Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: QueenInTheNorth    23/06/2018    6 recensioni
Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente? Se dopo l'incoronazione di Jon Snow a Re del Nord nuove forze fossero scese in campo? Se vecchie profezie fossero tornate alla luce e la Canzone si fosse rivelata? Quanto può una decisione diversa cambiare le sorti dei Sette Regni?
La ruota continua a girare, nuovi re si faranno avanti e la terra tremerà ancora per il ruggito dei draghi.
Ma la Lunga Notte è vicina, gli Estranei attendono pazienti, e nell'ora più buia tutte le vostre certezze vacilleranno. Stavolta gli uomini sono soli e l'amore forse non basterà più a salvarli.
Siete pronti a perdere ogni speranza?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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White Harbour                                                                                                           

 


Theon

 

Il rumore dei tamburi era assordante. Theon venne spinto di lato da sua sorella che già correva alle navi e quasi perse l’equilibrio. Non riusciva a capire nulla in quella confusione. Tutti correvano in tutte le direzioni, ma nessuno sapeva bene cosa fare. I capi sbraitavano ordini incomprensibili e i soldati tentavano di infilarsi nelle armature il più in fretta possibile. L’atmosfera era tesa.

Le navi di Euron avanzavano a velocità sostenuta e le loro minacciose vele nere si stagliavano contro il cielo grigio. Theon decise di seguire sua sorella.

“Voglio gli arcieri sulla collina” stava urlando Yara a Marlon Manderly, “e la fanteria sulla spiaggia: dobbiamo attirarli in un luogo stretto.”

“Non sei tu a dare gli ordini, ragazzina” la riprese Marlon, “i miei uomini risponderanno solo a me, e io li voglio sulle mura a proteggere le nostre fortificazioni.”

“E’ la cosa peggiore che si possa fare in questo momento” ribatté Yara fissando il lord negli occhi, “se Euron riesce a conquistare la spiaggia allora tutto è perduto. Quelle mura non potranno reggere a lungo.”

“Sono mura forti” insistette testardo Marlon, “sono costruite con la stessa pietra di quelle di Grande Inverno e…”

“MIO FRATELLO HA PRESO GRANDE INVERNO!” urlò Yara e Theon d’istinto abbassò gli occhi “Con venti uomini! Credi davvero che Euron con il suo esercito non riuscirà a distruggere questa patetica imitazione di castello?!”

Yara stava ansimando. “Non è il momento di litigare” disse ora in tono più pacato, “dobbiamo collaborare se vogliamo dare a Porto Bianco una possibilità. Sei capace di dimenticare i vecchi rancori per un po’?”

Marlon strinse le labbra e sembrava sul punto di replicare, quando Tyene arrivò di corsa. Si era cambiata in vista della battaglia e indossava dei pantaloni scuri e una giubba di cuoio. “Hanno dato fuoco a una nostra nave!” esclamò senza fiato “Dobbiamo sbrigarci.”

Yara spalancò la bocca visibilmente stupefatta. “C-come hanno fatto?” chiese con orrore “Quanto sono vicini?”

Tyene brandì il coltello. “Troppo” sibilò roteando l’arma.

Yara la fissò qualche istante e poi annuì. “Andiamo allora” disse, “radunerò un gruppo di esploratori. Dov’è tua madre?”

“Sulla Vento Nero” replicò Tyene, “con Benjameen.”

Yara annuì di nuovo. “Theon” chiamò e lui sobbalzò, “tu ti occuperai di mettere in salvo i cittadini: ti voglio lontano dalla battaglia. Sappiamo entrambi che non saresti in grado di batterti.” Theon abbassò la testa, dolorosamente consapevole dei propri limiti. Yara sguainò una spada dal fodero e gliela porse. Theon la prese con mano tremante ed occhi sgranati.

“Ma se fosse necessario” continuò Yara, “combatti e uccidi.” Tenere una spada in mano dopo tutto quel tempo era una strana sensazione e Theon ebbe quasi paura.

Yara non gli diede tempo di parlare, perché si voltò subito verso Marlon. “Mio fratello porterà tutti gli anziani, le donne e i bambini all’interno del castello” spiegò in tono autoritario, “lascia massimo trenta uomini con lui: gli altri servono sulla spiaggia.”

Ancora una volta Manderly sembrò sul punto di muovere una qualche obiezione che Yara stroncò sul nascere. “Adesso” concluse gelidamente.

Quando lei si voltò per seguire Tyene verso la battaglia, Theon le afferrò la mano. “Voglio venire con te” disse guardandola negli occhi, “non posso sopportare l’idea di perderti, io…” Theon sentiva già le lacrime bagnargli il volto.

Cosa c’è che non va in me?

“Non piangere come una ragazzina” lo rimproverò Yara, “io non ho alcuna intenzione di morire, non prima almeno di aver piantato la mia ascia nel cranio del nostro amabile zietto.”

Yara gli mise una mano sulla spalla. “Theon” sussurrò, “il tuo aiuto serve qui, te ne rendi conto? Non sei più un bambino che sogna la gloria della guerra, vero?” Theon scosse energicamente la testa. Robb un po’ lo era, pensò e sentì una fitta al petto al ricordo dell’amico che aveva così vigliaccamente tradito.

“Resterò qui” promise Theon respirando a fatica, “tenterò di rendermi utile.” Yara accennò una specie di sorriso e gli diede una pacca sulla schiena. “Bene” esclamò avviandosi dietro a Tyene, “allora ci vediamo dopo.”

Appena le due figure girarono l’angolo, Marlon afferrò Theon per il bavero. Theon emise un grido di stupore e tentò inutilmente di liberarsi dalla presa. “Non mi interessa cosa dice tua sorella” gli ringhiò Marlon in faccia, “tu resterai sempre un voltagabbana. Il Nord non dimentica.” La stretta divenne ancora più serrata. “Azzardati solo a fuggire o ad abbandonare il tuo posto” lo minacciò, “e io ti prometto che ti andrò a cercare fino in capo al mondo per darti una morte così dolorosa che tutto quello che hai patito con Ramsay al confronto ti parrà il paradiso.”

Theon sbiancò, il fantasma di Ramsay così reale che credette quasi di scorgerlo. Quando Marlon lo lasciò andare, cadde a terra. Senza più degnarlo di uno sguardo, Manderly iniziò ad impartire ordini e presto si allontanò. Da lontano giungevano già i rumori assordanti della battaglia.

Theon sapeva cosa Yara si aspettava da lui, ma non riusciva a trovare la forza di alzarsi. In quel momento desiderava solo che qualche nemico ponesse fine alla sua vita. Rimase immobile per qualche minuto tutto tremante nella sua armatura, finché sentì delle manine scuoterlo con delicatezza.

“Signore?” chiese una voce infantile “Stai bene?”

Theon si tirò a sedere e vide in piedi accanto a lui un bambino che poteva avere al massimo cinque anni. Gli ricordava incredibilmente Rickon. Aveva le guance paffute ed i capelli scarmigliati color paglia.

“Ho perso la mamma” disse il bimbo con voce lamentosa, “mi aiuti a cercarla?”

Theon lo fissò di stucco. “Certo” rispose dopo un’impercettibile esitazione, “io sono Theon, tu?”

“Gerald” disse il bambino, “ma la mamma mi chiama Ger.”

“E a te quale piace di più?”

Il bimbo ci pensò qualche secondo. “Ger” rispose infine.

“Bene, Ger” esclamò Theon sforzandosi di apparire rilassato, “portami a casa tua.”

Theon era assolutamente certo che il bambino si fosse solamente allontanato troppo, senza ricordarsi che probabilmente la mamma lo stava aspettando a casa. Infatti, appena giunti in una piccola bottega decorata con fiori aromatici, Gerald si gettò tra le braccia di una giovane donna dai capelli biondi legati in una crocchia spettinata.

“Ger!” lo rimproverò la donna “Non sai quanto ero in pensiero per te! Non ti devi allontanare così, specialmente in questa situazione: non capisco bene cosa stia succedendo.”

“Siamo sotto attacco” si intromise Theon.

La donna d’istinto portò il figlio dietro il suo corpo. “Chi sei?” chiese sospettosa ed impaurita mentre i suoi occhi vagavano per la stanza alla ricerca di un’arma.

“Mi chiamo Theon” rispose lui con pazienza, “ho riportato tuo figlio a casa.”

La donna parve rasserenarsi. “Chiedo scusa” disse imbarazzata, “di questi tempi non si sa mai di chi fidarsi. Io sono Maryka.”

Gli tese la mano, ma Theon decise di andare al sodo. “Mia signora, Porto Bianco è sotto assedio” disse in tono grave senza mezzi termine. “Marlon Manderly offre riparo a tutti voi all’interno del suo castello, ma dovete andare subito.”

Maryka si era portata la mano destra alla bocca, mentre con l’altro braccio stringeva il figlio. “Non è possibile…” mormorò sconvolta. Theon sapeva di avere poco tempo. “Non farti domande” le suggerì odiandosi per doverla abbandonare così, “prendi tuo figlio e scappa: non avete tempo.”

Si precipitò fuori dalla casupola e tentò di convincere più gente possibile del pericolo. La maggior parte non gli credeva. Un uomo lo spinse addirittura nella polvere. E’ come se non esistessi, pensò Theon rialzandosi a fatica.

In quel momento l’aria fu attraversata da un boato assordante, seguito da urla provenienti dal porto. Alcuni soldati correvano dalla spiaggia; avevano le armature bruciate in più punti e parlavano a fatica. Theon rimase in ascolto non visto.

“Hanno incendiato la nostra flotta” balbettò un soldato di Porto Bianco aggrappandosi a Marlon per non cadere, “mio signore, abbiamo tentato di fermarli, ma eravamo pochi e…”

“Va bene, va bene, Lakio, calmati” rispose in fretta Manderly con voce che tradiva la paura “Dov’è ora il combattimento?”

L’uomo ansimava. “I nostri uomini stanno difendendo il porto” rispose quasi in lacrime, “ma non resisteranno a lungo. Possono darci solo il tempo di organizzare una difesa.”

Marlon strinse le labbra. “E i soldati di Yara Greyjoy?” chiese sollevando un sopracciglio.

“Metà in mare” rispose Lakyo, “e metà sulla spiaggia. Se la stanno cavando. Quali sono gli ordini, mio signore?”

Theon decise di intervenire. “E’ necessario portare i civili al sicuro nel castello” esclamò raggiungendo i due, “ho provato a convincerli a fuggire, ma non mi ascoltano.”

Marlon si incupì. “Perché sei qui?” chiese furioso.

Theon tirò fuori tutto il coraggio che aveva in corpo. “Perché non sono l’uomo adatto a portare la tua gente al sicuro” rispose sincero, “permettimi di aiutarti in combattimento.”

Marlon lo squadrò con sufficienza. “Tua sorella ha detto che non sai batterti” rispose con un ghignò, “e non potrei darle torto.”

“Non mi sono spiegato” disse Theon, “non voglio combattere, ma aiutarti. Conosco Euron Greyjoy e conosco i punti deboli delle sue navi: posso mostrarti dove far attaccare i tuoi uomini. Dammi questa possibilità, ti prego…”

Marlon rimase in silenzio per qualche secondo, poi si voltò verso Lakio. “Prendi tutti gli uomini che riesci a trovare” ordinò, “e conduci i cittadini al sicuro. Suona il corno quando sono entrati tutti.” Dopo che Lakyo si fu allontanato, Marlon estrasse la spada. “Allora?” chiese a Theon “Qual è il piano?”

Theon non ebbe dubbi. “La collina” rispose, “sarà lì dove colpirà Euron.”

Marlon parve stupito. “Come?” chiese “Ha mandato i suoi uomini alla spiaggia, stanno combattendo contro l’esercito di tua sorella.”

“Tutti diversivi” replicò Theon, “gli Uomini di Ferro non sono bravi a combattere a terra, scommetto che quelli sono i mercenari.”

Marlon sgranò gli occhi. “E dov’è Euron?”

“Rimane nell’ombra” rispose Theon con amarezza, “per colpire dove è sicuro di vincere senza troppi uomini.”

Come ho fatto io a Grande Inverno.

Theon fissò Manderly negli occhi. Iniziarono a correre contemporaneamente. Arrivarono sul piccolo colle in pochi minuti. Pochi uomini erano di guardia lì, principalmente arcieri.

“Dove sono gli altri?” chiese Theon “Mia sorella ti aveva detto di mandare metà esercito!”

Marlon abbassò gli occhi imbarazzato. “Ho pensato ne servissero più al porto…” balbettò.

Theon si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo e si arrampicò su un albero. Da quell’altezza aveva un’ottima visuale della battaglia che infuriava poco lontano da loro. L’intera piccola flotta del Nord era in fiamme e vicino ai moli pochi uomini intraprendenti tentavano ancora di salvare il salvabile.

Alla spiaggia la situazione era migliore e Theon riconobbe i vessilli di Dorne. Poteva udire Benjameen Sand, splendente nella sua armatura, urlare ordini e lo vedeva abbattere un nemico dopo l’altro. Erano riusciti a respingere gli assalitori verso le scialuppe che li avevevano portati a riva e stavano tentando di accerchiarli. Theon notò con tuffo al cuore che i nemici alla spiaggia avevano la pelle scura ed i capelli neri. Devono essere mercenari dell’Est, pensò, trovando conferma alle proprie preoccupazioni.

Spostò lo sguardo verso il mare. La Vento Nero aveva preso il largo e ora fronteggiava tre imbarcazioni che Theon immaginò essere di Euron. Yara sarà lì, si disse scendendo dall’albero.

Marlon gli venne incontro. Era visibilmente turbato. “Mi chiedono perché non possono raggiungere i loro compagni che stanno morendo al porto” sussurrò a disagio accennando ai soldati alle sue spalle, “sei sicuro che la nostra presenza qui sia fondamentale?”

Theon annuì gravemente. Non sono mai stato così sicuro di una cosa in vita mia, si disse. “La Silenzio di Euron non si vede” spiegò, “evidentemente sta preparando un’imboscata: dobbiamo essere pronti.”

Marlon lo fissò dritto negli occhi. “Posso fidarmi di te?” chiese.

Theon deglutì. “Sì” rispose con tristezza, “non sono più l’uomo che ha tradito Robb Stark, e credimi, quello è stato l’errore più imperdonabile della mia vita.”

“E come faccio a sapere che questa sia la verità?” chiese ancora Manderly.

Theon sospirò. “Perché l’unico motivo che ancora mi tiene aggrappato alla vita, l’unica ragione che mi impedisce di prendere un coltello e farla finita” spiegò, “è che non posso lasciare questo mondo senza aver espiato tutte le mie colpe. E dato che ciò è impossibile, non sarò io a scegliere il momento della mia morte.”

Esitò. “Voglio ricordare Ned, Robb, Catelyn, Sansa, Bran, Rickon” Jon “per non dimenticare mai quello che io gli ho tolto.”

Marlon lo stava osservando. “Ti credo” decise infine voltandogli le spalle. Theon si impose di non tirare un sospiro di sollievo. Il frastuono della battaglia gli faceva girare la testa.

In quel momento una freccia sibilò a pochi centimetri dal suo orecchio e poco dopo un uomo si accasciò con un’ascia piantata nel cranio. Marlon si voltò di scatto, mentre Theon si precipitava sulla scogliera. Il cuore perse un battito.

La Silenzio era lì, nascosta tre le rocce della baia e nessuno si era accorto di niente. Gli uomini di Euron avevano già iniziato la scalata.

“Che facciamo?!” urlò un soldato terrorizzato.

“Combattiamo” esclamò Marlon, “dobbiamo impedirgli di raggiungere la spiaggia.”

Theon era d’accordo: se il gruppo di Euron avesse sorpreso quello di Benjameen alle spalle ci sarebbe stato poco da fare. Sguainò la spada di Yara, ma presto si accorse che in quel momento era abbastanza inutile. Vide che il soldato caduto stringeva ancora in mano il suo arco e che aveva una faretra piena di frecce. Un tempo ero un ottimo arciere, ricordò, tentando di non essere sopraffatto dalla commozione.

Raccolse l’arco ed incoccò la prima freccia. Quando scoccò, la seguì con lo sguardo. Tutto intorno a lui parve acquietarsi: esisteva solo il sibilo della freccia. E la freccia colpì il nemico al cuore, uccidendolo. Theon si accorse di essere tutto sudato. E’ appena cominciata, si disse impugnando un’altra freccia.

Per qualche minuto continuarono ad incoccare e scoccare e Theon non sbagliò mai un bersaglio. Ma per ogni uomo caduto altri tre ne prendevano il posto. Quando le frecce finirono, Theon si voltò a guardare Marlon, che era pallido come un cencio. Non c'era nient’altro che potessero lanciare.

“E ora li aspettiamo” mormorò Manderly.

I nemici non avevano arrestato la loro avanzata e ora solo qualche roccia li separava dalla vetta. Erano almeno settanta. E noi quanti siamo? si chiese Theon Ne posso contare sì e no dieci…

Marlon dovette pensare la stessa cosa perché gli si avvicinò. “Ascoltami” disse prendendolo per le spalle, “tu devi andare alla spiaggia e avvertirli. Noi resisteremo per darti un po’ di tempo.”

Theon era sconvolto. “Non posso” mormorò già con le lacrime agli occhi, “non posso vedervi morire…”

“Theon!” esclamò Marlon scuotendolo con forza “Smettila di piangere per i Sette Inferi! Non c’è alternativa.”

“Ma…”

“Niente ma!” lo interruppe Manderly “Se davvero vuoi essere perdonato per il tradimento di re Robb dovrai sopportare questo. Ricorda: non puoi morire prima che i tuoi crimini vengano espiati.” Theon rimase in silenzio. Alcuni Uomini di Ferro avevano già raggiunto la cima.

“Ora va’” mormorò Marlon con la voce che gli tremava. Theon si mise a correre inghiottendo le lacrime: aveva già pianto abbastanza per una vita intera.

Corse giù per la collina; il fango gli si appiccicava agli scarponi e il vento in faccia lo faceva rabbrividire. Raggiunse in breve tempo la spiaggia, ma fu costretto a fermarsi disorientato. Davanti a lui si presentava uno spettacolo confusionario. I mercenari di Euron avevano riguadagnato terreno e avevano costretto i dorniani con le spalle a quel muro di roccia che era la costa più a Nord.

Tentando di non essere notato dai nemici, Theon iniziò ad avvicinarsi. Tyene combatteva in prima fila, roteando il coltello e la spada con un’agilità sorprendente. Falciava anche due nemici per volta ed era attenta a non lasciarsi mai le spalle scoperte. Benjameen aveva rinunciato a farsi sentire sopra quel frastuono e si limitava a cercare di aprire un varco che portasse i suoi uomini verso il bagnasciuga.

Theon vide un uomo con il sole di Dorne dipinto sul petto cadere trapassato da un lancia. Il suo sangue fu subito bevuto dalla sabbia che assunse un colore scuro. Un altro soldato cadde in ginocchio colpito alla spalla e non fece in tempo ad implorare pietà che il nemico gli aveva già affondato la spada nel cuore.

Theon era paralizzato dall’orrore. Un tempo amavo la guerra, ricordò, ma non in quel momento non riusciva neppure a concepire un pensiero del genere. Raccolse una freccia caduta e tese ancora una volta l’arco, con le dita mutilate che scivolavano sulla corda. Mirò un enorme guerriero apparso alle spalle di Tyene e lo centrò in un occhio.

La ragazza si voltò verso di lui, all’inizio spaesata. Poi dovette riconoscerlo. “Theon!” urlò venendogli incontro “Che ci fai qui? Yara ti aveva detto di aiutare i…”

“Tyene, è importante” la interruppe disperato Theon “Euron è qui.”

Tyene lo fissò poco convinta. “Theon, ma che dici?” lo riprese aspramente “Euron è su una di quelle navi e tua sorella gli sta dando la caccia. Vedrai che riuscirà a prenderlo.”

Theon scosse la testa nervoso e stava per replicare, quando il suono di un corno permeò l’aria. Non aveva mai sentito nulla del genere e dovette tapparsi le orecchie con entrambe le mani. Improvvisamente il campo di battaglia era quieto e tutti guardavano in direzione del rumore. Ai piedi della collina era appena apparsa una piccola guarnigione su cui sventolava il vessillo della piovra. Davanti a tutti procedeva un uomo sorridente con una rozza corona di legno sul capo e un enorme corno appeso al collo.

“E’ lui Euron?” chiese Tyene a bassa voce. Come a volerle rispondere, Euron rise. Theon rimase congelato al proprio posto: era troppo tardi.

“Carissimi” esordì il Re delle Isole di Ferro, “è sempre una buona cosa testare la forza dei propri mercenari prima di affrontare una vera guerra, ma ora avete esagerato. Non volete riposarvi un po’?” Nessuno si azzardò a parlare.

Euron non smise di sorridere. “Oh, andiamo” li incitò, “vedo i soli dorati sulle vostre armature, non siete di queste parti. Anche perché nessun uomo del Nord andrebbe mai in giro con quei vestiti.” Gli uomini di Euron risero.

“Vi ha mandati Daenerys Targaryen, vero?” continuò Occhio di Corvo “Chi è il comandante di questo piccolo esercito?”

Benjameen si fece avanti. Aveva un brutto taglio sotto l’occhio destro, ma non sembrava curarsene. “Oh, bene” esclamò estasiato Euron, “e tu chi sei, giovanotto?”

“Benjameen Sand” rispose il ragazzo sollevando il mento in atteggiamento di sfida.

Euron si accarezzò la barba divertito. Sand?” chiese ironico “Un bastardo... Ma dimenticavo, ora è normale che i bastardi ricoprano certe cariche importanti!” Le risate furono ancora più fragorose e Benjameen arrossì di rabbia. Theon pensò a Jon.

Euron sollevò una mano intimando silenzio. “Allora, Bejameen” disse in tono più serio, “dato che non ho molto tempo verrò subito al punto: avete intenzione di arrendervi?”

“MAI” urlò il giovane comandante con fierezza.

Euron sospirò e schioccò le dita. Due uomini trascinarono ai suoi piedi Marlon Manderly. Nonostante le corde che gli legavano i polsi e la sporcizia che gli lordava il viso e i vestiti, vi era qualcosa di regale nel suo sguardo. Theon sentì lo stomaco stringersi in una morsa.

“Li hai sentiti, Marlon?” chiese con voce fintamente stupita Euron “Non vogliono arrendersi… Tu cosa gli dici?”

“Che fanno bene” disse con odio Marlon sputando a terra.

“Stai condannando la tua gente” lo avvertì Occhio di Corvo, “sto per dare l’ordine di attaccare il castello. In quanti moriranno?”

“Sei un vigliacco” lo insultò Marlon guardandolo negli occhi, “non c’è onore nei tuoi trucchi.”

“Certo che no” rispose Euron, “non voglio onore, voglio potere. Sei il custode di Porto Bianco, arrenditi e io risparmierò tutti quegli innocenti.”

Marlon fece una smorfia. “Se credi che io possa piegarmi davanti ad un fottuto Greyjoy” disse con rabbia, “allora sei più matto di quello che raccontano su di te.”

Euron fece spallucce. “Adoro essere considerato folle” disse, “nessuno si aspetta che segua le regole. Le ultime parole?”

Theon vide un uomo con la scure avvicinarsi e sentì la necessità di urlare, di fare qualcosa. Ma rimase in silenzio.

Marlon non sembrava troppo spaventato dall’idea di morire. “Spero tu faccia la fine che la Storia ha riservato a quelli come te” rispose tranquillamente.

Per la prima volta gli occhi di Euron furono attraversati da un lampo di furore. Theon iniziò a tremare incontrollabilmente e perfino Tyene alla sua destra pareva agitata.

“Bene” disse Euron sollevando un sopracciglio, “Rhyun, procedi pure…” L’uomo sollevò la scure e Marlon abbassò la testa.

Theon voleva volgere lo sguardo altrove, girarsi e mettersi a correre fino a sentire il cuore scoppiargli nel petto, ma non poté. Gli occhi seguirono la parabola della scure e la videro abbattersi con un sibilo sinistro sul collo esposto di Marlon Manderly.

Poi ci fu il sangue.

 

Tyrion

 

Quella mattina il sole non era ancora sorto del tutto quando Tyrion si vide entrare nella sua stanza un’affannatissima Daenerys Targaryen che immediatamente richiuse la porta alle sue spalle. Il nano, ancora mezzo nudo e scompigliato dal sonno, sobbalzò sul letto e tentò di coprirsi come meglio poteva.

Daenerys sgranò gli occhi arrossendo lievemente. “Ho provato a bussare” si giustificò, “ma credo dormissi troppo profondamente…”

Tyrion incassò il colpo e con la mano destra cercò a tentoni le braghe sul comodino. “Avevo sbarrato la porta” mormorò scandalizzato.

“Ho dovuto forzarla” spiegò Daenerys, “ma non è stato difficile.” Tyrion grugnì. Bene, pensò sconsolato. E' bello sapere che chiunque può entrare nella tua camera da letto ed ucciderti, quell’Obara per esempio.

“Cos’è tutta questa fretta di vedermi?” chiese “Ti mancava la mia compagnia? So che sono irresistibile, ma non pensavo fino al punto da sfondare una porta per buttarmi giù dal letto…”

Dany alzò gli occhi al cielo. “Dobbiamo riunirci prima che Jon Snow e il suo seguito si sveglino” disse compostamente, “dobbiamo discutere di alcune faccende.”

Tyrion sollevò le folte sopracciglia. “Credevo avessi detto ai nostri ospiti che si potevano fidare di te” osservò, “che eravate alleati. Gli alleati non dovrebbero cospirare alle spalle degli altri alleati.”

“Non voglio cospirare!” sbottò irritata la regina “E’ solo che non ritengo saggio l’affrontare certi discorsi in presenza di estranei.” Fece una pausa, visibilmente indecisa. “E ho bisogno del tuo consiglio” ammise infine.

Tyrion sorrise fra sé e sé. “Perfetto” disse, “dammi qualche minuto ed arrivo.” Daenerys annuì, continuando a fissarlo. “Ehm” disse il Folletto imbarazzato, “non è che potresti, ecco, girarti?”

“Oh certo!” esclamò Dany affrettandosi a voltarsi.

Un paio di minuti dopo erano nella sala del trono. Varys camminava in cerchio borbottando parole indistinte, Obara era seduta in un angolo con i gomiti sulle ginocchia e Verme Grigio barcollava sostenuto da Missandei. Non si accorsero nemmeno dell’arrivo della regina finché Tyrion non si schiarì la voce. Allora Varys smise di camminare e Obara sollevò la testa.

“Buongiorno, vostra grazia” la salutò cordialmente Varys.

“E io?” chiese Tyrion fingendosi offeso “Non si saluta il povero nano svegliato così barbaramente nel bel mezzo di un sogno bellissimo? C’erano due…”

“Taci, per favore” sussurrò Daenerys tra il divertito e l’annoiato. Poi si avviò verso Verme Grigio. “Come stai?” chiese con pizzico di ansia nella voce.

“Bene” rispose Verme Grigio aggrottando le sopracciglia, “non è nulla.”

“Non è vero!” si intromise Missandei preoccupata “E' stato colpito alla nuca e…”

“Ho detto che sto bene” ribadì Verme Grigio non senza un certo affetto nella voce. Missandei strinse le labbra: aveva gli occhi lucidi.

“Ce la fai a stare seduto?” chiese Dany e Verme Grigiò annuì.

“Bene” proseguì la regina. “Missandei, aiutalo a sedersi al tavolo per favore.” La ragazza trasportò con delicatezza Verme Grigio fino alla sedia più vicina e lo adagiò facendo attenzione alla ferita. Daenerys attese paziente che tutti si fossero seduti.

“Non abbiamo molto tempo” esordì poggiando le mani sul tavolo, “immagino sappiate di chi dobbiamo parlare…” Tutti annuirono.

“Come si permettono questi uomini del Nord a mancarci di rispetto?” intervenne Obara “Ieri sera non sono venuti a cena nonostante l’invito della regina: è già tanto se Daenerys abbia concesso loro di mangiare nelle loro stanze.”

“Erano esausti” disse Tyrion cercando di placare le acque in tempesta, “Jon e Gendry venivano da un lungo viaggio e da un’altrettanto difficile conversazione.”

“Stronzate” ribattè volgarmente Obara, “quanti piani credi abbiano architettato, quanti piani credi stiano architettando in questo momento, mentre noi siamo qui a parlare?”

Tyrion aprì la bocca per parlare, ma Varys lo anticipò. “Devo concordare con lady Obara” disse lui a bassa voce, “non so quanto possiamo fidarci. Forse a questo Jon Snow farebbe comodo ucciderci tutti nel sonno.”

Tyrion era stupefatto dal ritrovarsi anche Varys contro. “Sei stato anche tu ad incoraggiare Daenerys ad incontrare Jon” gli ricordò, “o te lo sei già dimenticato?”

“Come già ti dissi una volta” osservò con calma Varys, “non dimentico mai nulla, ma volevo aspettare per conoscerlo.”

“E allora aspetta ancora” esclamò Tyrion, “dato che l’hai visto per non più di due minuti.”

“Ah, ma sono sufficienti” disse Varys chiudendo gli occhi, “ho capito che uomo è: onorevole, sicuro di sè, coraggioso…”

“Tutte qualità positive” fece notare Tyrion.

Varys lo fissò intensamente. “E devoto anima e corpo alla propria causa” concluse senza cambiare espressione, “quello che vuole, quello che cerca, non lo troverà né qui né ad Approdo del Re e state certi che non avrà scrupoli. Semmai dovessimo metterci contro le sue ambizioni…”

“Non sono ambizioni” lo corresse Tyrion, “solo desiderio di proteggere la sua gente.”

“Fa lo stesso” tagliò corto il Ragno Tessitore, “Jon Snow non è in grado di dimenticare o perdonare ciò che è successo alla sua famiglia e io non potrei dargli torto, ma ciò non cambia il fatto che lui non sia un alleato di cui fidarsi. Se ci metteremo tra lui ed il Nord, tenteranno in tutti i modi di ucciderci.” Tyrion sentì un brivido scendergli lungo la schiena ed anche Daenerys aveva le mani che tremavano.

“Cosa intendi?” chiese Missandei con un filo di voce.

“Ho udito sussurri” raccontò Varys, “e cucito insieme i pezzi. Gli Stark sono pericolosi: coloro che hanno fatto loro del male ora sono…”

“Fammi indovinare” intervenne Obara sarcastica, “morti?”

“Assassinati” precisò Varys, “e in situazioni misteriose. Joffrey è stato avvelenato al suo matrimonio e Walder Frey è stato trovato sgozzato. Pochi giorni dopo i Frey si arrendono a Edmure Tully, evaso misteriosamente di prigione.”

“Stai dicendo” chiese stupita Dany, “che siano stati gli Stark? Che stiano portando avanti un progetto di vendetta?” Varys annuì. Daenerys appoggiò la schiena allo schienale. “Ma è assurdo…” mormorò solamente.

Tyrion era irritato. “E se anche fosse?” chiese in tono di sfida “Hai forse paura?”

“Certo che no” rispose subito Varys, “ma suggerirei di agire con cautela e di proseguire con il piano stabilito.”

Stava fissando Daenerys e la regina si mosse a disagio. “Il matrimonio?” chiese con voce indecifrabile.

“Sì, vostra grazia” replicò l’eunuco, “è l’unico modo per garantirci l’assoluta fedeltà di Jon Snow e del Nord. Dopo potremo considerarli veri alleati.” Daenerys si morse il labbro.

“Cosa ti fa pensare che rimarrà fedele alla nostra regina solo perché sarà sua moglie?” si intromise a sorpresa Verme Grigio “Se non sbaglio avevate detto che questo Jon Snow ha già infranto un giuramento una volta.”

“E’ vero” rispose Varys, “ma avere un suo giuramento è sempre meglio che non averlo e restare in balìa del caso.” Per qualche istante regnò il silenzio.

“I-io gli farò l’offerta di diventare mio marito” disse poi Daenerys, “nonché sovrano dei Sette Regni, ma se non accettasse?”

“Chi diavolo rinuncerebbe alla possibilità di diventare re?!” esclamò esasperata Obara.

“Durante il confronto di ieri” ammise Daenerys, “mi è sembrato poco felice perfino del suo titolo attuale, proprio come aveva previsto Tyrion, quindi potrebbe non voler abbandonare il Nord.”

“In quel caso” disse Varys, “troveremo il modo di convincerlo. Con gentilezza, ovviamente, mi rifiuto anche solo di pensare che si possa minacciare un innocente, seppur per una buona causa.”

Daenerys arrossì violentemente e distolse lo sguardo. Tyrion comprendeva il suo turbamento: aveva già fatto proprio quello il cui solo pensiero aveva disgustato Varys. Ma tu cosa nei sai, Varys? si chiese Tyrion Sei a conoscenza di cosa esattamente ha detto la nostra regina a Jon ieri? E’ un miracolo che la situazione non sia degenerata.

Una parte di lui gli diceva che Varys sapeva e che forse aveva trovato un metodo efficacie per far sentire in colpa Daenerys senza accusarla formalmente. Al contrario di quello che ho fatto io, pensò Tyrion scuotendo leggermente la testa. Stavolta aveva vinto Varys, anzi, forse l’intero discorso sulla poca affidabilità di Jon era stato ideato apposta per far capire a Daenerys dove stesse sbagliando. E Daenerys sembrava aver afferrato il concetto.

La regina si alzò imbarazzata avviandosi verso la porta. “Scusatemi” disse con voce quasi lamentosa, “ci vediamo a pranzo: avete la mattinata libera.” Ed uscì. Nella stanza calò un silenzio carico di tensione.

Verme Grigio scattò in piedi, prontamente sostenuto da Missandei. “Lasciami” la pregò lui, “devo andare dagli Immacolati a dare ordine di mettere sotto scorta la regina.”

“Devi riposarti” disse Missandei, “altrimenti ci metterà più tempo a guarire. Lascia che sia io ad andare a parlare con i tuoi compagni.” Verme Grigio spalancò gli occhi. “No, loro” balbettò, “cioè tu… non potresti…”

“Non mi reputi all’altezza?” chiese Missandei corrugando la fronte. “Non è questo” si affrettò a rispondere Verme Grigio dissimulando una smorfia di dolore, “loro non ti ascolterebbero.”

“Fammi provare” insistette Missandei, “devo solo dire che mandino delle guardie a sorvegliare la porta della camera della regina, è facile.” Verme Grigio sembrava ancora indeciso, nonostante la sua palese incapacità di andare lui stesso.

“L’accompagnerò io” intervenne Obara mettendo una mano sulla spalla di Missandei, che sorrise riconoscente, “vedremo se avranno il coraggio di dire qualcosa.” Verme Grigio annuì ed iniziò a camminare verso la porta.

Prima di raggiungerlo, Missandei si avvicinò ad Obara. “Grazie” le sussurrò.

“E di cosa?” rispose ridendo Obara “Tra donne dobbiamo aiutarci.” Continuarono a chiacchierare mentre si allontanavano, ma presto Tyrion non fu più in grado di distinguere le loro voci.

“E’ stato un piacere” disse allora Varys lisciandosi la veste di seta, “ma ora credo proprio che andrò a fare una passeggiata.”

“Non così in fretta” lo trattenne Tyrion, “vorrei chiederti alcune cose…”

Varys sorrise, come a sapere esattamente cosa l’amico gli avrebbe detto. “Sta bene” rispose, “ma lo puoi fare anche mentre camminiamo.” Così Tyrion lo seguì giù per le scale che portavano alle cucine, fino alla scogliera.

Nonostante le nuvole e il forte vento, il panorama era meraviglioso. A destra le montagne di pietra scura coperte da arbusti radi e boscaglia secca di tutti i colori si allungavano verso il mare e, dove le onde le colpiva, erano lisce come i ciottoli di un fiume. Vi erano pozze di acqua salata formatesi dopo le mareggiate e la spiaggia era ricoperta da piccole conchiglie rosate. La vegetazione in tutta l’isola era davvero scarsa, ed arretrava, impossibilitata a crescere sulla sabbia nera. Si diceva fosse diventata così scura a causa del respiro dei draghi che un tempo abitavano l’isola.

A sinistra si ergeva arroccato il castello, avvolto da un’atmosfera affascinante ma non per questo meno inquietante. Le sue torri erano snelle e aguzze, come se tentassero di graffiare il cielo, ed assomigliavano agli artigli di drago. Le finestre erano piccole e collocate senza simmetria e le mura erano così alte e massicce da sembrare fuse con la roccia circostante.

Varys era in piedi immobile sulla scogliera, lo sguardo perso verso l’orizzonte che sfumava nelle nuvole.

Tyrion gli si avvicinò. “Era tutta una farsa, vero?” chiese con cautela “Il discorso di prima intendo…”

L’eunuco nemmeno si voltò a guardarlo. “Tu cosa pensi?”

Tyrion strinse le labbra. “Mi chiedo come tu abbia fatto a saperlo” disse osservando la reazione di Varys. Reazione che come al solito non arrivò.

“Ho i miei metodi” rispose Varys evasivo, “ma so che Daenerys ieri, dopo aver allontanato me e Missandei, ha minacciato più volte Jon Snow di distruggere il Nord se non avesse acconsentito ad appoggiarla. Questa non è l’azione che ci si aspetta da un buon regnante e tu lo sai…”

Tyrion deglutì a fatica. “Io ho provato a fermarla” disse con voce quasi strozzata, “ma non mi ha ascoltato.”

“Hai fallito” disse senza mezzi termini Varys, “come Primo Cavaliere e come amico della regina.” Varys aveva appena dato voce al suo tormento interiore e Tyrion non sapeva come controbattere. E’ la prima volta che rimango senza parole, si disse frustrato. Almeno da quando Shae era entrata in quella sala per testimoniare contro di lui.

“Lo so” ammise, “ma non so lo stesso cosa fare. Ho consigliato io a Daenerys di cercare l’alleanza del Nord e se ora qualcosa andasse storto sarebbe colpa mia.”

“Non assumerti più colpe di quelle che hai commesso” lo ammonì Varys, “anch’io ho suggerito questa tattica a Daenerys perché era, ed è, la strada giusta da seguire. Abbiamo però entrambi sottovalutato la situazione.”

Tyrion ripensò a Jon che estraeva la spada, deciso ad uccidere pur di abbandonare l’isola, e sentì lo stomaco contrarsi. “Già” replicò tristemente, “e mi è quasi sfuggita di mano. Cosa dobbiamo fare ora? Come posso essere il Primo Cavaliere se nemmeno sono capace di prevedere le reazioni folli della mia regina?”

Varys emise un lungo sospiro. “Ci attende un compito difficile” lo avvertì, “molto difficile, mi capisci?” Tyrion drizzò la schiena ed annuì solennemente. “In questo momento” continuò l’eunuco, “ci sono molte forze in campo. Sia Daenerys che Jon vogliono questa alleanza perché ne comprendono il potenziale, ma devono fare i conti con alcuni problemi. Davos Seaworth tenterà in tutti i modi di far cambiare idea al suo re…”

“Come puoi esserne sicuro?” lo interruppe dubbioso Tyrion.

“Hai davvero così poca fiducia in me?” gli chiese Varys “Non ti ho già ampiamente dimostrato le mie capacità?” Tyrion non rispose: in fondo era una domanda retorica.

“Mentre Daenerys deve lottare contro la sua natura” proseguì l’eunuco soddisfatto dal silenzio del nano, “e rischia di dire cose di cui si pentirà sicuramente. Il nostro compito è quello degli intermediari che dovranno garantire il funzionamento di questa alleanza. Tyrion, non ti mentirò, potrebbe risultare pericoloso e nella peggiore delle ipotesi perfino mortale, se Daenerys si dovesse persuadere che siamo colpevoli di tradimento.”

“Sei sopravvissuto tutti questi anni ad Approdo del Re” osservò Tyrion grattandosi il naso, “e non hai mai veramente rischiato la vita, nonostante tutti sapessero che non fossi proprio il più fidato membro del Concilio Ristretto.”

“La corte di Approdo del Re era falsa” replicò Varys, “tutti mentivano e nessuno diceva apertamente ciò che pensava, eccetto te durante il tuo processo e sappi che secondo me è stato un gesto suicida. Jon e Daenerys sono diversi, le loro idee si scontreranno alla luce del sole e noi dovremmo prendere una posizione. Io sceglierò la via del compromesso… Sei con me?”

Tyrion non dovette nemmeno pensarci. “Certo” rispose in tono serio. Varys si concesse un sorriso. “Bene” esclamò riprendendo a camminare verso il castello, “ovviamente non ti devo nemmeno ricordare di non far voce con nessuno di quello che ci siamo detti. Adesso però andiamo, che è quasi ora di pranzo.”

Camminarono in silenzio fianco a fianco con le mani allacciate dietro la schiena, fin quando ad un certo punto un giovane soldato corse verso di loro. Era probabilmente un Immacolato e sembrava anche piuttosto scosso. Parlava concitatamente in alto valyriano e Tyrion non riusciva a comprendere nemmeno una parola. Varys invece si affrettò a rispondere.

Una ruga di stupore comparve sulla fronte dell’eunuco. “Si chiama Lumg” spiegò con voce grave, “e dice di aver trovato un corpo sulla spiaggia orientale. Dice che è un uomo, ma non sa se è vivo o morto.”

“Digli di portarci da lui” disse subito Tyrion e Varys tradusse la frase. Lumg spalancò i grandi occhi scuri ed annuì energicamente.

Li condusse verso il sud dell’isola, dove la spiaggia diventava sabbiosa e le montagne degeneravano in dolci colline. Giunti in una piccola caletta Lumg indicò un punto, preferendo non proseguire oltre.

Tyrion corse in avanti, subito seguito da Varys, ed insieme raggiunsero un punto in cui il mare creava una piccola insenatura protetta, dove l’acqua era più calma ed il vento non soffiava troppo forte. A Tyrion sembrò di ricordare avesse il nome di Cala del Drago Azzurro.

Vi era il corpo di un uomo disteso a faccia in giù sul bagnasciuga, i capelli castani a coprirgli il volto. Indossava abiti logori e incrostati di salsedine e aveva le mani saldamente piantate nella sabbia, come a non voler essere trascinato via dalla furia del mare.

“Forse è un naufrago” propose Tyrion avvicinandosi sempre di più. Si inginocchiò accanto all’uomo e sentì i suoi stivali sdrucciolare sulla sabbia bagnata. Varys rimase indietro.

Tyrion esaminò il corpo percorrendolo con lo sguardo e notò che respirava. “E’ vivo” annunciò sollevato. Poi, con estrema cautela, allungò la mano per scostare il ciuffo di capelli che copriva la guancia sinistra del naufrago, curioso di vederlo in volto. Per un istante rimase a fissarlo, tentando di autoconvincersi di non avere le travveggole.

“Per i Sette Inferi” mormorò tra l’esterrefatto e l’emozionato, “ma è Jorah Mormont!”

 

Brienne

 

Quando finalmente scesero da quella nave l’aria fresca la colpì come un pugno, lasciandola per qualche istante disorientata. Il porto era semideserto: probabilmente il comitato di accoglienza degli Hightower si era già spostato. Brienne si sentiva quasi nuda senza la sua spada e maledisse cento volte Daenerys Targaryen per avergliela portata via. Era di Jaime, pensò serrando le labbra, dovevo proteggere Sansa con quella.

Accellerò il passo senza sapere bene neanche dove stesse andando e si fermò solo quando sentì la voce affannata di Sam.

“Aspetta” stava rantolando lui, “stai andando dalla parte sbagliata…” Aveva il fiatone e le gote arrossate. Brienne faticava ancora a credere che uno come Sam fosse riuscito a uccidere un Estraneo e solo la cortesia la tratteneva dal chiedergli come avesse fatto.

Lui sorrise impacciato. “Di qua” le disse tornando indietro e facendole cenno di seguirlo. Percorsero insieme i vicoli di Vecchia Città, superando botteghe e locande, fino ad arrivare a un gruppo di casupole vicino all’isola dell’Alta Torre.

Sam si passò le mani sulla giubba, come a volerla pulire, e Brienne intuì che doveva essere nervoso. Il giovane Guardiano della Notte avanzò verso una porticina di legno consumato e picchiò forte. Dopo qualche secondo la porta si aprì e comparve sulla soglia una ragazzina vestita di lana che portava i capelli castani legati all’indietro. I suoi occhi scuri lanciavano lampi di rabbia.

“Non ti voglio vedere” esclamò la ragazza, “ho di meglio da fare piuttosto che…”

“Gilly, ti prego” la interruppe gentile Sam, “c’è un’amica che vorrei presentarti.” Gilly sembrò accorgersi solo allora della presenza di Brienne, che si affrettò a presentarsi. “Sono Brienne di Tarth” disse chinando appena il capo, “sono appena arrivata a Vecchia Città.”

Gilly sembrava indecisa. “Ciao” disse semplicemente, “se è così, credo che… ecco sì, che possiate entrare.” Rivolse un sorriso timido a Brienne, ma continuò a guardare furiosa Sam.

Vista dall’interno la casetta appariva se possibile ancora più squallida ed angusta di ciò che all’esterno poteva sembrare, nonostante fossero visibili gli sforzi di una mano femminile nel tentativo di renderla più accogliente.

Era composta da un’unica stanza di forma indecifrabile, ampia abbastanza da fungere da cucina, camera da letto e bagno. Non vi era camino ed il fuoco era stato acceso sul pavimento grazie a della legna, in un modo curioso che Brienne non aveva mai visto. In un angolo era sistemato un letto decadente, sommerso da pellicce, che da solo occupava almeno un terzo della stanza. Vicino alla porta c’era un tavolino con una sedia accanto, sulla quale era appoggiata una piccola tinozza piena d’acqua. Decisamente troppo piccola per fare un bagno, dovette constatare Brienne.

La casa era immersa in una pesante oscurità, richiarata solo da poche candele, il più delle quali ormai prossime allo spegnimento e coperte di cera. Da una specie di cesta ai piedi del letto si elevava un pianto lamentoso e Gilly corse ad inginocchiarvisi affianco. Quando si risollevò teneva tra le braccia un bimbo biondo dai lineamenti stravolti dal pianto.

“Lui è il piccolo Sam” lo presentò Gilly senza staccare gli occhi dal bambino. Brienne era rimasta a bocca aperta: possibile che Sam e Gilly avessero…?

Sam dovette intuire i suoi pensieri, perchè scosse energicamente la testa. “No, no, no, non è come sembra” si affrettò a dire arrossendo, “è figlio di Gilly e di suo… lasciamo stare, è complicato, però non è mio figlio.” Brienne si tranquillizzò e annuì.

Il volto di Gilly si era di nuovo rabbuiato. “Avevi detto che eri sempre occupato” esclamò muovendo minacciosa l’indice contro Sam, “che non potevi portarci alla Cittadella e ora arrivi qui con una… una sconosciuta e pretendi da me che faccia cosa? Ospitarla?”

“Brienne è una grande guerriera” disse Sam, “potrà proteggere te e il piccolo Sam.”

Gilly alzò gli occhi al cielo. “Ora non fingere di averla portata qui per me!” esclamò irritata “Mi credi stupida?”

Sam sgranò gli occhi. “NO!” urlò come sconvolto da quella insinuazione. Gilly parve rincuorata. “Allora dimmi la verità” lo esortò, ora con più dolcezza.

“E’ un’amica di Jon” spiegò Sam, “e deve tornare il più presto possibile a Nord. Io ho promesso di aiutarla.” Ci fu un momento di silenzio. “Perché non me l’hai detto subito?” chiese poi Gilly con voce atona.

Sam si torse le mani. “Brienne è in fuga” ammise, “l’esercito di Daenerys Targaryen è qui e…”

“Chi è Daenerys Targaryen?” lo interruppe Gilly curiosa.

“L’unica parente ancora viva di maestro Aemon” le spiegò Sam, “vuole diventare regina dei Sette Regni.” Poi continuò con il discorso di prima. “Come stavo dicendo” proseguì sforzandosi di riprendere il filo, “Brienne deve nascondersi da questo esercito perché si era infiltrata in una delle loro navi e non devono sapere che è qui. Io volevo solo proteggerti: se l’avessero trovata tu non ne avresti saputo nulla e se la sarebbero presa solo con me…”

Brienne pensò che quello di Sam fosse un pensiero molto dolce e premuroso e anche Gilly dovette essere d’accordo, perché adagiò il bambino sul letto e gli buttò le braccia intorno al collo.

“Oh Sam” singhiozzò Gilly e a Brienne parve una reazione un po’ eccessiva, “mi dispiace tanto… Scusami.” Sam sorrise. “Non preoccuparti” la consolò, “ma ora vieni che ti spiego cosa faremo.” Gilly si lasciò condurre al letto dove si sedette. Sam lasciò la sedia a Brienne che però la rifiutò preferendo sistemarsi per terra.

“Allora” iniziò Sam, “Brienne, potresti dirci cosa sai di questa spedizione di Daenerys?”

“Daenerys è rimasta alla Roccia del Drago” spiegò e quando vide Gilly aprire la bocca confusa si affrettò a specificare. “L’isola dove aveva portato il suo esercito. Da quello che sono riuscita a sentire sulla nave, ho potuto capire che solo una parte dell’esercito sia arrivato qui: al comando c’è Olenna Tyrell, credo…”

“Io ho visto scendere dalla nave Garth Hightower e suo fratello” ricordò Sam, “diceva di essere lui il comandante della guarnigione di Olenna…”

Brienne annuì. “Probabile” concordò, “alla fine Olenna è pur sempre una donna anziana.”

“Ma comunque terribile” bisbigliò Sam.

“I Lannister stanno marciando su Alto Giardino” spiegò Brienne, “e lo troveranno indifeso, per questo l’esercito di Daenerys andrà lì.” Sam si grattò il mento.

“Ma io devo arrivare nel Nord” specificò Brienne, “per avvertire lady Sansa.”

“Chi è Sansa?” chiese Gilly. Brienne si voltò verso di lei. “Sansa Stark” puntualizzò, ma Gilly continuò a fissarla interdetta.

Possibile che non conosca gli Stark?

“La lady di Grande Inverno?” provò senza ottenere risultato.

“La sorella di Jon” tagliò corto Sam e Gilly sorrise. “Ahhhh” esclamò, “non sapevo avesse una sorella.”

Un tempo ne aveva tanti di fratelli.

“Da dove vieni?” chiese Brienne con gentilezza a Gilly “E’ strano tu non abbia mai sentito nominare gli Stark…”

Gilly guardò Sam, che annuì. “Vengo da oltre la Barriera” rispose la ragazza sollevando il mento.

“Una bruta” sussurrò Brienne, per poi ricordare che Jon Snow aveva salvato la vita di molti bruti che l’avevano poi seguito in battaglia.

“Però sto imparando a leggere” si affrettò a dire Gilly, “alla Barriera c’era una bambina che mi insegnava, mi sembra si chiamasse…”

“Shireen” l’anticipò Brienne, non trovando la forza di guardarla negli occhi.

“Sì, esatto” esclamò Gilly, “sai cosa le è capitato dopo che è partita?”

“E’ morta” disse solamente Brienne non potendo spiegare le circostanze della sua morte, “io ho ucciso suo padre.”

Sam alzò la testa di scatto. “Stannis” disse incredulo, “e come…?” Brienne preferì non rispondere. Ci furono attimi di silenzio.

“Non mi piaceva Stannis” disse poi Gilly, “ha bruciato sul rogo Mance Rayder. Non conoscevo bene Mance, ma sembrava un brav’uomo.” Nella stanza era calata un’atmosfera pesante e malinconica e Sam diede un colpetto di tosse per far tornare tutti al presente.

“Quindi Brienne, ti serve un passaggio per il Nord.”

“Non preoccupatevi” disse Brienne, “saprò cavarmela da sola, siete stati già fin troppo gentili a ospitarmi qui.”

“Voglio fare di più” mormorò Sam alzandosi di scatto, “e credo di avere una soluzione. Tempo fa ho conosciuto alla Cittadella un maestro di nome Vyktor che viene da Raventree. Oggi pomeriggio si metterà in viaggio per tornare nelle Terre dei Fiumi e potrebbe portarti con sé. Vieni, andiamo a cercarlo…”

“Ma le donne non possono entrare nella Cittadella” fece notare Brienne, ma Sam sorrise.

“A quest’ora” spiegò Sam, “maestro Vyktor pranza sempre alla stessa taverna, la Stella della Sera, e si dà il caso che io sappia dove si trovi.” Poi si rivolse a Gilly. “Aspettami qui” le disse, “tornerò presto.” Detto questo, uscì e Brienne fece altrettanto dopo aver salutato con un gesto impacciato Gilly.

Sam la guidò per le vie di Vecchia Città fino di nuovo al porto. Accanto al mercato maleodorante del pesce sorgeva un edificio isolato, dal soffitto basso e le pareti consunte. Un’insegna scolorita con disegnata quella che in origine doveva essere una stella brillante era affissa alla porta. Sam entrò e Brienne lo seguì. Dentro furono colpiti dagli odori intensi di mille cibi mescolati e dalle grida e risate squallide dei clienti.

“Di qua” sussurrò Sam indicando uno dei tavoli più lontani dalla porta, “quello che parla…”

Vi sedevano tre uomini intenti ad ascoltare il racconto avvincente di un quarto davanti ai loro piatti sporchi. Il narratore aveva un viso affilato, occhi nocciola ed una fronte sporgente. I capelli erano corti e ben curati ed i vestiti sembravano di ottima fattura. Non portava nemmeno la catena dei maestri.

“E allora” stava dicendo Vyktor, “ho guardato ser Taryn negli occhi e gli ho detto: -Ehi, tu sarai pure di famiglia nobile e tutto quello che vuoi, ma sei così brutto che le donne preferirebbero fottersi il Folletto piuttosto che andare a letto con te!-”

Tutti risero sguaiatamente e Sam ne approfittò per schiarirsi rumorosamente la voce. “Maestro Vyktor, giusto?” chiese fingendosi incerto “Devo parlarti.”

Vyktor si lasciò andare mollemente sulla sedia. “Chiedo scusa” disse con sarcasmo, “ma voi chi siete?”

Prima che Brienne potesse aprire bocca Sam parlò. “Qualcuno che non vuole assolutamente che questa storia della taverna esca fuori alla Cittadella” disse con voce flautata, “o che il grandissimo lord Blackwood ne sia messo al corrente…”

Vyktor rimase spiazzato da quella velatissima minaccia e Brienne più di lui: mai si sarebbe aspettata che un ragazzo così buono come Sam potesse agire in quel modo. “Vieni con noi” proseguì Sam, “vogliamo solo parlare.” Vyktor sbuffò e si finse reticente, ma alla fine li seguì fuori dalla locanda.

“Chi cazzo sei?!” esclamò Vyktor passandosi le mani fra i capelli.

“Sono Samwell Tarly” si presentò Sam, “ci siamo già visti alla Cittadella.”

Un lampo di comprensione accese gli occhi di Vyktor. “Eri quello che origliava la mia conversazione con Ramyll e Ghuym” disse scoppiando a ridere.

Sam era arrossito. “Non stavo origliando!” esclamò “Siete voi che vi siete avvicinati. Comunque non è questo il punto” Indicò Brienne. “Lei” disse, “è Brienne di Tarth, una fanciulla a cui serve un passaggio per il Nord.”

“Se lei è una fanciulla” disse sarcastico Vyktor, “allora io sono…”

“Non ci interessa” lo interruppe ad alta voce Sam, “quello che voglio fare è solo chiederti gentilmente di aiutare Brienne a raggiungere il Nord.”

“Fossi scemo” esclamò Vyktor, “non pensare che io non abbia capito: la fanciulla è sicuramente in fuga ed io non prendo animali braccati sul mio carro.” Brienne rimase in silenzio: quell’uomo la disgustava, ma rappresentava la via più veloce per raggiungere Sansa.

“Forse non mi sono spiegato bene” disse Sam, “questo è un ordine.”

“E di chi?” chiese Vyktor, ridendo ancora più forte.

“Del Re del Nord” disse tranquillamente Sam. “Si dà il caso che il generosissimo lord Blackwood insieme a tutti i signori dei Fiumi si siano schierati dalla sua parte, ricordi?”

Vyktor deglutì. “E chi sei tu per fare la volontà del Re del Nord?” chiese senza abbandonare del tutto il tono scherzoso. Sam inspirò profondamente e Brienne intuì che stava per spararne una grossa.

“Sono il suo Maestro e, ehm, consigliere” disse Sam e Brienne dovette ricredersi: questa non era grossa, era enorme.

Vyktor rideva più forte che mai. “Questa è bella” disse indicando Sam.“Guarda che io mio ricordo di te, tu sei solo un Guardiano della Notte e…”

“Come il nostro re” osservò Sam e Vyktor finalmente ammutolì.

“Tu puoi scegliere se aiutarci o meno, ma sappi che, se deciderai di voltarci le spalle, io scriverò a Jon Snow e credo che la taverna potrai dimenticartela.”

Vyktor era sbiancato. “I-io” balbettò, “posso portarla fino a Delta delle Acque, da lì dovrà proseguire da sola.”

“Basterà” disse Brienne con un sorriso. Vyktor annuì. “Bene” mormorò, “bene… Partiamo fra mezz’ora: fatti trovare alla Porta Est.” Fece un cenno in direzione di Sam e si allontanò.

Appena non fu più in vista Sam si accasciò a terra, la schiena che strusciava lungo la parete logora. “Per gli Antichi Déi” disse tutto sudato, “ho avuto paura che non ci cascasse…”

Brienne sorrise. “Non pensavo fossi così bravo a mentire” osservò divertita.

Sam parve preoccuparsi. “Oh no, no, no” iniziò a balbettare, “io non… ecco non sono bravo, è solo che quando serve, io…”

Aveva il fiatone e Brienne gli mise una mano sulla spalla. “Ehi” lo rassicurò, “va tutto bene. Ti sono debitrice, il tuo aiuto è stato fondamentale.”

Sam sorrise. “E’ il minimo che Jon si sarebbe aspettato da me” disse con genuina umiltà.

Brienne notò la sfumatura triste della sua voce e gli diede una pacca sulla schiena. “Sei preoccupato per lui” disse, “e ti capisco, ma sono sicura che non si lascerà raggirare da Daenerys. Troverà una soluzione, ne sono sicura, e Davos lo aiuterà.” Brienne ripensò a quanto velocemente aveva cambiato idea nei riguardi di Davos Seaworth e si convinse che Jon Snow non avrebbe potuto sperare in un alleato migliore per fermare Daenerys Targaryen.

Sam si rialzò in piedi. “Questo lo so” disse con amarezza, “ma io non potrò aiutarlo.”

Brienne strinse le labbra. “E perché non lo raggiungi allora?” gli chiese inclinando leggermente il capo “Nel Nord dico, per quando tornerà.”

Sam scosse la testa. “Quando finirò di forgiare la mia catena” disse in tono serio senza guardarla negli occhi, “tornerò alla Barriera.”

“Non pensi che Jon potrebbe aver bisogno di un maestro al suo fianco?” chiese Brienne.

“Credimi” le disse Sam, “quando la guerra contro gli Estranei inizierà, gli uomini serviranno alla Barriera.” Brienne non poté che rimanere piacevolmente sorpresa davanti all’onore con cui Sam si diceva pronto a riprendere il proprio posto.

“Va bene” disse lei annuendo, “ma permettimi di ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me: significa davvero molto. Credi che riuscirai a far avere delle lettere in segreto a Jon Snow durante il suo soggiorno alla Roccia del Drago?”

Sam ci pensò su. “Posso tentare” disse infine, “ma non ti assicuro nulla…”

“Se dovessi riuscirci” replicò Brienne, “digli che sto tornando a Nord e che rimango fedele alla causa di lady Sansa, che poi è anche la sua.”

“Certamente” la rassicurò Sam. Rimasero a guardarsi per qualche secondo.

“Sai come raggiungere la Porta Est?” chiese infine Sam.

“Credo di sì” rispose Brienne dopo un breve ragionamento.

“Allora prendi questo” disse Sam estraendo un corto pugnale, “non posso offrirti una spada, ma non ti farò viaggiare disarmata…”

Brienne lo prese e lo legò alla cintura. “Grazie” disse per l’ennesima volta. “Ora è meglio che vada.”

“Sì, certo” rispose in fretta Sam, “spero di rivederti un giorno.”

“Anch’io” replicò Brienne.

Poi si voltò lentamente per dirigersi nella direzione opposta a quella da dove erano venuti. Da quel momento era nuovamente sola in territorio potenzialmente ostile ed il viaggio si preannunciava lungo. Speriamo solo che Vyktor non si fermi in troppe taverne, si disse sorridendo mentre accelerava il passo.

 

Jaime

 

Non si poteva certo dire che avessero paura di essere notati. Jaime aveva elaborato un itinerario attraverso campagne e villaggi sperduti che tenesse l’esercito alla larga da città e castelli nemici, ma Bronn l’aveva definito noioso. Aveva stracciato le mappe e aveva detto: “Sai, i nostri antenati hanno costruito una meravigliosa strada che porta diritta ad Alto Giardino, perché dobbiamo impiccarci in quel modo?”

Jaime era rimasto inderdetto. “La Via delle Rose è trafficata…” aveva replicato aggrottando le sopracciglia.

“E che sarà mai” aveva detto con sufficienza Bronn, “avremo un fottuto esercito, chi mai potrà darci noie? Arriveremo più in fretta, dammi retta…” Tanto aveva detto e tanto aveva fatto che alla fine Jaime aveva ceduto.

Erano partiti la mattina presto da Approdo del Re con un esercito di circa trentamila unità, provviste per massimo una settimana e senza il saluto della regina. Jaime aveva atteso invano che Cersei si affacciasse almeno alla sua terrazza, ma le finestre erano sprangate e da dentro non proveniva nessun suono. Aveva dovuto accettare il fatto che sua sorella non volesse salutarlo e aveva portato il suo cavallo in testa alla colonna, tentando di evitare le chiacchiere incessanti di Bronn. Voleva rimanere da solo.

Non era sicuro del piano di Cersei e non avrebbe voluto abbandonarla da sola in una città che la odiava. Come poteva essere sicura che Daenerys decidesse di rimandare l’attacco? Perché gli era sembrata quasi ansiosa di liberarsi di lui? E soprattutto, credeva davvero di poter ottenere la fedeltà dei lord dell’Altopiano assediando un castello deserto? Semmai se li sarebbe ritrovati tutti contro e avrebbero avuto un motivo in più per non lasciare la causa di Daenerys Targaryen.

Perfino il Sud era stato infine raggiunto dai segni dell’inverno e, oltre al cielo eternamente grigio, i venti si sbizzarrivano e sulle colline più alte erano perfino visibili tracce di neve e ghiaccio mattutino. Jaime si chiedeva come fosse il clima a Dorne in quel periodo. I dorniani conoscevano l’esistenza degli abiti pesanti?

La marcia procedeva nei tempi previsti e fortunatamente non si erano registrati incidenti degni di nota. Tuttavia tra le fila dell’esercito regnava il malcontento e Jaime aveva sentito alcuni soldati parlare di abbandono della missione. Non poteva certo biasimarli: la maggior parte di quegli uomini venivano dalle Terre dell’Ovest ed erano già stati molto fortunati a essere sopravvissuti alla Guerra dei Cinque Re. Neanche il tempo di tornare a casa dalle loro famiglie ed erano stati richiamati all’ordine dalla Regina Folle.

Jaime non poteva nemmeno biasimare le persone che chiamavano sua sorella a quel modo. Cersei nell’ultimo periodo era diventata sempre più spietata ed egoista e già solo l’uso dell’Altofuoco aveva fatto nascere più di un sospetto. Jaime sapeva di trovarsi in una posizione difficile, ma non se la sentiva di condannare completamente l’operato di sua sorella. Lo considerava più che altro come una quasi naturale conseguenza a tutto quello che Cersei aveva dovuto subire a causa del volere di altri. In fin dei conti, pensava, se al Tridente avesse vinto Rhaegar, forse la Storia avrebbe avuto un esito diverso.

Nonostante da bambini Cersei avesse sempre cercato di mascherare la sua infatuazione per il principe, Jaime non avrebbe mai potuto dimenticare il viso pallido e gli occhi rossi di pianto di sua sorella quando Aerys Targaryen non aveva acconsentito al matrimonio. Forse se Cersei avesse sposato Rhaegar come era giusto, lei non si sarebbe sentita attratta da suo fratello e Joffrey, Myrcella e Tommen non sarebbero mai nati. Visto il loro destino, si diceva Jaime amareggiato, sarebbe stato meglio, per tutti.

Avrebbe rinunciato all’amore che provava per Cersei se ciò avrebbe comportato la felicità di sua sorella. Perché Cersei non era mai stata felice e il legame con Jaime non le era bastato. Jaime, invece, l’aveva amata oltre l’anima ed era doloroso accettare che per la gemella non fosse stato lo stesso.

Al terzo giorno di viaggio Bronn si era finalmente deciso ad abbandonare la retroguardia per raggiungere Jaime in testa. Appariva piuttosto rassegnato e la sua espressione era esilarante.

“Cosa c’è che non va, ser?” chiese Jaime fingendo un tono preoccupato “La cavalcatura non è di tuo gradimento?”

Bronn fece una smorfia. “Magari” borbottò, “mi chiedevo se per caso ci fossero dei bordelli qui vicino…”

Jaime scoppiò a ridere. “Ma non eri tu quello che voleva andare dritto ad Alto Giardino?” chiese ironico “Seguendo il mio percorso ci saremmo fermati in moltissimi villaggi, ma qui siamo in aperta campagna…”

“Vero” ammise Bronn, “ma sei tu che hai proibito ai soldati di portare delle puttane.”

Jaime alzò gli occhi al cielo. “Bronn, le provviste basteranno a stento a sfamare l’esercito” osservò, “e ricorda che la regina ha…”

“Chiuso tutti i bordelli di Approdo de Re” concluse per lui Bronn, “ma io infatti non intendevo puttane della capitale…”

Jaime decise di cambiare argomento. “Sai già come disporre i soldati?” chiese tanto per dire qualcosa.

“Ma sei tu il comandante!”

Jaime ghignò. “Giusto” concordò, “allora magari ti piazzo nell’avanguardia...”

“Primo: ci sono già stato una volta con il tuo fratellino e quello a prendere un martello in testa è stato lui” disse Bronn contando sulle dita. “E secondo: non credo avremo bisogno di un vero e proprio schieramento. Attacchiamo un castello vuoto, ricordi?”

Bronn alzò lo sguardo verso le nuvole gonfie di pioggia. “E poi” continuò, “stiamo parlando di Alto Giardino, credi troveremo qualcosa di più di rose e fiori?”

Jaime sorrise. “Con questo tempo nemmeno quelli” osservò spronando il cavallo.

La quinta sera giunse all’accampamento un corriere dal cavallo sfinito per la corsa con una lettera dalla regina. Jaime non si illudeva: se Cersei gli aveva scritto, era per dargli ordini, non certo per salutarlo. Strano anche il fatto che avesse preferito un corriere ai più comodi corvi, probabilmente voleva evitare che la lettera cadesse in mani sbagliate. Jaime ruppe il sigillo del leone ed iniziò a leggere muovendo solo le labbra.

Al comandante Jaime Lannister

Ho notizie a dir poco negative. Euron Greyjoy ha miseramente fallito e, da quel che sappiamo, Jon Snow ha raggiunto la Targaryen. Ciò significa che non mi resta molto tempo prima che decida di attaccare la capitale. La missione di Alto Giardino deve proseguire, ma anche su questo fronte ti devo mettere in guardia. Non si sa bene chi, e voglio ben sperare per te che non sia stato uno dei tuoi sottoposti, ma qualcuno ha spifferato i nostri piani alla ragazzina dei draghi, che ha inviato una guarnigione nell’Altopiano. Non ho idea di quanti siano, ma il piano rimane uguale. Combattete, vincete e in ogni caso non arrendetevi. Scrivimi quando avrai preso Alto Giardino e fai in fretta, Jaime: ho bisogno delle mie truppe.

Cersei Lannister, prima del suo nome, regina degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, Protettrice del Reame.

Jaime si accorse di aver rovinato la lettera a furia di stringerla fra le dita dell’unica mano che gli restava. Ho bisogno delle mie truppe, pensò irritato sollevando un sopracciglio. E al tuo fratellino non ci pensi, Cersei?

In ogni caso Jaime dovette essere riconoscente alla sorella per averlo messo al corrente del problema a cui stavano andando incontro. Quanti soldati può contare questa guarnigione inviata da Daenerys? si chiese stringendo le labbra Abbiamo o no almeno il vantaggio numerico?

Decise di andare a cercare Bronn e lo trovò che russava rumorosamente nella sua tenda. Batté la mano d’oro sullo scudo che il mercenario aveva lasciato sul pavimento e Bronn si svegliò di soprassalto.

“Ma che cazzo hai nella testa?!” urlò lui balzando a sedere. Jaime gli lanciò i pantaloni. “Credo che l’avanguardia sia da escludere” disse in tono stanco, “Daenerys ha inviato un piccolo comitato di benvenuto.” Bronn rimase a fissarlo per qualche secondo.

“Merda.”

Iniziarono subito a lavorare al piano d’attacco, o meglio, Jaime lavorava mentre Bronn si limitava a sbadigliare e annuire.

“Se siamo fortunati l’esercito di Daenerys sarà ancora in marcia” spiegò Jaime camminando avanti e indietro, “ma dobbiamo prendere il castello in fretta.”

“Secondo te ci sarà anche Daenerys Targaryen?” chiese all’improvviso Bronn senza cercare alcun collegamento logico. Jaime si fermò, preso in contropiede.

“Non credo” rispose, “perché?”

Bronn si protese in avanti. “Dicono sia la donna più bella del mondo e…”

“Non pensarci nemmeno” lo interruppe Jaime, “non abbiamo tempo.” Bronn sbuffò e imprecò a bassa voce.

“Ti ho sentito” disse Jaime dandogli le spalle. “Se vuoi lo posso ripetere ad alta voce” si offrì Bronn ridendo e Jaime preferì far finta di niente.

Il settimo giorno di marcia giunsero finalmente in vista di Alto Giardino. Proprio come avevano previsto l’esercito di Daenerys non era ancora arrivato e il castello era protetto da pochissimi soldati.

L’inverno aveva posato le sue gelide mani anche su quello splendore che era di solito Alto Giardino. Le rose erano morte e gli alberi spogli sembravano artigli più che eleganti siepi ben curate. Il marmo bianco che solitamente scintillava come perla sotto il sole, era ora opaco e la scarsa luce metteva in evidenza le sue antiestetiche venature. L’acqua del piccolo fossato era torbida e sabbiosa.

Jaime inviò un ragazzo ad accogliere la resa degli abitanti. Al ritorno il ragazzo arrivò seguito da una sentinella. “Lady Alerie vuole discutere i termini della resa personalmente con te” disse il soldato, “ti prego di seguirmi dentro da solo.”

“Come posso essere certo che non sia una trappola?” chiese Jaime sospettoso.

“Non ce ne sarà bisogno” disse una voce femminile alla loro destra. Sul portone era comparsa una donna.

Portava un lungo vestito nero dalla scollatura generosa e alle orecchie aveva delle piccole perle. I capelli castani striati di bianco erano raccolti in un’acconciatura che lasciava libera qualche ciocca ad incorniciare il volto. Nonostante qualche lieve segno del tempo, Alerie Hightower rimaneva una bella donna e la somiglianza con la figlia Margaery era impressionante.

“Vieni avanti, Sterminatore di Re” disse Alerie in tono glaciale, “possiamo parlare qui fuori se hai così paura dei miei trucchi.” Jaime strinse le labbra e avanzò. Ora si trovavano faccia a faccia sul soffice prato davanti all’entrata. Gli occhi di Alerie erano azzurri e non lasciarono quelli di lui nemmeno per un secondo.

Jaime iniziò a sentirsi a disagio e sentì la necessità di dire qualcosa. “M-mi dispiace molto” balbettò deglutendo, “per i tuoi figli.” Fece una pausa. “E tuo marito” aggiunse poi.

Alerie sollevò un sopracciglio sottile. “Grazie per le tue parole gentili” disse con fredda cortesia, “sono da parte di tua sorella?”

Jaime si morse il labbro. “Cersei non avrebbe voluto…”

“Risparmia il fiato” lo interruppe subito Alerie ora con voce tremante, “tua sorella ha fatto saltare in aria il tempio di proposito.” Aveva gli occhi lucidi. “I miei figli…” non riuscì a finire la frase che scoppiò in pianto. Jaime non sapeva bene cosa fare.

“So che cosa Olenna si aspetta da me” disse Alerie fra le lacrime, “che io sia forte e non ceda, ma non ce la faccio… i miei figli…” Le ultime parole furono rese incomprensibili dai singhiozzi. Jaime attese che si calmasse.

Alerie sollevò una mano pallida e si asciugò il volto, sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio. “Non pensare che io non sappia perchè sei qui” disse ricomponendosi, “perché Cersei ti ha inviato qui. Vuole che l’Altopiano si schieri dalla sua parte… FOLLE!” Jaime quasi arretrò, colto alla sprovvista da quella veemente esclamazione.

“Dopo tutto quello che ci ha fatto” stava proseguendo Alerie ormai completamente passata dalla disperazione alla rabbia, “crede sul serio di avere una possibilità? No, abbiamo ancora una dignità e non ci piegheremo.”

Jaime capì che era arrivato il momento di intervenire. “Ascoltami” le disse con dolcezza abbandonando le formalità di rito, “io non approvo ciò che ha fatto Cersei, non ero lì quando è successo altrimenti forse avrei potuto fermarla.”

“E allora” ribatté Alerie, “se davvero non approvi, perché sei qui? Perché esegui ancora i suoi ordini?”

Bella domanda, sinceramente non ne ho idea. “Perché è mia sorella” rispose Jaime, “e ho giurato di obbedirle.”

Alerie lo studiò per un istante ed annuì. “E allora perché esiti?” chiese socchiudendo gli occhi ancora gonfi “Perché sei qui a parlare con me?”

Jaime sospirò. Perché voglio complicarmi la vita. “Per darti una possibilità” replicò. “L’esercito che Daenerys ha inviato non arriverà mai in tempo, quindi consegna il castello e non sarà fatto alcun male a nessuno degli abitanti.” Gli sembrava di rivivere l’incontro con il Pesce Nero a Delta delle Acque: possibile che toccasse sempre a lui quella parte?

Alerie sorrise. “Se avessi voluto salvarmi non sarei qui” rispose, “mio padre mi ha pregata tante volte di tornare a Vecchia Città, ma ho sempre rifiutato.”

“Non devi difendere ad ogni costo questo castello” osservò Jaime, “faresti meglio a tornare a casa.”

“Io sono a casa” disse Alerie guardandolo dritto negli occhi, “e non voglio vivere abbastanza da vederla profanata dagli assassini della mia famiglia. Non mi interessa cosa tu o Olenna vogliate da me, adesso sarò io a decidere.” Estrasse dalle pieghe della veste un corto pugnale e ne appoggiò la punta sul seno sinistro.

Jaime era rimasto paralizzato. Ma perché ogni volta che cerco di aiutare la situazione deve sempre degenerare? si chiese sconfortato. “Alerie…” la chiamò tentando di non perdere la calma “Non fare sciocchezze, ti prego… Lascia il pugnale.” Alerie scosse la testa: le lacrime avevano ripreso a scorrerle lungo le guance. E’ impazzita, pensò con orrore Jaime maledicendo la propria impotenza.

“Pensi che sono pazza, vero?” gli chiese Alerie con un risolino isterico “Invece sono lucidissima. So che Cersei ti ha detto di prendermi prigioniera per usarmi come ostaggio per convincere mio padre, e quindi l’Altopiano, ad appoggiarla, ma non ho alcuna intenzione di giocare questo ruolo.”

Si fermò a riprendere fiato. “Mi avete portato via tutto” continuò quasi in un sussurro, “mio marito, i miei adorati figli e ora la mia casa. Non posso vendicarmi,” scoppiò a ridere, “sarebbe troppo difficile, ma posso ostacolarvi. E se questa è l’unica arma che mi rimane, non esiterò ad usarla.”

Il movimento fu troppo veloce e Jaime non poté fare nulla se non guardare Alerie affondarsi la lama nel cuore e accasciarsi senza un gemito. Il suo corpo si piegò con grazia e Jaime vide che stava sorridendo. Come in un sogno si passò la mano sinistra fra i capelli e non rispose a Bronn che, arrivato di corsa, lo stava martellando di domande. Si udì il suono lontano di un corno.

“Cosa c’è ora?” chiese Bronn anch’egli scosso dalla vista del cadavere di Alerie. Jaime sollevò lo sguardo. In lontananza una nuvola di polvere si sollevava dove gli zoccoli di innumerevoli cavalli colpivano terra.

“Credo sia l’esercito di Daenerys” rispose sbattendo ripetutamente le palpebre.

“Che facciamo?” chiese Bronn fissandolo “Come ci disponiamo?”

“Niente” rispose Jaime scuotendo la testa, “li aspettiamo.”

E, senza attendere la risposta di Bronn, gli voltò le spalle e si sedette affianco al corpo della lady di Alto Giardino, in attesa.

             
   
                                                                                                                           "Non si piange sulla propria storia, si cambia rotta."






N.D.A.


Bentornati voi tutti!
Oggi sarò breve perchè ritengo il capitolo parli abbastanza già da sé XD XD La prima battaglia e le prime morti... Ovviamente non sono ancora morti personaggi importanti, ma posso dirvi che non tarderanno XD Sì, sono abbastanza sadica ^_^ . La battaglia di Porto Bianco non è finita, nei prossimi capitoli si vedrà l'altra parte dell'assalto in mare con le navi di Yara.
Mi scuso già per le scene d'azione, non sono esattamente il mio forte, ma nei prossimi scontri dovrebbero migliorare :-)
Spero in ogni caso il capitolo vi sia piaciuto!

Come al solito i ringraziamenti dovuti ai miei fedelissimi recensori... Grazie mille a giona, __Starlight__, GiorgiaXX, NightLion e Spettro94. Un ringraziamento speciale anche ai soliti Gian_Snow_91, leila91 e Azaliv87 (e ti prometto che risponderò a quella recensione lunghissima, abbi fede ^_^'')... Sono contenta anche perchè il primo capitolo di questa storia ha superato le mille visite, non so se è tanto, ma per me è un bellissimo traguardo!

Un saluto a tutti e alla prossima!

PS: la citazione di questa volta è del filosofo spagnolo Spinoza e l'ho pensata come perfetta per Theon che finalmente si sta lasciando il passato alle spalle accettando di cambiare.


 

 

   
 
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