora ci siamo trovati e non abbiamo tempo di farci domande su quello che stiamo facendo, semplicemente seguiamo il nostro istinto, un po’ umano, un po’ animale; ci aggrappiamo alla vita come possiamo, e al momento pare che l’uno sia l’unico appiglio dell’altra.
Così, senza altri pensieri ad offuscarmi la mente, riprendo a baciarlo come poche ore fa, ma stavolta il bacio si approfondisce, rotoliamo in modo che lui sia sopra di me e sento il suo corpo desiderarmi come io desidero il suo, sento bruciare il suo desiderio di vivere attraverso me, e io fremo dalla voglia di aggrapparmi alla mia ancora di salvezza, all’unico pezzo di vita e di speranza che si sia presentato sulla mia strada.
I pochi indumenti che ci dividono scivolano via, come quelle lacrime che subito asciughiamo dal nostro viso, per poter tornare a sorridere.
Le sue mani cominciano a farsi strada lungo tutto il mio corpo, soffermandosi nei punti dove il mio respiro si fa più corto, baciandomi delicatamente e facendomi sentire parte di qualcosa di meraviglioso che stiamo costruendo insieme in questo momento.
Le sue labbra lasciano scie di fuoco lungo il mio corpo, il suo respiro mi solletica la pelle nuda, le mie dita gli accarezzano i capelli e il viso.
Mi prende le mani e le porta sopra la mia testa, intrecciando le sue dita alle mie. Sempre baciandomi, lo sento entrare dentro di me, improvvisamente ma delicatamente, avverto una dolcezza infinita nei suoi movimenti, e subito mi sento piena, completa, pervasa da una rinnovata voglia di vita. Si muove prima lentamente, poi sempre più velocemente, i nostri corpi incastrati che si muovono in sincrono, i nostri respiri che riempiono la stanza e i nostri cuori che battono forte l’uno contro l’altro, come se volessero uscire dal nostro petto per toccarsi.
Raggiungiamo il culmine, lui mi stringe forte mentre io sono ancora pervasa dai brividi; lui respira profondamente, mi lascia dolci baci sul collo e sulla spalla.
Ci siamo trovati in questa notte di pioggia di novembre, eravamo soli, ora siamo insieme; mi riaddormento sul suo petto e con le sue braccia attorno alla mia vita, con la speranza che domani saremo in un altro luogo, in un altro mondo, mano nella mano.
Varcheremo quella nuova porta che la vita ci ha aperto e proveremo a realizzare i nostri sogni raccogliendone i pezzi e ricostruendoli; e correremo lontano, incontro a ciò che il futuro ha in serbo per noi.
Perché ora che siamo insieme, un futuro esiste ancora.
E anche se niente dura per sempre, per quel che durerà, sappiamo entrambi che ne varrà la pena.
 
Non nego di avere un po’ di paura, dopo tutto il male che ho subito.
Magari anche lui è un’illusione, magari anche lui mi ferirà e se ne andrà. Ma c’è qualcosa che mi dice di non lasciarlo andare, perché non esiste un’altra via d’uscita, e solo il tempo potrà curare il mio cuore spezzato.
 
I know it's hard to keep an open heart
When even friends seem out to harm you
But if you could heal a broken heart
Wouldn't time be out to charm you

 
Stare da sola a volte ha aiutato, certo. Tutti abbiamo bisogno di tempo per noi stessi.
 
Sometimes I need some time on my own
Sometimes I need some time all alone
Everybody needs some time
On their own
Don't you know you need some time all alone

 
Ma oggi non mi bastava più essere sola. Non era ciò di cui avevo bisogno. Non ce l’avrei fatta se non fossi stata presa fra le sue braccia, se non fosse venuto lui a portarmi via da quello schifo, a portarmi via dalla morte e condurmi verso la vita. Perché ero arrivata ad un punto in cui le mie paure non contavano più nulla, ma le ombre continuavano a torturarmi e a spingermi verso l’oblio più profondo.
Perciò so che, con qualcuno che ci tiene a me, con qualcuno che mi ami, posso sconfiggerle, posso essere io la più forte, posso decidere io, ho il controllo della mia vita e niente e nessuno può portarmi via i miei sogni.
 
And when your fears subside
And shadows still remain, oh yeah
I know that you can love me
When there's no one left to blame

 
Il dolore non dura per sempre, e nemmeno il buio. Niente dura per sempre, nemmeno questa fredda pioggia di novembre.

So never mind the darkness
We still can find a way
'Cause nothin' lasts forever
Even cold November rain

 
E forse noi, una volta svegliati domattina, cammineremo insieme verso la luce, lontani dalle ombre, verso i nostri sogni che da soli abbiamo visto morire, e che insieme, forse, vedremo rinascere; verso un per sempre che un giorno sicuramente avrà una fine, un per sempre che non è infinito, ma è comunque un per sempre.

 

E boh, eccomi ancora. Stavolta ad ispirarmi è stato il meraviglioso Robert Downey Jr. Non so, avevo voglia di scrivere qualcosa di un po' poetico, un po' malinconico ma anche bello, con quel pizzico di passione che non manca mai nelle mie storie. Non ho molto da dire, come forse qualcuno avrà notato l'ispirazione principale per la struttura di questa storia è la canzone "November Rain" dei Guns 'N Roses (un vero capolavoro). Ci sono tanti pensieri personali che hanno ispirato alcuni passaggi di questa storie, e mi piaceva immaginare una figura come quella di Robert in questo contesto, con questa atmosfera. Come al solito, nonostante sia una storia di un solo capitolo, il finale è sempre un po' aperto e lascia spazio a varie possibilità. Avrei un paio di idee, ad esempio riscrivere questa ma dal punto di vista di Robert (che sarebbe anche molto interessante, penso) oppure aggiungere un altro capitolo che ci faccia vedere cosa si è presentato loro davanti all'indomani di quella notte. Magari fatemi sapere voi in una recensione, e ditemi cosa ne pensate in generale, mi farebbe un immenso piacere! Spero davvero che vi sia piaciuta.

Alla prossima! E... credo che la prossima sarà tornare in gran stile con un nuovo capitolo di "Opposites". E' da giorni che ci sto pensando e che la sto rivedendo, penso di essere pronta a riprenderla e darle la conclusione che merita. Incrocio le dita e spero di farcela...

Ariadne Writes.

 

 
   
 
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