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Autore: pampa98    21/06/2018    2 recensioni
Dopo essere giunto alla piantagione di Oglethorpe, James deve raccontare a Thomas la sua storia, ma non sa con certezza quale potrebbe essere la sua reazione. E soprattutto, se lui avrebbe continuato ad amarlo.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Flint, Thomas Hamilton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Storia scritta per la #26promptschallenge indetta dal gruppo Facebook "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart"]
Prompt: sfogo.

Il titolo è ripreso dalla canzone Iris dei Goo Goo Dolls






James sentì solo la metà di ciò che Mr.Oglethorpe gli stava dicendo. Captò qualcosa riguardo al doversi alzare all’alba, agli alloggi dei prigionieri e al fatto che erano caldamente invitati a lasciare il loro affetto all’interno delle loro stanze.
-Solo per oggi, e perché ormai siamo a metà pomeriggio, vi concedo di interrompere il lavoro in anticipo. Ma da domani tutto regolare, siamo intesi signor McGraw?-
James impiegò qualche secondo per rendersi conto che stava parlando con lui. Aveva dimenticato di aver avuto un nome prima di diventare il capitano Flint.
Annuì con il capo, poi, notando che Oglethorpe si aspettava una risposta più decisa, aggiunse:
-Sì, signore.-
Furono scortati nella stanza di Thomas – la loro stanza – da una guardia. Camminavano fianco a fianco, sfiorandosi ogni tanto con le braccia, e James non sapeva se era più felice per essere di nuovo con Thomas o se esserne terrorizzato. Quando lo aveva visto, solo pochi minuti prima, aveva dimenticato tutto. Di nuovo tra le sue braccia, era come se gli ultimi dieci anni non fossero mai esistiti, come se Flint non fosse mai esistito. Ma non era così, purtroppo.
Qualche volta si era ritrovato a chiedersi cosa avrebbe pensato Thomas di ciò che era diventato. A volte pensava che lo avrebbe disgustato, altre che lui avrebbe capito e che lo avrebbe amato in ogni caso. Ma qualunque cosa pensasse, era la sua mente a rispondergli, non il vero Thomas. Adesso, invece, avrebbe dovuto affrontare il suo giudizio. E il pensiero che avrebbe potuto odiarlo, lo uccideva.
Giunti a destinazione, la guardia aspettò che fossero entrati entrambi prima di andarsene e lasciarli soli. James diede un’occhiata alla stanza: era per due persone, anche se un po' stretta. C’erano due letti ai lati del muro, un armadio e una finestra con inferriata. Non esattamente come quella di una prigione, ma rendeva l’idea.
C’era un libro sul letto e James non riuscì ad evitare di sorridere. Dopotutto, Thomas sembrava avere ancora gli stessi interessi di una volta.
-C’è una biblioteca nella magione,- disse Thomas, notando ciò che aveva attirato l’attenzione dell’altro. –Per lo più ci sono libri su agricoltura e piantagioni di ogni tipo, ma ci sono anche alcuni romanzi. Se ne può prendere uno alla settimana.-
-Uno solo alla settimana sarà poco per te.- commentò James, cercando di alleggerire la tensione che sentiva aumentare ogni secondo di più.
Thomas si lasciò sfuggire una risata e, Dio, cosa non avrebbe dato per ascoltare quel suono in eterno. Gli era mancato così tanto ed ora temeva che lo avrebbe potuto perdere di nuovo.
-Cerco di farmelo bastare.- rispose lui, avvicinandosi a James, che alzò lo sguardo nello stesso momento in cui Thomas lo abbassò per incontrare i suoi occhi. Gli prese il viso tra le mani e appoggiò la fronte sulla sua.
-Oh, James. Mi sei mancato così tanto.-
-Anche tu mi sei mancato.-
James chiuse gli occhi e si lasciò inebriare dal profumo di Thomas. Avrebbe voluto che il tempo si fermasse in quell’istante.
-Credevo che fossi morto.- si lasciò sfuggire poi.
Sentì un lieve sorriso incresparsi sul viso di Thomas.
-Lo credevo anch’io. Per anni non ho avuto idea di cosa ti fosse successo, di dove fossi. Pensavo di non poterti rivedere mai più.-
Be, il mio non era solo un sospetto, pensò James, mi era stato detto esplicitamente che eri morto. Proveniva da una fonte a te così vicina che…
Se avesse parlato di Peter, avrebbe poi dovuto rivelare anche qualcos’altro, qualcosa che avrebbe dovuto dirgli, ma che voleva rimandare il più possibile.
-Credevo di averti perso per sempre, e anche Miranda… A proposito, lei dov’è?-
Eccola, la domanda a cui non avrebbe voluto rispondere. Vederla morire era stato orribile, ma dover rivivere ancora quell’esperienza, di fronte all’espressione afflitta di Thomas, sarebbe stato ancora peggiore.
Lentamente, gli prese le mani e le scostò dal suo viso, senza però lasciarle andare. Prese un respiro profondo.
-Ci sono delle cose che devo dirti.-
Non ebbe il coraggio di incontrare il suo sguardo, ma era certo che Thomas lo avesse già capito. Miranda era morta.
-Va bene.-
Si sedettero sul letto e James iniziò il suo racconto.
 
Quando James giunse ai fatti di quella mattina, il sole era tramontato da un pezzo. Non aveva mai guardato Thomas, troppo spaventato di cosa avrebbe potuto scorgere nel suo sguardo.
-Ebbene,- disse infine. –Questo più o meno è ciò che è successo negli ultimi anni.-
Thomas rimase in silenzio. Non aveva fiatato per tutta la durata del racconto. L’unico gesto che James aveva notato era stato il braccio che si era portato al viso per asciugare le lacrime, dopo aver saputo cos’era successo a sua moglie. Ma, eccetto quello, la sua storia sembrava non aver suscitato reazioni da parte di Thomas. E questo lo spaventava. Era disgustato al punto che non riusciva più nemmeno a parlargli? Oppure stava cercando di trovare la forza per perdonarlo? Doveva sapere. Anche se avrebbe fatto male, doveva sapere che cosa pensava di lui, del giusto e leale tenente che un tempo aveva amato.
-Thomas…?-
Provò a prendergli la mano, ma lui si alzò in piedi, evitando il contatto. Era la prima volta, da quando si conoscevano, che Thomas rifiutava il suo tocco.
-Vado a fare una passeggiata,- disse. –Tu riposa. Sarai stanco.-
E senza aspettare una risposta, se ne andò, lasciando James da solo.
James non sapeva che pensare. Cosa significava quel comportamento? Non voleva più vederlo? Era arrabbiato e aveva bisogno di muoversi per calmarsi? Che doveva fare? Inseguirlo? Andarsene?
Si prese la testa tra le mani, nello sconforto più totale. Doveva calmarsi, continuare a chiedersi cosa sarebbe successo era inutile. L’unica cosa che poteva fare era aspettare che Thomas tornasse e ponesse fine ai suoi tormenti.
Pensò di provare a leggere un po’, per distrarsi, ma appena prese in mano il libro e lesse il titolo, la tristezza riemerse, più viva che mai. Don Chisciotte. Sbuffò e lo rimise sul letto. Iniziò a percorrere la stanza a grandi passi, ma era talmente piccola che la cosa lo faceva solo infastidire di più. Alla fine si buttò sul secondo letto e si impose di aspettare e basta.
 
Passarono un paio d’ora prima che Thomas rientrasse. James si era sdraiato, ma non era riuscito a prendere sonno. Decise che se Thomas non avesse voluto parlargli, avrebbe finto di essere addormentato, ma poi l’uomo si avvicinò al suo letto.
-James, sei sveglio?- chiese, piano.
-Sì.- rispose lui, mettendosi seduto.
-Posso?- disse, indicando lo spazio accanto a lui. James si spostò verso il muro, così da fargli spazio. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che erano stati insieme sullo stesso letto…
James gli concesse qualche secondo di silenzio, poi disse:
-So cosa puoi pensare di me, Thomas. Hai tutte le ragioni del mondo per odiarmi e so di non meritarti, lo so bene. Però, ti prego, dimmi qualcosa, non…-
Fu zittito dalle labbra di Thomas. Fu il loro secondo bacio, da quando si erano rivisti, e non era affatto tenero come il primo. James si aggrappò alla casacca di Thomas, momentaneamente libero da tutti i suoi dubbi. Quando si separarono avevano entrambi il fiatone, ma Thomas iniziò subito a parlare.
-James, come puoi pensare che io ti odi? Certo,- aggiunse, passandosi una mano sul viso. –Il modo in cui me ne sono andato prima non è stato affatto carino e ti chiedo scusa, ma ti assicuro che non sono arrabbiato con te, amore mio.-
James era incredulo. Allora non lo odiava!
-Allora… perché te ne sei andato?- chiese titubante.
-Perché… perché ero arrabbiato per ciò che l’Inghilterra e mio padre e… E Peter ti avevano fatto. A te e a Miranda. Non volevo,- disse. –Non volevo che mi vedessi così fuori di me, ecco. Ma temo di averti dato l’idea sbagliata andandomene e ti chiedo davvero scusa.-
James ebbe l’impressione l’aria fosse tornata a riempirgli i polmoni.
-Quindi non mi odi?- chiese. –Non mi consideri un mostro?-
Thomas scosse la testa e gli prese dolcemente il viso tra le mani.
-Mio James, come potrei mai considerarti un mostro?-
E ora era tutto finito. La sua guerra, la sua vendetta, Flint… erano svaniti attraverso l’amore di Thomas. Niente più violenza, né morte, né odio. Solo un amore smisurato che col tempo sarebbe riuscito a sanare tutte le ferite della sua anima, un’anima che credeva di non possedere più.
Si rese conto delle lacrime che gli rigavano il viso, solo quando i polpastrelli di Thomas gliele asciugarono.
-Non posso cancellare ciò che è successo in questi anni, ma posso aiutarti a superarlo. Insieme saremo felici, vedrai.-
James riuscì appena ad annuire, prima di seppellire il viso nel petto di Thomas e lasciare che tutto il dolore che aveva sopportato uscisse fuori come un fiume in piena. Non aveva mai pianto così tanto in tutta la sua vita, né si era mai sentito più al sicuro che tra le braccia di Thomas. Non poteva cancellare i fantasmi del suo passato, ma insieme all’uomo che amava sarebbe riuscito a tenerli sotto controllo e, chissà, forse un giorno li avrebbe addirittura sconfitti. Restarono abbracciati anche dopo che James si era finalmente rilassato e in quel momento, lui fu assolutamente certo di una cosa: quel lungo incubo in cui era sprofondato alla morte di Thomas, si era dissolto nel più dolce e inaspettato dei modi.
 
 
 
 
   
 
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