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Autore: Shireith    28/06/2018    2 recensioni
Come si sentirebbe Adrien se scoprisse la doppia identità di suo padre?
Non sapeva come alleviare il peso che gravava sul cuore di Adrien, Marinette, eppure, pensò, forse sarebbe bastata la sua presenza, un silenzioso e implicito «Sono qui» sufficiente a fargli capire che non era completamente solo. Perché Adrien, la solitudine, la odiava, e finché le fosse rimasto anche solo un briciolo d’energia in corpo, avrebbe fatto sì che non dovesse patirla mai più.
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E la sua salvezza sarà lei
 

 La familiarità di quelle quattro pareti non era niente in confronto al senso di estraneità che sentiva strisciare come un verme sotto pelle alla sola vista di un’enormità che gli faceva provare ancora più solitudine. Dormiva in quella stanza da che ne aveva memoria: l’aveva sempre fatto sentire parte di qualcosa, una persona con una storia da raccontare. Ma adesso non era niente di tutto ciò. Anzi, si poteva dire che fosse il contrario: quella stanza, ora, non sembrava più parlare di Adrien. Il suo stesso esistere non parlava più di Adrien, ormai.
 La sua vita si era sempre basata su determinate certezze, delle certezze così scontate che non aveva mai sentito il bisogno di rivolgere loro i suoi pensieri. Non aveva motivo di soffermarsi a riflettere sul fatto di avere un padre o una casa, perché per ragazzi come lui erano una certezza; nel corso dei suoi anni qualcosa era venuto meno, sì – una madre, una scuola da frequentare, degli amici –, ma mai aveva avuto il dubbio di non potersi fidare di suo padre o di non essere al sicuro nella sua stessa casa. E proprio tale banalità era la ragione per cui una semplice informazione, mutando quelle due verità che prima riteneva assolute, aveva totalmente cambiato la sua concezione della vita che conduceva.
 Ne avevano discusso, lui e Marinette, e no, Gabriel non sapeva di loro come loro sapevano di Gabriel. Ma questo non cambiava lo stato attuale delle cose: non poteva più fidarsi di suo padre, non poteva più sentirsi al sicuro, in quella casa. Un giorno il genitore avrebbe potuto scoprire la verità – su di lui, su Marinette –, e chi poteva assicurare che neanche allora si sarebbe fermato?
Tuo padre non ti farebbe mai del male, Adrien.
Sì, forse Marinette aveva ragione. Sì, forse il genitore non avrebbe mai fatto del male né a lui né a Marinette, sapendo che suo figlio l’amava. Ma se non avesse fatto in tempo a sapere, Papillon? E se Papillon – Gabriel –, non appena si fosse presentata l’occasione, avesse fatto loro del male? Forse ad entrambi, o forse a ognuno dei due – in ambedue i casi, Adrien non credeva che sarebbe mai stato capace di perdonare suo padre, se tale scenario si fosse eventualmente avverato.
Era sempre stato un individuo particolare, un uomo difficile da comprendere e con cui interagire, ma mai, mai Adrien l’aveva visto sotto quella luce. Invero, c’era da dire che, nonostante la precarietà del loro rapporto, Adrien l’aveva sempre ammirato e rispettato, suo padre. Un uomo che, partito da zero, con il sudore della sua sola fronte era riuscito a far incrementare sempre di più il valore di quello zero. Un uomo con tanti difetti caratteriali, ma che Adrien aveva sempre visto come moralmente integro, onesto, intelligente, arguto. Un uomo che aveva perso la più grande fonte d’amore che c’era nella sua vita, ma che nonostante ciò continuava ad andare avanti. Spesso Adrien ci aveva discusso, spesso si era trovato in disaccordo con le sue idee, ma mai l’aveva odiato nel vero senso del termine, mai aveva desiderato che non fosse suo padre. Era sempre stato un rapporto particolare, il loro, ma non basato su falsità e menzogne.
 E adesso? Che cosa ne era di quel rapporto, adesso?
 Era stato spazzato via dalle bugie, dagli inganni, e Adrien si rifiutava di incolpare se stesso. A seguito di ogni loro screzio, aveva sempre l’onestà intellettuale di ammettere i propri sbagli e la maturità di fare il primo passo verso un accordo comune, conoscendo bene quanto bruciasse d’orgoglio l’animo del genitore. Ma questa volta non sarebbe andata così, no.
 Come poteva essere colpa sua? Lui, che in quella perdita comune era stato una vittima tanto quanto il padre. Lui, che non gli aveva mai negato il suo affetto. Lui, che era sempre stato all’oscuro della doppia identità del padre. Non aveva colpe, lui; eppure, nonostante ciò, era Adrien, tra i due, a sentirsi uno sciocco. Quasi tutti i giorni per due anni, Gabriel aveva indossato le vesti di Papillon e aveva minacciato la sicurezza degli abitanti di Parigi, entrando, come se fosse un suo diritto, nell’intimità delle loro menti quando esse erano più vulnerabili. Molte volte lui e Marinette avevano rischiato di essere scoperti; altre, invece, era stata la loro stessa vita a essere messa a repentaglio. E tutto questo per colpa di suo padre, che agiva indisturbato all’interno di quelle mura che Adrien aveva sempre visto come una protezione. Una bugia di quella portata era il torto più grande che potesse mai ricevere.
 Marinette lo sentiva rigirarsi nel letto e sospirare rumorosamente mentre si portava le mani al volto, cercando invano di liberare la mente da quei pensieri angusti che gli negavano il riposo.
 Erano ormai diventati più grandi, i due ragazzi – più maturi, più consapevoli del ruolo che occupavano e delle responsabilità che ne derivavano. Per tutto quel tempo avevano conservato la speranza che un giorno, prima o poi, sarebbero riusciti a prevalere su Papillon. Ma, per Adrien, quella speranza sembrava ormai crollata.
 Arrabbiato, deluso, confuso, preso in giro, il giovane portatore della sfortuna non sapeva né che cosa provare, né che come agire. Era difficile anche solo vivere la vita della sua controparte adolescente, dopo aver appreso la verità più sconvolgente di tutte. 
 Marinette poteva solo immaginare quanto fosse profonda la ferita che s’era originata in lui, perché se lei era rimasta sconvolta, come doveva sentirsi Adrien? Gabriel Agreste, per lei, era un esempio da seguire; per Adrien, invece, il suo stesso padre, sangue del suo sangue. Così giovani, i loro genitori costituivano i due pilastri che li avevano sorretti nel corso degli anni e continuavano a sorreggerli tuttora: che cosa ne sarebbe stato di Adrien, ora che il suo secondo e ultimo pilastro era violentemente crollato nel giro d’un istante?
 Marinette non sapeva come riassestarlo, quel pilastro. Non poteva farlo, né di certo poteva riportare al suo antico splendore il primo, di pilastro, crollato irrimediabilmente tre anni prima. Si sentiva del tutto impotente di fronte a un dolore che non poteva annullare.
 Adrien, nel frattempo, continuava a muoversi con agitazione, incapace di trovare un po’ di quiete.
 Marinette, dopo forse un’ora passata nella medesima posizione, si volse a guardarlo, e lui, con espressione dispiaciuta, la osservò a sua volta nella penombra della stanza. «Ti ho svegliata?»
 «No, ero già sveglia.» Neanche lei, dopotutto, aveva quella chiarezza mentale tale da permetterle un sereno riposo. Sapeva tuttavia che sarebbe servito a entrambi in vista della giornata che li aspettava, e allora si avvicinò ulteriormente al ragazzo e si raggomitolò alla sua sinistra, la testa poggiata sulla sua spalla. «Dormiamo e basta» soffiò piano sulle labbra.
 Non sapeva come alleviare il peso che gravava sul cuore di Adrien, Marinette, eppure, pensò, forse sarebbe bastata la sua presenza, un silenzioso e implicito «Sono qui» sufficiente a fargli capire che non era completamente solo. Perché Adrien, la solitudine, la odiava, e finché le fosse rimasto anche solo un briciolo d’energia in corpo, avrebbe fatto sì che non dovesse patirla mai più.  


 
   
 
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