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Autore: AGirlInTheDark    20/06/2018    2 recensioni
“Perché sei qui?”
“Perché non la sento più.”
E in una vita in cui Park Jimin non riesce più a scrivere canzoni, Yoongi è la sua ultima possibilità.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Se mai avessi bisogno, rivolgiti a lui."

 

 

 

Jimin non riusciva a chiudere occhio. 

Giorni infiniti ad aspettare, attendere l'arrivo di qualsiasi sorta d'ispirazione.

 

La musica è proprio crudele ma mai si sarebbe sognato di smettere.

Smettere di trasformare le sue emozioni in parole.

Di creare piccole opere d'arte sotto forma di suoni e strumenti.

 

Ma questo è un periodo particolare per lui.

Mesi in cui non riesce a scrivere nulla.

Nemmeno una stupida parola o una frase scontata.

Niente.

 

Mesi in cui vorrebbe parlare di ciò che lo turba, sfogare le sue preoccupazioni; ma nessuna parola sembra essere adatta.

 

Settimane in cui si rigira in continuazione nel suo letto e cerca di pensare.

Capire quale sia la ragione di questo suo insormontabile blocco.

 

Giorni in cui pensa a lui.

All'uomo da cui tutti gli consigliano di andare.

Dal fantomatico scrittore e produttore a cui tutti i suoi colleghi sono grati (perché, grazie al suo aiuto, sono stati in grado di riprendersi, scrivere qualcosa che li riportasse sulla retta via.)

 

Ed è tentato.

Vorrebbe digitare il suo numero e chiamarlo.

Chiedergli se gli possa dare una mano.

Ma Jimin  è testardo e, se deve uscire da questa situazione, lo vuole fare senza alcun tipo di aiuto.

 

I giorni passano, le parole non riescono a prendere vita e, la chiamata che aveva tanta paura di fare, sembra essere l'unica strada.

 

Con rabbia e frustrazione, compone il numero.

E sente il rumore di un telefono a cui nessuno sembra voler rispondere.

Squilla per una decina di volte per poi passare alla segreteria.

 

Forse è un segno.

Ce la può fare da solo ed il destino gli ha dato un’altra opportunità.

Con un po’ d’insicurezza nel cuore,Jimin si avvicina al suo computer e ci riprova.

Mette insieme suoni, pensa a delle parole.

Forse c’è ancora speranza per lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Caffè.

Sigarette.

Vodka.

Si chiede come faccia a mantenere la concentrazione con così tante distrazioni.

Come riesca a fumare mentre compone, o a bere mentre scrive, senza mai perdersi.

Senza mai lasciarsi andare, dimenticarsi del proprio lavoro ed abbandonare il proprio corpo ai vizi che sembravano far parte di lui.

 

 

Perché mentre Jimin varca la porta del suo studio, si chiede come sia arrivato a questo punto.

A chiedere aiuto ad un uomo del genere.

A mettersi in ginocchio e pregarlo per un po’ d’aiuto, per qualche ora del suo tempo.

 

La telefonata (avvenuta qualche giorno prima) era già stata abbastanza umiliante.

Ritrovarsi nel regno di quel ragazzo, così sgarbato ed estremamente difficile, lo era ancora di più.

Voleva non voler aiuto.

Ma ne aveva bisogno, e da svariato tempo.

 

 

 

“Non ho spazio in questo periodo.

Arrivederci.”

 

 

 

Era stato rude, senza delicatezza.

Lo aveva odiato.

Gli ci erano voluti tanti discorsi mentali prima di comporre nuovamente quel fatidico numero.

Tanta insicurezza e rabbia gli scorreva nelle vene e, la risposta maleducata ed il tono arrogante, lo avevano solamente irritato di più.

Si sentiva perso ed essere trattato in quel modo, nelle sue condizioni, lo aveva fatto impazzire.

 

 

“Non hai spazio?

Credi che me ne importi qualcosa?

Io ho bisogno del tuo aiuto e non smetterò di chiamare fino a che non mi darai un appuntamento.”

 

 

A Yoongi, produttore e compositore miliardario, la minaccia di Jimin non aveva fatto né caldo né freddo.

Terminò la chiamata ed ignorò la suoneria del suo telefono per tutto il giorno.

Aveva altro lavoro da fare ed era stanco.

 

Stanco di dover scrivere canzoni e basi per persone che non erano abbastanza brave per farlo da sole.

Stanco di essere visto come uno psicanalista da cui gli artisti vanno quando non riescono a risolvere i propri problemi (non riesce nemmeno a comprendere i suoi.)

Stanco del lavoro dei suoi sogni, della scelta che aveva preso.

Stanco di questo genere di vita.

 

E si chiedeva, giorno e notte, come fosse possibile.

Aveva sempre sognato questa vita, credeva che sarebbe stato felice e soddisfatto una volta arrivato a questi livelli.

Ma di notte non dorme e di giorno lavora.

Si chiede se vi sia una ragione, se troverà mai la serenità.

 

E davanti allo schermo del suo computer, pensa.

Perché sotto al cielo del suo sogno, desidera essere ovunque tranne che lì.

Pensa a quanto gli umani siano vergognosi, mai soddisfatti, e smette di lavorare.

Appoggia la schiena alla sedia e si toglie le cuffie.

Per oggi basta così.

 

 

 

 

Il cellulare squilla da due giorni consecutivi. All’una di notte smetteva per poi riprendere alle sette.

Un incubo, e Yoongi non aveva pazienza.

Mai avuta, se è per questo.

 

 

 

 

“Quale parte del “non ho spazio” non hai capito?”

 

 

 

E si aspetta di sentire insulti, urla, ulteriori minacce (erano cose che accadevano spesso, nulla di nuovo) ma qualcosa non va.

E quello che riceve non è in assoluto prevedibile, almeno non per lui.

 

 

 

“Ti prego.

Ti prego, non ce la faccio più.

Non scrivo da mesi, non trovo le parole adatte.

Sei la mia unica possibilità.”

 

 

 

Jimin non stava pensando lucidamente.

Aveva chiamato, un po’ brillo e con le lacrime agli occhi.

Piangeva e la sua voce era strozzata, senza grazia.

Si vergognava di essere così vulnerabile, così patetico, ed il giorno successivo se ne sarebbe sicuramente pentito ma, per ora, non aveva più una dignità da salvare.

Non gli importava.

 

Pronto a pregarlo e rendersi ancora più ridicolo, si aspetta una sola risposta. 

No.

 

 

 

Ma, a quanto pare, era una giornata piena di sorprese per tutti perché, la risposta dall’altra parte della linea, non gli sembrava potesse essere reale.

Un sospiro e un:

 

 

“Passa domani, alle due.

Puntuale.”

 

 

Poche parole, un orario indecente ed un’opportunità che non sperava di ricevere.

Era perfetto.

Jimin credeva di aver risolto tutti i suoi problemi e quel pomeriggio riuscì a dormire.

Fino a mezzanotte i suoi occhi rimasero chiusi e, al suono della sveglia che si era impostato, cominciò a prepararsi.

 

Non mancava molto alle due ed era certo che, di lì a poco, avrebbe ritrovato la pace.

La vergogna per la telefonata ed il pianto non lo avevano ancora toccato.

Non ci avrebbero messo molto, però.

 

 

 

 

 

Quando ti stai dirigendo verso uno studio professionale di un famoso produttore, ti fai tante aspettative e Jimin è come tutti.

Immaginava attrezzature e computer di ultima generazione, strumenti e delle belle poltrone.

Una vista sulla città e delle luci delicate.

 

In effetti non era poi così lontano dall’immagine reale, l’unica differenza stava nei soprammobili.

Professionale, ma tutto condito da bottiglie di alcol vuote disposte sul tavolo, da fogli di ogni genere sparsi sulla scrivania e pacchetti di sigarette su quasi ogni superficie.

Non sapeva perché, ma non era del tutto sorpreso. La voce ed il tono di quel Yoongi gli avevano dato quest’impressione.

Di un uomo stanco e con seri problemi di carattere, gran appassionato di whisky e di sigarette forti.

 

 

Entrato nella stanza non aveva ricevuto né una stretta di mano né un saluto.

Solo uno sguardo ed un cenno che lo invitava ad accomodarsi sul divano davanti al tavolino.

Arrivato a questo punto non poteva più tirarsi indietro.

Avrebbe affrontato Yoongi ed il suo pessimo carattere se questo significava ritrovare la sua musica.

Tutto pur di ritornare a scrivere.

 

 

Il produttore gli dava le spalle, seduto davanti al suo computer e con le cuffie spostate attorno al collo.

 

Braccia, mani e schiena completamente ricoperte di tatuaggi.

Tutti in bianco e nero e, nell’attendere istruzioni, Jimin cercava di identificarne le forme, capire che cosa rappresentassero. 

Ma ha poco tempo per farlo perché Yoongi si gira con una faccia che non lascia trasparire alcuna emozione e lo fissa.

Non fa domande e non chiede informazioni.

Il silenzio è pesante e Jimin decide di spezzarlo. Lo ringrazia per il suo tempo.

Si scusa per aver pianto in quel modo, e forse, arrossisce nel mentre.

 

 

 

 

“Perché sei qui?”

 

 

 

 

Esitazione.

Non sapeva come dirlo.

 

 

 

 

“Perché non la sento più.”

 

 

 

 

E Yoongi capisce. Sa esattamente cosa voglia dire.

 

Non sente più la musica.

 

Una tragedia per un musicista, un inferno in cui credi di dover vivere per sempre.

 

Una situazione che solo il tempo può superare.

 

Ma una domanda gli sorge spontanea, la solita che porge a chiunque si presenti alle sue porte.

 

 

 

 

“Perché hai scelto me?”

 

 

 

 

Ci sono infiniti numeri di persone che svolgono il suo stesso lavoro.

Ragazzi giovani pieni di talento e ispirazione.

 

Perché da uno come lui?

 

La risposta era sempre la stessa.

“Sei famoso per questo” oppure “Un mio collega mi ha consigliato di chiederti aiuto.”

 

Nessuna delle due lo aveva mai soddisfatto.

Voleva che qualcuno lo scegliesse senza un motivo. Perché crede nelle sue capacità.

 

 

 

“Ti ho scelto perché mi fido.

Perché, nonostante ci siano persone che la pensano diversamente, io credo tu abbia ancora molto da dare al mondo.”

 

 

 

Negli ultimi mesi la carriera di Yoongi non era stata del tutto brillante.

Aveva rifiutato molti lavori o deciso di concluderli prima del tempo.

La gente si era convita lui avesse perso il suo tocco.

Si fosse stancato della musica, del suo lavoro.

 

 

 

“Credo tu abbia ancora molto da dare.”

 

Con quella frase aveva ottenuto abbastanza informazioni sul suo nuovo cliente.

Avrebbe provato ad aiutarlo.

A fargli sentire di nuovo la musica.

 

Forse ci sarebbe riuscito, forse no.

 

Ma Park Jimin si fidava di lui, e quando tutti dubitano di te, ti basta solo una persona.

 

Se credeva in lui, si sarebbe impegnato per non deluderlo.

 

 

 

Ma c’era qualcosa che non aveva detto, un informazione che sarebbe stato meglio non omettere.

 

Avrebbe cercato di aiutarlo ma non sapeva se vi sarebbe riuscito.

 

 

 

 

 

D’altronde è da mesi che, neppure lui, riesce a sentire la musica.

   
 
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