Au-delà
de la nuit,
(o sul perdono degli
innocenti)
Nonostante
tutto – i tempi che correvano e mutavano più
velocemente di quanto
immaginasse, stagnando le coscienze; colpe alle quali avrebbe
risposto solo a metà, perdonando il suo peccato originale;
un
giuramento che l’avrebbe prima o poi consumata fino
all’osso –
nonostante ciò, Jeanne aveva molto di cui ritenersi
fortunata. Un
letto caldo su cui versare lacrime occasionali nel silenzio della
notte, abiti freschi e graziosi, una ragione valida per cui
affrontare al sorgere del sole quel che restava dei suoi rimpianti.
Eppure
in quel momento, mentre attendeva padron Luca fuori delle stanze
della Regina, Jeanne si sentiva completamente, vergognosamente,
irrimediabilmente impotente.
Strinse con forza una mano contro l’altra pur di evitare che
la
strega soccombesse al cavaliere, aggrappandosi al desiderio di padron
Luca per lei di non tornare a uccidere. Altrimenti,
considerò
dimenticandosi per un attimo la propria posizione, era sicura avrebbe
decapitato quell’umano alla prima occasione utile.
❀
In
tutta onestà, Jeanne se lo sarebbe dovuta aspettare.
Tant’era
agitata nemmeno lei era riuscita ad addormentarsi: ogni rumore
l’allertava, risvegliava i suoi timori, e la sete di sangue
che le
ardeva in gola non aiutava affatto. Perciò non avrebbe
dovuto
stupirsi nel trovare padron Luca sveglio, chino sullo scrittoio a
leggere svogliatamente; inoltre, con suo sommo imbarazzo, non aveva
nemmeno bussato.
«Oh,
Jeanne, sei tu» la salutò il granduca, per nulla a
disagio nel
coglierla presso le sue stanze nel cuore della notte. «Non
riesci a
dormire?»
Il
cavaliere nicchiò oltre la porta semiaperta come
un’adolescente
che, ancora intrappolata nel sogno infantile, chiede il permesso ai
genitori di abbracciarla per scacciare la paura. «Oui,
votre altesse»,
confessò Jeanne con sguardo basso, «Speravo che vi
foste già
addormentato.»
Padron
Luca richiuse il libro e lo abbandonò in cima allo
scrittoio,
invitandola a entrare con un cenno della mano prima di infilarsi tra
le coperte in flanella leggera. Senza che le dicesse nulla Jeanne si
sedette ai piedi del letto, le mani in grembo e una sfumatura
d’attesa consolidata da quella consuetudine nota solo a loro
due.
Padron Luca s’infossò tra le lenzuola, tirandosele
su fin sopra le
labbra. Gli occhi smeraldini puntavano al soffitto intarsiato con
particolare insistenza, quella sera. Jeanne attese.
«È
stata tutta colpa mia.»
La
confessione arrivò inattesa, squarciando con voce rotta il
silenzio
solenne delle notti a Carbunculus. Padron Luca si sforzava di
trattenere le lacrime nel rispetto del suo titolo nobiliare, Jeanne
ne era ben consapevole, eppure percepì comunque
l’impulso di
stringere tra le braccia quello che in fin dei conti era solo un
bambino; si sporse invece verso di lui, sperando di entrare nel suo
campo visivo. Con la coda dell’occhio, padron Luca colse il
suo
spostamento.
«Non
dite così, votre
altesse»
sussurrò Jeanne, «Niente di quanto accaduto oggi
dipende da voi.»
«Sì,
ma… Vanitas… La Regina...!»
«L’umano
l’avrebbe scoperto, prima o poi. Noé è
un vampiro, in qualche
modo l’avrebbero saputo senza che voi poteste evitarlo, votre
altesse»
asserì Jeanne, decisione e tenerezza insieme in un delicato
sussurro.
Padron
Luca si mise a sedere, lasciando che le coperte gli ricadessero
scompostamente in grembo. Jeanne notò che aveva gli occhi
lucidi.
«Mio
zio si è arrabbiato. Non mi perdonerà mai. Io non
mi—»
Il
cavaliere allungò una mano al di sopra delle coperte, il
palmo
rivolto verso l’alto così che padron Luca
l’afferrasse. «No,
non dite così. Gli passerà, dovete solo dargli
tempo. Lord Ruthven
è più compassionevole di quanto sembri.»
Non
doveva averlo convinto molto dato lo sguardo scettico di chi anela a
credere dipinto sul suo viso, ma per quella notte probabilmente
bastò
a placare i suoi timori. Esitante, padron Luca strinse la sua mano. E
si gettò contro di lei in un abbraccio scosso dai singulti.
Jeanne
non disse nulla. Si limitò a circondarlo con le braccia,
cullandolo
come meglio poteva e aspettando che il pianto finisse. Con movimenti
lenti carezzò la schiena di padron Luca finché la
stanchezza si
sostituì alla disperazione, dunque lo posò
delicatamente sul letto
e osservandolo dormire gli rimboccò le coperte, la stanza
ancora una
volta immersa nel silenzio.
Sull’uscio,
Jeanne abbassò l’intensità della
lampada a gas – cosicché nel
caso padron Luca si fosse ridestato non avrebbe trovato
l’oscurità
ad accoglierlo, bensì una morbida luce soffusa. Dorata, come
nei
sogni.
Jeanne
aprì la porta, piano. «Faites
de beaux rêves, votre altesse»
bisbigliò. E richiudendosela alle spalle giurò
sopra ogni altra
promessa di proteggere ostinatamente quella piccola lucciola che ora
riposava serena, illuminando anche da addormentata quella buia notte
tinta di rosso che ancora si portava appresso.
→
Angolo
delle Gerbere.
Ammetto
di aver divorato i primi ventisei capitoli di Vanitas
no Carte in
meno di due giorni, tant'è che me ne sono ritrovata
un'appassionata
seguace prima che potessi rendermene conto. Quella che era
inizialmente nata come curiosità ora è mutata in
un forte
interesse... anche perché, diciamocelo, le opere di
zia
Jun hanno sempre un che di irresistibile. La mia top
four al
momento vede Roland (o Laurent?), Jeanne, Domi e Dante primeggiare
sui due protagonisti; con sommo dispiacere di Vanitas, immagino. In
ogni caso questa flashfic mancata è il frutto di un blocco
dello
scrittore che fino a ieri mi ha oltremodo irritato e che minaccia di
ripresentarsi da un momento all'altro: mi auguro perciò di
rivederci
presto in queste lande desolate, ma nel frattempo vi chiedo
cortesemente di contribuire con i vostri voti
all'inserimento
dei personaggi!
A
presto,
❀ daniverse