Capitolo
12
Nel silenzio della
sua cella, la mente dell’uomo non faceva che rivivere in continuazione quella
stessa scena, ancora e ancora. La macchina procedeva tranquilla lungo la
strada, il cielo era sereno dopo tre giorni di pioggia, e loro aspettavano il
sole per fare quella gita. L’avevano rimandata per troppo tempo, presi dai loro
impegni, dalle preoccupazioni, e da quel giuramento che li aveva legati più di
quanto non potessero pensare. Ma quella domenica era pensata solo per un unico
scopo, il divertimento. Dovevano festeggiare, dovevano divertirsi e ridere. Quelli
erano i soli ordini di quella giornata, ridere. Mentre guidava tranquillo sulla
strada, aveva allungato la mano per prendere quella di sua moglie. La donna lo
aveva fissato perplessa, prima di sorridere e stringere a sua volta la mano
dell’uomo. Quanto la amava, e quanto aveva lottato per convincerla anche solo a
concedergli una chance. Se era l’uomo che era lo doveva a lei. Ricordava ancora
il suo sorriso, e poi la vedeva, ancora, girarsi indietro, a controllare il
loro bambino. Il piccolo dormiva tranquillo nel seggiolino. Era un bambino
veramente buonissimo, non faceva quasi mai i capricci e anzi, seguiva
attentamente con i suoi occhi grandi tutto quello che gli capitava attorno,
intento ad osservare e a capire. Era un bambino molto intuitivo e sveglio, era
il suo primogenito, maschio, lo adorava con tutto se stesso. Poi aveva gli
occhi di sua madre, e adorava vedere lo stesso sguardo vigile negli occhi di
suo figlio, come quello della donna che amava. Era quella l’ultima immagine che
ricordava, sua moglie voltata e sorridente. Stava per dirgli qualcosa, quando
il rumore assordante esplose all’interno dell’abitacolo. Non ricordava altro, non
ricordava nient’altro. Dopo c’era stato solo il buio, e i ricordi, sempre gli
stessi, visti e rivisti nella sua mente all’infinito, assieme a quel nome
-Ekaterina…-
Quel nome,
ripetuto all’infinito, sempre, costantemente, incessantemente. E il senso di
colpa che lo stava uccidendo ormai da tanto, troppo tempo.
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Lo studio era letteralmente a soqquadro. Sul pavimento
erano sparsi fogli di carta di varia forma e dimensione, libri aperti giacevano
abbandonati sulla scrivania, i cassetti erano stati sfilati dai loro
scompartimenti e abbandonati con rabbia sul pavimento. In mezzo a tutto quel
delirio c’era Kai, seduto per terra, intento a stringere in una mano Dranzer e
nell’altra un foglio di carta. Fu così che lo trovò Yuri. I due si fissarono
per alcuni minuti, in silenzio, poi il russo dai capelli rossi si sedette
accanto all’amico, incurante del disordine della stanza.
-Deduco tu abbia trovato qualcosa…-
Disse, puntando lo sguardo sul foglio quasi totalmente
accartocciato nella mano di Kai.
-Non è quello che credi-
-Qualsiasi cosa sia, ha avuto il potere di farti
ridurre questa stanza in un…-
Yuri non finì la frase, si limitò a gesticolare con
una mano, indicando il disordine.
-Avevo bisogno di sfogarmi-
-Prendendotela con il povero e indifeso arredamento di
questa stanza?-
-E’ la cosa più vicina a Vorkov che mi sia ritrovato a
tiro-
Yuri si fece silenzioso e attento. Senza aggiungere
altro, Kai diede il pezzo di carta a Yuri, che si mise prontamente a leggere.
- “Castello di
Mansikov, Luglio 1987
Mia cara amica Elisabeta,
Come sta la tua piccola Ania?
Kai cresce a vista d’occhio. Ogni giorno che passa, mi
stupisco di come sia intelligente, e di quanto stia crescendo. Mi sembra solo
ieri che lo tenevo tra le braccia la prima volta, e adesso invece gattona già
in giro per tutta la casa. Mi preoccupo ogni volta che non lo vedo nella
stanza, ha la straordinaria capacità di sparire in un modo così silenzioso…
pensa, l’altra sera eravamo tutti in salotto e io e Susumo stavamo
chiacchierando. Kai era nel divano davanti a noi che giocava, come fa di
solito. Non so come sia successo, dobbiamo esserci distratti per pochi secondi,
e quando ho guardato Kai non c’era più. Credevo fosse nella stanza, ma era
stato capace di sgattaiolare fuori, percorrere tutto il corridoio e arrivare fino
alle scale, senza fare alcun rumore. Ma questa non è la cosa più sorprendente.
Sai con chi stava giocando? Esattamente, stava giocando con la fenice! Non
chiedermi come sia stato possibile, ma lei era lì, proprio di fronte a noi,
materializzata davanti a Kai che stava giocando con lui. E lui era così tranquillo, come se fosse la
cosa più naturale del mondo. Avresti dovuto vedere Susumo…era così eccitato.
Lui non era mai riuscito ad evocare la fenice così, tranquillamente, non puoi
capire la sua gioia nel vedere suo figlio farlo. Ha preso in braccio Kai e ha
iniziato a ballare dalla gioia… è assurdo pensare quanto quel piccolo fagottino
possa averci riempito la vita di felicità, ma so che capirai la mia gioia, poiché
anche tu, ora, hai un piccolo fagottino in casa. Perdonami, vorrei che questa
lettera fosse più lunga, ma non ho molto tempo per scriverti, e Susumo mi ha
praticamente implorato di raccontarti di quest’avvenimento al più presto, che
non ho potuto farne a meno. A proposito,
posso sapere quale sia, adesso, il motivo del vostro litigio? Sai, certe volte
ho come l’impressione che sia tu la moglie e io l’amante… dopo che vi siete
incontrati due settimane fa è tornato a casa sbattendo la porta, poi si è
chiuso nel suo studio con la musica alta. Quando il giorno dopo è uscito ha
detto che non ne voleva parlare… spero tu voglia essere così gentile da
dirmelo, anche perché se ha combinato o detto qualcosa di stupido devi dirmelo,
così poi se la vedrà con me.
Ti devo veramente lasciare ora, Kai fra poco dovrebbe
svegliarsi e i doveri di mamma mi chiamano. Dai un bacio alla piccola Ania, e
non vedo l’ora di vedervi tra due settimane.
La tua cara amica
Kate”
Quando Yuri smise di
leggere, non disse niente, si limitò a sedersi vicino a Kai.
-Non sapevo si facesse
chiamare Kate-
Disse ad un tratto Kai.
Yuri continuò a non dire niente, perché sapeva cosa voleva dire. Come lui, Kai
non conosceva assolutamente niente dei suoi genitori. Era il destino degli
orfani, la perenne incertezza, il buio sulle proprie origini, su chi fossero
stati i propri genitori.
-Ekaterina Hiwatari, era
tutto quello che sapevo di lei-
-Almeno hai la prova che
ti voleva bene-
I due blaider si
fissarono negli occhi
-Quella che scrive è una
mamma orgogliosa-
Kai rifissò la lettera
-Mi voleva bene-
-E soprattutto, ti ha
appena fatto un enorme regalo-
-A cosa ti riferisci?-
-I nomi, Hiwatari. I nomi
sono una cosa potente quando si conoscono-
-Qui non ci sono nomi…-
-Elisabeta-
-La donna a cui è
indirizzata la lettera-
-A cui tua madre parla di
Dranzer…-
Gli occhi di Kai si
accesero di una luce improvvisa
-Era un membro della
Suprema Essenza-
-E una amica dei tuoi
genitori-
-Dobbiamo scoprire chi
sia-
-Allora non abbiamo tempo
da perdere-
Kai fece per alzarsi e
rimettersi a cercare tra la marea di appunti di Vorkov, ma Yuri lo afferrò per
la spalla, voltandolo
-Devi dormire-
-No io…-
-Non sei lucido Kai. Una
notte di sonno è quello che ti ci vuole. Può aspettare domani-
Kai vide la seria
preoccupazione negli occhi del blaider, e si ritrovò ad annuire.
-A domani-
Si avviò lentamente verso
la porta. A Yuri non sfuggì, tuttavia, che tra le mani del blaider della fenice
c’era ancora la lettera della madre. Il rosso si guardò sconsolato attorno, e
iniziò a raccogliere e a sistemare il disastro lasciato dall’altro. Fu così che
lo trovò Boris, che mentre percorreva i corridoi del monastero per controllare
che nessuno fosse in giro a quell’ora di notte, vedendo la luce accesa, era
entrato per controllare
-Lo sai che saresti una perfetta
mogliettina di casa?-
Yuri si voltò verso di
lui, fulminandolo con lo sguardo
-Ehi, stavo solo
scherzando-
disse Boris, alzando le
mani in segno di resa. Yuri gli si avvicinò
-Dato che sei così attivo
e hai così tanta voglia di scherzare, sistema tu questo casino-
-Cosa? Io stavo…-
-Finisco io il giro. Mi
raccomando, deve essere tutto sistemato-
Rapido, Yuri guadagnò la
porta e sparì nel buoi del corridoio. Boris si guardò in torno, osservando il
lavoro che lo aspettava
-Devo tornare a tenere la
bocca chiusa…-
Nella sua stanza, Kai non
riusciva a dormire. Aveva portato con se via la lettera, quasi senza
accorgersene, e ora faceva fatica anche solo ad appoggiarla. L’aveva letta così
tante volte, che ormai ne conosceva il contenuto a memoria. Ad un tratto si
voltò verso il comodino, dove aveva appoggiato il suo telefonino. Il display
segnava le 3:35 di mattina. A Tokyo era già giorno inoltrato, poteva chiamare
senza problemi. Il telefono suonò solo due volte, prima che la persona
dall’altra parte rispose
-Pronto?-
Kai rimase interdetto
dalla voce che gli rispose. Ci mise qualche secondo prima di capire
-Hilary?-
-Si, ancora è questo il
mio nome…-
-Perché hai risposto tu?-
La ragazza esitò qualche
secondo prima di rispondere
-Hai chiamato il mio
numero… chi ti doveva rispondere?-
Kai guardò il suo
telefono e vide che effettivamente aveva proprio chiamato la ragazza
-Scusa, volevo chiamare
Rei. Mi devo essere sbagliato-
-Il grande Hiwatari che
commette un errore? E’ successo qualcosa?-
-Una cosa del genere…-
-Sempre così
maledettamente criptico Hiwatari…-
Kai sorrise, per un breve
attimo dimenticandosi del motivo per cui aveva avuto bisogno di fare quella
telefonata
-Non sono criptico… solo
che questa cosa non ti riguarda-
-Ma riguarda Rei…-
-Lui… mi capisce-
Hilary rimase in silenzio
qualche secondo prima di ridacchiare
-Guarda che non c’è
niente di male nel dire che hai bisogno di parlare con il tuo migliore amico.
Non sminuisce la tua mascolinità-
-Mascolinità?-
-Si, l’aria da “non parlo
con nessuno e rimango nel mio mondo dove voi comuni mortali non potete avere
accesso”-
Kai questa volta si
lasciò andare ad una breve risata
-Non ci posso credere…
Hiwatari ti ho appena fatto ridere?-
-Direi proprio di si
Tachibana-
I due rimasero in
silenzio per un po’, godendosi quell’inaspettato momento di intimità. Fu Kai ad
interromperlo
-Non è vero che non parlo
con nessuno o voglio stare per conto mio solo…-
-Kai non ti devi
giustificare. Con tutto quello che hai passato e stai passando… capisco
l’esigenza di volere stare da soli o parlare solo con chi sai di poterti fidare
ciecamente. Ci sono passata anche io…-
Improvvisamente, Kai si
rese conto che sapeva perché aveva chiamato lei. Il suo subconscio era riuscito
a capire prima di lui
-Ho trovato una lettera…-
-Brutte notizie?-
-In realtà no-
Hilary rimase in
silenzio, aspettando.
-E’ una lettera di mia
madre-
Kai poté sentire la
ragazza trattenere il respiro
-Parla di me nella
lettera-
-Kai…-
-Non so neanche che suono
avesse la sua voce. Non so niente di lei e ora questa…-
Kai non terminò la frase,
lasciando che il silenzio parlasse per lui. Sapeva che Hilary avrebbe capito.
La ragazza aspettò, per trovare le giuste parole da dire
-Io non mi ricordo più il
suono della sua risata. So che rideva, ma… è come sparito, dimenticato. Ci sono
delle volte che ho paura di dimenticarmi persino il suono della sua voce, e
allora mi ripeto nella testa alcune cose che mi diceva… ma di una cosa sono
certa e sono sicura che valga anche per te. Mia madre mi amava con tutta se
stessa e lo stesso la tua. Lo so che sembra una frase fatta ma, io me lo sento
dentro. È una sensazione, come quando stai per addormentarti, quei pochi
secondi prima di sprofondare nel sonno, ho come l’impressione di sentire la sua
mano sfiorarmi in una carezza, come quando ero piccola. Può sembrare folle ma,
è quello il momento in cui so che, anche se lei non è più con me, mi ama lo
stesso. E sono sicura che lo stesso sia per te-
Seguirono parecchi minuti
di silenzio.
-Grazie-
Fu tutto quello che
riuscì a dire alla fine il russo. Riuscì quasi a sentire il sorriso spuntare
sul volto di Hilary
-Una telefonata
inaspettata e un ringraziamento… se continuì così finirò con il pensare che tu
provi qualcosa per me, russo-
Kai ridacchiò
-Non ti montare la testa,
giapponesina…-
-Tranquillo, non lo farò-
-Sei al dojo?-
-A casa… dovrei andare ad
allenarmi con le ragazze ma ho preferito stare un po’ a casa a riflettere
stamattina-
-Qualcosa che non va?-
-A parte il mio bit-power
inciso su un muro di un monastero in Russia? Una società segreta tragicamente
trucidata? Noi che, come sempre, ci ritroviamo immischiati in qualcosa di più
grande di noi? No, perché dovrebbe esserci qualcosa che non va?-
-Tu almeno non hai un
nonno pazzo chiuso in una prigione che si incontra con un serial killer, e non
sei circondata da bambini rumorosi-
-Io ho Takao attorno…-
-Questa volta vinci tu-
Hilary scoppiò a ridere.
In quel momento, Kai sentì una grande tranquillità scendergli addosso, mentre
un sorriso gli spuntava sul volto. Era facile scherzare con lei. E improvvisamente,
uno sbadiglio sorprese il russo.
-Sonno?-
-Sono quasi le quattro di
mattina qui…-
-Che cosa? E cosa ci fai
ancora al telefono? Devi andare subito a dormire-
Kai sorrise
-Va bene, tranquilla-
-Ok…-
Rimasero ancora qualche
secondo in silenzio, nessuno dei due intenzionato a chiudere. Alla fine fu
Hilary a interrompere quell’attimo
-Allora buona notte-
-Buon allenamento-
E detto questo Kai
chiuse. Si mise sdraiato sul letto e senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò
con gli occhi chiusi, addormentato. Ma prima di cadere nel sonno profondo, fu
quasi certo di sentire qualcosa vicino a lui. Un secondo, quasi impercettibile.
Era come una carezza piena di amore.
Hilary rimase a guardare
lo schermo del suo telefono, ormai spento. Aveva parlato al telefono con Kai,
ancora. E la conversazione era stata piacevole, fin troppo. La ragazza scrollò
la testa, e si alzò dal letto dove era distesa. Doveva andare alla sede della
BBA per incontrarsi con le altre ragazze e fare un po’ di allenamento. Ma
stranamente quella mattina non se l’era sentita. Forse era stata la discussione
della giornata precedente a lasciarla spiazzata. Guardò il suo beyblade,
osservando l’immagine del cigno sopra. Aveva stretto un legame con un
bit-power, Nemesis, di cui non conosceva assolutamente niente. Era riuscita ad
evocarla, ormai ci riusciva, ma ancora non capiva. E poi il fatto che fosse
legato ai bit-power dei blaider russi la lasciava perplessa… come si era
ritrovata, lei, in prima fila in una cosa così grande? Si lasciò andare ad un
grido di disperazione. Detestava sentirsi così impotente e ignorante. Aveva
bisogno di ottenere delle informazioni, e sapeva che le avrebbe potute ottenere
solo in un unico modo. Solo che non poteva farlo da sola, e chiedere l’aiuto
delle sue amiche, per quanto lo volesse, sentiva che non poteva essere del
tutto appropriato. Sapeva a chi doveva chiedere questo favore. Senza perdere
tempo, si alzò veloce e corse al piano di sotto. Suo padre, intento a sistemare
qualcosa in cucina, sentendola correre così veloce, si affacciò sulla porta,
alquanto preoccupato
-Si può sapere cosa è
successo?
-Devo fare una cosa-
L’uomo sospirò
-Fammi indovinare…
c’entrano quelle trottole, di nuovo, giusto?-
-Si-
Hilary si infilò svelta
le scarpe e si precipitò fuori dalla porta. Esasperato l’uomo fissò la porta
chiusa che dopo tre secondi si riaprì
-Non torno a cena-
-Lo avevo immaginato-
-Ci vediamo tra qualche
giorno-
-Dormi ancora da Takao?-
-No, vado a Mosca. Ti
avviso quando arrivo, ok?-
E detto questo, la porta
si chiuse, questa volta in modo definitivo. Il silenzio che era piombato in
casa contrastava con il tumulto che stava vivendo l’uomo all’interno del
proprio corpo. Dopo essersi scosso, si precipitò verso la porta, spalancandola
e si ritrovò ad urlare, ormai ad una strada vuota
-Dove è che credi di
andare?-
-Dove vuoi andare?-
Rei fissava Hillary come
se le fosse spuntata una seconda testa
-In Russia-
-Dove?-
Hilary alzò gli occhi
-Devo andare a Mosca-
-Perché?-
-Ho bisogno di risposte-
-Perché?-
-Devo sapere…-
-Perché?-
-Sai dire qualcos’altro?-
-Perché io?-
Hilary oltre ad alzare
gli occhi al cielo, di nuovo, si lasciò andare ad un sospiro di frustrazione
-Perché non posso andare
da sola-
-Chiedi a Takao-
-Ho bisogno di risposte…
non di badare ad una testa calda che vede sfide in ogni persona che incontra-
-Max?-
-Deve restare qui per
tranquillizzare Takao quando saprà che sono partita-
-Ma le ragazze…-
-Avviso Mariam, poi lei lo dirà alle ragazze e le calmerà-
-Ok ma…-
-Vuoi che dica a Kai che
hai preferito lasciarmi andare da sola?-
Hilary incrociò le
braccia al petto e guardò con sfida il cinese. Rei sapeva di non avere altra
scelta, il suo istinto di conservazione gli stava dicendo solo una cosa: hai
perso, fai come dice lei. Sospirando, acconsentì
-E va bene, ti
accompagno-
Hilary gli regalò un
bellissimo sorriso, prima di buttargli le braccia al collo per l’entusiasmo
-Grazie Rei! Sei un vero
amico. Vado a prenotare-
Rei osservò la ragazza
prendere il telefono per prenotare. Capiva il desiderio di Hilary di avere
delle risposte. Lui, in fondo, aveva sempre saputo quasi tutto sulla tigre
bianca. La conosceva, fin da piccolo. Era ormai una fedele compagna e buona
amica. Hilary ancora doveva compiere quel percorso con Nemesis. E stranamente,
quel percorso sembrava indirizzare proprio in Russia, e sembrava terribilmente
legato al blaider della fenice. Già se lo immaginava la faccia arrabbiata di
Kai, quando se li sarebbe trovati lì. Rei sospirò. Essere un buon amico, delle
volte, era una vera e propria scocciatura. Almeno avrebbe avuto la possibilità
di duellare un po’ con i blaider russi. Chissà, magari avrebbe persino ottenuto
la sua rivincita contro Yuri.
Kai si svegliò tardi
quella mattina. Stranamente il suo corpo aveva ceduto ad un sonno lungo, privo
di sogni, ma terribilmente ristoratore. Si sentiva meglio quella mattina, e
anche se sapeva che avrebbe dovuto passare ancora una giornata in quello
studio, in cerca di ulteriori informazioni, si sentiva pronto per quel compito.
Quando scese verso la cucina, trovò sulla sua strada Alexander, intento a
disegnare. Kai gli prestò poca attenzione, ma quando stava per aprire la porta
la sua voce lo fermò
-La cucina è chiusa-
Kai non si voltò nemmeno
-Non per me-
-La cuoca mi adora, ma
nemmeno io sono capace di entrare mentre sta preparando un pranzo. Figuriamoci
se ci riesci tu, che sei venuto fuori dal nulla-
Kai fece un sorriso
sarcastico, prima di voltarsi verso il bambino. Non gli disse niente, si limitò
solo a guardarlo. Alexander ricambiò il suo sguardo, e quando capì cosa gli
stava implicitamente dicendo il blaider, sbarrò gli occhi, ma non si fece
intimidire
-Io ti ho avvertito-
Kai si avvicinò alla
maniglia, e la aprì. Alexander si alzò, e si avvicinò alla porta, intento a
godersi la scena di quel pomposo che avrebbe subito una bella lavata di capo.
La cuoca, una signora sulla quarantina, era intenta a controllare il contenuto
di quattro pentole borbottanti e quello che stavano combinando i suoi aiutanti
della giornata, sei giovani ragazzi dell’orfanotrofio di turno nelle cucine.
Quando sentì la porta aprirsi, si preparò a voltarsi, urlando contro il mal
capitato. Ma non appena vide chi era, si rilassò
-Giovanotto, questa
mattina ti avevo preparato una colazione apposta per te. E tu cosa decidi di
fare? Non ti presenti? Fammi indovinare… ora hai fame e pretendi che ti sfami,
non è così?-
-Precisamente-
La donna si avvicinò a
Kai, puntandogli un dito contro il petto
-Spero tu almeno abbia
una buona scusa per avere saltato la colazione, e non ti azzardare a dire che è
stata per colpa di quelle trottole infernali-
-Se ti dico che sono
stato al telefono con una ragazza fino alle quattro di notte?-
La donna lo fissò,
meravigliata. Poi scoppiò a ridere
-Sarei la donna più
felice del mondo nel saperti finalmente comportare come un ragazzo della tua
età. Ora però siediti e mangia, non fa bene saltare la colazione, è il pasto
più importante della giornata, lo sai?-
Kai si sedette su una
sedia, mentre la donna si dava da fare nel mettere sul fuoco una caffettiera e
a tirare fuori pane, burro e marmellata. Mentre compiva quelle operazioni,
tutti i presenti in stanza la guardarono stralunati. Sentendo lo sguardo dei
ragazzi su di se si voltò, e fulminandoli con lo sguardo li invitò, gentilmente
a tornare al loro lavoro.
-Che cosa state
aspettando, lavativi? Ci sono circa cinquecento bocche da sfamare tra un paio
d’ore. Veloci, al lavoro-
L’unico che era rimasto
fermo, mezzo nascosto dalla porta era Alexander. Il bambino era a bocca
spalancata, lo sguardo stupito e meravigliato. Senza rendersene conto, si
addentrò nella stanza e si avvicinò alla donna
-Non ci posso credere-
Sentendo la voce del
bambino, sia Kai che la donna si voltarono.
-TU CHE CI FAI QUI?-
-Gli stai sul serio dando
da mangiare?-
Dissero contemporaneamente.
La donna si mise le mani sui fianchi
-Ragazzino, tu non
dovresti essere qui-
-Gli stai dando da
mangiare fuori orario-
-Lui ha un potere che tu
non hai?-
-E quale mai sarebbe?-
-E’ il proprietario di questo
posto-
Alexander spalancò ancora
di più gli occhi mentre spostava la sua attenzione su Kai, che stava
tranquillamente bevendo una tazza di caffè nero.
-Sei il proprietario?-
Kai annuì
-Di tutto questo posto?-
Kai annuì di nuovo
-Tutto, tutto quanto?-
Altro cenno di assenso da
parte di Kai
-Quindi sei
stra-maledettamente ricco!-
Kai lo guardò prima di scrollare
la testa, annuendo. Alexander si avvicinò a lui
-Quindi io sono una tua
proprietà?-
-No-
-Ma tu possiedi questo
posto-
-Si-
-Sei figlio unico?-
Kai annuì
-Non è che mi vuoi
adottare?-
Kai per poco non si
strozzò bevendo il caffè. La cuoca ridacchiò, mentre poggiava una mano sui
capelli di Alexander
-Alexander, lascia
perdere. Prima dovrebbe trovare una donna-
-E il giorno in cui
accadrà, io mi raserò i capelli a zero-
Boris era entrato in
cucina, sorprendendo tutti i presenti.
-La finite di spuntare
fuori come funghi? Io starei cercando di lavorare-
-Scusa Olga, ma ho bisogno
dell’Hiwatari qui presente-
-Che vuoi Boris?-
-C’è del lavoro da fare-
Non ci fu bisogno di dire
altro. Kai si alzò, poggiò la tazza vuota in un lavandino e si avviò insieme
all’altro blaider
-Grazie per la colazione-
-Non ti azzardare a
saltare il mio pranzo-
-Non succederà-
Alexander rimase fermo a
vedere Kai e Boris sparire.
-E’ veramente ricco?-
-Oh si. Una vera fortuna.
Suo nonno sarà anche uno dei peggiori esseri che il mondo abbia mai partorito
ma… aveva buon fiuto per gli affari. Ha lasciato una vera e propria eredità al
nipote-
-Ricco-
Olga si voltò verso il
bambino
-Toglitelo dalla testa.
Solo un miracolo potrebbe far si che Kai ti adotti-
-Ricco…-
La donna lo fissò
esasperata. Poi, all’improvviso, si rese conto di dove era e di cosa doveva
fare. E, soprattutto, si rese conto che nella sua cucina, lui non ci doveva
stare
-Fuori, immediatamente-
Senza tante cerimonie,
Alexander si avviò veloce verso l’uscita. Mentre percorreva i corridoi, non
poteva fare altro che pensare ancora e ancora ad un’unica cosa
-Ricco-
Il volo era stato
tranquillo. Non c’era molta gente che da Tokyo volava verso Mosca, Hilary era riuscita
a trovare due biglietti con molta facilità. Inoltre, essendo parte della BBA,
era anche riuscita a far passare i biglietti come parte del mondiale che doveva
iniziare tra poco, quindi, praticamente, stavano viaggiando gratis. Erano
partiti praticamente come dei fuggitivi. Rei non era riuscito nemmeno ad
avvisare Takao, era stato costretto a lasciare un messaggio. Forse quella era
stata la cosa migliore, voleva evitare una discussione con il nipponico. Anche
se si dispiaceva per Max, che si sarebbe dovuto sorbire le ire del loro amico.
Aveva però avvisato Mao. Le aveva lasciato un messaggio sulla sua casella
vocale, spiegandole la situazione. Sperava che la ragazza capisse perché Hilary
aveva chiesto a lui di accompagnarla.
-Hai avvisato le ragazze?-
Hilary annuì.
-Ho parlato con Mariam-
-Che ti ha detto?-
-Che mi capiva… ma di
stare alla larga dal “russo asociale”-
Rei ridacchiò
-Non le piace molto,
vero?-
Hilary scosse la testa
-Non è che non le
piaccia… ha solo qualche riserva nei suoi confronti-
-Del tipo?-
-Non ha ancora ben capito
se ci si può fidare di lui al cento per cento-
-Credo che non lo
sapremmo mai del tutto-
Hilary si lasciò andare
ad un sorriso
-Io mi fido di Kai-
-Questo si è visto-
Le disse il cinese, con un
tono ammiccante nella voce. Hilary divenne leggermente rossa
-Non ti ci mettere anche
tu…-
-Io non ho detto niente-
-E’ implicito in quello
che hai appena detto Rei-
-Però è la verità-
Hilary fece per
ribattere, ma alla fine lasciò perdere.
-Si è vero. Ma non c’è
nessuna motivazione recondita o secondo fine-
-Quindi tu e lui… nel suo
appartamento… una notte intera…-
-Non è successo niente.
Niente di niente-
Disse la ragazza, una
leggera nota di delusione nella sua voce. Ma Rei decise di non dire niente,
perché sembrava che la sua amica non ne fosse consapevole di avere usato un
tono diverso.
-Kai è complicato. Non fa
avvicinare le persone, lo fa per proteggersi-
-Lo capisco, con quello
che ha passato-
-Orfano, cresciuto da un
nonno che non ha mai provato affetto per lui, responsabile della morte dei suoi
genitori…-
-Come si può fare una
cosa del genere al proprio figlio?-
-Egoismo. Quando i
genitori sono egoisti, i figli perdono ogni valore-
Hilary fu colpita dalla
durezza delle parole di Rei. Il cinese aveva stretto le mani a pugno, le nocche
quasi bianche per la tensione.
-Rei, tutto a posto?-
Il ragazzo si riscosse
-Si tutto a posto-
Hilary non insistette
oltre e la conversazione finì lì. Restò però, in sospeso tra loro, un’aria
pesante. Hilary, a quanto pare, aveva toccato un tasto dolente, anche se ancora
non aveva capito quale. Di una cosa, però, si era resa conto. Ognuno aveva
qualcosa che non voleva far sapere.
Mariam stava osservando
le sue amiche duellare. Julia e Mao avevano preso il terribile vizio di
sfidarsi ogni volta che ne avevano l’occasione. Il che voleva dire quasi
quattro volte al giorno. Non era solo che si stavano sfidando, era che ormai
era diventata una vera e propria gara. Stavano tenendo il conto delle varie
vittorie, e ormai stavano sfiorando il ridicolo, almeno a vederle da fuori. Ma
il peggio doveva ancora arrivare. Mariam sapeva che non appena avesse detto la
novità che riguardava Hilary, sarebbe scoppiato un putiferio. Eppure lo doveva
fare.
-Victoria! Tienes perdido
roída!- (hai perso rosa!)
-Si si, per questa volta.
Conduco ancora io, con ventitre vittorie e diciotto sconfitte-
-Diecinueve- (diciannove)
Mao fece la linguaccia a
Julia, prima di raccogliere il suo bey.
-Ora che avete finito,
devo dirvi una cosa-
-Che succede?-
-Riguarda Hilary?-
-¿De paso, donde está
Hilary?- (A proposito, dove è Hilary?)
-Si riguarda Hilary. Ma
dovete promettermi di non arrabbiarvi e di lasciami finire di parlare-
Le due ragazze annuirono
-Hilary in questo momento
è su un volo, diretta in Russia. È andata in compagnia di Rei. Mi ha detto che
ha bisogno di avere delle risposte, e dato che tutto quello che riguarda il suo
bit-power conduce alla Russia, è voluta andare a vedere se di persona poteva
scoprire qualcosa di più. Non so quando tornerà, ma appena avrà ottenuto ciò
che cerca, o avrà visto quello che deve vedere, tornerà qui, comunque in tempo
per l’apertura del torneo-
Quando Mariam finì di
parlare, calò il silenzio totale nella palestra. Julia e Mao stavano
riflettendo sul significato delle parole di Mariam, e stavano cercando di
capire bene.
-Hilary è andata a Mosca,
con Rei?-
Disse alla fine Mao,
leggermente confusa. Mariam annuì
-Hilary e Rei… a Mosca-
-Dall’Hiwatari-
-Hilary in viaggio verso
Mosca-
-Con tu muchacho- (con il tuo ragazzo)
-Hilary in viaggio con…
Rei non è il mio ragazzo-
-Ma ti piacerebbe-
-La cotta per lui mi è
passata-
-Ciertamente, como no- (certo, come no)
-Julia-
Le intimò Mariam,
fulminandola con lo sguardo.
-Está bien, estoy calla- (va bene, sto zitta)
Mariam guardò Mao, che
era in silenzio, persa nei suoi pensieri
-Mao…-
La cinese guardò la sua
amica, perplessa.
-Perché non ha voluto che
l’accompagnassimo noi? Dopotutto siamo le sue migliori amiche, siamo le sue
compagne di squadra. Dovremmo essere lì con lei-
-Le saremmo solo
d’intralcio ora-
-Ma no noi potremmo…-
-Difenderla a qualunque
costo mettendola sotto una campana di vetro per non farla soffrire. Deve fare
questo viaggio da sola. Non è alla ricerca di risposte, non solo. È alla
ricerca di una connessione profonda con Nemesis. Ed è una cosa che deve fare da
sola-
Mao alla fine si ritrovò
ad annuire
-Credo tu abbia ragione-
-Ma perché è andata con
Rei? ¿Porque no ha pedido a Takao del acompañar? ¿Es su* mejor* amigo,no?- (perché non ha chiesto a Takao di
accompagnarla? è il suo migliore amico, no?)
-Takao è una testa calda,
e diventa terribilmente protettivo quando si tratta di Hilary. E tra lui e Kai
la situazione è sempre complicata. Rei invece è la scelta perfetta-
Si affrettò a dire la
rosa, lo sguardo perso nel vuoto della stanza. Julia e Mariam si scambiarono
un’occhiata
-Tutto a posto Mao?-
La ragazza annuì. Poi si
avvicinò alla sua borsa, e si affrettò a sistemare le sue cose
-¿Andase?- (Vai via?)
Mao annuì.
-Devo andare a fare una
cosa-
Nessuna delle due osò
ribattere. La guardarono andare via in silenzio. Quando dentro la palestra
rimasero sole, Mariam si voltò verso Julia
-Allora, vuoi vedere come
si fa a duellare seriamente?-
La castana le lanciò uno
sguardo scettico
-Che cosa vorresti
insinuare? ¿Qué seis más hábil experto que me?- (che sei più brava di me?)
Mariam guadagnò il centro
della sala, in posizione davanti alla pista.
-Vogliamo vedere?-
Julia si alzò e si
avvicinò di corsa
-Ci puoi giurare. Que
nadie arriesguen a decir que el Fernandez es una miedosa- (che nessuno si azzardi a dire che la
Fernandez è una fifona)
Mariam ridacchiò, prima
di mettersi in posizione di lancio.
-Allora pronti. Tre… due…
uno…-
-Lancio!-
Mao camminava senza meta
per le strade di Tokyo. Sapeva del motivo per cui Hilary aveva chiesto a Rei di
accompagnarla. Dopotutto, se si fosse trovata nella sua situazione,
probabilmente avrebbe fatto la stessa scelta. Però l’idea dei due, da soli, in
un volo così lungo… Mao scosse la testa, come a volere cacciare via un pensiero
fastidioso. Camminando, si ritrovò a passare davanti ad un negozio di ramen. Il
profumo del cibo le fece borbottare lo stomaco. Senza pensarci troppo, la
ragazza entrò e si mise seduta al bancone.
-Una ciotola per favore-
Mentre aspettava, si ritrovò
a cercare il telefono. Fu allora che vide un messaggio. Era un avviso della
casella vocale. Pensando fosse un messaggio di suo fratello, la ragazza si
affrettò ad andarlo ad ascoltare. Se c’era una cosa che Lao detestava era
quando non rispondeva al telefono, ma
sapere che non aveva nemmeno ascoltato il messaggio che le aveva lascito poteva
far si che si scatenassero le ire più funeste del giovane. Mao non prestò molta
attenzione al numero che le aveva lasciato il messaggio, e quasi con mezza
attenzione si mise ad ascoltare. Ma quando sentì la voce dall’altra parte, per
poco non cadde dallo sgabello.
-Mao, sono io, Rei. Avrei
preferito parlarti di persona, ma non c’è stato il tempo. Accompagno Hilary a
Mosca. Ha bisogno di avere delle risposte sul suo bit-power, e mi ha chiesto di
accompagnarla. E’ stata terribilmente convincente, sai com’è dopo tutto… comunque credo che il vero motivo per cui mi
abbia voluto con se sia Kai. Non so cosa succeda tra quei due, ma credo che non
si volesse trovare da sola con lui, o con gli altri della Neo-borg. Non devo
dirti cosa sarebbe successo se fosse stato Takao ad accompagnarla, giusto? Non
so quanto tempo staremo via, non credo per molto, ma appena arriviamo e ho la
possibilità ti chiamo, così ti tengo aggiornata sulla situazione. Mi prenderò
cura di Hilary, tranquilla, e cercherò di non farle fare niente che tu non le
lasceresti fare. Ora devo andare, tra poco il volo parte… ci sentiamo presto
allora. Ciao….Vorrei che fossi qui con me… -
Mao si ritrovò ad arrossire
e a sorridere. Quando le arrivò la ciotola di ramen davanti non si fece
attendere, e iniziò subito a mangiare. L’uomo che le aveva preparato il pranzo,
vedendola mangiare così velocemente le chiese
-O faccio il ramen
migliore del mondo, oppure siamo felici. Quale delle due signorina?-
-Tutte e due-
-A giudicare dal sorriso,
un ragazzo…-
-Più un caro vecchio
amico, direi-
Disse la rosa,
leggermente imbarazzata. L’uomo ridacchiò, prima di rimettersi a lavorare.
Tuttavia Mao lo sentì lo stesso borbottare
-Giovani d’oggi… neanche
quando sono innamorati lo riescono a capire-
Kai stava guardando
allibito le due persone che si erano presentate al monastero. All’inizio,
quando Yuri era venuto ad avvisarlo, non ci aveva creduto, pensando fosse uno
scherzo, di cattivo gusto, da parte del rosso.
-La bella dagli occhi
marroni è qui-
Gli aveva detto,
sorridendo sornione. Quando si era alzato ed era andato a controllare, aveva
fatto tutta la strada pensando ad un’unica cosa
-Non può essere qui sul
serio-
E invece, quando era
arrivato davanti all’ingresso, lei era lì. Stava parlando con Rei, e sorrideva,
tranquilla.
-Che ci fai qui?-
Chiese, senza troppi
preamboli e nemmeno salutandoli. Hilary si voltò verso di lui
-Oh, ciao anche a te
Hiwatari. Si il viaggio tutto bene, grazie-
Yuri, che era corso ad
assistere alla scena, ridacchiò
-Che ci fai qui?-
Le chiese di nuovo in un
tono vagamente minaccioso. I due si fissarono negli occhi, senza dirsi niente.
All’ingresso, si erano intanto radunati un po’ di ragazzi dell’orfanotrofio,
oltre agli altri membri della Neo-borg, e tutti osservavano la scena. Tra di
loro c’erano anche Alexander e la piccola Diana. Eppure, ne Hilary ne Kai
sembravano essersi resi conto della folla che li stava fissando. Infatti
Hilary, si era messa le mani sui fianchi e si era avvicinata al ragazzo
-Primo, sono una persona
libera e sono in grado di potere andare dove voglio senza dovere chiedere il
permesso a nessuno. Secondo, non ti azzardare ad usare quel tono con me, non
sei mio padre. Terzo, in un qualche perverso e strano gioco del destino, sono
legata ad un bit-power che, guarda caso, è inciso in un monastero nella
sperduta, desolata, fredda Russia di quasi quattrocento anni fa, che poi è
stato trasformato in un orfanotrofio dove il tuo adorabile nonnino conduceva
maltrattamenti e dio solo sa cos’altro, che, sempre guarda caso, viene gestito ora dalla Neo-borg in un
modo che, sinceramente non voglio nemmeno sapere. E, sempre guarda caso, che si
tratti del Giappone o della Russia, tu ci sei sempre in mezzo. Non sono venuta
qui per te, se è questo che stavi pensando, o per quello che mi hai detto al
telefono questa mattina, ma sono qui perché ho bisogno di sapere. Non so nemmeno io cosa, ma a quanto
pare qui c’è un legame concreto... di non so ancora bene cosa. Ho bisogno di
almeno provare a cercare qualche risposta…-
Kai aprì la bocca un paio
di volte, indeciso.
-Potevi almeno avvisare-
-Mi avresti detto di no-
-Certo che ti avrei detto
di no-
Hilary alzò gli occhi al
cielo. Si voltò verso Rei, che era rimasto in silenzio ad osservare la scena,
senza osare mettersi in mezzo. Fu a quel punto che Kai si accorse di lui
-Avresti dovuto fermarla-
-Non mi mettere in mezzo.
Ci ho provato, ma è stata… convincente-
Kai si voltò verso le
scale, avviandosi
-Fate come vi pare-
Hilary si lasciò andare
ad un gridolino di vittoria, mentre lanciava a Rei un sorriso di trionfo. Il
ragazzo la guardò sconsolato, consapevole di essere finito in mezzo ad una
coppia che ancora doveva ben capire che direzione stava prendendo. Il cinese si
ritrovò ad alzare lo sguardo e incrociò quello di Yuri, che gli sorrise
sarcasticamente.
-Sarà sicuramente
interessante avervi qui in questi giorni. Immagino vi fermerete qui, non è
vero?-
Rei annuì
-Se non è un problema-
-Nessuno, siete i
benvenuti-
-Grazie-
Dissero in coro i due.
Yuri scese le scale e si avvicinò a Hilary.
-Sarà un vero piacere
averti qui… credo che, grazie alla tua presenza, ci divertiremo un sacco con il
caro Hiwatari-
-Yuri-
Gli intimo Kai, dal piano
di sopra. Il rosso ridacchiò, poi, mentre stava per rispondere a Kai vide
Diana. Fece cenno alla bambina di avvicinarsi. La piccola non si fece
attendere, e corse veloce verso il blaider.
-
Диана,
позвольте
мне
представить
Хилари, Кай в
подруги- (Diana, lascia che ti presenti Hilary, la
ragazza di Kai)
La bambina, sentendo quelle parole, si illuminò in un
bellissimo sorriso
-YURI-
Fu l’urlo che lanciò Kai, ormai arrivato al piano di
sopra. Ma il rosso lo ignorò
- Добро
пожаловать!
Вы
действительно
красивы- (Benvenuta! Sei veramente bella)
Disse Diana ad Hilary, sorridendole.
Hilary guardò i due parlarsi, senza capire. Ma prima
che potesse chiedere qualcosa, la bambina si precipitò da lei, abbracciandola.
Hilary si inginocchiò e prese la piccola, che si strinse veloce a lei. La
ragazza a quel punto, si voltò a guardare Yuri
-Cosa le hai detto?-
-Oh, niente di che. Ci teneva tanto a conoscerti. Ha
detto che sei veramente molto bella-
Hilary guardò la piccola e le fece una piccola carezza
tra i capelli
-Grazie, anche tu sei bellissima-
La piccolina, non capendo, si voltò verso Yuri, che le
disse ciò che la castana le aveva detto. Diana le sorrise, poi seria come solo
una bambina poteva essere le chiese
- Когда вы
выйдете
замуж с Кай?- (Quando ti sposi con Kai?)
Yuri scoppiò a ridere e passò una mano tra i capelli
di Diana
-Hilary, non sai che bellissimo regalo sia averti qui
con noi. Sei la benvenuta, puoi restare quanto vuoi-
-YURI-
Urlò sempre Kai, che ormai era rimasto fermo sul
ballatoio della scala, e aveva osservato la scena senza sapere bene cosa fare,
se scendere e uccidere Yuri sul posto, o se torturarlo a lungo. Ma il rosso
sembrava fin troppo divertito e anche se aveva visto lo sguardo di odio che gli
aveva lanciato il blaider, se ne era infischiato. Voltandosi verso la stanza,
però, si ritrovò ad osservare un numero decisamente troppo numeroso di bambini
e bambine.
-Che ci fate ancora qui? Sparite subito-
Tutti si affrettarono a dileguarsi, veloci. L’unico
che non si mosse fu Alexander, che continuò a fissare Hilary con uno sguardo
concentrato. Yuri si avvicinò al bambino
-Vale anche per te l’ordine. Sparisci Alexander,
veloce-
Il bambino non se lo fece ripetere una terza volta,
sapeva che Yuri poteva venirsene fuori con punizioni esemplari se qualcuno
osava farsi ripetere le cose più di due volte. Mentre saliva veloce le scale,
con il suo taccuino dei disegni sotto il braccio, si ritrovò ad incrociare Kai,
che lo bloccò
-Cosa ti preoccupa, pulce?-
Il bambino si voltò un attimo verso l’atrio, dove
Hilary stava parlando con Yuri.
-La tua ragazza…-
-Non è la mia ragazza-
-Sarà un’ottima moglie-
-Pulce…-
-Poi così mi potrai adottare. Quindi stamattina avevi
detto la verità con Olga!-
-Pulce…-
-Comunque… è interessante-
Kai si fece all’improvviso subito attento. Aveva
capito che quel bambino aveva uno spiccato occhio per i dettagli
-Cosa?-
-Il cervo-
Kai si fece silenzioso. Sapeva a cosa si riferiva, il
ciondolo del braccialetto di Hilary
-Cosa?-
-Sembra… familiare-
Detto questo, se ne andò veloce. Kai rimase a fissare
Hilary per alcuni secondi, pietrificato. Un pensiero gli era passato per la
testa, ma velocemente lo aveva scacciato dalla sua mente. Perché non era
possibile. Sentendosi osservata, la castana alzò lo sguardo e si ritrovò a
fissare Kai. Fu in quel momento, che qualcosa di strano avvenne. I bit-power di
Kai, Yuri e Hilary, presero a illuminarsi da soli. Fu un attimo, ma nell’atrio,
i tre animali si materializzarono, all’improvviso, e fu come se si salutassero.
La fenice si librò sopra di loro, il lupo lanciò il suo ululato e il cigno,
dispiegò le ali e le mosse leggermente. A quel punto, veloci come erano
apparsi, sparirono. I tre ragazzi rimasero paralizzati, fermi ad osservare il
punto dove erano comparsi gli animali. Rei, che aveva osservato la scena
esterrefatto come gli altri, si fece avanti
-Non è possibile… credevo fosse una leggenda-
-Di cosa stai parlando-
Chiese Yuri, ancora sotto shock
-Una leggenda tramandata nel mio villaggio. Ma non ha
senso… è solo una leggenda-
-Di cosa parla?-
Chiese Hilary, mentre non poté impedire al suo corpo
di tremare leggermente. Kai, che era il solo al piano superiore, si affrettò a
scendere. Vedendo che Hilary tremava, si affrettò ad avvicinarsi e le prese una
mano, come a volerla rassicurare. La castana ricambiò con un sorriso
-Quando ero piccolo, al villaggio viveva un vecchio,
Lin Shau. Egli raccontava che quando era un bambino, al villaggio, capitò che
arrivarono alcuni visitatori venuti da lontano. Si fermarono a parlare con il
capo villaggio, che li accolse, e li fece riposare in una capanna. Gli
stranieri erano una coppia, e la mattina seguente, la donna si mise a giocare
con alcuni bambini. Fu in quel momento che Jih Lo, uno dei precedenti
possessori di Draiger, passò vicino alla donna. E all’improvviso, la tigre
bianca si materializzò in mezzo ai presenti, assieme ad un Ibis. Fu un secondo,
come è accaduto qui, e poi gli animali sparirono. A quel punto, la straniera si
alzò veloce e guardando Jih Lo disse “ti ho cercato a lungo, e alla fine ti ho
trovato”. La coppia degli stranieri rimase un anno al villaggio, e i due, passarono
un sacco di tempo assieme a Jih Lo e altri membri della sua famiglia. Poi un
mattino, gli stranieri semplicemente sparirono, e Jih Lo non fece mai parola di
ciò che si dissero-
Quando Rei finì di parlare, i quattro rimasero in
silenzio.
-Quanto è attendibile il racconto che ci hai fatto?-
Rei scosse la testa
-Fino a qualche minuto fa nemmeno me ne ricordavo. Il
vecchio Lin Shau aveva la fama di essere un po’ matto, soprattutto considerando
che è morto a 135 anni… quindi parlava di fatti avvenuti più di un secolo
prima. Tutti pensavamo se lo fosse inventato. Ma dopo avere visto quello che è
appena successo…-
Non ci fu bisogno che Rei finisse la frase per capire
a cosa si riferiva.
-“Ti ho trovato”-
I tre ragazzi si voltarono verso Hilary.
-La frase che la donna ha detto “Ti ho cercato a lungo
e alla fine ti ho trovato”. Insomma, so che non so molto sulla storia dei
bit-power ma, la tigre bianca non era un segreto tramandato nel vostro
villaggio e di cui non si sapeva niente?-
-Più o meno… è stata la protettrice del villaggio, e
lo è ancora. Ma non capisco cosa vuoi dire-
-L’incontro, deve essere avvenuto a fine ottocento,
giusto?-
-Più o meno. Se era un bambino all’epoca…-
-Ok, degli stranieri, una coppia, che girano per le
montagne cinesi. Si trova per caso a passare dal tuo villaggio, e per pura
coincidenza si trovano due bit-power che è come se si fossero riconosciuti non
appena si sono visti. Non vi sembra strano?-
-Decisamente-
Commentò Yuri
-Ma ancora non capisco dove vuoi arrivare con il tuo
ragionamento-
-Suprema Essenza-
Bastò quel nome per fare capire a tutti cosa Hilary
voleva dire
-Si cercavano-
-E quando si trovavano si tramandavano le loro
conoscenze e così facendo…-
-Aumentavano la loro cerchia-
-Quindi se i nostri bit-power sono incisi qui nel
monastero…-
-Credo che questo posto fosse loro. Come una specie di
tempio o una cosa simile-
-Un posto dove potevano ritrovarsi-
-Questo spiega perché mio nonno ne abbia fatto una sua
base-
Disse Kai, interrompendo il suo silenzio.
-Mio nonno ha fatto enormi cambiamenti qua dentro. Ha
ampliato la costruzione e abbattuto sale e stanze-
-Come puoi saperlo?-
Kai sorrise tristemente
-Era un conservatore. Ho trovato le tracce dei piani
di ampliamento e di ristrutturazione di questo posto. Mi sono sempre chiesto
perché le avesse tenute, ora invece ha un senso. Stava cercando qualcosa. Stava
cercando le tracce della Suprema Essenza-
-Ma non le ha trovate, non tutte almeno. La stanza
nelle cantine non l’ha mai trovata-
-Chissà se esiste altro che non ha trovato…-
Si ritrovò a mormorare Hilary. I tre ragazzi si
voltarono veloci verso di lei. Stava stringendo in mano Nemesis, e sembrava
persa nei suoi pensieri. Ma all’improvviso si riscosse
-Io sono venuta qui perché voi avete trovato la
stanza. Se non avessi saputo che Nemesis era incisa su una parete non avrei mai
preso un volo per Mosca. È come se…-
-Come se qualcosa ti avesse attratta qui-
Hilary scosse la testa
-Non me, lei. È come se lei avesse voluto portarmi
qui, per incontrare sia Dranzer che Wolborg. I nostri bit-power sono uniti in
qualche modo-
Sia Yuri che Kai si guardarono, mentre prendevano in
mano i loro beyblade. All’improvviso, fu come se dai tre animali pulsasse un
battito di vita.
-Credo che siamo sulla strada giusta. E credo che ci
sia solo una cosa ora da fare-
-Dobbiamo cercare le tracce della Suprema Essenza-
-E scoprire cosa hanno lasciato per noi-
**************************************************************************
Jun Kon fu svegliata all’improvviso
da un brivido. Si alzò veloce, e corse nella sala principale del tempio, con
una sensazione che non aveva provato più da molto tempo
-Non può essere…-
Si ritrovò a mormorare, mentre osservava ciò che ormai
non si verificava da più di dieci anni. I simboli della fenice, del lupo e del
cigno, incisi sul muro di pietra, era come se avessero ripreso vita. Emanavano
una tenue luce, e appoggiando una mano sopra di essi, Jun ebbe come la
sensazione di sentirli pulsare.
-Si sono ritrovati. Il primo passo è stato fatto. La
nuova generazione presto sarà pronta così…-
-Così potremmo tornare da nostro figlio-
Un uomo, si avvicinò a Jun, e le strinse le braccia
attorno al corpo, abbracciandola. La donna appoggiò il proprio corpo contro quello
dell’uomo
-Manca ancora tempo prima di quello. Ci saranno prove
che dovranno superare. E lo sai, il nostro antico nemico è sempre là fuori,
pronto-
-Saranno pronti ad affrontarlo?-
-Non lo so. Noi non lo eravamo…-
-Ma non sapevamo contro cosa stavamo combattendo-
-Perché loro si, invece?-
-Noi eravamo soli. Giovani indomiti, che hanno creduto
di potere gestire qualcosa di molto antico senza una guida-
-Ma eravamo sempre più grandi di loro. E poi noi
abbiamo potuto scegliere di compiere questo cammino. Sapevamo dei rischi. Loro
non sanno nemmeno questo-
-Ma sono più forti di noi. Hanno stabilito i legami da
molto tempo, ormai sono quasi un tutt’uno con gli animali sacri-
-Ma non sanno ancora come gestirli. Sanno solo usarli
attraverso le trottole. Non sanno come evocarli senza, o come fare a…-
-Lo impareranno. Quando le triadi si riformeranno,
saranno più forti. E quando capiranno come fare ad unire i loro poteri, saranno
invincibili. Ricorda, sono molti più di noi-
-Questo perché Judi ci ha dato una mano. E perché
sembra che negli ultimi anni, gli animali sacri si siano come risvegliati. Non
vedevo nascere nuovi legami da molto tempo, e poi, circa quattro anni fa, c’è
stato un cambiamento-
-E questo è un bene per noi-
-Ma molti possono diventare un bersaglio per loro-
-Loro ormai sono pochi. E con Hiwatari dietro le
sbarre…-
-Quell’uomo è pericoloso, e lo sai. Siamo rimasti in
vita solo perché non ha mai saputo dell’esistenza di questo tempio-
-Jih Lo ci ha messo tre anni per trovarlo, e sapeva
cosa cercare… i nostri antenati di certo sapevano come nascondere i loro
segreti-
-Spero che almeno la triade del nord ritrovi presto la
sua forza-
Jun passò una mano sopra il cigno
-Elisabeta… ha pagato il prezzo più alto di tutti noi.
Ha perso i suoi amici, la sua famiglia… ha visto morire la sua bambina. La
piccola Ania… Avrebbe l’età di Rei ora. Magari sarebbero potuti essere amici…-
L’uomo strinse ancora di più a se la donna
-Non ti puoi incolpare dell’incendio. Non sei stata
tu, è stato Hiwatari a farlo-
-Ma io la dovevo avvisare. Dovevo almeno tentare…-
-E così facendo saremmo morti anche tutti noi. Avevamo
deciso. Nessun contatto. Nessun, avvertimento, la Suprema Essenza è più
importante di tutto-
-Era solo una bimba innocente…-
-Non per l’uomo che ha fatto questo. Per lui era una
minaccia. Come Rei. E gli altri figli della nostra Alleanza-
Jun si staccò dal marito, e si avvicinò alla tigre
incisa. La sua luce pulsava, come quella della lince e del leone nero. Quella
era rimasta, per molto tempo, l’unica triade ancora viva.
-Proteggilo, proteggilo sempre. Ti prego Driger,
proteggi il mio bambino. Guidalo nella via, fagli capire la strada giusta da
quella sbagliata. Fagli percorrere il cammino della verità-
**************************************************************************
Pavlov era inquieto. Si sentiva dominare da un perenne
stato di ansia, e questo poteva essere fatale per il lavoro che doveva
compiere. Certo, il furto non era proprio la sua specialità, lui era un killer
professionista, ma se richiesto, era capace di commettere dei furti a regola
d’arte. Anche se per molti anni era rimasto fuori dal giro, non aveva mai perso
il suo tocco magico. E il suo signore lo sapeva. Per molto tempo si era
domandato se affidarsi totalmente a quell’uomo fosse stata la scelta giusta.
Dopotutto, aveva un nome e una reputazione abbastanza consolidata al tempo del
loro prima incontro. Non aveva bisogno di lui per farsi notare. Ma ciò che gli
aveva proposto, gli avrebbe garantito ciò che più agognava. Vedere soffrire le
persone che lo avevano umiliato e allontanato dal loro circolo. Si ricordava
ancora il sorriso di sufficienza di Elisabeta Birkof, o di quel pomposo di suo
cugino, Kristoff Ivanov. Era stato un piacere togliere loro il respiro. E se
aveva avuto questa possibilità lo doveva a lui, all’uomo che aveva un’anima più
nera della sua, e che lo aveva accolto come fosse un figlio. Quando gli aveva
chiesto di sparire per quasi dieci anni, lo aveva fatto. Sapeva che quando
sarebbe stato il momento, sarebbe ritornato, lo avrebbe richiamato a se, e
avrebbe ripreso ciò che aveva interrotto. Perché lui aveva un compito da
portare a termine. Doveva finire ciò che
aveva iniziato ormai da vent’anni. Aveva avuto bisogno di tempo per trovarli,
individuarli, e trovare i loro templi. E li aveva trovati quasi tutti, i
principali, quelli più importanti. E li aveva distrutti. Eppure, eppure la
Birkof era riuscito a fregarlo. Aveva creduto di avere ottenuto tutto, di avere
il cigno. E invece lei, quella perfida donna, era riuscita a fregarlo. Aveva
portato via il prezioso animale sacro, lo aveva nascosto, e per tanto tempo
aveva creduto di averne perso per sempre le tracce. E poi, dieci anni fa, la
svolta. Un piccolo impulso, in Giappone. L’aveva trovata, ma non era stata in
grado di trovare il cigno. Poi, aveva capito. Sapeva dove trovarla, sapeva dove
l’animale sacro era. Ed era venuto a prenderlo. L’ufficio era vuoto, buio. Le
guardie non lo avevano visto entrare, solo uno sfortunato si era trovato nella
sua via, e ora giaceva esanime in un corridoio. I suoi colleghi avrebbero
impiegato ore a trovarlo, perché aveva preso la trasmittente dell’uomo, e ogni
tanto, mandava segnali al posto della guardia uccisa. Per tutti, l’uomo era
ancora vivo. Fu facile trovare la cassaforte. Tutti nascondevano sempre dietro
il punto più semplice, il quadro. Era una vecchia cassaforte, di quelle con la
rotella dei numeri. Ma lui aveva tempo. Impiegò quasi un’ora per trovare la
combinazione adatta. Sorridendo soddisfatto, aprì la cassaforte. Ma invece di
esultare, ciò che vide fu… il niente. La cassaforte era vuota. Al suo interno,
un misero, petalo, del fiore del glicine. Era un messaggio, un messaggio per
lui. Un messaggio da qualcuno che aveva ucciso molti anni fa. Lo aveva fregato,
di nuovo. Il rumore di un grilletto tirato indietro lo riscosse. Fu subito consapevole della presenza di un
uomo alle sue spalle
-Mr Pavlov, fianalmente ci conosciamo di persona-
-Detective Maxwell, buonasera-
-Non sai da quanti anni aspettavo
questo momento, Pavlov. Il momento dove avresti sbagliato, e io ti avrei preso-
-Detective, detective… lei mi delude.
Crede davvero che sia tutto così facile?-
Pavlov si girò, e fronteggiò l’uomo
di persona. Non aveva paura di quella pistola puntata contro, o di quelle degli
altri agenti schierati fuori dall’ufficio.
-Sei in trappola Pavlov. Non mi
sfuggirai questa volta-
Il russo si mise a ridere
-Mai essere certi di qualcosa,
detective. Soprattutto, potrà dirmi di avermi preso, quando il mio cuore
smetterà di battere-
-Tu non hai cuore, Pavlov. Sei solo
un assassino. Le tue mani grondano del sangue di innocenti, di bambini-
-Vittime, nelle guerre ci sono sempre
delle vittime-
-Pazzia. La tua e quella di Hiwatari
è solo pazzia-
Pavlov lo guardò con uno sguardo
feroce, mostrando tutta la sua malvagità
-Uomini come te non potranno mai
capire il disegno. Vedete solo ciò che le vostre menti limitate vi fanno
vedere, che è il niente-
-Tu farnetichi…-
Pavlov scoppiò a ridere.
-Oh detective, lei è così ingenuo-
Pavlov
fece un passo indietro, verso l’enorme vetrata alle sue spalle
-Non
ti muovere Pavlov, o sparo-
-E’
una sfida?-
L’uomo
continuò ad arretrare. Poi all’improvviso si fermò
-Detective,
le devo chiedere un favore-
-Non
tirare troppo la corda, Pavlov-
-Quando
vedrà la piccola Birkof, la saluti da parte mia-
-Birkof?
Di cosa stai parlando?-
-Alla
prossima, detective-
All’improvviso,
le luci all’interno dell’intero edificio saltarono. L’unica fonte luminosa
proveniva dall’esterno. Maxwell osservò la figura di Pavlov, un’ombra scura
contro lo sfondo della città. Poi, all’improvviso, la figura sparì.
-Che
diavolo…-
Le
luci si riaccesero, e davanti all’uomo non c’era più niente. Maxwell si
avvicinò alla finestra. Era sparito. Per la frustrazione, l’uomo batté un pugno
contro il vetro. Poi, alzando lo sguardo, vide una rientranza nel soffitto
della stanza. Un agente si era avvicinato a lui
-Sergente,
svelto, lanci un allarme. Pavlov è sicuramente ancora nell’edificio. Chiudere
porte e finestre, sigillate ogni possibile uscita del tetto e delle fogne. Deve
ancora essere qui, da qualche parte. Trovatelo. Ogni guardia che incontrate,
chiedete identificazione e nome. Non deve sfuggirci, sono stato chiaro?-
-Si
detective-
Ma
Maxwell sapeva che ormai Pavlov era già sparito. Gli era sfuggito dalle mani.
Era da oltre dieci anni che lo inseguiva, finalmente lo aveva trovato. E gli
era sfuggito. Ma all’improvviso, una illuminazione.
-Sergente!-
L’uomo
entrò di corsa nella stanza
-Contatti
la sede centrale. Voglio che mi mandino qualsiasi cosa abbiano sull’omicidio
della famiglia Birkof. Ogni cosa, sono stato chiaro? Se devono chiamare in Russia
per avere altro materiale, lo facciano. Voglio tutto, e lo voglio entro domani,
sono stato chiaro?-
L’uomo
annuì, e sparì veloce ad eseguire gli ordini.
-Birkof…
Birkof… la piccola Birkof… cosa c’entra
ora lei con tutto questo?-
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Buonasera
a tutti. No, non state sognando. No, non è un miraggio. Sono tornata. Ebbene
si, sono proprio tornata, più in forma che mai, almeno si spera. So che forse
molti di voi non si fideranno più di me, o non si ricorderanno nemmeno di me e
della mia storia, ma come avevo promesso, molto tempo fa, lo ammetto, non ho
intenzione di smettere di scriverla e lasciarla in sospeso.
Spero
che l’attesa sia valsa la pena, io ci metto sempre anima e cuore nel fare le
cose. Spero che almeno questo venga apprezzato.
So
che ci sono abbastanza indizi in questo capitolo, e so che ci sono circa
milleduecento nuove domande che vi sarete fatti ma… come sapete, dovrete
aspettare.
Come
sempre, se volete, lasciate una recensione per farmi sapere pregi, ma
soprattutto i difetti.
Grazie
anche a chi solo legge la storia, grazie a chi, nonostante il tempo passato, ha
aggiunto questa storia tra i preferiti e le seguite. Grazie, lo sapete che vi
adoro, vero?
Ci
vediamo al prossimo capitolo, come sempre la vostra
Juls