Fanfic su artisti musicali > B2ST/Beast
Segui la storia  |       
Autore: Monijoy1990    28/06/2018    0 recensioni
Questo racconto rappresenta il proseguimento di "Love story". Quindi invito chiunque non lo abbia letto a farlo prima di iniziare.
Roberto è un ragazzo arguto e intelligente con un futuro già scritto a lettere cubitali nel suo destino e un sogno in minuscole chiuso in un cassetto. Avvocato, dottore o ingegnere questo ciò che vorrebbero i suoi genitori per lui. Ma cosa vuole davvero Roberto? Diventare un cantante. Così il Giappone diventerà la sua strada e la Kings Record la sua meta. Durante il suo viaggio verso il successo il destino gli tenderà tante sorprese improvvise. Riuscirà grazie alla sua arguzia e al suo buon cuore a superare le sue insicurezze? Tra triangoli amorosi e amicizie inaspettate, sarà in grado di realizzare il suo sogno? Troverà la sua strada?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 41
ESPLODE LA BOMBA

Giappone
 
Roberto era fermo mentre contemplava il monitor del computer portatile di Toshi. Purtroppo non era riuscito a fare breccia nel sistema. Aveva bisogno di entrare nel server principale della casa discografica e per farlo doveva avere accesso a uno dei computer all’interno della rete locale.
Sospirando si rivolse ai due al suo fianco.
«Ragazzi, per oggi lasciate stare Take, ho bisogno di voi. Dovete coprirmi le spalle mentre entro nella Music Station».
Kei sgranò gli occhi sconvolto.
«E come pensi di riuscirci?»
«Un modo lo troveremo, prendete i vostri cappotti e seguitemi», detto questo chiuse il computer e recuperato il proprio giubbotto di pelle fece strada a Kei e Shin ancora perplessi.
Toshi nel frattempo aveva raggiunto suo padre alla Kings Record. Era fuori dalla porta del suo studio indeciso se bussare o meno, quando la porta fu spalancata cogliendolo alla sprovvista. A uscire dalla stessa fu proprio Rio vestito come sempre di tutto punto.
«Toshi, cosa ci fai qui?» esordì sorpreso di vederlo.
«Papà volevo parlarti…» avanzò sicuro il leader, ma Rio quella mattina doveva evitare in ogni modo suo figlio perciò cercò di sbolognarselo con una scusa.
«Mi dispiace, qualunque cosa sia, ne riparleremo più tardi. Adesso ho da fare…».
Toshi riusciva sempre a capire quando suo padre mentiva, quando lo faceva puntualmente sollevava le sopracciglia aggrottando la fronte.
Così lo trattenne prima che potesse allontanarsi.
«Papà cosa sta succedendo? Perché mi stai evitando? Cosa non vuoi farmi sapere?»
Rio sospirò, alla fine con suo figlio andava a finire sempre così.
«Se proprio vuoi saperlo te lo dirò. Dopotutto adesso sei il leader…».
Arresosi agli occhi duri e intransigenti di suo figlio, Rio fece in modo che allentasse la presa sul suo braccio, poi lo spronò a seguirlo verso l’ascensore.
«Ho due brutte notizie da darti questa mattina figlio mio…».
«Di cosa si tratta?»
Erano davanti l’ascensore. Rio si guardò intorno con aria circospetta poi spinse il tasto a forma di triangolo che puntava verso il basso che si illuminò immediatamente. In seguito tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un pacco di sigarette nuovo di zecca. Ruppe l’imballaggio e ne uscì fuori una portandosela alla bocca. Erano anni che Toshi non vedeva suo padre fumare.
«Papà…» lo ammonì suo figlio.
«Tranquillo non ho intenzione di accenderla… anche se la tentazione è davvero molta, devo ammetterlo…»
Quando le porte si aprirono entrambi entrarono nell’ascensore. Una volta che queste si richiusero, Rio riprese il discorso interrotto.
«Toshi in questo momento ho davvero bisogno che tu sia forte, forse anche più di me…»
«Lo sarò!» Toshi lo disse con un tale impeto e con una tale sicurezza che a Rio quasi sfuggì un mezzo sorriso compiaciuto. Era fiero di suo figlio. Poi si tolse la sigaretta dalla bocca e guardò dritto negli occhi Toshi, lo stesso scorse un velo di amarezza mista a tristezza e rassegnazione negli occhi stanchi di suo padre.
«Toshi, Hiro sta morendo».
Rio lo disse in un modo così diretto che
Toshi pensò davvero che le sue orecchie avessero travisato le parole di suo padre.
«Papà, dimmi che ho capito male… ».
Rio a quel punto tirò fuori un paio di occhiali da sole indossandoli freddo come un iceberg .
«Hai sentito bene, purtoppo. Non chiedermi di ripeterlo. Te ne prego…»
Toshi non poteva crederci.
Subito i suoi pensieri volarono al suo amico in Cina. Jona era sparito per un valido motivo dopotutto.
«Papà ma allora dove stai andando?»
«Da una vecchia amica che ha bisogno di me…»
Toshi capì subito di chi stesse parlando suo padre.
«Papà vengo con te».
Le porte si riaprirono. Erano arrivati nella hall della casa discografica.
«Ho bisogno che tu resti qui, devi occuparti di una cosa per conto mio…»
 «Papà non puoi dirmi una cosa del genere e pretendere che io resti qui…» sbottò Toshi fuori di sé.
Rio arrestò la sua avanzata, girandosi verso suo figlio e sfilandosi le lenti scure dagli occhi.
«So benissimo che vorresti stare vicino a Jona in questo momento, ma non dimenticare il tuo ruolo. Sei un leader e Jona non è l’unico membro che adesso ha bisogno del tuo aiuto… In ogni caso sono sicuro che Jona non vorrà vedere nessuno di voi in questo momento. Lo so perché ci sono passato anche io molto tempo fa. Gli darete tutto il vostro supporto quando lo riporterò in Giappone. Misako mi ha chiamato per questo motivo…»
«Non ho altra scelta dico bene?»
«Mi dispiace figliolo. Non rendermi le cose più difficili…»
Toshi acconsentì suo malgrado.
«Ma gli altri dei BB5 lo sanno?»
Rio scosse la testa.
«Misako mi ha chiesto di mantenere il segreto con gli altri… gli unici a sapere la verità siamo io, tu, Misako e Jona…»,
«Capisco»completò deluso e dispiaciuto Toshi.
Rio prese per le spalle suo figlio, «Toshi è importante che tu non dica nulla di questa storia ad anima viva, mi odierei davvero se divenisse inchiostro su carta stampata. L’ultima cosa di cui Jona e Misako hanno bisogno in questo momento è il ficcanasare della stampa».
Toshi acconsentì.
«Sapevo avresti capito…» concluse Rio dando una pacca sulla spalla di suo figlio.
«Papà ad ogni modo, non avevi detto che le brutte notizie erano due? cosa vuoi che faccia qui?» lo riprese Toshi.
«Giusto. Tra poco più di un’ora la Music Station rilascerà una dichiarazione davanti la stampa nazionale. Ho bisogno che anche tu ne rilasci una prima di loro qui tra venti minuti. Bisogna attaccare prima che loro attacchino noi».
Toshi mise su uno sguardo contrariato.
«Papà sei sicuro che sia la mossa giusta?»
«Perché? Cosa non ti convince?»
«Credo sia meglio farli uscire allo scoperto, poi attaccheremo con le nostre armi. Se ci proteggessimo prima di un attacco sembrerebbe che abbiamo qualcosa da nascondere e sono sicuro che la cosa non giocherebbe a nostro favore…»
Rio si strofinò il mento.
«Forse non hai tutti i torti… Ma non abbiamo altra scelta…».
«Papà, fidati di me, aspetta a rilasciare qualsiasi intervista. Concedimi qualche ora».
Rio squadrò meglio suo figlio, indeciso sul da farsi, poi sospirò.
«D’accordo ti concedo qualche ora… poi dovremo comunque passare al contrattacco».
Toshi acconsentì, poi, salutato suo padre, corse a chiamare i ragazzi. Era arrivato il momento di portare allo scoperto la verità.
 
Roberto, Kei e Shin erano da poco arrivati alla Music Station quando ricevettero la chiamata di Toshi che gli comunicava il cambiamento di piano. Non potevano sperare in nulla di meglio. Primo perché quasi tutti nella casa discografica della Music Station sarebbero stati impegnati a gestire il via vai dei giornalisti per la diretta televisiva dando modo a loro di confondersi con la massa, secondo perché questo significava che sia il direttore Mashimoto che Take e Yukino sarebbero rimasti bloccati a discutere con i giornalisti per almeno una mezz’ora e questo avrebbe dato modo a loro tre di agire indisturbati ai piani alti senza rischio di interferenze. Roberto ricordava benissimo che nello studio del direttore Mashimoto c’era un pc. Era sicuro che li avrebbero trovato quello che stavano cercando.
Meditando sulla prima mossa da fare i tre erano in attesa nascosti dietro una macchina fuori dalla Music Station. Roberto stava riflettendo sul piano che avrebbero messo in azione, quando l'occasione si presentò ghiotta sotto i loro occhi troppo succulenta per non coglierla subito.
Il camioncino di una piccola emittente locale era stata raggiunta da tre individui. Due di mezz'età mentre il terzo sembrava un ragazzino alle prime armi  con indosso un berretto nero. Il più piccolo dei tre con il berretto era sicuramente il giovane apprendista costretto a trasportare l'attrezzatura, il secondo sulla quarantina era il cameramen e il terzo stando al suo abbigliamento sofisticato doveva trattarsi del giornalista. Roberto, Shin e Kei cercarono di avvicinarsi il più discretamente possibile alla vettura della mittente. Erano dall'altro lato del furgone mentre il giornalista si lamentava irrequieto dal lato opposto della vettura.
«Vado a prendere un caffè non ce la faccio più, la gente di spettacolo non ha proprio rispetto per il lavoro degli altri. È già dura aspettarli normalmente ma adesso dirci che ci sarà un'ora di ritardo è troppo.... potevano anche rimandarla porca miseria. Vado a sbollire voi due che fate?».
«Vengo anche io, tu chiudi il furgone e poi raggiungici» disse il cameramen lanciando le chiavi al ragazzo con il berretto.
«Mi raccomando metti tutta l'attrezzatura a posto e chiudi per bene». Detto questo i due si rifilarono lasciando il giovane e inesperto assistente a sistemare la telecamera i microfoni e due borsoni belli carichi di attrezzatura. Mentre questo sistemava la roba, Roberto approfittando dei rumori del ragazzo aprì leggermente lo sportello del lato passeggero poi rimase nascosto, schiacciato insieme agli altri due alla carrozzeria in paziente attesa che il ragazzo con il berretto chiudesse e andasse via. Ovviamente l'ignaro apprendista non aveva notato che uno degli sportelli era rimasto aperto. Una volta che si fu rifilato Kei si fiondò all'interno della vettura mentre Roberto gli copriva le spalle controllando che i tre non arrivassero proprio sul più bello. Per loro fortuna avevano lasciato all'interno i loro cartellini identificativi. Kei li agguantò, e insieme ad essi recuprò anche un paio di berretti della mittente che erano stati lasciati sul posto passeggero. In seguito li porse ai suoi due amici. I tre erano finalmente pronti a fare irruzione nella Music Station.
Cina
Jona era seduto difronte a sua madre mentre entrambi sorseggiavano in silenzio la propria tazza di thè caldo. Jona si guardò intorno. Nel bar di quella clinica privata c’era poca gente. Doveva essere per l’orario. Poi improvvisamente Misako interruppe quel silenzio.
«Jona, voglio che tu ritorni in Giappone…»
«Ma mamma…» lo riprese subito il ragazzo.
«Non contraddirmi Jona. Ho già contattato Rio. Ti riporterà indietro».
Jona si sollevò carico di ira dalla sedia sbattendo nervosamente le mani sul tavolo.
«Come puoi chiedermi di andare via mentre mio padre sta per lasciarci… Non credi sia troppo crudele?»
Misako depose la tazza di thè delicatamente su quel tavolino che la separava da suo figlio. Anche se sapeva che lui non avrebbe mai capito era la cosa migliore che potesse fare per lui.
«Jona, tuo padre quando ha saputo della tua fuga in Giappone non ha mosso ciglio. Anzi, era molto fiero di te, al contrario di me devo ammetterlo. Per certi versi credo vedesse in voi quello che un giorno fu il gruppo di cui faceva parte: i BB5. In quella occasione mi ha supplicato di incoraggiarti e spingerti a non mollare. Dovevi realizzare quel sogno che un tempo era stato anche il suo. Questo è stato il suo desiderio. Mi chiese di mantenere il segreto della sua condizione di salute con te anche nel caso in cui si fosse aggravata. Non voleva diventare un ostacolo sul tuo cammino. E io non posso permettere che le ultime volontà di tuo padre non vengano rispettate. Per questo adesso devi tornare con Rio in Giappone. Hai un concerto da preparare.»
Jona irritato dalle parole senza senso di sua madre distolse il suo sguardo. Per lui la priorità era stare vicino a suo padre. Senza aggiungere nulla uscì irritato dal bar lasciando sua madre da sola.

Giappone
 
Una volta camuffati alla meglio Roberto, Kei e Shin erano pronti a entrare in scena. Alla testa del gruppo c'era Kei. Aproffittando della confusione dei giornalisti e delle troup televisive, mostrò con molta rapidità il proprio cartellino identificativo alla sicurezza all'intenro della casa discografica. La stessa per la fretta non notò che la foto non combaciasse e li lasciò passare indisturbati.
 Una volta dentro i tre si diressero verso gli ascensori. Se non ricordavano male lo studio del Direttore Mashimoto era all'ottavo piano.
Una volta giunti a quel corridoio iniziarono a perlustrare l'ambiente alla ricerca di una targhettina che indicasse loro quale porta aprire.
Shin fu il primo a indicarla e fece segno agli altri due di seguirlo. Erano quasi arrivati quando una guardia di sicurezza sbucò improvvisamente nel corridoio. Roberto istintivamente prese i suoi due amici per le magliette e li tirò via all'interno di un corridoio secondario.
«Siamo in troppi qui, stando tutti insieme rischiamo di essere presi. L'ideale è dividersi. Kei, tu resta di guardia vicino l'ascensore. Ho appena visto una stanza che sembra uno sgabuzzino. Puoi controllare da lì se dovesse salire qualcuno e avvisarmi per tempo. Shin, tu invece è meglio che resti giù nella hall confondendoti tra gli altri giornalisti. Devi essere i nostri occhi ai piani bassi e avvisarci se vedi qualcosa di sospetto. Togliete le suonerie e mettete la vibrazione al minimo. Così dovrebbe andare bene...».
I due non ebbero nulla da aggiungere e si prepararono a raggiungere le loro postazioni. Roberto si sporse oltre il muro. il corridoio era ritornato deserto, la guardia doveva essersi allontanata. Era il momento giusto. Fece segno ai suoi amici di andare. I due non se lo fecero ripetere per la seconda volta.
Mentre Kei si nascondeva nel deposito di servizio di quel piano e Shin scendeva al piano terra, Roberto corse verso la porta dello studio del Direttore. Stava per aprire, quando si arrestò improvvisamente scosso da una considerazione non indifferente. E se dentro ci avesse trovato proprio il Direttore? Prima di proseguire allora si sporse per verificare che dall'interno non provenissero voci. Quando si avvicinò con l'orecchio alla porta notò che dall'interno non proveniva alcun brusio, così si fece coraggio e spalancò la porta dopotutto non aveva altra scelta. Per sua fortuna all'interno non c'era nessuno. Senza perdere tempo si infilò nella stanza chiudendo fulmineo la porta, poi si posizionò vicino il pc e senza perdere tempo si mise subito all'opera.
Allo stesso tempo Take si preparava con Yukino all'inizio di quella intervista che avrebbe completamente stravolto le carte in tavola. Era seduto sulla sedia della sua postazione trucco mentre si torturava le mani. Prese il telefono e iniziò a spulciare sulle varie notizie di internet per non pensare a quanto stava per fare. Poi la sua attenzione cadde su un video rimasto in memoria nella home del suo profilo you tube. Lo fece partire. Era il video dell'esibizione fatta al parco con gli altri ragazzi.
Dentro di sè continuava a chiedersi cosa fosse cambiato da quel giorno.
Ma proprio mentre i suoi occhi si stavano facendo lucidi e il suo animo nostalgico Yukino fece capolino alle sue spalle.
«Cosa guardi? Dallo specchio sembravi così triste che non ho resistito!».
Take nascose subito il cellulare nella tasca dei pantaloni.
«Nulla di importante ormai» le rivelò sforzandosi di sorridere.
Yukino allora prese posto sulle sue gambe sedendogli in braccio e abbracciandolo. Take ricambiò più sollevato quel gesto portando le proprie mani sui fianchi sinuosi di lei.
«Yukino pensi sia davvero la cosa giusta da fare? Io volevo uscire dal gruppo ma quello che mi sta chiedendo di fare il Direttore mi sembra troppo...»
Yukino si distaccò da Take spalancando i suoi occhi sconvolta.
«Ma cosa stai dicendo?! Ti sei forse dimenticato tutto quello che ti hanno fatto gli altri Hope? Non dirmi che proprio adesso che hai la possibilità di restituirgli tutto con gli interessi vuoi tirarti indietro?».
Take reclinò lo sguardo afflitto.
«Lo so, ma mentire non mi è mai piaciuto...»
Yukino con l'indice sollevò il mento dell'altro sfidandolo a guardarla dritto negli occhi.
«Anche se non ci piace alle volte la vita ci impone di mentire, anche se sappiamo che questo potrà ferire qualcuno purtroppo in certi casi è l'unica cosa che possiamo fare per salvare noi stessi. Non ti lascerò mollare proprio ora. Non faremo vincere quei cinque ragazzini viziati!».
Take acconsentì ancora poco convinto di quello che a breve avrebbe fatto.
Yukino gli accarezzò il viso poi gli diede un bacio sulla guancia.
«Adesso devo andare. Il direttore ha detto che vuole vedermi nel suo studio prima dell'intervista. Tu nel frattempo non farti venire strani ripensamenti. Chiaro? Non riesco a sopportare di vederti star male così per chi non lo merita.» Detto questo la giovane si alzò dalle gambe di Take e si diresse verso l'ascensore per raggiungere lo studio del direttore.
Kei, appostato con la porta socchiusa, controllava diligentemente l'ascensore che si apriva e si chiudeva. Ogni volta era un tuffo al cuore. La tensione era veramente alta. Non potevano rischiare di essere scoperti.
In quel momento le porte si aprirono ancora una volta ma a differenza delle volte precedenti non si trattava delle tante donne delle pulizie o personale con cartellino al collo, quella che stava uscendo da quell'ascensore era proprio Yukino affiancata dal direttore.
Senza perdere tempo Kei chiamò Roberto.
Il ragazzo italiano era alle prese con il sistema informatico interno. Era riuscito a entrare ma non a trovare qualcosa di davvero interessante. Tranne una cartella con uno strano sistema di sicurezza. Il tempo era veramente minimo perchè lui riuscisse a trovare il modo di aprirla in quel momento, così pensò di scaricare tutto il materiale possibile direttamente sul suo hard-disk una volta tornato al dormitorio avrebbe provato ad accedervi. Era arrivato al 98% del download quando una chiamata di Kei lo fece trasalire.
«Kei, dimmi tutto» rispose bisbigliando al telefono.
«Il Direttorere e Yukino sono appena arrivati. Nasconditi».
Roberto chiuse il portatile, spense forzatamente il pc nello studio e si nascose dietro una tenda a pannello dell'ufficio.
Fece quasi in tempo a nascondersi. Quando entrarono il Direttore e Yukino aveva appena richiuso la tenda. Il cuore gli batteva così forte che gli sembrava potesse esplodergli, da un momento all'altro,  fuori dalla cassa toracica. Nonostante questo fece un respiro profondo e recuperò la sua lucidità. 
Senza perdere tempo, recuperò il  telefonino dalla tasca e iniziò a registrare, pensò che il dialogo tra quei due gli sarebbe potuto tornare utile in un secondo momento.
Yukino, entrata subito dopo il direttore, si aggiustò un ciuffo di capelli dietro all'orecchio deglutendo vistosamente mentre chiudeva la porta della stanza. Si sentiva sempre a disagio quando era sola con il direttore.
«Yukino dimmi un pò come sta andando con Take?» intervenne il trentenne alto e con i capelli gelatinati ripartiti in quella rigida riga laterale mentre si aggiustava gli occhiali tondi sul naso.
La ragazza  sollevò il suo sguardo verso il giovane direttore Mashimoto appoggiato alla scrivania davanti a lei.
«Sta avendo qualche ripensamento. Non vuole mentire e buttare fango sugli altri Hope. Ciononostante, probabilmente, sono riuscita a convincerlo». Il Direttore si avvicinò con un sorriso maligno al viso di Yukino, le prese il mento con l'indice e il pollice e glielo sollevò in malo modo.
«Non c'è bisogno che ti ricordi cosa accadrà a te se non riuscirai a convincere Take a seguire il piano...»
Sul viso di Yukino si dipinse un'espressione di puro terrore.
Senza aggiungere una parola, la giovane acconsentì tremante.
«Bene», proseguì il direttore lasciando la presa sul suo mento.
Poi con occhi lascivi iniziò a perlustrare il corpo della giovane. Con l'indice le sfiorò il braccio destro scendendo giù lentamente «dopotutto hai le tue armi per convincerlo, dico bene?»
Yukino rabbrividì. Provò a retrocedere ma il direttore la trattenne bloccandola con le sue mani forti.
«La prego mi lasci...» provò a supplicarlo.
«L'avrai fatto così tante volte ormai dovresti essere abituata, dico bene?», detto questo il direttore la spinse vicino la scrivania e bloccandola alla stessa iniziò a baciarla su tutto il corpo provando a sollevarle il vestito.
«La prego mi lasci... non voglio...» il direttore le serrò però la bocca con una mano e si avvicinò all'orecchio della giovane.
«Non sempre possiamo fare  quello che vogliamo... »
Roberto sentiva che doveva intervenire...
Mandò un messaggio a Kei.
Poco dopo si sentìrono le grida di una guardia che urlava correndo per il corridoio. Il direttore allora si bloccò distaccandosi in malo modo da Yukino. Poco dopo qualcuno bussò alla porta.
«Avanti» ordinò perentorio il direttore Mashimoto mentre si ricomponeva. Un responsabile della sicurezza entrò.
«Signore credo ci siano degli intrusi su questo piano». Il direttore si sistemò alla meglio il nodo della cravatta e si richiuse la giacca.
«Meglio affrettarsi a rilasciare l'intervista prima che venga sabotata. Yukino ricomponiti e raggiungi Take al piano di sotto. Appena finisco qui vi raggiungerò per rilasciare l'intervista».
La ragazza ancora sconvolta vicino la scrivania si chiuse a riccio acconsentendo e reclinando il capo. La guardia la squadrò con fare divertito. Non sembrava neanche sconvolto per l'accaduto, chissà quante ragazze dovevano aver subito quel trattamento prima di lei.
Proprio mentre il direttore stava dicendo quelle cose la giovane nel tentativo di evitare il suo sguardo notò un paio di scarpe sbucare lievemente da una delle tende alle sue spalle. Ma rimase in silenzio.
Senza aggiungere altro il direttore si rifilò lasciando la giovane nella stanza.
Esitando la ragazza con il caschetto biondo platino si avvicinò alla finestra e con un gesto fulmineo scostò la tenda.
Dietro la stessa vi trovò Roberto con un pc tra le braccia e un telefono nella mano destra.
A quel punto fece qualche passo indietro sconvolta. Quella era l'ultima cosa che sarebbe dovuta accadere.
Roberto uscì dal suo nascondiglio e si avvicinò a Yukino.
«Se sapevi che ero qui perchè non hai detto nulla...».
«Ti prego va via» lo supplicò la giovane con le lacrime agli occhi stringendosi su se stessa ricoperta dalla vergogna.
«Yukino voglio aiutarti» proseguì Roberto cercando di avvicinarsi per consolarla ma la stessa si scostò infastidita.
«Non puoi farlo... Nessuno può farlo, non si può vincere contro di loro...»
«Hai ragione forse nessuno può riuscirci da solo ma con il tuo aiuto forse possiamo riuscire a tirare fuori da questa situazione te e Take»
«E perchè mai lo vorreste fare? Ormai dovreste avere tutto quello che vi serve in quel pc. Non avete bisogno di salvare me o Take. Avete la possibilità di salvarvi affondando noi. Dopotutto è quello che vi riesce meglio fare e, dopotutto, è l'unica scelta che avete».
Roberto le si avvicinò.
«Contrariamente a quanto pensi, tutti abbiamo una seconda scelta... In realtà il più delle voltese se non vediamo altre soluzioni è perché siamo noi in primis a non volerle vedere....»
Yukino distolse lo sguardo.
«Fidati di me» cercò di richiamarla a sè Roberto mettendo il cellulare nella tasca dei suoi jeans e porgendole la mano destra.
Yukino non sapeva davvero cosa fare, fissava quella mano sospesa indecisa se afferrarla o meno.
Prima che potesse prendere una decisione Roberto ricevette una chiamata. Senza esitare rispose. Era il piccolo del gruppo. Quelli dell'emittente televisiva si erano resi conto del furto e tutti nello stabile erano in cerca di loro. Dovevano muoversi ad uscire di lì. Roberto mandò un messaggio a Kei chiedendogli di raggiungerlo nello studio del direttore. Al momento era il posto più sicuro in cui stare: nessuno li avrebbe cercati lì dentro. Dovevano pensare a un piano per scappare. Kei spalancò poco dopo la porta, con il fianto mozzato per la corsa fatta si catapultò all’interno della stanza.
«E lei cosa ci fa qui?» esordì sorpreso di trovarci all'interno Yukino.
«È una lunga storia» gli rispose Roberto mentre l’altro lo fissava scettico.
«In ogni caso, si può sapere cosa diavolo ti è venuto in mente? Per quale stramaledetto motivo mi hai chiesto di uscire allo scoperto per creare un diversivo? L'idea non era forse quella di passare inosservati?»
Yukino squadrò sorpresa Roberto.
«Diciamo che dovevo interrompere qualcosa che non mi stava piacendo per niente... ad ogni modo questo non è importante, dobbiamo trovare il modo di uscire di qui prima che qualcuno ci scopra..»
Kei non riusciva a capire. Senza ribattere riprese in mano il discorso.
«Non sarà forse già troppo tardi?» asserì fissando di sbieco Yukino. Verso di lei nutriva ancora un intenso risentimento e la cosa era molto trasparente per tutti in quella stanza.
Yukino in quel momento sentì che in qualche modo era in debito con quei due e che doveva sdebitarsi in qualche modo con loro. Se non fossero intervenuti probabilmente per lei le cose con il direttore Mashimoto si sarebbero evolute per il peggio.
«Seguitemi... conosco un passaggio secondario» asserì avviandosi verso la porta.
«Perché mai dovremmo fidarci di te?» proseguì Kei squadrandola con scetticismo.
«Perchè ho appena fatto la mia scelta e ho scelto di aiutarvi, almeno per oggi..» affermò squadrando Roberto che acconsentì con un  leggero sorriso sul viso.
Kei scorse quello scambio di sguardi carico di sottintesi e leggendo la complicità negli occhi dei due decise di fidarsi del giudizio di Roberto e di seguire Yukino.
«Aspettate un attimo, abbiamo ancora un problema da risolvere, Shin è ancora giù nella hall».
Yukino si soffermò a riflettere.
«Ditegli di prendere le scale di emergenza e salire al terzo piano, ci incontreremo lì».
Kei senza perdere tempo fece come gli era stato suggerito da Yukino.
La stessa poi fece segno ai due ragazzi di aspettarla lì. Dopo una decina di minuti rientrò con tre giubbini della security per loro.
«E questi cosa sarebbero?» domandò Kei squadrandoli perplesso.
«Il vostro lasciapassare di oggi. Sarete le mie guardie del corpo... nessuno sospetterà mai di voi se mi starete vicino in queste vesti..».
Roberto senza perdere tempo si mise gli occhiali scuri e il giubbotto e così fece anche Kei.
I tre erano pronti ad uscire.
 Nel frattempo Shin era nella hall che cercava di passare inosservato. Ma la cosa era a dir poco difficile, tutti erano alla ricerca degli infiltrati. Così era rimasto nascosto dietro una strana pianta tropicale in attesa del momento giusto per raggiungere le scale antincendio a pochi metri da dove si trovava. Era lì in attesa quando il giovane assistente della rete televisiva a cui avevano derubato gli indumenti si accorse di lui e additandolo urlò «eccoti, ti ho trovato!» A quel punto Shin capì che momento o non momento, doveva correre. Corse mentre il giovane e snello assistente lo inseguiva facendosi spazio tra i vari giornalisti ammucchiati all'ingresso. Entrambi presero un corridoio secondario e poi una porta di emergenza che conduceva alle scale di emergenza di quel piano. Stava salendo le scale quando Shin si sentì strattonare dalla maglia, perse l'equilibrio e rotolò giù dalle scale ma qualcosa attutì la caduta. Senza perdere tempo si rimise in piedi notando l'assistente arrotolato sul pavimento. In un primo momento ebbe la tentazione di cogliere l'occasione e andare via, ma qualcosa attirò la sua attenzione. Il cappello del giovane si era scostato e da sotto lo stesso era uscita una folta chioma brunastra. Shin roteò il corpo inerme ai suoi piedi in modo da metterlo a pancia in su. La visione lo atterrì, quello steso sul freddo pavimento non era un ragazzo ma una ragazza. Si chinò per verificare che respirasse ancora.
Per fortuna sembrava aver perso solo conoscenza.
Shin non sapeva perché, ma sentiva che non poteva lasciarla lì. Se la caricò sulle spalle e iniziò a salire le scale.
Quando arrivò al terzo piano trovò Kei, Roberto e Yukino con i mano un giubbino della sicurezza lì ad aspettarlo .
«E lei chi sarebbe?» chiese Kei squadrando la ragazza che Shin portava sulle spalle.
«Dovremmo portarla in ospedale. Non possiamo lasciarla qui» gli rispose ansimante Shin.
Yukino acconsentì.
«Bene, non abbiamo molto tempo. Prendete queste, sono le chiavi della mia auto... andate.... nessuno vi fermerà vedendovi con i giubbini della security. Muovetevi, io proverò a creare un diversivo... ci vediamo in ospedale....» detto questo Yukino si rifilò correndo verso la sala conferenze. Roberto prese in mano le redini della situazione guidando i suoi amici verso il parcheggio sotterraneo.
Shin era sfinito. Una volta raggiunta la vettura scaricò esausto la ragazza sui sedili posteriori della decappottabile di Yukino. Una volta nella vettura i tre uscirono indisturbati dalla Music Station.
 
Hana era con suo padre all’aeroporto. Presto sarebbe tornata a vedere. La cosa aveva dell’incredibile. Erano in fila per il check-in quando un uomo dalla voce profonda accorgendosi della sua disabilità fece segno a Otto e a sua figlia di passare avanti.
«La ringrazio è molto gentile…» intervenne l’anziano barista.
«Si figuri…» insistette l’uomo con la spessa montatura nera che gli copriva lo sguardo.
«Non abbiamo bisogno della sua gentilezza, aspetteremo in fila come tutti gli altri» intervenne in tono offeso e risoluto Hana.
L’uomo in fila davanti a loro a quelle parole sorrise.
«Hai un bel caratterino ragazzina…» sottolineò divertito.
Otto si piegò in avanti, costringendo sua figlia a fare altrettanto spingendole leggermente giù la testa.
«La prego la scusi, crescerla da solo non è stato facile. Chiedi immediatamente scusa Hana…» spronò poi sua figlia in tono severo.
«Perché dovrei scusarmi per aver rifiutato una gentilezza che non ho richiesto!» Proseguì offesa la stessa sfuggendo alla presa forzata di suo padre sulla sua nuca.
«Lasci perdere… non occorrono delle scuse» proseguì l’uomo vestito di tutto punto
«anzi, mi scuso io se l’ho offesa in qualche modo signorina. Non era mia intenzione farlo…».
Hana sollevò il mento e con superbia altezzosità incrociò le braccia allo stomaco.
«Ora si che ragioniamo. Accetto le sue scuse».
L’uomo fece un leggero inchino e poi si rimise in fila sotto lo sguardo sconvolto di Otto.
Lo stesso si avvicinò quatto quatto a sua figlia.
« Una volta usciti dalla fila facciamo i conti noi due…».
«Si, certo. Come no…»
 
Una volta saliti sull’aereo Otto rimase sconvolto scoprendo che lui e sua figlia avevano i posti proprio accanto all’uomo incontrato poco prima al check-in.
«Salve, è un piacere rivederla» lo accolse lo stesso.
Otto fece un leggero inchino, si vergognava ancora per la magra figura che sua figlia gli aveva fatto fare.
«Il piacere è nostro. Hana siediti qui» indicò alla figlia il primo posto sul corridoio aiutandola ad accomodarsi. Poi anche lui prese posto tra quell’uomo gentile e sua figlia. Decise che la cosa migliore era mettersi tra quei due. Non voleva rischiare ulteriori figuracce.
Hana una volta seduta si infilò le cuffie alle orecchie isolandosi completamente.
Otto ringraziò il cielo. Almeno non correva il rischio che sua figlia potesse comportarsi come al suo solito.
«Ha un bel caratterino sua figlia» aprì il discorso l’uomo sofisticato accanto a lui sfilandosi le lenti scure dagli occhi. A quel punto Otto strizzò gli occhi un paio di volte, quell’uomo gli sembrava di averlo già visto molto tempo prima da qualche altra parte.
«Scusi se mi permetto, ma ci siamo mai incontrati prima di oggi? Non so perché ma il suo mi sembra un viso famigliare» gli chiese.
«Tutto può essere, ma mi dica, da quel che vedo anche voi siete diretti in Cina proprio come me, qual è lo scopo del vostro viaggio?» cercò di cambiare il discorso.
«In realtà un nostro amico ci ha dato il numero di questo chirurgo che potrebbe far recuperare la vista a mia figlia. Quindi stiamo andando in Cina perché ci sono buone probabilità che presto la opererino… ».
«Capisco. Che coincidenza anche io mi sto dirigendo in ospedale.  A quale ospedale siete diretti?».
«Al Xiehe Hospital» gli rivelò Otto.
«Che coincidenza, siamo diretti allo stesso ospedale…» si sorprese l’uomo alto con la voce profonda.
Non fecero in tempo a proseguire il discorso che la voce del capitano di bordo arrivò a interromperli. L’aereo stava per partire.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > B2ST/Beast / Vai alla pagina dell'autore: Monijoy1990