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Autore: fervens_gelu_    01/07/2018    2 recensioni
-Sei gelosa?-
-Io? Ma per favore!-
-A me non sembri cambiata affatto!-
-Vuoi che ti dia una botta in testa? Guarda che ne sono ancora capace-
-Ecco, sei peggio di un fratello maggiore-
-Prova a ripeterlo se hai il coraggio!-
Scoppiammo a ridere. Non provavo certe emozioni da un bel pezzo e stare con lei, lì, di notte, mi aveva fatto capire quanto mi mancasse. Che nulla avrebbe potuta sostituirla. O almeno fino a quando Misty mi disse poche parole, che mi frantumarono all’istante, parole che il mio me maturo non avrebbe mai voluto ascoltare. Perché non era un gioco, non eravamo più due ragazzini che litigavano e poi si ritrovavano per forza di cose e di circostanze a fare la pace.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ash, Misty | Coppie: Ash/Misty
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Ero stufo di avventure incandescenti, stanco di un vagabondare senza fine; vent’anni di interminabili viaggi ininterrotti alla ricerca di nuovi Pokémon, nuovi capipalestra da affrontare e Leghe da vincere mi avevano insegnato molto, forse troppo, insegnato, tra le altre cose, a trascurare i sentimenti, a trascurare me stesso. Per questo decisi di aprire una piccola boutique assieme a Serena, che tanto aveva insistito per aprire assieme a me un piccolo negozietto di cianfrusaglie varie. Si vendevano amuleti o vecchi francobolli raffiguranti i Pokémon delle diverse regioni o vestiti appariscenti per coordinatori e coordinatrici pronti a solcare il palco del Gran Festival, che quest’anno si sarebbe tenuto nella regione di Kanto. Serena sembrava così felice e gioiosa apparecchiava i tavolini, dipinti da lei, fatti su misura, in esposizione con tutte le merci possibili e inimmaginabili; io sicuramente più sofferente le davo una mano in negozio pulendo un po’, ma arrivata la sera andavo a scaricarmi con Pikachu lungo il fiume, creando piccoli tornei clandestini con altri giovani allenatori, di molti anni meno di me, contenti di sfidarmi date le centinaia di medaglie appuntate sul petto. Dopo, tornato a casa, cenavo con Serena che preparava sempre pietanze squisite e molto elaborate.
 
-Allora Ash, te lo avevo detto… questo tipo di vita è quella che più ti si addice, non potevi continuare a stancarti girando per il mondo, a trent’anni bisogna rendersi conto che è l’ora di mettere la testa a posto.-
 
In fondo aveva ragione, non potevo di certo continuare a visitare tutte le regioni abitate da Pokémon… un po’ di riposo non avrebbe guastato, anche se sentivo venire meno sempre di più quella tempra che caratterizzava le giornate all’insegna delle corse più sfrenate, delle avventure più rocambolesche.

-Ash, oggi ho preso un bel film al videonoleggio, una commedia romantica, parla di un ragazzo di campagna che si innamora…- le sue parole arrivavano ovattate, fredde alle mie orecchie, tutto ciò che proveniva dalla sua voce era futile; nonostante le volessi bene non riuscivo a capire, giorno dopo giorno, cosa ci facessi lì con lei, cosa mi spingesse a restare a casa e cosa soprattutto ci trovasse lei in tutto questo pigro poltrire, vivere l’esistenza lavorando in un piccolo negozio dal forte profumo di margherite e vedendo ogni sera una sdolcinata commedia sul divano… non era ciò che desideravo io, avevo commesso un errore di valutazione.

-Scusami Serena, preferisco fare una passeggiata stasera-

-Ma Ash, me lo avevi promesso- continuava lei battendo i piedi sul pavimento e mettendo il broncio.

-Ora non fare così, non te la prendere, ma ho bisogno di prendere proprio una bella boccata d’aria-
 
Ma non era realmente così. Tutto quel cibo sempre buonissimo mi aveva fatto ricordare quanto facesse schifo Misty in cucina, quella volta che Brock, colpito dall’influenza, non fu in grado di badare a noi, tanto che insieme fummo costretti a prepararci qualcosa da soli… e Misty aveva fatto letteralmente un disastro, aggiungendo spezie su spezie non capendoci più nulla di ciò che aveva aggiunto prima e cosa dopo. Eppure si era messa così d’impegno quella sera, per farci mangiare, che non me la sentii di dirle il pasticcio che aveva combinato. E mi mancava il suo disordine. La sua stupida voglia di avere sempre in qualche modo ragione, quella sua strana capacità di capirmi, in fondo. Come lei nessun’altra ragazza mi aveva fatto provare certe sensazioni. Dolci emozioni che solo ora, forse, ero in grado di comprendere. Ogni tanto il suo pensiero mi tornava alla mente, perché lo tenevo vicino al cuore, e, a volte, sentendolo come peso, finivo per odiarlo. E poi, per quanto mi ricordassi di lei, era troppo diversa da Serena.

Mi avviai verso il fiume, sperando di incontrare qualche allenatore che, insonne, sarebbe venuto a farmi compagnia. Quel bosco era sempre così silenzioso di notte, mi ricordava tutto e niente. Butterfree, o meglio Caterpie, il primo vero scontro con Il team Rocket, la prima notte accanto a Misty. Con Serena avevo sempre provato a sviare quel discorso, inerente al sesso, le continuavo a rispondere che avrei preferito aspettare, anche con i baci ero sufficientemente recalcitrante. Ma non avrei potuto continuare a fingere per altro tempo, fingere che quei baci fossero per lei, quando realmente appartenevano ad un altro cuore, ad un’altra donna. Ma quei pensieri quella sera sparirono. Era una notte profondamente bella, le stelle erano però assenti, mancava qualcosa, l’aria sembrava pesante, il caldo estivo mitigato dalla frescura della vegetazione, che sapeva di rugiada, una natura rigogliosa in cui avrei voluto ritornare a vivere.
 
-Che ne dici Pikachu, domani ritorniamo qua e ci facciamo una bella dormita nel vecchio sacco a pelo blu e ricordiamo i vecchi tempi trascorsi… forse potrei riuscire a chiudere occhio-
 
Pikachu però non c’era, era rimasto con Serena a divorare ketchup a non finire.
 
Avevo trentuno anni e mi sembrava di essere tornato a quando ne avevo solo dodici.

Una brezza di vento scosse un pino. Uno di quegli alti pini su cui solevo arrampicarmi quando ero più piccolo dopo aver litigato con mamma. Tutto, quella sera, mi ricordava l’infanzia, quel periodo mitico della mia vita in cui avrei desiderato immergermi di nuovo, facendo un tuffo immenso, di quelli così profondi da non essere in grado di risalire in superficie, rimanendo così confinato in un abisso di ricordi e vita facile e felice in cui desideravo abitare. Non in una casetta di legno, con il fuoco acceso durante l’inverno, non con Serena.

Improvvisamente sentii dei rumori tra le sterpaglie accanto all’albero… poteva essere un Pokémon, magari uno di quelli rari che si trovano nel bosco solo durante le ore notturne. Mi armai di una Sfera Poké e mi accinsi a catturare la creatura nascosta dal ciarpame. Spuntò fuori una piccola macchia azzurra, era un Azurill; un Azurill dalle sembianze familiari.
 
-Azurill, cosa ti prende? Oggi sei strano, hai corso saltellando fin da Cerulean!- gridò una voce femminile.

-Misty?-

Non potevo credere a ciò che avevo visto, era proprio lei, in carne d’ossa. In quel giorno così diverso dagli altri, e così simile a vent’anni fa, la avevo incontrata di nuovo come se si fosse aperto un piccolo portale, una grande, gigantesca finestra sul passato che ci aveva magicamente riavvicinati. Aveva uno sguardo diverso, pienamente riconoscibile, ma che sapeva di tristezza e d’affanno, lo sguardo di chi aveva perso qualcosa, e lo aveva lasciato incustodito in balia delle intemperie; lo sguardo, così simile al mio, di chi si era fatto bastare un giocattolo nuovo, una distrazione estemporanea, una nuova collezione di bambole rispetto a un passato incerto ma fidato, a un’attesa infinita ma indispensabile, a un gioco vecchio e consumato, che struggeva ma rimaneva incorniciato nel cuore. Ho sentito una strana sensazione quella notte, quelle sensazioni flebili, sottili, che durano un attimo, e sotto ai lampi del cielo, dove improvvisamente erano tornate a splendere, si erano materializzate in un brivido incostante sulla pelle, come suture tra stelle.
 
-Misty…- la chiamai mentre lei si era inchinata a prendere Azurill, ormai immobile, rivolgendomi uno sguardo interrogativo, trasecolante quasi.
 
-Ash, sei proprio tu?-

-E’ passato molto tempo, ma non credo di essere perfino irriconoscibile- la invitai a sedere accanto a me.
 
Misty, dopo aver fatto scomparire in uno fascio di luce rosso il Pokémon, si accomodò di fianco a me ancora incredula.

-Wow, che strana coincidenza… come mai sei da queste parti nel bosco?-

-Avevo proprio bisogno di una boccata d’aria da quella soffocante di casa-

-Casa? Non esplori più il mondo come una volta?-

-Non più, vivo con Serena, una mia vecchia compagna di viaggio. Sai, ci troviamo molto bene assieme, è davvero brava a cucinare e poi è sempre molto affettuosa-

Perché le stessi dicendo queste cose non lo sapevo bene nemmeno io, forse non volevo darle a vedere la mia tristezza. Lei, dall’altra parte, su quella zolla di prato accanto a me, non si era accorta di nulla, dovevo continuare a dare quell’impressione incapace di essere scalfita. Avevo chiamato Serena compagna di viaggio, quando alla fine l’unica e sola compagna di viaggio era lei, Misty.
 
La rossa sembrava impassibile di fronte alle mie parole, eppure i suoi occhi cerulei sembrava volessero dirmi altro. Ma forse era solo la luce delle stelle ad illuminarli diversamente. E un po’ me ne rattristavo. Ma dovevo dimostrare di essere cresciuto.

-Bene Ash, sono contenta, finalmente hai trovato chi ti ha fatto perdere la testa!- disse con gli occhi bassi, senza smettere di fissare intensamente un gambo verde attaccato ad una piccola violetta.

-Eh sì- risposi con un sorriso da emerito cretino. Avevo detto una menzogna, pensai.

Lei rimaneva comunque tutta d’un pezzo, anche se il suo corpo era lì accanto a me, avrebbe voluto andarsene, me lo sentivo, avrebbe voluto scappare o forse gettarsi su di me e nuotare nelle sue lacrime.

-Ti è anche cresciuta la barba, ti sta bene- mi disse con sguardo assente e aria sconsolata.

Pensavo volesse dirmi altro, ma subitaneamente si interruppe continuando a torturare quella piccola erbetta.

Era molto bella, di una bellezza triste, era più femminile, i suoi capelli lunghi erano adornati con un fermaglio a forma di stella marina e il suo viso non era più quello di una dodicenne un po’ schizzata e sempre arrabbiata. Temevo si sentisse sola.
 
-E tu, Misty? Vivi da sola?-
 
-No, ti ricordi di Giorgio? Forse non te ne ho mai parlato… viviamo insieme da due anni e ogni tanto mi aiuta con le pulizie in Palestra. E’ un bravo allevatore di Pokémon-

-Sono felice per te!-

Quindi era veramente felice, aveva qualcuno da amare, non stava fingendo come avevo fatto io poc’anzi.

-Si è fatto tardi Ash, mi ha fatto piacere rivederti, ma Giorgio ormai si starà chiedendo che fine abbia fatto-

-Davvero? Ma dai, non ti lascia libera nemmeno un po’… mi sembra un rapporto un po’ soffocante.-

Che questo Giorgio si comportasse come Serena? Che anche lui le stesse con il fiato perennemente sul collo? Avevano paura di perderci perché conoscevano il nostro passato?

-Ma smettila... e ora ti intendi addirittura di relazioni? Cos’è, questa Serena ti ha fatto anche il lavaggio del cervello?-

-Sei gelosa?-

-Io? Ma per favore!-

-A me non sembri cambiata affatto!-

-Vuoi che ti dia una botta in testa? Guarda che ne sono ancora capace-

-Ecco, sei peggio di un fratello maggiore-

-Prova a ripeterlo se hai il coraggio!-

Scoppiammo a ridere. Non provavo certe emozioni da un bel pezzo e stare con lei, lì, di notte, mi aveva fatto capire quanto mi mancasse. Che nulla avrebbe potuta sostituirla. O almeno fino a quando Misty mi disse poche parole, che mi frantumarono all’istante, parole che il mio me maturo non avrebbe mai voluto ascoltare. Perché non era un gioco, non eravamo più due ragazzini che litigavano e poi si ritrovavano per forza di cose e di circostanze a fare la pace.

-Beh, Giorgio, se stasera è preoccupato, è perché domani ci sposiamo.-

Il macigno arrivò dritto al cuore, piccole schegge di vetro intorno alla testa che mi facevano vacillare.
E non sapevo cosa risponderle, se congratularmi con lei, se incavolarmi perché non mi aveva avvisato, se piantare lì quella farsa tornandomene a casa, chiudendomi dentro quello stantio mondo opaco. Ma ovviamente optai per la via più semplice.

-Congratulazioni Misty!-

-Già- rispose lei sconsolata.
 
Si stava sposando e quella era la sua faccia? Roba da non crederci. Ma in realtà anche io avrei risposto così se mi fossi dovuto sposare l’indomani con Serena. Eravamo adulti, stavamo parlando di cose da adulti, e questo mi faceva stare male, pensare quanti anni erano trascorsi e trascolorati sulle pagine della nostra vita.

-Sembri triste- azzardai.

-Affatto, è solo felicità, cosa ne puoi sapere tu che hai sempre rincorso i tuoi sogni e mai ti sei preoccupato dei sentimenti di chi avevi accanto-

Con quelle sue ultime parole mi aveva ferito.

-Domani mi sposo, e va bene così-

Ma le sue parole e la voce emanavano un grigio bagliore e in una notte di stelle era ancora più difficile non notarlo.

-Se vorrai domani mi troverai qui, anche con Pikachu, potremmo farci un viaggio come ai vecchi tempi. Che ne dici?-

Ma chi volevo prendere in giro, era impossibile replicare qualcosa che ormai poteva solo che essere uno sfibrato ricordo.

-Ash…- stava trattenendo a stento le lacrime.

-Sei dei nostri?-
 
-Non posso… domani, lo sai ormai… sembra sia destino incontrarti nei momenti meno appropriati, come questo. Ma domani mi sposo, non ho intenzione di farmi portare via un ultimo brandello di felicità che ho acquistato dopo tanta fatica perché me lo stai chiedendo tu. Mi dispiace, poi tu ami Serena.-

No, non la amavo, le volevo solo un gran bene. Solo ora mi ero reso conto dell’abissale differenza.

La luce metallica della luna ci illuminava i volti e schiudeva centinaia di fiori notturni.

-Già, ma…- non riuscii a terminare la frase, i sentimenti che provavo erano soffocati in gola. Atrocemente stavo nascondendo nel petto un pezzo di cuore che avevo perso ancora e ancora.

-Bene Ash, ora devo andare, spero che tu possa essere felice-

-Anche io Misty, penso che in fondo ce lo meritiamo entrambi-

Mi sorrise mentre scomparve in un ultimo bagliore di luna sotto quel pino che aveva udito i nostri battiti accelerati, le nostre grida interiori.

Una stella cadente camminò sul cielo e io la guardai così intensamente da farla bruciare d’amore. Desideravo di vederla di nuovo lì, sul prato, accanto a me, a dirmi che se era tornata lo aveva fatto per me, perché come quando eravamo piccoli, sapeva, che senza di lei, sarei riuscito mai ad affrontare le sfide di ogni giorno, anche le più banali. Che l’indomani, egoisticamente, resasi conto di quello che stava facendo, potesse tornare indietro, anche di vent’anni. Tanto io la avrei aspettata qua, dove il destino ci aveva fatto rincontrare.

 
 
 



 
 
 







Nota dell’autore: un’altra one-shot sulla Pokéshipping! Spero possa essere stata di vostro gradimento, seppur un po’ triste. Un abbraccio.
   
 
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