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Autore: shilyss    15/07/2018    15 recensioni
Ci sono problemi che il martello di Thor non può fracassare né l’astuzia di Loki aggirare. Più inesorabili della Voluspa e dannosi di Hulk dentro a una cristalleria esistono solo due cose. Il Solstizio presso quei gran bacchettoni dei Vanir e i parenti molesti degli Asi. Dal 1 capitolo: Il punto ora è che Odino, a suo tempo, aveva deciso di svecchiare e rendere più moderna l’idea che si aveva all’estero degli Asi. Il suo spiccato senso della pubblicità e del marketing, concetto midgardiano che evidentemente trovava proseliti anche ad Asgard, gli aveva fatto mettere su una campagna lunga secoli che si proponeva l’ambizioso programma di far cambiare nettamente idea ai Nove Regni tutti
Attenzione! Sebbene la storia sia ambientata nell'universo di "Tutte le tue bugie", può essere considerata come una fanfiction a sé stante! Buona lettura!
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heimdall, Loki, Sigyn, Thor, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La tela degli inganni'
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A mali estremi, estremi rimedi

 

“Un Solstizio bellissimo, Sigyn cara, bravissima: invitare Thor è stata un’idea davvero graziosa.”

 

Sedute nell’ampio soggiorno del palazzo del dio degli inganni, Freya e la nipote ricamavano una serie di copertine, lenzuolini e ammennicoli vari da distribuire alle classi meno abbienti di Vanheim. Si trattava di una di quelle opere pie che facevano parte dei doveri di ogni principessa che si rispetti e che la moglie di Loki detestava con tutte le sue forze. In mezz’ora scarsa di cucito, era riuscita a pungersi circa quindici volte e ora aveva almeno otto polpastrelli fasciati. Il dio dell’inganno non aveva saputo trovare una spiegazione all’incapacità manifesta della moglie, anzi. Si era domandato come potesse Sigyn ricucire meglio le persone che un bottone. Di fronte agli scempi che creava, all’inizio aveva cercato di mentire dicendole che i suoi ricami in fondo – davvero molto in fondo – erano graziosi, ma lei a un certo punto lo aveva gelato.

“Li trovi orrendi. Chiunque abbia gli occhi giungerebbe a questa conclusione.” L’Ase si era stretto nelle spalle e aveva annuito.

 

Ma torniamo a noi: dunque, Sigyn detestava ricamare e Freya ciarlava circa la necessità di invitare più spesso il prestante dio del tuono a Vanheim. “Ma dov’è, a proposito? Non sarà ritornato ad Asgard?” domandò con finta ingenuità.

La giovane donna si punse per l’ennesima volta. “È a fare l’idiota con il fratello. Presi da soli sono gestibili, ma insieme diventano due deficienti. Conoscendoli, torneranno direttamente domani con qualche storia assurda.” E ammaccati e feriti e con gli strascichi delle loro disavventure dietro, rifletté con una certa qual nota di amarezza pensando alle ultime amene imprese, ma questo preferì non dirlo ad alta voce.

 

“Oh, suvvia Sigyn, che ti prende? Sono aitanti, giovani, belli, prestanti. Lascia che si divertano.”

“Prestanti, già: e tu lo sai bene.” Sigyn aggrottò la fronte e guardò Freya con severità. “Zia, Thor è il fratello di mio marito.”

“Adottivo,” puntualizzò quella. (1)

“Sono cresciuti insieme, hanno combattuto e giocato insieme e tu hai passato la notte con lui! È imbarazzante! Mia zia con mio cognato?” (2)

“Non mi lascio mai sfuggire un Ase quando me lo trovo di fronte, bambina: sarebbe uno spreco.” La simpatica massima venne declamata ad alta voce, sorseggiando una tazza di tè. “Quelli sanno fare bene solo due cose, combattere e…”

Sigyn mollò finalmente l’orrido ricamo e quasi saltò sulla sedia. “Eh? Che stai dicendo? Quali altri Asi hai frequentato?” C’era un dubbio che le ronzava in testa da quando aveva più o meno smesso di indossare i vestiti da bambina e che non aveva mai trovato una precisa conferma. Gli interessati glissavano e cambiavano in fretta argomento o la fissavano come se avesse detto chissà che orrida bestemmia, ma quel giorno Sigyn era certa che avrebbe scoperto la verità. Dopo una notte in compagnia del tonante, Freya era troppo in vena di chiacchiere e confidenze per trattenersi come sempre faceva. La giovane principessa mise le mani sui fianchi e le si avvicinò. L’altra fu colta da un lieve imbarazzo. Prese a tormentare uno dei ricci biondi che era sfuggito all’austera acconciatura. “Definisci frequentato,” sorrise. (3)

“Zia Freya! Hai parlato come se li collezionassi.”

“Che non sarebbe una cattiva idea,” constatò la donna ripensando alle acrobazie della notte precedente. “Beh, oltre Thor ho avuto qualcun altro, lo confesso.”

Sigyn sgranò gli occhi grigi. “Zia,” disse pronunciando ogni parola con estrema lentezza, “non mi stai mica dicendo che tu e Loki avete…”

“Odino,” si affrettò a spiegare l’altra gesticolando con le sue belle mani inanellate. “Odino aveva il suo perché, quand’era un po’ più giovane.”

La rettifica di Freya non ottenne l’effetto sperato. La nipote scosse la testa sconvolta. “Odino?! Il padre di mio marito, mio suocero? Sei andata a letto con mio suocero e mio cognato?”

 

Detta così, in effetti, la cosa pareva abbastana inquietante, ma la figlia di Njord non si scompose affatto.

“Adottivo pure questo, tesoro,” minimizzò. “E comunque la passione per gli Asi è qualcosa che, mi pare, hai ereditato tu da me. O no?”

L’inguardabile ricamo della principessa finì per terra. “Io non ho la passione per gli Asi, io ne ho sposato uno e basta.”

“Un bel colpo, te l’ho sempre detto. Rimanere incinta di Sonje è stata la cosa migliore che ti sia capitata, altrimenti non saresti riuscita a farti sposare mai,” fu l’orgogliosa risposta.

“Grazie per la fiducia.” Sigyn non era affatto sollevata, anzi. La fissava critica, con un sopracciglio sdegnosamente inarcato e un pizzico di stizza per nulla velata. “Io sono felice con Loki, ma perché devi metterla su questo piano? Non sono una derelitta che non poteva trovare di meglio e deve baciare il pavimento dove passa Lingua d’Argento. Se io ho fatto centro sposando lui, Loki ha fatto centro sposando me, te l’assicuro.”

“Oh, tesoro!” Freya l’abbracciò stretta ricorrendo a una delle tecniche che metteva sempre in atto con l’adorata nipote. “Ma certo che non poteva trovare una moglie migliore, ma il dio degli inganni ha delle qualità che si trovano raramente. Ricordatelo sempre. Fattelo dire da una che ne sa.” (4)

 

Sigyn si divincolò dalla presa della parente alzandosi di scatto e puntandole il dito fasciato contro. Aveva capito. “Ci sei stata a letto. Oh, per le Norne, quanto è durata?” esplose. Non aveva più dubbi e, in verità, aveva sempre trovato piuttosto inverosimile che sua zia si fosse lasciata scappare il dio dell’inganno, ma le erano sempre mancate le prove di quel tradimento retroattivo, ma non per questo meno schifoso.

Freya non mollò. Rimase impassibile di fronte alla furia della nipote, arrivando anzi a fronteggiarla con il suo solito piglio elegante e da gran dama. “Oh, piccina, pulcina mia adorata quanto sei gelosa! Ma via, cosa vai a pensare! Io e Loki insieme!”

“Sai zia, è strano,” ribatté Sigyn furente. “Avrai visto Odino quante volte, in vita tua? Dieci? Eppure, nonostante il poco tempo a disposizione, hai ammesso di esserci andata letto. Thor si sarà fermato a dormire qui a Vanheim non più di un paio di notti, ma nemmeno lui ti è sfuggito. Loki vive qui da anni,” sillabò con estrema lentezza, “e mi vuoi far credere che non sia mai successo niente? Credi sia cretina?”

“Appena arrivato qui era così sconvolto e arrabbiato!”

“Era furioso e meditava vendetta. Zia, ti odio!”

Una piccolissima e insignificante parte di Freya si sentì in colpa per essersi fatta trascinare dalla passione con il dio degli inganni, ma poi il ricordo della strigliata che gli aveva dato a suo tempo e della simpatica ginnastica che per un periodo troppo breve avevano consumato assieme oscurò tutto il resto.

“Sigyn, è successo quando eri bambina, per qualche mese! Si è stancato quasi subito, ama le novità. Tu avevi dodici, forse tredici anni! Neanche sapeva della tua esistenza, a momenti! Quando è iniziata tra voi, non ci frequentavamo più da un pezzo, te lo giuro! A proposito, ma quando è iniziata, tra voi?”

“Mio suocero, mio cognato e mio marito! Freya! E stavate buttando me, nel Tempio, me! Per aver avuto un solo, unico uomo!”

Sigyn era esasperata. C’era ancora qualche deficiente, a Vanheim, che la guardava dall’alto in basso perché lei si era concessa al dio dell’inganno prima che fosse pronunciato tra di loro vincolo nuziale. Alcune sue amiche d’infanzia, in totale buona fede, le avevano chiesto se non fosse stato più conveniente, per lei e la sua reputazione, inventare la storia che Loki l’avesse totalmente sedotta con qualche incanto malefico, anziché sbandierare ai quattro venti di essersene innamorata. Persino lui, il cretino, si era rivelato d’accordo con la becera opzione, ricordandole saccente quanto si fosse speso per addossarsi tutta la colpa della loro relazione. (5)

“Beh, ma io mi sono adoperata affinché quel disgraziato si prendesse le sue responsabilità. Che ci vuoi fare, cucciola? È questione di immagine, pubblicità e furbizia.”

Sigyn si muoveva avanti e indietro per la stanza, furente. Freya e Loki insieme. Respirando lentamente, si ripeté che non era una novità e che già lo sapeva. Non bastò a calmarla. “Immagine, pubblicità e furbizia,” ripeté nervosa.

 

****

 

Non servì Heimdall, per ritrovare la Laxdaela. Bastò un povero pescatore che scese al fiordo, vide la barca e pensò fosse caduta dal cielo. Il bellissimo drakkar non era in acqua e non era nemmeno sulla rena. Si trovava sul prato poco distante. Quando i due fratelli Odinson raggiunsero il luogo del misfatto, rimasero per una manciata di minuti a fissare le onde che si infrangevano pigramente sulla spiaggia e il suo albero spezzato che penzolava mesto, la polena visibilmente scheggiata.

Una guardia che era a distanza di sicurezza, riconoscendo la figura altera del dio degli inganni immobile nei pressi della nave, gli corse incautamente incontro. “Altezza! C’è un uomo nudo nel drakkar! Forse è morto!”

Loki si voltò con esasperante lentezza. Era a braccia conserte e il suo viso non lasciava trapelare nulla. Nemmeno il suo fascinosissimo sorriso laterale gli increspava le labbra, stavolta.

“Non è morto,” spiegò con un soffio. “Se fosse morto, le Norne benigne avrebbero liberato i Nove Regni da una piaga come non s’è n’è mai vista una. È vivo. È ancora vivo per tormentarci.”

“Ora capisco perché nostro padre ti scambiava sempre per lui. Vi accomuna la vostra, come dire? Capacità distruttiva, ecco.” Thor era al suo fianco e fissava l’assurdo scempio della nave incagliata nel prato senza muoversi. Infine, sospirò. “Dobbiamo andare. È nostro dovere.” (6)

Avanzarono in silenzio, lentamente: quando giunsero in prossimità della Laxdaela, Loki sfiorò con dolore gli intarsi scheggiati, le minuscole righe che a detta di Sigyn c’erano sempre state, l’indistinguibile bozzo che aveva causato Thor quando, una volta, aveva attraccato il drakkar al molo con troppa foga. Il tonante salì per primo. “Oh per le Norne, che schifo! Prestami il mantello!”

“Sei pazzo?”

Il dio degli inganni rabbrividì al solo pensiero che un suo indumento potesse toccare i gioielli di famiglia del fastidioso parente, ma nondimeno montò agilmente sul drakkar per vedere il disgustoso spettacolo di Vili ubriaco e nudo. Aveva organizzato un festino, il maledetto. Due botti di idromele erano state versate sul pregiatissimo legno del ponte, un velo femmineo giaceva accartocciato poco distante. L’Ase lo prese con la punta del pugnale e lo gettò per coprire strategicamente il parente. Poi, siccome era una persona dotata di un tatto estremo, lo svegliò con una pedata sul fianco.

“Maledetto ubriacone, cos’hai fatto?” ruggì.

 

Vili Borson si riscosse leggermente, asciugandosi la saliva che gli colava impietosamente dal labbro. Si sfregò gli occhi e si ritrovò davanti le facce livide e severe dei suoi due nipotini.

“Un giro,” spiegò grattandosi amenamente. “State diventando noiosi, voi due. Avete questo drakkar e che ci fate? Le gitarelle sul fiordo? La fai guidare a tua figlia?”

“Io ho un drakkar, Thor non ha niente,” sibilò Loki serafico. Sorrideva, ma non c’era gioia in lui. Il suo era, piuttosto, il ghigno amaro di chi sta per crollare. La bellissima nave degli Asi costruita con un solo, immenso tronco quasi millenario, orgoglio della flotta di Asgard, dono meritatissimo di quel caprone di suo fratello, era stata spiaggiata e violata da quel maledetto ubriacone che si stava ancora sfregando i gioielli di famiglia e puzzava come un secchio della spazzatura. Su quel drakkar, Sigyn si era dovuta togliere le scarpe per non rovinare il legno e così aveva dovuto fare Sonje. L’Ase si occupava personalmente di lavare e spolverare la polena decorata con un drago, lustrare le belle assi, controllare e pulire la chiglia. Una volta sua moglie aveva inavvertitamente fatto cadere un corno di idromele sul legno. Non si erano parlati per tre giorni.

La mattina del quarto, Sigyn era entrata nello studio dove lui si era sdegnosamente ritirato a dormire e gli aveva detto che il suo risentimento era irritante e fuori luogo e non ne poteva più di quella stupida barca. Loki, impassibile, si era messo a spiegarle con voce incolore tutti i passaggi necessari per creare un drakkar così bello. Esasperata dalla tiritera del marito e con una bambina di un paio d’anni che le frignava addosso, gli aveva detto una frase lapidaria. “Perché non ci metti una branda e non ci dormi pure?”

Il dio dell’inganno l’aveva trovata un’idea davvero meravigliosa, e per questo l’aveva perdonata e si era fatto perdonare invitandola nell’alcova messa a punto per l’occasione.

 

 

Ora, finché Vili era dentro la Laxdaela, Loki non poteva fare assolutamente nient’altro che sfoggiare un sorriso simile a un ringhio e sforzarsi di non impugnare i suoi leggendari coltelli perché il sangue del parente avrebbe macchiato per sempre il legno del drakkar. Bloccato dall’amara consapevolezza, l’ingannatore guardava e pensava a inenarrabili vendette trasversali e non che prevedevano il saccheggio, l’omicidio, la gogna sulla pubblica piazza e tutta un’altra serie di belle cosette.

“Beh,” disse il simpatico zio legandosi il foulard femmineo come fosse un pareo midgardiano, “il sole è già alto e io avrei un appuntamento. È stato un vero piacere, ragazzi.”

 

****

 

Era davvero una brutta giornata quella, decise Sigyn. Sonje era impazzita dietro al suo adorabile e dolcissimo ponicorno dai grandi occhioni pucciosi, che era stato ribattezzato Friffri, un nome quasi impronunciabile che era un chiaro indice delle ascendenze Vanir della piccola; il maledetto pugnale d’osso che quel maniaco di Vili aveva regalato alla bambina era pressoché introvabile e Loki, ovviamente, era disperso con suo fratello e non c’era mai quando serviva. O meglio, quasi mai. La porta d’ingresso si aprì con un tonfo e il passo nervoso e marziale dell’ingannatore risuonò tetro sulle assi di legno.

“Sigyn, Vili ha rubato la Laxdaela, l’ha schiantata in una pineta, ha rotto l’albero e l’ha violata,” fu il suo tetro annuncio detto a denti stretti.

“In che senso l’ha violata?”

“L’ha usata per sbattersi qualche compiacente donnaccia,” spiegò tra i denti. Meditava vendetta, era palese, e sul bel viso affilato spiccava un simpatico occhio nero, regalo di Vili. Se non fosse stato per Thor, che lo aveva bloccato per evitare di perdere in maniera tragica l’ennesimo parente, il dio dell’inganno avrebbe fatto pagare al figlio di Bor il suo affronto con il sangue, riesumando per l’occasione qualche antica e bella punizione scaldica. Si era dovuto accontentare di gridare maledizioni orrende mentre il fratello lo teneva fermo, invece, con suo sommo dispetto.

 

Ora, in un’altra occasione, o meglio se Sigyn non avesse scoperto che quel disgraziato del marito e sua zia avevano avuto una relazione, Loki sarebbe stato curato amorevolmente dalla sua bionda e seducente mogliettina, ma così non stava avvenendo. L’Ase intuì che qualcosa di nefasto era accaduto in sua assenza, era troppo intelligente per non accorgersene, ma finse di ignorare quella vocina martellante che gli suggeriva come fosse decisamente in pericolo.

Sigyn inarcò un sopracciglio. “Sulla nostra branda?”

“Sulla nostra branda.”

“Brucia tutto, per carità,” sibilò la donna con un gesto rapido della mano.

“L’ho già fatto.”

“Io ho un problema più serio della Laxdaela. Mia nonna è sparita,” annunciò Sigyn. Era sempre molto paziente, tollerante e carina con suo marito, questo era vero, ma c’erano delle occasioni in cui aveva bisogno che lui la ascoltasse, la seguisse nei suoi ragionamenti e, soprattutto, facesse ciò che lei gli diceva. Per le cose importanti Loki doveva esserci, anche su questo si reggeva il precario equilibrio del loro matrimonio.

“Sarà a cercare radici e intrugli nel bosco,” minimizzò l’Ase. Andare a caccia di Ullfriaehdkkeh era la cosa che desiderava fare meno di tutte in assoluto, seconda solo a fare le spugnature a quel maledetto ubriacone sfascia drakkar di Vili che, per inciso, doveva morire nel più lento e tremendo dei modi.

“Trovala Loki. Vai da Heimdall e fatti dire dov’è.” Il tono di Sigyn era spaventosamente incolore.

“Da Heimdall… non ce n’è bisogno, credo.”

“…Cos’hai fatto, Loki?”

“Cosa dovrei aver fatto?” L’attacco è la miglior difesa, ricordò il dio degli inganni. “Senti Sigyn, non ho davvero tempo di cercare quella vecchia pazza scriteriata di tua nonna e seguirla nelle sue esplorazioni bucoliche. Il drakkar è da riparare, da rimettere in acqua e…”

“Loki Laufeyson, sei andato a letto con mia zia.”

 

Continua…

 

 

L’angolo di Shilyss

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Nel frattempo, voglio ringraziare di CUORE quanti seguono, ricordano e preferiscono questa storiellina senza pretese. Grazie, lo faccio per voi. Se vorrete continuare a nutrire la dolce Fatina io ve ne sarò grata perché una storia recensita è una storia felice. Friffri è il nome del mio adorato cavallo a dondolo che, ovviamente, non posseggo più. La Laxadaela è una mia invenzione. Il nome è rubato da una saga islandese edita da Iperborea che ha il medesimo nome, ma tutta la storia che ci gira intorno è invenzione mia, così come i Vanir intesi in questa maniera.

 

1 La battuta che specifica il fratello adottivo è mutuata da The Avengers e Thor: Ragnarok, ovviamente.

2 La battuta di Sigyn è un omaggio di quella che Thor rivolge a Loki in The Avengers.

3 La battuta di Freya è un omaggio di quella che Loki rivolge a Frigga in Dark World.

4 Il genere comico mi consente di calcare su determinati aspetti, nevvero, ma Freya nella Lokasenna (il testo scaldico con protagonista Loki, tradotto come Gli insulti di Loki, attribuisce a svela comportamenti piuttosto liberali (e libertini): Il dio dell’inganno sostiene infatti che “non c’è uomo, elfo o dio con cui tu non sia stata,” attribuendosi, di fatto, l’ennesima liaison.

5 Questa storia è raccontata nella mia prima fic, Tutte le tue bugie.

6 Come si evince sia nel capitolo 1 di Oltre l’inganno sia in Tutte le tue bugie.

Per i prossimi aggiornamenti, visitate la pagina fb…

 

Shilyss

   
 
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