White Harbour
Theon
Il rumore dei tamburi
era
assordante. Theon venne spinto di lato da sua sorella che già correva
alle navi
e quasi perse l’equilibrio. Non riusciva a capire nulla in quella
confusione.
Tutti correvano in tutte le direzioni, ma nessuno sapeva bene cosa
fare. I capi
sbraitavano ordini incomprensibili e i soldati tentavano di infilarsi
nelle
armature il più in fretta possibile. L’atmosfera era tesa.
Le navi di Euron
avanzavano a
velocità sostenuta e le loro minacciose vele nere si stagliavano contro
il cielo
grigio. Theon decise di seguire sua sorella.
“Voglio gli arcieri
sulla
collina” stava urlando Yara a Marlon Manderly, “e la fanteria sulla
spiaggia:
dobbiamo attirarli in un luogo stretto.”
“Non sei tu a dare
gli ordini,
ragazzina” la riprese Marlon, “i miei uomini risponderanno solo a me, e
io li
voglio sulle mura a proteggere le nostre fortificazioni.”
“E’ la cosa peggiore
che si possa
fare in questo momento” ribatté Yara fissando il lord negli occhi, “se
Euron
riesce a conquistare la spiaggia allora tutto è perduto. Quelle mura
non
potranno reggere a lungo.”
“Sono mura forti”
insistette
testardo Marlon, “sono costruite con la stessa pietra di quelle di
Grande
Inverno e…”
“MIO FRATELLO HA
PRESO GRANDE
INVERNO!” urlò Yara e Theon d’istinto abbassò gli occhi “Con venti
uomini!
Credi davvero che Euron con il suo esercito non riuscirà a distruggere
questa
patetica imitazione di castello?!”
Yara stava ansimando.
“Non è il
momento di litigare” disse ora in tono più pacato, “dobbiamo
collaborare se
vogliamo dare a Porto Bianco una possibilità. Sei capace di dimenticare
i
vecchi rancori per un po’?”
Marlon strinse le
labbra e
sembrava sul punto di replicare, quando Tyene arrivò di corsa. Si era
cambiata
in vista della battaglia e indossava dei pantaloni scuri e una giubba
di
cuoio. “Hanno dato fuoco a una nostra nave!” esclamò senza fiato
“Dobbiamo
sbrigarci.”
Yara spalancò la
bocca
visibilmente stupefatta. “C-come hanno fatto?” chiese con orrore
“Quanto sono
vicini?”
Tyene brandì il
coltello.
Yara la fissò qualche
istante e
poi annuì. “Andiamo allora” disse, “radunerò un gruppo di esploratori.
Dov’è
tua madre?”
“Sulla Vento
Nero” replicò Tyene, “con Benjameen.”
Yara annuì di nuovo.
“Ma se fosse
necessario” continuò
Yara, “combatti e uccidi.” Tenere una
spada in mano dopo tutto quel tempo era una strana sensazione e Theon
ebbe
quasi paura.
Yara non gli diede
tempo di parlare, perché si voltò subito verso
Marlon.
Ancora una volta
Manderly sembrò sul punto di muovere una qualche
obiezione che Yara stroncò sul nascere.
Quando lei si voltò
per seguire Tyene verso la battaglia, Theon le afferrò la mano.
Cosa c’è
che non va in me?
“Non piangere come
una ragazzina”
lo rimproverò Yara, “io non ho alcuna intenzione di morire, non prima
almeno di
aver piantato la mia ascia nel cranio del nostro amabile zietto.”
Yara gli mise
una mano sulla spalla.
“Resterò qui” promise
Theon
respirando a fatica, “tenterò di rendermi utile.” Yara accennò una
specie di
sorriso e gli diede una pacca sulla schiena. “Bene” esclamò avviandosi
dietro a
Tyene, “allora ci vediamo dopo.”
Appena le due figure
girarono
l’angolo, Marlon afferrò Theon per il bavero. Theon emise un grido di
stupore e
tentò inutilmente di liberarsi dalla presa.
Theon sbiancò, il
fantasma di Ramsay così reale che credette quasi di
scorgerlo.
Theon sapeva cosa
Yara si
aspettava da lui, ma non riusciva a trovare la forza di alzarsi. In
quel
momento desiderava solo che qualche nemico ponesse fine alla sua vita.
Rimase
immobile per qualche minuto tutto tremante nella sua armatura, finché
sentì
delle manine scuoterlo con delicatezza.
“Signore?” chiese una
voce
infantile “Stai bene?”
Theon si tirò a
sedere e vide in
piedi accanto a lui un bambino che poteva avere al massimo cinque anni.
Gli
ricordava incredibilmente Rickon. Aveva le guance paffute ed i capelli
scarmigliati color paglia.
“Ho perso la mamma”
disse il
bimbo con voce lamentosa, “mi aiuti a cercarla?”
Theon lo fissò di
stucco.
“Gerald” disse il
bambino, “ma la
mamma mi chiama Ger.”
“E a te quale piace
di più?”
Il bimbo ci pensò
qualche
secondo. “Ger” rispose infine.
“Bene, Ger” esclamò
Theon
sforzandosi di apparire rilassato, “portami a casa tua.”
Theon era
assolutamente certo che
il bambino si fosse solamente allontanato troppo, senza ricordarsi che
probabilmente la mamma lo stava aspettando a casa. Infatti, appena
giunti in
una piccola bottega decorata con fiori aromatici, Gerald si gettò tra
le
braccia di una giovane donna dai capelli biondi legati in una crocchia
spettinata.
“Ger!” lo rimproverò
la donna
“Non sai quanto ero in pensiero per te! Non ti devi allontanare così,
specialmente in questa situazione: non capisco bene cosa stia
succedendo.”
“Siamo sotto attacco”
si
intromise Theon.
La donna d’istinto
portò il
figlio dietro il suo corpo. “Chi sei?” chiese sospettosa ed impaurita
mentre i
suoi occhi vagavano per la stanza alla ricerca di un’arma.
“Mi chiamo Theon”
rispose lui con
pazienza, “ho riportato tuo figlio a casa.”
La donna parve
rasserenarsi.
Gli tese la
mano, ma Theon decise di andare al sodo.
Maryka si era portata
la mano destra alla bocca, mentre con l’altro braccio
stringeva il figlio.
Si precipitò fuori
dalla casupola
e tentò di convincere più gente possibile del pericolo. La maggior
parte non
gli credeva. Un uomo lo spinse addirittura nella polvere. E’ come se non
esistessi, pensò Theon rialzandosi a fatica.
In quel momento
l’aria fu
attraversata da un boato assordante, seguito da urla provenienti dal
porto.
Alcuni soldati correvano dalla spiaggia; avevano le armature bruciate
in più
punti e parlavano a fatica. Theon rimase in ascolto non visto.
“Hanno incendiato la
nostra
flotta” balbettò un soldato di Porto Bianco aggrappandosi a Marlon per
non
cadere, “mio signore, abbiamo tentato di fermarli, ma eravamo pochi e…”
“Va bene, va bene,
Lakio, calmati”
rispose in fretta Manderly con voce che tradiva la paura “Dov’è ora il
combattimento?”
L’uomo ansimava. “I
nostri uomini
stanno difendendo il porto” rispose quasi in lacrime, “ma non
resisteranno a
lungo. Possono darci solo il tempo di organizzare una difesa.”
Marlon strinse le
labbra. “E i
soldati di Yara Greyjoy?” chiese sollevando un sopracciglio.
“Metà in mare”
rispose Lakyo, “e
metà sulla spiaggia. Se la stanno cavando. Quali sono gli ordini, mio
signore?”
Theon decise di
intervenire. “E’
necessario portare i civili al sicuro nel castello” esclamò
raggiungendo i due,
“ho provato a convincerli a fuggire, ma non mi ascoltano.”
Marlon si incupì.
Theon tirò fuori
tutto il coraggio che aveva in corpo.
Marlon lo squadrò con
sufficienza.
“Non mi sono
spiegato” disse
Theon, “non voglio combattere, ma aiutarti.
Conosco Euron Greyjoy e conosco i punti deboli delle sue navi: posso
mostrarti
dove far attaccare i tuoi uomini. Dammi questa possibilità, ti prego…”
Marlon rimase
in silenzio per qualche secondo, poi si voltò verso Lakio.
Theon non ebbe dubbi.
Marlon parve stupito.
“Tutti diversivi”
replicò Theon,
“gli Uomini di Ferro non sono bravi a combattere a terra, scommetto che
quelli
sono i mercenari.”
Marlon sgranò gli
occhi.
“Rimane nell’ombra”
rispose Theon
con amarezza, “per colpire dove è sicuro di vincere senza troppi
uomini.”
Come ho
fatto io a Grande Inverno.
Theon fissò Manderly
negli occhi.
Iniziarono a correre contemporaneamente. Arrivarono sul piccolo colle
in pochi
minuti. Pochi uomini erano di guardia lì, principalmente arcieri.
“Dove sono gli
altri?” chiese
Theon “Mia sorella ti aveva detto di mandare metà esercito!”
Marlon abbassò gli
occhi
imbarazzato. “Ho pensato ne servissero più al porto…” balbettò.
Theon si trattenne
dall’alzare
gli occhi al cielo e si arrampicò su un albero. Da quell’altezza aveva
un’ottima visuale della battaglia che infuriava poco lontano da loro.
L’intera
piccola flotta del Nord era in fiamme e vicino ai moli pochi uomini
intraprendenti
tentavano ancora di salvare il salvabile.
Alla spiaggia la
situazione era
migliore e Theon riconobbe i vessilli di Dorne. Poteva udire Benjameen
Sand,
splendente nella sua armatura, urlare ordini e lo vedeva abbattere un
nemico
dopo l’altro. Erano riusciti a respingere gli assalitori verso le
scialuppe che
li avevevano portati a riva e stavano tentando di accerchiarli. Theon
notò con
tuffo al cuore che i nemici alla spiaggia avevano la pelle scura ed i
capelli
neri. Devono essere mercenari
dell’Est, pensò, trovando conferma alle proprie
preoccupazioni.
Spostò lo sguardo
verso il mare.
La Vento Nero aveva preso il largo e
ora fronteggiava tre imbarcazioni che Theon immaginò essere di Euron. Yara
sarà lì, si disse scendendo dall’albero.
Marlon gli venne
incontro. Era
visibilmente turbato. “Mi chiedono perché non possono raggiungere i
loro
compagni che stanno morendo al porto” sussurrò a disagio accennando ai
soldati
alle sue spalle, “sei sicuro che la nostra presenza qui sia
fondamentale?”
Theon annuì
gravemente. Non sono
mai stato così sicuro di una cosa in vita mia, si disse. “La Silenzio di Euron non si vede” spiegò,
“evidentemente sta preparando un’imboscata: dobbiamo essere pronti.”
Marlon lo
fissò dritto negli occhi.
Theon deglutì. “Sì”
rispose con
tristezza, “non sono più l’uomo che ha tradito Robb Stark, e credimi,
quello è
stato l’errore più imperdonabile della mia vita.”
“E come faccio a
sapere che
questa sia la verità?” chiese ancora Manderly.
Theon sospirò.
“Perché l’unico
motivo che ancora mi tiene aggrappato alla vita, l’unica ragione che mi
impedisce di prendere un coltello e farla finita” spiegò, “è che non
posso
lasciare questo mondo senza aver espiato tutte le mie colpe. E dato che
ciò è
impossibile, non sarò io a scegliere il momento della mia morte.”
Esitò. “Voglio
ricordare Ned,
Robb, Catelyn, Sansa, Bran, Rickon” Jon “per
non dimenticare mai quello che io gli
ho tolto.”
Marlon lo stava
osservando. “Ti
credo” decise infine voltandogli le spalle. Theon si impose di non
tirare un
sospiro di sollievo. Il frastuono della battaglia gli faceva girare la
testa.
In quel momento una
freccia
sibilò a pochi centimetri dal suo orecchio e poco dopo un uomo si
accasciò con
un’ascia piantata nel cranio. Marlon si voltò di scatto, mentre Theon
si
precipitava sulla scogliera. Il cuore perse un battito.
La Silenzio
era lì, nascosta tre le rocce della baia e nessuno si era
accorto di niente. Gli uomini di Euron avevano già iniziato la scalata.
“Che facciamo?!” urlò
un soldato
terrorizzato.
“Combattiamo” esclamò
Marlon,
“dobbiamo impedirgli di raggiungere la spiaggia.”
Theon era d’accordo:
se il gruppo
di Euron avesse sorpreso quello di Benjameen alle spalle ci sarebbe
stato poco
da fare. Sguainò la spada di Yara, ma presto si accorse che in quel
momento era
abbastanza inutile. Vide che il soldato caduto stringeva ancora in mano
il suo
arco e che aveva una faretra piena di frecce. Un tempo ero un ottimo arciere,
ricordò, tentando di non essere sopraffatto dalla commozione.
Raccolse l’arco ed
incoccò la
prima freccia. Quando scoccò, la seguì con lo sguardo. Tutto intorno a
lui parve
acquietarsi: esisteva solo il sibilo della freccia. E la freccia colpì
il
nemico al cuore, uccidendolo. Theon si accorse di essere tutto sudato. E’
appena cominciata, si disse impugnando un’altra freccia.
Per qualche minuto
continuarono
ad incoccare e scoccare e Theon non sbagliò mai un bersaglio. Ma per
ogni uomo
caduto altri tre ne prendevano il posto. Quando le frecce finirono,
Theon si
voltò a guardare Marlon, che era pallido come un cencio. Non c'era
nient’altro
che potessero lanciare.
“E ora li aspettiamo”
mormorò Manderly.
I nemici non avevano
arrestato la
loro avanzata e ora solo qualche roccia li separava dalla vetta. Erano
almeno
settanta. E noi quanti siamo?
si chiese Theon Ne posso contare sì
e no
dieci…
Marlon dovette
pensare la stessa
cosa perché gli si avvicinò. “Ascoltami” disse prendendolo per le
spalle, “tu
devi andare alla spiaggia e avvertirli. Noi resisteremo per darti un
po’ di
tempo.”
Theon era sconvolto.
“Non posso”
mormorò già con le lacrime agli occhi, “non posso vedervi morire…”
“Theon!” esclamò
Marlon scuotendolo
con forza “Smettila di piangere per i Sette Inferi! Non c’è
alternativa.”
“Ma…”
“Niente ma!”
lo interruppe Manderly “Se davvero vuoi essere perdonato per
il tradimento di re Robb dovrai sopportare questo. Ricorda: non puoi
morire
prima che i tuoi crimini vengano espiati.” Theon rimase in silenzio.
Alcuni
Uomini di Ferro avevano già raggiunto la cima.
“Ora va’” mormorò
Marlon con la
voce che gli tremava. Theon si mise a correre inghiottendo le lacrime:
aveva
già pianto abbastanza per una vita intera.
Corse giù per la
collina; il fango gli si appiccicava agli scarponi e il vento in faccia
lo faceva
rabbrividire. Raggiunse in breve tempo la spiaggia, ma fu costretto a
fermarsi
disorientato. Davanti a lui si presentava uno spettacolo confusionario.
I
mercenari di Euron avevano riguadagnato terreno e avevano costretto i
dorniani
con le spalle a quel muro di roccia che era la costa più a Nord.
Tentando di non
essere notato dai
nemici, Theon iniziò ad avvicinarsi. Tyene combatteva in prima fila,
roteando
il coltello e la spada con un’agilità sorprendente. Falciava anche due
nemici
per volta ed era attenta a non lasciarsi mai le spalle scoperte.
Benjameen
aveva rinunciato a farsi sentire sopra quel frastuono e si limitava a
cercare
di aprire un varco che portasse i suoi uomini verso il bagnasciuga.
Theon vide un uomo
con il sole di
Dorne dipinto sul petto cadere trapassato da un lancia. Il suo sangue
fu subito
bevuto dalla sabbia che assunse un colore scuro. Un altro soldato cadde
in
ginocchio colpito alla spalla e non fece in tempo ad implorare pietà
che il
nemico gli aveva già affondato la spada nel cuore.
Theon era paralizzato
dall’orrore. Un tempo amavo la
guerra, ricordò, ma non in quel momento non
riusciva neppure a concepire un pensiero del genere. Raccolse una
freccia
caduta e tese ancora una volta l’arco, con le dita mutilate che
scivolavano
sulla corda. Mirò un enorme guerriero apparso alle spalle di Tyene e lo
centrò
in un occhio.
La ragazza si voltò
verso di lui,
all’inizio spaesata. Poi dovette riconoscerlo. “Theon!” urlò venendogli
incontro
“Che ci fai qui? Yara ti aveva detto di aiutare i…”
“Tyene, è importante”
la
interruppe disperato Theon “Euron è qui.”
Tyene lo fissò poco
convinta.
“Theon, ma che dici?” lo riprese aspramente “Euron è su una di quelle
navi e
tua sorella gli sta dando la caccia. Vedrai che riuscirà a prenderlo.”
Theon scosse la testa
nervoso e
stava per replicare, quando il suono di un corno permeò l’aria. Non
aveva mai
sentito nulla del genere e dovette tapparsi le orecchie con entrambe le
mani.
Improvvisamente il campo di battaglia era quieto e tutti guardavano in
direzione del rumore. Ai piedi della collina era appena apparsa una
piccola
guarnigione su cui sventolava il vessillo della piovra. Davanti a tutti
procedeva un uomo sorridente con una rozza corona di legno sul capo e
un
enorme corno appeso al collo.
“E’ lui Euron?”
chiese Tyene a
bassa voce. Come a volerle rispondere, Euron rise. Theon rimase
congelato al
proprio posto: era troppo tardi.
“Carissimi” esordì il
Re delle
Isole di Ferro, “è sempre una buona cosa testare la forza dei propri
mercenari
prima di affrontare una vera guerra, ma ora avete esagerato. Non volete
riposarvi un po’?” Nessuno si azzardò a parlare.
Euron non smise di
sorridere. “Oh, andiamo” li incitò, “vedo i soli dorati sulle vostre
armature, non siete di
queste parti. Anche perché nessun uomo del Nord andrebbe mai in giro
con quei
vestiti.” Gli uomini di Euron risero.
“Vi ha mandati
Daenerys Targaryen,
vero?” continuò Occhio di Corvo “Chi è il comandante di questo piccolo
esercito?”
Benjameen si fece
avanti. Aveva
un brutto taglio sotto l’occhio destro, ma non sembrava curarsene. “Oh,
bene”
esclamò estasiato Euron, “e tu chi sei, giovanotto?”
“Benjameen Sand”
rispose il
ragazzo sollevando il mento in atteggiamento di sfida.
Euron si accarezzò la
barba divertito.
Euron sollevò una
mano intimando
silenzio. “Allora, Bejameen” disse in tono più serio, “dato che non ho
molto
tempo verrò subito al punto: avete intenzione di arrendervi?”
“MAI” urlò il giovane
comandante
con fierezza.
Euron sospirò e
schioccò le dita.
Due uomini trascinarono ai suoi piedi Marlon Manderly. Nonostante le
corde che
gli legavano i polsi e la sporcizia che gli lordava il viso e i
vestiti, vi
era qualcosa di regale nel suo sguardo. Theon sentì lo stomaco
stringersi in
una morsa.
“Li hai sentiti,
Marlon?” chiese
con voce fintamente stupita Euron “Non vogliono arrendersi… Tu cosa gli
dici?”
“Che fanno bene”
disse con odio Marlon
sputando a terra.
“Stai condannando la
tua gente”
lo avvertì Occhio di Corvo, “sto per dare l’ordine di attaccare il
castello. In
quanti moriranno?”
“Sei un vigliacco” lo
insultò Marlon
guardandolo negli occhi, “non c’è onore nei tuoi trucchi.”
“Certo che no”
rispose Euron,
“non voglio onore, voglio potere. Sei il custode di Porto Bianco,
arrenditi e
io risparmierò tutti quegli innocenti.”
Marlon fece una
smorfia.
Euron fece spallucce.
Theon vide un uomo con la scure avvicinarsi e sentì la necessità di urlare, di fare qualcosa. Ma rimase in silenzio.
Marlon non sembrava
troppo spaventato dall’idea di morire.
Per la prima volta
gli occhi di
Euron furono attraversati da un lampo di furore. Theon iniziò a tremare
incontrollabilmente e perfino Tyene alla sua destra pareva agitata.
“Bene” disse Euron
sollevando un
sopracciglio, “Rhyun, procedi pure…” L’uomo sollevò la scure e Marlon
abbassò
la testa.
Theon voleva volgere
lo sguardo
altrove, girarsi e mettersi a correre fino a sentire il cuore
scoppiargli nel
petto, ma non poté. Gli occhi seguirono la parabola della scure e la
videro
abbattersi con un sibilo sinistro sul collo esposto di Marlon Manderly.
Poi ci
fu il sangue.
Tyrion
Quella mattina il
sole non era
ancora sorto del tutto quando Tyrion si vide entrare nella sua stanza
un’affannatissima Daenerys Targaryen che immediatamente richiuse la
porta alle
sue spalle. Il nano, ancora mezzo nudo e scompigliato dal sonno,
sobbalzò sul
letto e tentò di coprirsi come meglio poteva.
Daenerys sgranò gli
occhi arrossendo lievemente.
Tyrion incassò il
colpo e
con la mano destra cercò a tentoni le braghe sul comodino.
“Ho dovuto forzarla”
spiegò
Daenerys, “ma non è stato difficile.” Tyrion grugnì. Bene, pensò sconsolato. E' bello sapere che chiunque può entrare
nella tua camera da letto ed
ucciderti, quell’Obara per esempio.
“Cos’è tutta questa
fretta di
vedermi?” chiese “Ti mancava la mia compagnia? So che sono
irresistibile, ma
non pensavo fino al punto da sfondare una porta per buttarmi giù dal
letto…”
Dany alzò gli occhi
al cielo.
“Dobbiamo riunirci prima che Jon Snow e il suo seguito si sveglino”
disse
compostamente, “dobbiamo discutere di alcune faccende.”
Tyrion sollevò le
folte
sopracciglia.
“Non voglio
cospirare!” sbottò
irritata la regina “E’ solo che non ritengo saggio l’affrontare certi
discorsi
in presenza di estranei.” Fece una pausa, visibilmente indecisa. “E ho
bisogno
del tuo consiglio” ammise infine.
Tyrion sorrise fra sé
e sé.
“Perfetto” disse, “dammi qualche minuto ed arrivo.” Daenerys annuì,
continuando
a fissarlo. “Ehm” disse il Folletto imbarazzato, “non è che potresti,
ecco,
girarti?”
“Oh certo!” esclamò
Dany
affrettandosi a voltarsi.
Un paio di minuti
dopo erano
nella sala del trono. Varys camminava in cerchio borbottando parole
indistinte,
Obara era seduta in un angolo con i gomiti sulle ginocchia e Verme
Grigio
barcollava sostenuto da Missandei. Non si accorsero nemmeno dell’arrivo
della
regina finché Tyrion non si schiarì la voce. Allora Varys smise di
camminare e
Obara sollevò la testa.
“Buongiorno, vostra
grazia” la
salutò cordialmente Varys.
“E io?” chiese Tyrion
fingendosi
offeso “Non si saluta il povero nano svegliato così barbaramente nel
bel mezzo
di un sogno bellissimo? C’erano due…”
“Taci, per favore”
sussurrò
Daenerys tra il divertito e l’annoiato. Poi si avviò verso Verme
Grigio. “Come
stai?” chiese con pizzico di ansia nella voce.
“Bene” rispose Verme
Grigio aggrottando
le sopracciglia, “non è nulla.”
“Non è vero!” si
intromise
Missandei preoccupata “E' stato colpito alla nuca e…”
“Ho detto che sto
bene” ribadì
Verme Grigio non senza un certo affetto nella voce. Missandei strinse
le
labbra: aveva gli occhi lucidi.
“Ce la fai a stare
seduto?”
chiese Dany e Verme Grigiò annuì.
“Bene” proseguì la
regina.
“Missandei, aiutalo a sedersi al tavolo per favore.” La ragazza
trasportò con
delicatezza Verme Grigio fino alla sedia più vicina e lo adagiò facendo
attenzione alla ferita. Daenerys attese paziente che tutti si fossero
seduti.
“Non abbiamo molto
tempo” esordì poggiando
le mani sul tavolo, “immagino sappiate di chi dobbiamo parlare…” Tutti
annuirono.
“Come si permettono
questi uomini
del Nord a mancarci di rispetto?” intervenne Obara “Ieri sera non sono
venuti a
cena nonostante l’invito della regina: è già tanto se Daenerys abbia
concesso
loro di mangiare nelle loro stanze.”
“Erano esausti” disse
Tyrion
cercando di placare le acque in tempesta, “Jon e Gendry venivano da un
lungo
viaggio e da un’altrettanto difficile conversazione.”
“Stronzate” ribattè
volgarmente
Obara, “quanti piani credi abbiano architettato, quanti piani credi
stiano
architettando in questo momento, mentre
noi siamo qui a parlare?”
Tyrion aprì la bocca
per parlare, ma Varys lo
anticipò.
Tyrion era stupefatto
dal ritrovarsi
anche Varys contro.
“Come già ti dissi
una volta”
osservò con calma Varys, “non dimentico mai nulla, ma volevo aspettare
per
conoscerlo.”
“E allora aspetta
ancora” esclamò
Tyrion, “dato che l’hai visto per non più di due minuti.”
“Ah, ma sono
sufficienti” disse
Varys chiudendo gli occhi, “ho capito che uomo è: onorevole, sicuro di
sè,
coraggioso…”
“Tutte qualità
positive” fece
notare Tyrion.
Varys lo fissò
intensamente.
“Non sono ambizioni”
lo corresse
Tyrion, “solo desiderio di proteggere la sua gente.”
“Fa lo stesso” tagliò
corto il
Ragno Tessitore, “Jon Snow non è in grado di dimenticare o perdonare
ciò che è
successo alla sua famiglia e io non potrei dargli torto, ma ciò non
cambia il
fatto che lui non sia un alleato di cui fidarsi. Se ci metteremo tra
lui ed il
Nord, tenteranno in tutti i modi di ucciderci.” Tyrion sentì un brivido
scendergli lungo la schiena ed anche Daenerys aveva le mani che
tremavano.
“Cosa intendi?”
chiese Missandei
con un filo di voce.
“Ho udito sussurri”
raccontò
Varys, “e cucito insieme i pezzi. Gli Stark sono pericolosi: coloro che
hanno
fatto loro del male ora sono…”
“Fammi indovinare”
intervenne
Obara sarcastica, “morti?”
“Assassinati” precisò
Varys, “e
in situazioni misteriose. Joffrey è stato avvelenato al suo matrimonio
e Walder
Frey è stato trovato sgozzato. Pochi giorni dopo i Frey si arrendono a
Edmure
Tully, evaso misteriosamente di prigione.”
“Stai dicendo” chiese
stupita
Dany, “che siano stati gli Stark? Che stiano portando avanti un
progetto di
vendetta?” Varys annuì. Daenerys appoggiò la schiena allo schienale.
“Ma è
assurdo…” mormorò solamente.
Tyrion era irritato.
“E se anche
fosse?” chiese in tono di sfida “Hai forse paura?”
“Certo che no”
rispose subito
Varys, “ma suggerirei di agire con cautela e di proseguire con il piano
stabilito.”
Stava fissando
Daenerys e la
regina si mosse a disagio. “Il matrimonio?” chiese con voce
indecifrabile.
“Sì,
vostra grazia” replicò l’eunuco, “è l’unico modo per garantirci
l’assoluta
fedeltà di Jon Snow e del Nord. Dopo potremo considerarli veri
alleati.”
Daenerys si morse il labbro.
“Cosa ti fa pensare
che rimarrà
fedele alla nostra regina solo perché sarà sua moglie?” si intromise a
sorpresa
Verme Grigio “Se non sbaglio avevate detto che questo Jon Snow ha già
infranto
un giuramento una volta.”
“E’ vero” rispose
Varys, “ma
avere un suo giuramento è sempre meglio che non averlo e restare in
balìa del
caso.” Per qualche istante regnò il silenzio.
“I-io gli farò
l’offerta di
diventare mio marito” disse poi Daenerys, “nonché sovrano dei Sette
Regni, ma
se non accettasse?”
“Chi diavolo
rinuncerebbe alla
possibilità di diventare re?!” esclamò esasperata Obara.
“Durante il confronto
di ieri” ammise
Daenerys, “mi è sembrato poco felice perfino del suo titolo attuale,
proprio
come aveva previsto Tyrion, quindi potrebbe non voler abbandonare il
Nord.”
“In quel caso” disse
Varys,
“troveremo il modo di convincerlo. Con gentilezza, ovviamente, mi
rifiuto anche
solo di pensare che si possa minacciare un innocente, seppur per una
buona
causa.”
Daenerys arrossì
violentemente e
distolse lo sguardo. Tyrion comprendeva il suo turbamento: aveva già
fatto
proprio quello il cui solo pensiero aveva disgustato Varys. Ma tu cosa nei sai, Varys? si
chiese Tyrion Sei a conoscenza di
cosa esattamente ha detto la
nostra regina a Jon ieri? E’ un miracolo che la situazione non sia
degenerata.
Una parte di lui gli
diceva che
Varys sapeva e che forse aveva trovato un metodo efficacie per far
sentire in
colpa Daenerys senza accusarla formalmente. Al contrario di quello che ho
fatto io, pensò Tyrion scuotendo leggermente la testa. Stavolta
aveva vinto
Varys, anzi, forse l’intero discorso sulla poca affidabilità di Jon era
stato
ideato apposta per far capire a Daenerys dove stesse sbagliando. E
Daenerys
sembrava aver afferrato il concetto.
La regina si alzò
imbarazzata avviandosi verso la porta. “Scusatemi” disse con voce quasi
lamentosa, “ci vediamo a
pranzo: avete la mattinata libera.” Ed uscì. Nella stanza calò un
silenzio
carico di tensione.
Verme Grigio scattò
in piedi,
prontamente sostenuto da Missandei. “Lasciami” la pregò lui, “devo
andare dagli
Immacolati a dare ordine di mettere sotto scorta la regina.”
“Devi riposarti”
disse Missandei,
“altrimenti ci metterà più tempo a guarire. Lascia che sia io ad andare
a
parlare con i tuoi compagni.” Verme Grigio spalancò gli occhi. “No,
loro”
balbettò, “cioè tu… non potresti…”
“Non mi reputi
all’altezza?”
chiese Missandei corrugando la fronte. “Non è questo” si affrettò a
rispondere
Verme Grigio dissimulando una smorfia di dolore, “loro non ti
ascolterebbero.”
“Fammi provare”
insistette
Missandei, “devo solo dire che mandino delle guardie a sorvegliare la
porta
della camera della regina, è facile.” Verme Grigio sembrava ancora
indeciso,
nonostante la sua palese incapacità di andare lui stesso.
“L’accompagnerò io”
intervenne
Obara mettendo una mano sulla spalla di Missandei, che sorrise
riconoscente,
“vedremo se avranno il coraggio di dire qualcosa.” Verme Grigio annuì
ed iniziò
a camminare verso la porta.
Prima di
raggiungerlo, Missandei si avvicinò ad
Obara.
“E di cosa?” rispose
ridendo
Obara “Tra donne dobbiamo aiutarci.” Continuarono a chiacchierare
mentre si
allontanavano, ma presto Tyrion non fu più in grado di distinguere le
loro
voci.
“E’ stato un piacere”
disse
allora Varys lisciandosi la veste di seta, “ma ora credo proprio che
andrò a
fare una passeggiata.”
“Non così in fretta”
lo trattenne
Tyrion, “vorrei chiederti alcune cose…”
Varys sorrise, come a
sapere
esattamente cosa l’amico gli avrebbe detto. “Sta bene” rispose, “ma lo
puoi
fare anche mentre camminiamo.” Così Tyrion lo seguì giù per le scale
che
portavano alle cucine, fino alla scogliera.
Nonostante le nuvole
e il forte
vento, il panorama era meraviglioso. A destra le montagne di pietra
scura
coperte da arbusti radi e boscaglia secca di tutti i colori si
allungavano
verso il mare e, dove le onde le colpiva, erano lisce come i ciottoli
di un
fiume. Vi erano pozze di acqua salata formatesi dopo le mareggiate e la
spiaggia era ricoperta da piccole conchiglie rosate. La vegetazione in
tutta
l’isola era davvero scarsa, ed arretrava, impossibilitata a crescere
sulla
sabbia nera. Si diceva fosse diventata così scura a causa del respiro
dei
draghi che un tempo abitavano l’isola.
A sinistra si ergeva
arroccato il
castello, avvolto da un’atmosfera affascinante ma non per questo meno
inquietante. Le sue torri erano snelle e aguzze, come se tentassero di
graffiare il cielo, ed assomigliavano agli artigli di drago. Le
finestre erano
piccole e collocate senza simmetria e le mura erano così alte e
massicce da
sembrare fuse con la roccia circostante.
Varys era in piedi
immobile sulla
scogliera, lo sguardo perso verso l’orizzonte che sfumava nelle nuvole.
Tyrion
gli si avvicinò.
L’eunuco nemmeno si
voltò a
guardarlo.
Tyrion strinse le
labbra. “Mi
chiedo come tu abbia fatto a saperlo” disse osservando la reazione di
Varys.
Reazione che come al solito non arrivò.
“Ho i miei metodi”
rispose Varys
evasivo, “ma so che Daenerys ieri, dopo aver allontanato me e
Missandei, ha
minacciato più volte Jon Snow di distruggere il Nord se non avesse
acconsentito
ad appoggiarla. Questa non è l’azione che ci si aspetta da un buon
regnante e
tu lo sai…”
Tyrion deglutì a
fatica. “Io ho
provato a fermarla” disse con voce quasi strozzata, “ma non mi ha
ascoltato.”
“Hai fallito” disse
senza mezzi
termini Varys, “come Primo Cavaliere e come amico della regina.” Varys
aveva
appena dato voce al suo tormento interiore e Tyrion non sapeva come
controbattere. E’ la prima volta che
rimango senza parole, si disse frustrato.
Almeno da quando Shae era entrata in quella sala per testimoniare
contro di
lui.
“Lo so” ammise, “ma
non so
lo stesso cosa fare. Ho consigliato io a Daenerys di cercare l’alleanza
del
Nord e se ora qualcosa andasse storto sarebbe colpa mia.”
“Non assumerti più
colpe di
quelle che hai commesso” lo ammonì Varys, “anch’io ho suggerito questa
tattica
a Daenerys perché era, ed è, la
strada giusta da seguire. Abbiamo però entrambi sottovalutato la
situazione.”
Tyrion ripensò a Jon
che estraeva la spada, deciso ad uccidere pur di
abbandonare l’isola, e sentì lo stomaco contrarsi.
Varys emise un lungo
sospiro.
“Come puoi esserne
sicuro?” lo
interruppe dubbioso Tyrion.
“Hai davvero così
poca fiducia in
me?” gli chiese Varys “Non ti ho già ampiamente dimostrato le mie
capacità?”
Tyrion non rispose: in fondo era una domanda retorica.
“Mentre Daenerys deve
lottare
contro la sua natura” proseguì l’eunuco soddisfatto dal silenzio del
nano, “e
rischia di dire cose di cui si pentirà sicuramente. Il nostro compito è
quello
degli intermediari che dovranno garantire il funzionamento di questa
alleanza.
Tyrion, non ti mentirò, potrebbe risultare pericoloso e nella peggiore
delle
ipotesi perfino mortale, se Daenerys si dovesse persuadere che siamo
colpevoli
di tradimento.”
“Sei sopravvissuto
tutti questi
anni ad Approdo del Re” osservò Tyrion grattandosi il naso, “e non hai
mai
veramente rischiato la vita, nonostante tutti sapessero che non fossi
proprio
il più fidato membro del Concilio Ristretto.”
“La corte di Approdo
del Re era
falsa” replicò Varys, “tutti mentivano e nessuno diceva apertamente ciò
che
pensava, eccetto te durante il tuo processo e sappi che secondo me è
stato un
gesto suicida. Jon e Daenerys sono diversi, le loro idee si
scontreranno alla
luce del sole e noi dovremmo prendere una posizione. Io sceglierò la
via del
compromesso… Sei con me?”
Tyrion non dovette
nemmeno
pensarci. “Certo” rispose in tono serio. Varys si concesse un sorriso.
“Bene”
esclamò riprendendo a camminare verso il castello, “ovviamente non ti
devo
nemmeno ricordare di non far voce con nessuno di quello che ci siamo
detti.
Adesso però andiamo, che è quasi ora di pranzo.”
Camminarono in
silenzio fianco a
fianco con le mani allacciate dietro la schiena, fin quando ad un certo
punto
un giovane soldato corse verso di loro. Era probabilmente un Immacolato
e
sembrava anche piuttosto scosso. Parlava concitatamente in alto
valyriano e
Tyrion non riusciva a comprendere nemmeno una parola. Varys invece si
affrettò
a rispondere.
Una ruga di stupore
comparve sulla fronte dell’eunuco.
“Digli di portarci da
lui” disse
subito Tyrion e Varys tradusse la frase. Lumg spalancò i grandi occhi
scuri
ed annuì energicamente.
Li condusse verso il
sud dell’isola,
dove la spiaggia diventava sabbiosa e le montagne degeneravano in dolci
colline. Giunti in una piccola caletta Lumg indicò un punto, preferendo
non proseguire
oltre.
Tyrion corse in
avanti, subito
seguito da Varys, ed insieme raggiunsero un punto in cui il mare creava
una
piccola insenatura protetta, dove l’acqua era più calma ed il vento non
soffiava troppo forte. A Tyrion sembrò di ricordare avesse il nome di
Cala del
Drago Azzurro.
Vi era il corpo di un
uomo
disteso a faccia in giù sul bagnasciuga, i capelli castani a coprirgli
il
volto. Indossava abiti logori e incrostati di salsedine e aveva le mani
saldamente piantate nella sabbia, come a non voler essere trascinato
via dalla
furia del mare.
“Forse è un naufrago”
propose
Tyrion avvicinandosi sempre di più. Si inginocchiò accanto all’uomo e
sentì i
suoi stivali sdrucciolare sulla sabbia bagnata. Varys rimase indietro.
Tyrion
esaminò il corpo percorrendolo con lo sguardo e notò che respirava.
“Per i Sette Inferi”
mormorò tra
l’esterrefatto e l’emozionato, “ma è Jorah Mormont!”
Brienne
Quando finalmente
scesero da
quella nave l’aria fresca la colpì come un pugno, lasciandola per
qualche
istante disorientata. Il porto era semideserto: probabilmente il
comitato di
accoglienza degli Hightower si era già spostato. Brienne si sentiva
quasi nuda
senza la sua spada e maledisse cento volte Daenerys Targaryen per
avergliela
portata via. Era di Jaime,
pensò serrando le labbra, dovevo
proteggere Sansa
con quella.
Accellerò il passo
senza sapere
bene neanche dove stesse andando e si fermò solo quando sentì la voce
affannata
di Sam.
“Aspetta” stava
rantolando lui, “stai
andando dalla parte sbagliata…” Aveva il fiatone e le gote arrossate.
Brienne
faticava ancora a credere che uno come Sam fosse riuscito a uccidere un
Estraneo e solo la cortesia la tratteneva dal chiedergli come avesse
fatto.
Lui sorrise
impacciato. “Di qua”
le disse tornando indietro e facendole cenno di seguirlo. Percorsero
insieme i
vicoli di Vecchia Città, superando botteghe e locande, fino ad arrivare
a un
gruppo di casupole vicino all’isola dell’Alta Torre.
Sam si passò le mani
sulla
giubba, come a volerla pulire, e Brienne intuì che doveva essere
nervoso. Il
giovane Guardiano della Notte avanzò verso una porticina di legno
consumato e
picchiò forte. Dopo qualche secondo la porta si aprì e comparve sulla
soglia
una ragazzina vestita di lana che portava i capelli castani legati
all’indietro. I suoi occhi scuri lanciavano lampi di rabbia.
“Non ti voglio
vedere” esclamò la
ragazza, “ho di meglio da fare piuttosto che…”
“Gilly, ti prego” la
interruppe
gentile Sam, “c’è un’amica che vorrei presentarti.” Gilly sembrò
accorgersi
solo allora della presenza di Brienne, che si affrettò a presentarsi.
“Sono
Brienne di Tarth” disse chinando appena il capo, “sono appena arrivata
a Vecchia
Città.”
Gilly sembrava
indecisa. “Ciao”
disse semplicemente, “se è così, credo che… ecco sì, che possiate
entrare.” Rivolse
un sorriso timido a Brienne, ma continuò a guardare furiosa Sam.
Vista dall’interno la
casetta
appariva se possibile ancora più squallida ed angusta di ciò che
all’esterno
poteva sembrare, nonostante fossero visibili gli sforzi di una mano
femminile
nel tentativo di renderla più accogliente.
Era composta da
un’unica stanza
di forma indecifrabile, ampia abbastanza da fungere da cucina, camera
da letto
e bagno. Non vi era camino ed il fuoco era stato acceso sul pavimento
grazie a
della legna, in un modo curioso che Brienne non aveva mai visto. In un
angolo
era sistemato un letto decadente, sommerso da pellicce, che da solo
occupava
almeno un terzo della stanza. Vicino alla porta c’era un tavolino con
una sedia
accanto, sulla quale era appoggiata una piccola tinozza piena d’acqua. Decisamente troppo piccola per fare un
bagno, dovette constatare Brienne.
La casa era immersa
in una
pesante oscurità, richiarata solo da poche candele, il più delle quali
ormai
prossime allo spegnimento e coperte di cera. Da una specie di cesta ai
piedi
del letto si elevava un pianto lamentoso e Gilly corse ad
inginocchiarvisi
affianco. Quando si risollevò teneva tra le braccia un bimbo biondo dai
lineamenti stravolti dal pianto.
“Lui è il piccolo
Sam” lo
presentò Gilly senza staccare gli occhi dal bambino. Brienne era
rimasta a
bocca aperta: possibile che Sam e Gilly avessero…?
Sam dovette intuire i
suoi
pensieri, perchè scosse energicamente la testa.
Il volto
di Gilly si era di nuovo rabbuiato.
“Brienne è una grande
guerriera”
disse Sam, “potrà proteggere te e il piccolo Sam.”
Gilly alzò gli occhi
al
cielo.
Sam sgranò gli occhi.
“NO!” urlò come
sconvolto da quella insinuazione. Gilly parve rincuorata. “Allora dimmi
la
verità” lo esortò, ora con più dolcezza.
“E’ un’amica di Jon”
spiegò Sam,
“e deve tornare il più presto possibile a Nord. Io ho promesso di
aiutarla.” Ci
fu un momento di silenzio. “Perché non me l’hai detto subito?” chiese
poi Gilly
con voce atona.
Sam si torse le mani.
“Chi è Daenerys
Targaryen?” lo
interruppe Gilly curiosa.
“L’unica parente
ancora viva di
maestro Aemon” le spiegò Sam, “vuole diventare regina dei Sette Regni.”
Poi continuò
con il discorso di prima. “Come stavo dicendo” proseguì sforzandosi di
riprendere il filo, “Brienne deve nascondersi da questo esercito perché
si era
infiltrata in una delle loro navi e non devono sapere che è qui. Io
volevo solo
proteggerti: se l’avessero trovata tu non ne avresti saputo nulla e se
la
sarebbero presa solo con me…”
Brienne pensò che
quello di Sam
fosse un pensiero molto dolce e premuroso e anche Gilly dovette essere
d’accordo, perché adagiò il bambino sul letto e gli buttò le braccia
intorno al
collo.
“Oh Sam” singhiozzò
Gilly e a
Brienne parve una reazione un po’ eccessiva, “mi dispiace tanto…
Scusami.” Sam
sorrise. “Non preoccuparti” la consolò, “ma ora vieni che ti spiego
cosa
faremo.” Gilly si lasciò condurre al letto dove si sedette. Sam lasciò
la sedia
a Brienne che però la rifiutò preferendo sistemarsi per terra.
“Allora” iniziò Sam,
“Brienne,
potresti dirci cosa sai di questa spedizione di Daenerys?”
“Daenerys è rimasta
alla Roccia
del Drago” spiegò e quando vide Gilly aprire la bocca confusa si
affrettò a
specificare. “L’isola dove aveva portato il suo esercito. Da quello che
sono
riuscita a sentire sulla nave, ho potuto capire che solo una parte
dell’esercito sia arrivato qui: al comando c’è Olenna Tyrell, credo…”
“Io ho visto scendere
dalla nave
Garth Hightower e suo fratello” ricordò Sam, “diceva di essere lui il
comandante della guarnigione di Olenna…”
Brienne annuì.
“Probabile”
concordò, “alla fine Olenna è pur sempre una donna anziana.”
“Ma comunque
terribile” bisbigliò
Sam.
“I Lannister stanno
marciando su
Alto Giardino” spiegò Brienne, “e lo troveranno indifeso, per questo
l’esercito
di Daenerys andrà lì.” Sam si grattò il mento.
“Ma io devo arrivare
nel Nord”
specificò Brienne, “per avvertire lady Sansa.”
“Chi è Sansa?” chiese
Gilly.
Brienne si voltò verso di lei. “Sansa Stark” puntualizzò, ma Gilly
continuò a
fissarla interdetta.
Possibile
che non conosca gli Stark?
“La lady di Grande
Inverno?”
provò senza ottenere risultato.
“La sorella di Jon”
tagliò corto
Sam e Gilly sorrise.
Un tempo
ne aveva tanti di fratelli.
“Da dove vieni?” chiese Brienne con gentilezza a Gilly “E’ strano tu non abbia mai sentito nominare gli Stark…”
Gilly guardò Sam, che annuì.
“Una bruta” sussurrò
Brienne, per
poi ricordare che Jon Snow aveva salvato la vita di molti bruti che
l’avevano
poi seguito in battaglia.
“Però sto imparando a
leggere” si
affrettò a dire Gilly, “alla Barriera c’era una bambina che mi
insegnava, mi
sembra si chiamasse…”
“Shireen” l’anticipò
Brienne, non
trovando la forza di guardarla negli occhi.
“Sì, esatto” esclamò
Gilly, “sai
cosa le è capitato dopo che è partita?”
“E’ morta” disse
solamente
Brienne non potendo spiegare le circostanze della sua morte, “io ho
ucciso suo
padre.”
Sam alzò la testa di
scatto.
“Non mi piaceva
Stannis” disse
poi Gilly, “ha bruciato sul rogo Mance Rayder. Non conoscevo bene
Mance, ma
sembrava un brav’uomo.” Nella stanza era calata un’atmosfera pesante e
malinconica e Sam diede un colpetto di tosse per far tornare tutti al
presente.
“Quindi Brienne, ti
serve un
passaggio per il Nord.”
“Non preoccupatevi”
disse
Brienne, “saprò cavarmela da sola, siete stati già fin troppo gentili a
ospitarmi qui.”
“Voglio fare di più”
mormorò Sam
alzandosi di scatto, “e credo di avere una soluzione. Tempo fa ho
conosciuto
alla Cittadella un maestro di nome Vyktor che viene da Raventree. Oggi
pomeriggio si metterà in viaggio per tornare nelle Terre dei Fiumi e
potrebbe
portarti con sé. Vieni, andiamo a cercarlo…”
“Ma le donne non
possono entrare
nella Cittadella” fece notare Brienne, ma Sam sorrise.
“A quest’ora” spiegò
Sam,
“maestro Vyktor pranza sempre alla stessa taverna, la Stella
della Sera, e si dà il caso che io sappia dove si trovi.”
Poi si rivolse a Gilly. “Aspettami qui” le disse, “tornerò presto.”
Detto
questo, uscì e Brienne fece altrettanto dopo aver salutato con un gesto
impacciato Gilly.
Sam la guidò per le
vie di
Vecchia Città fino di nuovo al porto. Accanto al mercato maleodorante
del pesce
sorgeva un edificio isolato, dal soffitto basso e le pareti consunte.
Un’insegna scolorita con disegnata quella che in origine doveva essere
una
stella brillante era affissa alla porta. Sam entrò e Brienne lo seguì.
Dentro
furono colpiti dagli odori intensi di mille cibi mescolati e dalle
grida e
risate squallide dei clienti.
“Di qua” sussurrò Sam
indicando
uno dei tavoli più lontani dalla porta, “quello che parla…”
Vi sedevano tre
uomini intenti ad
ascoltare il racconto avvincente di un quarto davanti ai loro piatti
sporchi.
Il narratore aveva un viso affilato, occhi nocciola ed una fronte
sporgente. I
capelli erano corti e ben curati ed i vestiti sembravano di ottima
fattura. Non
portava nemmeno la catena dei maestri.
“E allora” stava
dicendo Vyktor,
“ho guardato ser Taryn negli occhi e gli ho detto: -Ehi, tu sarai pure
di
famiglia nobile e tutto quello che vuoi, ma sei così brutto che le
donne
preferirebbero fottersi il Folletto piuttosto che andare a letto con
te!-”
Tutti
risero sguaiatamente e Sam ne approfittò per schiarirsi rumorosamente
la voce.
Vyktor si lasciò
andare mollemente sulla
sedia. “Chiedo scusa” disse con sarcasmo, “ma voi chi siete?”
Prima che Brienne
potesse aprire bocca Sam parlò.
Vyktor rimase
spiazzato da quella
velatissima minaccia e Brienne più di lui: mai si sarebbe aspettata che
un
ragazzo così buono come Sam potesse agire in quel modo. “Vieni con noi”
proseguì Sam, “vogliamo solo parlare.” Vyktor sbuffò e si finse
reticente, ma
alla fine li seguì fuori dalla locanda.
“Chi cazzo sei?!”
esclamò Vyktor
passandosi le mani fra i capelli.
“Sono Samwell Tarly”
si presentò Sam, “ci
siamo già visti alla Cittadella.”
Un lampo di
comprensione accese
gli occhi di Vyktor. “Eri quello che origliava la mia conversazione con
Ramyll
e Ghuym” disse scoppiando a ridere.
Sam era arrossito.
“Non stavo
origliando!” esclamò “Siete voi che vi siete avvicinati. Comunque non è
questo
il punto” Indicò Brienne. “Lei” disse, “è Brienne di Tarth, una
fanciulla a
cui serve un passaggio per il Nord.”
“Se lei è una
fanciulla” disse
sarcastico Vyktor, “allora io sono…”
“Non ci interessa” lo
interruppe
ad alta voce Sam, “quello che voglio fare è solo chiederti gentilmente
di
aiutare Brienne a raggiungere il Nord.”
“Fossi scemo” esclamò
Vyktor,
“non pensare che io non abbia capito: la fanciulla
è sicuramente in fuga ed io non prendo animali braccati sul mio
carro.”
Brienne rimase in silenzio: quell’uomo la disgustava, ma rappresentava
la via
più veloce per raggiungere Sansa.
“Forse non mi sono
spiegato bene”
disse Sam, “questo è un ordine.”
“E di chi?” chiese
Vyktor,
ridendo ancora più forte.
“Del Re del Nord”
disse
tranquillamente Sam. “Si dà il caso che il generosissimo lord Blackwood
insieme
a tutti i signori dei Fiumi si siano schierati dalla sua parte,
ricordi?”
Vyktor deglutì. “E
chi sei tu per
fare la volontà del Re del Nord?” chiese senza abbandonare del tutto il
tono
scherzoso. Sam inspirò profondamente e Brienne intuì che stava per
spararne una
grossa.
“Sono il suo Maestro
e, ehm,
consigliere” disse Sam e Brienne dovette ricredersi: questa non era
grossa, era
enorme.
Vyktor rideva più
forte che mai.
“Come il nostro re”
osservò Sam e
Vyktor finalmente ammutolì.
“Tu puoi scegliere se
aiutarci o
meno, ma sappi che, se deciderai di voltarci le spalle, io scriverò a
Jon Snow e
credo che la taverna potrai dimenticartela.”
Vyktor era sbiancato.
“I-io”
balbettò, “posso portarla fino a Delta delle Acque, da lì dovrà
proseguire da
sola.”
“Basterà” disse
Brienne con un
sorriso. Vyktor annuì. “Bene” mormorò, “bene… Partiamo fra mezz’ora:
fatti
trovare alla Porta Est.” Fece un cenno in direzione di Sam e si
allontanò.
Appena non fu più in
vista Sam si
accasciò a terra, la schiena che strusciava lungo la parete logora.
“Per gli
Antichi Déi” disse tutto sudato, “ho avuto paura che non ci cascasse…”
Brienne
sorrise.
Sam parve
preoccuparsi. “Oh no, no, no” iniziò a
balbettare, “io non… ecco non sono bravo, è solo che quando serve, io…”
Aveva il
fiatone e Brienne gli mise una mano sulla spalla.
Sam sorrise. “E’ il
minimo che
Jon si sarebbe aspettato da me” disse con genuina umiltà.
Brienne notò la
sfumatura triste della sua voce e gli diede una pacca sulla schiena.
“Sei
preoccupato per lui” disse, “e ti capisco, ma sono sicura che non si
lascerà
raggirare da Daenerys. Troverà una soluzione, ne sono sicura, e Davos
lo
aiuterà.” Brienne ripensò a quanto velocemente aveva cambiato idea nei
riguardi
di Davos Seaworth e si convinse che Jon Snow non avrebbe potuto sperare
in un
alleato migliore per fermare Daenerys Targaryen.
Sam si rialzò in
piedi. “Questo
lo so” disse con amarezza, “ma io non potrò aiutarlo.”
Brienne strinse le
labbra.
Sam scosse la testa.
“Quando finirò di forgiare la mia catena” disse
in tono serio senza guardarla negli occhi, “tornerò alla Barriera.”
“Non pensi che Jon
potrebbe aver
bisogno di un maestro al suo fianco?” chiese Brienne.
“Credimi” le disse
Sam, “quando
la guerra contro gli Estranei inizierà, gli uomini serviranno alla
Barriera.”
Brienne non poté che rimanere piacevolmente sorpresa davanti all’onore
con cui
Sam si diceva pronto a riprendere il proprio posto.
“Va bene” disse lei
annuendo, “ma
permettimi di ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me:
significa
davvero molto. Credi che riuscirai a far avere delle lettere in segreto
a Jon
Snow durante il suo soggiorno alla Roccia del Drago?”
Sam ci pensò su.
“Posso tentare”
disse infine, “ma non ti assicuro nulla…”
“Se dovessi
riuscirci” replicò
Brienne, “digli che sto tornando a Nord e che rimango fedele alla causa
di lady
Sansa, che poi è anche la sua.”
“Certamente” la
rassicurò Sam.
Rimasero a guardarsi per qualche secondo.
“Sai come raggiungere
la Porta
Est?” chiese infine Sam.
“Credo di sì” rispose
Brienne
dopo un breve ragionamento.
“Allora prendi
questo” disse Sam
estraendo un corto pugnale, “non posso offrirti una spada, ma non ti
farò
viaggiare disarmata…”
Brienne lo prese e lo
legò alla cintura.
“Sì, certo” rispose
in fretta
Sam, “spero di rivederti un giorno.”
“Anch’io” replicò
Brienne.
Poi si voltò
lentamente per
dirigersi nella direzione opposta a quella da dove erano venuti. Da
quel
momento era nuovamente sola in territorio potenzialmente ostile ed il
viaggio
si preannunciava lungo. Speriamo
solo che Vyktor non si fermi in troppe
taverne, si disse sorridendo mentre accelerava il passo.
Jaime
Non si poteva certo
dire che
avessero paura di essere notati. Jaime aveva elaborato un itinerario
attraverso
campagne e villaggi sperduti che tenesse l’esercito alla larga da città
e
castelli nemici, ma Bronn l’aveva definito noioso.
Aveva stracciato le mappe e aveva detto: “Sai, i nostri antenati hanno
costruito una meravigliosa strada che porta diritta ad Alto Giardino,
perché dobbiamo
impiccarci in quel modo?”
Jaime era rimasto
inderdetto. “La
Via delle Rose è trafficata…” aveva replicato aggrottando le
sopracciglia.
“E che sarà mai”
aveva detto con
sufficienza Bronn, “avremo un fottuto esercito, chi mai potrà darci
noie?
Arriveremo più in fretta, dammi retta…” Tanto aveva detto e tanto aveva
fatto
che alla fine Jaime aveva ceduto.
Erano partiti la
mattina presto
da Approdo del Re con un esercito di circa trentamila unità, provviste
per
massimo una settimana e senza il saluto della regina. Jaime aveva
atteso invano
che Cersei si affacciasse almeno alla sua terrazza, ma le finestre
erano
sprangate e da dentro non proveniva nessun suono. Aveva dovuto
accettare il
fatto che sua sorella non volesse salutarlo e aveva portato il suo
cavallo in
testa alla colonna, tentando di evitare le chiacchiere incessanti di
Bronn.
Voleva rimanere da solo.
Non era sicuro del
piano di
Cersei e non avrebbe voluto abbandonarla da sola in una città che la
odiava.
Come poteva essere sicura che Daenerys decidesse di rimandare
l’attacco? Perché
gli era sembrata quasi ansiosa di liberarsi di lui? E soprattutto,
credeva
davvero di poter ottenere la fedeltà dei lord dell’Altopiano assediando
un
castello deserto? Semmai se li sarebbe ritrovati tutti contro e
avrebbero
avuto un motivo in più per non lasciare la causa di Daenerys Targaryen.
Perfino il Sud era
stato infine
raggiunto dai segni dell’inverno e, oltre al cielo eternamente grigio,
i venti
si sbizzarrivano e sulle colline più alte erano perfino visibili tracce
di neve
e ghiaccio mattutino. Jaime si chiedeva come fosse il clima a Dorne in
quel
periodo. I dorniani conoscevano l’esistenza degli abiti pesanti?
La marcia procedeva
nei tempi
previsti e fortunatamente non si erano registrati incidenti degni di
nota.
Tuttavia tra le fila dell’esercito regnava il malcontento e Jaime aveva
sentito
alcuni soldati parlare di abbandono della missione. Non poteva certo
biasimarli: la maggior parte di quegli uomini venivano dalle Terre
dell’Ovest
ed erano già stati molto fortunati a essere sopravvissuti alla Guerra
dei
Cinque Re. Neanche il tempo di tornare a casa dalle loro famiglie ed
erano
stati richiamati all’ordine dalla Regina Folle.
Jaime non poteva
nemmeno
biasimare le persone che chiamavano sua sorella a quel modo. Cersei
nell’ultimo
periodo era diventata sempre più spietata ed egoista e già solo l’uso
dell’Altofuoco
aveva fatto nascere più di un sospetto. Jaime sapeva di trovarsi in una
posizione difficile, ma non se la sentiva di condannare completamente
l’operato
di sua sorella. Lo considerava più che altro come una quasi naturale
conseguenza
a tutto quello che Cersei aveva dovuto subire a causa del volere di
altri. In
fin dei conti, pensava, se al
Tridente avesse vinto Rhaegar, forse la Storia
avrebbe avuto un esito diverso.
Nonostante da bambini
Cersei
avesse sempre cercato di mascherare la sua infatuazione per il
principe, Jaime
non avrebbe mai potuto dimenticare il viso pallido e gli occhi rossi di
pianto
di sua sorella quando Aerys Targaryen non aveva acconsentito al
matrimonio.
Forse se Cersei avesse sposato Rhaegar come era giusto, lei non si
sarebbe
sentita attratta da suo fratello e Joffrey, Myrcella e Tommen non
sarebbero mai
nati. Visto il loro destino,
si diceva Jaime amareggiato, sarebbe
stato
meglio, per tutti.
Avrebbe rinunciato
all’amore che
provava per Cersei se ciò avrebbe comportato la felicità di sua
sorella. Perché
Cersei non era mai stata felice e il legame con Jaime non le era
bastato. Jaime,
invece, l’aveva amata oltre l’anima ed era doloroso accettare che per
la
gemella non fosse stato lo stesso.
Al terzo giorno di
viaggio Bronn
si era finalmente deciso ad abbandonare la retroguardia per raggiungere
Jaime
in testa. Appariva piuttosto rassegnato e la sua espressione era
esilarante.
“Cosa c’è che non va,
ser?”
chiese Jaime fingendo un tono preoccupato “La cavalcatura non è di tuo
gradimento?”
Bronn fece una
smorfia. “Magari”
borbottò, “mi chiedevo se per caso ci fossero dei bordelli qui vicino…”
Jaime
scoppiò a ridere.
“Vero” ammise Bronn,
“ma sei tu
che hai proibito ai soldati di portare delle puttane.”
Jaime alzò gli occhi
al
cielo.
“Chiuso tutti i
bordelli di
Approdo de Re” concluse per lui Bronn, “ma io infatti non intendevo
puttane
della capitale…”
Jaime decise di
cambiare argomento.
“Ma sei tu il
comandante!”
Jaime ghignò.
“Giusto” concordò,
“allora magari ti piazzo nell’avanguardia...”
“Primo: ci sono già
stato una
volta con il tuo fratellino e quello a prendere un martello in testa è
stato
lui” disse Bronn contando sulle dita. “E secondo: non credo avremo
bisogno di
un vero e proprio schieramento. Attacchiamo un castello vuoto,
ricordi?”
Bronn
alzò lo sguardo verso le nuvole gonfie di pioggia.
Jaime sorrise. “Con
questo tempo
nemmeno quelli” osservò spronando il cavallo.
La quinta sera giunse
all’accampamento un corriere dal cavallo sfinito per la corsa con una
lettera
dalla regina. Jaime non si illudeva: se Cersei gli aveva scritto, era
per
dargli ordini, non certo per salutarlo. Strano anche il fatto che
avesse
preferito un corriere ai più comodi corvi, probabilmente voleva evitare
che la
lettera cadesse in mani sbagliate. Jaime ruppe il sigillo del leone ed
iniziò a
leggere muovendo solo le labbra.
Al
comandante Jaime Lannister
Ho
notizie a dir poco negative. Euron Greyjoy ha miseramente fallito e,
da quel che sappiamo, Jon Snow ha raggiunto la Targaryen. Ciò significa
che non
mi resta molto tempo prima che decida di attaccare la capitale. La
missione di
Alto Giardino deve proseguire, ma anche su questo fronte ti devo
mettere in guardia.
Non si sa bene chi, e voglio ben sperare per te che non sia stato uno
dei tuoi
sottoposti, ma qualcuno ha spifferato i nostri piani alla ragazzina dei
draghi,
che ha inviato una guarnigione nell’Altopiano. Non ho idea di quanti
siano, ma
il piano rimane uguale. Combattete, vincete e in ogni caso non
arrendetevi. Scrivimi
quando avrai preso Alto Giardino e fai in fretta, Jaime: ho bisogno
delle mie
truppe.
Cersei
Lannister, prima del suo nome, regina degli Andali, dei Rhoynar
e dei Primi Uomini, Protettrice del Reame.
Jaime si accorse di
aver rovinato
la lettera a furia di stringerla fra le dita dell’unica mano che gli
restava. Ho bisogno delle mie truppe, pensò
irritato sollevando un sopracciglio. E
al tuo fratellino non ci pensi,
Cersei?
In ogni caso Jaime
dovette essere
riconoscente alla sorella per averlo messo al corrente del problema a
cui
stavano andando incontro. Quanti
soldati può contare questa guarnigione
inviata da Daenerys? si chiese stringendo le labbra Abbiamo o no almeno il
vantaggio numerico?
Decise di andare a
cercare Bronn
e lo trovò che russava rumorosamente nella sua tenda. Batté la mano
d’oro sullo
scudo che il mercenario aveva lasciato sul pavimento e Bronn si svegliò
di
soprassalto.
“Ma che cazzo hai
nella testa?!”
urlò lui balzando a sedere. Jaime gli lanciò i pantaloni. “Credo che
l’avanguardia
sia da escludere” disse in tono stanco, “Daenerys ha inviato un piccolo
comitato di benvenuto.” Bronn rimase a fissarlo per qualche secondo.
“Merda.”
Iniziarono subito a
lavorare al
piano d’attacco, o meglio, Jaime lavorava mentre Bronn si limitava a
sbadigliare e annuire.
“Se siamo fortunati
l’esercito di
Daenerys sarà ancora in marcia” spiegò Jaime camminando avanti e
indietro, “ma
dobbiamo prendere il castello in fretta.”
“Secondo te ci sarà
anche
Daenerys Targaryen?” chiese all’improvviso Bronn senza cercare alcun
collegamento logico. Jaime si fermò, preso in contropiede.
“Non credo” rispose,
“perché?”
Bronn si protese in
avanti.
“Non pensarci
nemmeno” lo
interruppe Jaime, “non abbiamo tempo.” Bronn sbuffò e imprecò a bassa
voce.
“Ti ho sentito” disse
Jaime
dandogli le spalle. “Se vuoi lo posso ripetere ad alta voce” si offrì
Bronn
ridendo e Jaime preferì far finta di niente.
Il settimo giorno di
marcia
giunsero finalmente in vista di Alto Giardino. Proprio come avevano
previsto l’esercito
di Daenerys non era ancora arrivato e il castello era protetto da
pochissimi
soldati.
L’inverno aveva
posato le sue
gelide mani anche su quello splendore che era di solito Alto Giardino.
Le rose
erano morte e gli alberi spogli sembravano artigli più che eleganti
siepi ben
curate. Il marmo bianco che solitamente scintillava come perla sotto il
sole,
era ora opaco e la scarsa luce metteva in evidenza le sue antiestetiche
venature. L’acqua del piccolo fossato era torbida e sabbiosa.
Jaime inviò un
ragazzo ad
accogliere la resa degli abitanti. Al ritorno il ragazzo arrivò seguito
da una
sentinella. “Lady Alerie vuole discutere i termini della resa
personalmente con
te” disse il soldato, “ti prego di seguirmi dentro da solo.”
“Come posso essere
certo che non
sia una trappola?” chiese Jaime sospettoso.
“Non ce ne sarà
bisogno” disse
una voce femminile alla loro destra. Sul portone era comparsa una
donna.
Portava un lungo
vestito nero
dalla scollatura generosa e alle orecchie aveva delle piccole perle. I
capelli
castani striati di bianco erano raccolti in un’acconciatura che
lasciava libera
qualche ciocca ad incorniciare il volto. Nonostante qualche lieve segno
del
tempo, Alerie Hightower rimaneva una bella donna e la somiglianza con
la figlia
Margaery era impressionante.
“Vieni avanti,
Sterminatore di Re”
disse Alerie in tono glaciale, “possiamo parlare qui fuori se hai così
paura
dei miei trucchi.” Jaime strinse le labbra e avanzò. Ora si trovavano
faccia a
faccia sul soffice prato davanti all’entrata. Gli occhi di Alerie erano
azzurri
e non lasciarono quelli di lui nemmeno per un secondo.
Jaime iniziò a
sentirsi
a disagio e sentì la necessità di dire qualcosa.
Alerie sollevò un
sopracciglio
sottile. “Grazie per le tue parole gentili” disse con fredda cortesia,
“sono da
parte di tua sorella?”
Jaime si morse il
labbro.
“Risparmia il fiato”
lo
interruppe subito Alerie ora con voce tremante, “tua sorella ha fatto
saltare
in aria il tempio di proposito.” Aveva gli occhi lucidi. “I miei
figli…” non
riuscì a finire la frase che scoppiò in pianto. Jaime non sapeva bene
cosa
fare.
“So che cosa Olenna
si aspetta da
me” disse Alerie fra le lacrime, “che io sia forte e non ceda, ma non
ce la
faccio… i miei figli…” Le ultime parole furono rese incomprensibili dai
singhiozzi. Jaime attese che si calmasse.
Alerie sollevò una
mano pallida e si
asciugò il volto, sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio.
“Dopo tutto quello
che ci ha
fatto” stava proseguendo Alerie ormai completamente passata dalla
disperazione
alla rabbia, “crede sul serio di avere una possibilità? No, abbiamo
ancora una
dignità e non ci piegheremo.”
Jaime capì che era
arrivato il momento di
intervenire.
“E allora” ribatté
Alerie, “se
davvero non approvi, perché sei qui?
Perché esegui ancora i suoi ordini?”
Bella
domanda, sinceramente non ne ho idea. “Perché è mia sorella”
rispose Jaime, “e ho giurato di obbedirle.”
Alerie lo studiò per
un istante
ed annuì. “E allora perché esiti?” chiese socchiudendo gli occhi ancora
gonfi
“Perché sei qui a parlare con me?”
Jaime sospirò.
Alerie sorrise. “Se
avessi voluto
salvarmi non sarei qui” rispose, “mio padre mi ha pregata tante volte
di
tornare a Vecchia Città, ma ho sempre rifiutato.”
“Non devi difendere
ad ogni costo
questo castello” osservò Jaime, “faresti meglio a tornare a casa.”
“Io sono a casa”
disse Alerie
guardandolo dritto negli occhi, “e non voglio vivere abbastanza da
vederla
profanata dagli assassini della mia famiglia. Non mi interessa cosa tu
o Olenna
vogliate da me, adesso sarò io a decidere.” Estrasse dalle pieghe della
veste
un corto pugnale e ne appoggiò la punta sul seno sinistro.
Jaime era rimasto
paralizzato. Ma perché ogni volta
che cerco di aiutare la situazione deve
sempre degenerare? si chiese sconfortato.
“Pensi che sono
pazza, vero?” gli
chiese Alerie con un risolino isterico “Invece sono lucidissima. So che
Cersei
ti ha detto di prendermi prigioniera per usarmi come ostaggio per
convincere
mio padre, e quindi l’Altopiano, ad appoggiarla, ma non ho alcuna
intenzione di
giocare questo ruolo.”
Si fermò a riprendere
fiato.
Il movimento fu
troppo veloce e
Jaime non poté fare nulla se non guardare Alerie affondarsi la lama nel
cuore
e accasciarsi senza un gemito. Il suo corpo si piegò con grazia e Jaime
vide
che stava sorridendo. Come in un sogno si passò la mano sinistra fra i
capelli e
non rispose a Bronn che, arrivato di corsa, lo stava martellando di
domande. Si
udì il suono lontano di un corno.
“Cosa c’è ora?”
chiese Bronn
anch’egli scosso dalla vista del cadavere di Alerie. Jaime sollevò lo
sguardo.
In lontananza una nuvola di polvere si sollevava dove gli zoccoli di
innumerevoli cavalli colpivano terra.
“Credo sia l’esercito
di
Daenerys” rispose sbattendo ripetutamente le palpebre.
“Che facciamo?”
chiese Bronn
fissandolo “Come ci disponiamo?”
“Niente” rispose
Jaime scuotendo
la testa, “li aspettiamo.”
E, senza attendere la risposta di Bronn, gli voltò le spalle e si sedette affianco al corpo della lady di Alto Giardino, in attesa.
"Non si piange sulla propria storia, si cambia rotta."
N.D.A.
Bentornati voi tutti!
Oggi sarò breve perchè ritengo il capitolo parli abbastanza già da sé XD XD La prima battaglia e le prime morti... Ovviamente non sono ancora morti personaggi importanti, ma posso dirvi che non tarderanno XD Sì, sono abbastanza sadica ^_^ . La battaglia di Porto Bianco non è finita, nei prossimi capitoli si vedrà l'altra parte dell'assalto in mare con le navi di Yara.
Mi scuso già per le scene d'azione, non sono esattamente il mio forte, ma nei prossimi scontri dovrebbero migliorare :-)
Spero in ogni caso il capitolo vi sia piaciuto!
Come al solito i ringraziamenti dovuti ai miei fedelissimi recensori... Grazie mille a giona, __Starlight__, GiorgiaXX, NightLion e Spettro94. Un ringraziamento speciale anche ai soliti Gian_Snow_91, leila91 e Azaliv87 (e ti prometto che risponderò a quella recensione lunghissima, abbi fede ^_^'')... Sono contenta anche perchè il primo capitolo di questa storia ha superato le mille visite, non so se è tanto, ma per me è un bellissimo traguardo!
Un saluto a tutti e alla prossima!
PS: la citazione di questa volta è del filosofo spagnolo Spinoza e l'ho pensata come perfetta per Theon che finalmente si sta lasciando il passato alle spalle accettando di cambiare.