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Autore: edoardo811    16/07/2018    1 recensioni
Quello che sembrava un tranquillo viaggio di ritorno alla propria terra natale si trasformerà in un autentico inferno per i Titans e i loro nuovi acquisti.
Dopo la distruzione del Parco Marktar scopriranno ben presto che non a tutti le loro scorribande nello spazio sono andate giù.
Tra sorprese belle e brutte, litigi, soggiorni poco gradevoli su pianeti per loro inospitali e l’entrata in scena di un nuovo terribile nemico e la sua armata di sgherri, scopriranno presto che tutti i problemi incontrati precedentemente non sono altro che la punta dell’iceberg in un oceano di criminalità e violenza.
Caldamente consigliata la lettura di Hearts of Stars prima di questa.
[RobStar/RedFire/RaeTerra] YURI
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XXV

Il Ritorno

 

 

Stella volò lungo i corridoi, con il cuore che martellava all’impazzata, quasi volesse fuggire dalla prigionia del suo petto. Se pensava a tutto quello che era successo, dal giorno del suo rapimento, fino a quell’esatto momento, non riusciva davvero a credere di aver impedito a Robin di amarla davvero.

Lo aveva dato per scontato, per tutto quel tempo. Aveva detto di non sentirsi pronta, sicura di sé stessa, convinta che il giorno giusto prima o poi sarebbe arrivato, mai avrebbe pensato, invece, che avrebbe potuto perderlo proprio come in quel momento. Non appena lo aveva visto steso su quel pavimento, il corpo rovinato da tutti quei lividi e abrasioni, si era sentita come se una scheggia di ghiaccio le avesse trafitto il ventre. Non poteva sopportare di vederlo ridotto in quelle condizioni, non dopo tutto quello che aveva fatto per raggiungerla e salvarla. Lui aveva attraversato la galassia, letteralmente, per lei. E lei avrebbe fatto lo stesso per lui, milioni di volte. Raggiungerlo in quell’ufficio e aiutarlo sarebbe stato niente a confronto, ed era quello che era intenzionata a fare.

Non sapeva bene dove andare in mezzo a quel labirinto di corridoi, sapeva solo che doveva salire. Fortunatamente, le pareti non erano dure come quelle delle celle.

Sforacchiò la nave, salendo piano dopo piano, il suo obiettivo ben stampato nella mente. Avrebbe soccorso Robin e avrebbe ridotto Slag in poltiglia. Lui aveva salvato lei, ora lei avrebbe salvato lui.

Infine, raggiunse il ponte della nave, aprendo un ultimo buco nel pavimento della poppa.

La ragazza si sollevò in cielo, occhi e mani rilucenti di verde. Non ci mise molto ad accorgersi della persona che stava cercando. Tuttavia, non appena vide Slag con la mano attorcigliata attorno al suo collo, l’aliena non ci vide più.

«ROBIN!» gridò, fiondandosi su di loro alla velocità della luce.

Slag si voltò, confuso. «Che cos…» Non concluse la frase. Stella lo centrò sull’enorme pancia, urlando a pieni polmoni. Il pirata ululò sconvolto, mentre veniva scaraventato via come un missile. Il robot sfondò la parete sotto alla prua, svanendo nei meandri della sua stessa nave.

Stella, col fiato grosso, si accinse a soccorrere Robin, caduto sulla schiena dopo che la presa su di lui era stata sciolta. La rossa si chinò accanto a lui, chiamandolo per nome, accorgendosi solo in quel momento di quanto gravi fossero davvero le sue condizioni.

«S-Stella…» mormorò lui, riuscendo ad accennare un tenue sorriso. Allungò una mano, appoggiandola sulla guancia morbida di lei. «Stai… stai bene…»

Stella strinse la mano con forza, una lacrima che scivolava dall’occhio. «Robin» mormorò. Malgrado fosse chiaramente lui quello più bisognoso di aiuto, si preoccupava comunque per lei. La amava, la amava veramente. E lei amava lui, con ogni fibra di sé stessa. Si accorse in quel momento anche delle fiamme che avevano cominciato a divorare il ponte della nave, troppo presa dal suo amato per scorgerle prima. Dovevano andarsene da lì, prima che ogni cosa bruciasse.

«Ti porto via da qui, Robin.»

Robin annuì, mentre si rimetteva lentamente a sedere. Sicuramente avrebbe voluto dirle di più, ma il dolore lo impossibilitava a pronunciare più parole del dovuto, cosa di cui lei non poteva biasimarlo. La ragazza accolse il braccio di lui attorno alle proprie spalle e lo aiutò a rimettersi in piedi. Ogni minimo spostamento causava una smorfia od un gemito di dolore al moro, cosa che feriva il cuore di Stella ogni volta di più. Non riusciva a sopportare di vederlo ridotto così. Sperò che i fongoid, o Corvina, potessero aiutarlo.

 Stava per alzarsi in volo, quando un altro urlo la fece pietrificare. I due ragazzi si voltarono, per poi scorgere Slag fuoriuscire dai meandri in cui era stato scaraventato. Sbucò dal cratere, ringhiando, ribollendo di rabbia, e osservò la coppia con i suoi occhi glaciali e privi di vita. La luce delle fiamme che stavano invadendo il ponte si rifletté sul corpo metallico del pirata, facendolo apparire più come un demone meccanico che come un robot.

«Voi… tornate… QUI!!!» tuonò furibondo, per poi correre verso di loro. Stella si alzò in volo, afferrando Robin per il fianco. Il ragazzo gemette, ma si strinse ugualmente con forza a lei. Un attimo prima che l’uncino del pirata si abbattesse su di loro, i due compagni si erano già messi in salvo.

Slag ululò ancora di rabbia e cercò di incenerirli sputando fuoco dalla bocca, ma ormai Stella e Robin erano già troppo lontani.

Mentre le fiamme divoravano il ponte, e molto probabilmente presto anche la nave, il pirata esplose in un ultimo grido furibondo, che divenne man mano più flebile mentre si allontanavano da lui.

«Grazie… Stella…» mormorò Robin. «Mi… mi hai salvato…»

«Non ti avrei mai abbandonato» rispose lei, sorridendogli calorosamente. «Adesso rilassati: ti porto a terra, dove potranno prendersi cura di te.»

«Ma… Slag? Lo lasciamo lì?»

«La tua salute è più importante.»

«Sì, però…»

«Non discutere!» lo ammutolì Stella. Robin la guardò sbigottito per un istante, per poi abbozzare una tiepida risatina. «Va bene, Stella. Ho capito.»

Stella sorrise soddisfatta. Avrebbe voluto stampargli un bacio di consolazione, ma in quel momento non era un gesto molto pratico.

Un rumore di esplosione giunse dalle loro spalle all’improvviso, facendoli trasalire. I due si voltarono, scorgendo diverse lingue di fuoco sollevarsi con forza da sopra il ponte, accompagnati da nubi di fumo nero. La nave cominciò a scendere lentamente di quota, sotto gli sguardi atterriti dei due ragazzi.

Di quel passo, ci avrebbe messo molto a precipitare, ma sotto di essa si trovava ancora il villaggio dei fongoid.

«Oh, no…» mormorò Stella. «Il villaggio è in pericolo!»

Robin annuì. «Dobbiamo… tornare a terra e avvisarli. Bisogna evacuare.»

«Andiamo!»

Senza perdere altro tempo, Stella scese verso terra, dove sperava caldamente di trovare il resto dei suoi amici.

 

***

 

Slag avanzò lungo il ponte barcollando. La botta della tamaraniana gli aveva piegato la gamba di legno, costringendolo a zoppicare. Il fumo che usciva dal ponte in fiamme non era nulla rispetto a quello che sarebbe uscito dalle sue orecchie, se solo le avesse avute. Era furibondo a dire poco. Aveva perso il suo prigioniero, e se la tamaraniana si era liberata, allora era molto probabile che anche gli altri fossero liberi.

Non aveva idea di che fine avessero fatto Caruso, Shyltia e Shamus, e la miriade di corpi dei suoi sgherri privi di sensi sparpagliati per il ponte non aiutava a migliorare il suo umore. Non si prese nemmeno la briga di svegliarli, li avrebbe lasciati tutti alle fiamme, quegli ingrati incapaci.

Di una cosa era sicuro: quei terrestri non l’avrebbero fatta franca. La sua destinazione era una ed una soltanto, in quel momento, la sala macchine.

Avevano portato via la sua ciurma, la sua nave era in fiamme e da solo non sarebbe mai riuscito a caricare tutti i suoi tesori su una navicella di salvataggio. Quei terrestri, con una semplicissima evasione, avevano distrutto tutto il suo impero, l’impero che aveva costruito con anni di sacrifici e di pugnalate alle spalle. Avevano portato via ogni cosa da lui.

Ora lui avrebbe portato via tutto da loro.

 

***

 

 

La felicità che Robin aveva provato quando aveva rivisto Stella probabilmente era seconda solo a quando lei aveva espresso di ricambiare i suoi sentimenti. Quando Slag lo aveva afferrato aveva creduto che la fine fosse arrivata, che non sarebbe mai riuscito a cavarsela anche quella volta, ma si era totalmente sbagliato.

Più che una ragazza, Stella era parsa un angelo. Il suo angelo custode, venuta a salvargli la vita scaraventando via Slag come se fosse stato un pallone da football. Non una cosa molto da angeli, effettivamente, ma se non altro respirava ancora, e quello lo doveva solo a lei.

Pensò che aveva quasi dimenticato quale aspetto avesse la terra, quando loro due vi atterrarono sopra. Stella lasciò andare a Robin, che si inginocchiò per cercare di recuperare dalle ferite.

Il palazzo di Alpheus era di fronte a loro, il loro arrivo non era certamente passato inosservato, e non passò molto prima che venissero raggiunti da due figure familiari.

«Kori!» esclamò Amalia, soffocando Stella in un abbraccio. «Ce l’hai fatta!»

Mentre le due sorelle si ricongiungevano, Rosso sorrise a Robin dall’alto, provocatorio. «Ti sei ridotto così a furia di sparlare alle spalle degli altri?»

Robin fece schioccare la lingua, abbozzando un sorrisetto a sua volta. «Non è colpa mia se sei sparito nel momento in cui i pirati sono arrivati. Se non sei stato tu, allora chi li ha portati qui?»

«Galvor.» Red X incrociò le braccia, con una smorfia. «Lui e i suoi amici lo hanno fatto per liberarsi di noi. Io ho provato a fermarlo, ma mi hanno quasi ucciso.»

«Come hanno fatto?»

«Usando la nave con cui siamo atterrati qui. Hanno mandato un SOS, e dopo, mentre ero neutralizzato, hanno fatto ricadere la colpa su di me.»

Robin scosse lentamente il capo, disgustato dal comportamento del fongoid. Non faticava a credere alla versione di Red X, e da una parte era felice di sapere che Rosso non li aveva traditi per davvero. Dopotutto, amava Amalia, e Amalia e Stella si erano riappacificate. Non avrebbe mai fatto nulla per ferire Amalia e di conseguenza Stella, portando le due a dividersi nuovamente per causa sua.

«Avete avvisato Alpheus di questa cosa?»

«Sì. Per un attimo hanno cercato di arrestarmi, ma siamo riusciti a spiegare la situazione, anche perché se fossi voluto scappare non sarei mai tornato lì. Purtroppo, però, Galvor e i suoi erano già spariti, cosa che è anche servita per scagionarmi.»

«Capisco. E gli altri dove sono?»

«Terra era andata a cercare Corvina, mentre io e Amalia combattevamo con Shyltia.»

«BB e Cyborg sono andati all’hangar, invece» aggiunse Amalia, tornando accanto a Rosso. «Hanno detto che avrebbero cercato una nave.»

Robin si voltò verso il vascello pirata, pensieroso. Sperò che stessero tutti bene, e che soprattutto riuscissero ad uscire da là prima che la nave precipitasse.

«Che diamine è successo lassù? Cos’è tutto quel fumo?» domandò Rosso, sembrando leggergli nel pensiero.

Il leader sospirò pesantemente, per poi rimettersi faticosamente in piedi. «Dobbiamo… avvisare Alpheus. La nave precipiterà, dovremo metterci tutti a distanza di sicurezza.»

«Che cosa?» domandò Amalia, sorpresa. «Ma… come?»

Un rumore assordante impedì a Robin di risponderle. I quattro sollevarono lo sguardo, per poi accorgersi di una grossa navicella scendere lentamente verso di loro. Una parte di Robin pensò che fossero dei pirati scesi per combattere ancora, ma un’altra, quella più ottimista, stava pensando a qualcos’altro. I due ragazzi e le aliene rimasero sull’attenti fino a quando la navicella non fu completamente immobile accanto a loro. Tuttavia, non appena lo sportello laterale si aprì, tutti quanti realizzarono che non c’era nulla di cui preoccuparsi: BB fece capolino da dentro la nave, sorridendo non appena vide i propri amici. «Ehi, ragazzi!»

Il mutaforma scese lungo la passerella metallica, subito seguito da Cyborg e da una strana ragazza aliena che Robin non aveva mai visto prima.

«Ragazzi!» esclamò Stella andando a stritolarli in un abbraccio. «Ce l’avete fatta! Avete una nave!»

«Merito della nostra nuova amica, qui» replicò Cyborg, accennando con un braccio all’aliena, che divenne più rossa dei capelli di Stella.

«Chi è quella?» domandò Robin a Rosso, che scrollò le spalle. «Era anche lei prigioniera di Slag. L’abbiamo liberata e ha deciso di venire con noi. È muta, però. Non abbiamo idea di come si chiami.»

«Mh.» Robin assottigliò le labbra, scrutandola bene in volto. Perché quel viso gli sembrava così familiare?

«Robin, che cavolo ti è capitato?» domandò Cyborg, sorpreso. «Sembra che tu sia finito in una fornace.»

«Non è molto diverso dalla realtà» mugugnò il leader, non particolarmente desideroso di narrare cosa gli fosse accaduto nel dettaglio.

«Che sta succedendo lassù?» domandò nel frattempo BB, cambiando argomento, con lo sguardo puntato verso il vascello di Slag. Anche Cyborg e l’aliena spostarono l’attenzione verso il cielo. Robin sospirò, poi cominciò a spiegare, aiutato anche da Stella quando si interrompeva a causa di alcune fitte di dolore.

«Dobbiamo far evacuare questo posto» concluse Robin. «Prima che quella nave ci crolli addosso.»

«Non credo ce ne sarà bisogno» si aggiunse un’altra voce, molto familiare a tutti loro. Il gruppo di ragazzi si voltò, per poi accorgersi di Corvina e Terra, non molto distanti, intente a raggiungerli.

La maga sorrise, sollevando uno strano oggetto piramidale che stringeva tra le mani. «Qualcuno ha visto Canoo?»

 

***

 

Reazioni miste provennero dai fongoid quanto il gruppo di ragazzi rientrò nel palazzo. Reazioni miste che finivano tutte col trasformarsi in stupore quando si accorgevano dell’oggetto magico che Corvina trasportava con sé. La maga avanzava eretta, con la testa alta, quasi con orgoglio. Non tanto per superbia, quanto più perché doveva restare fedele al suo ruolo di Salvatrice, e soprattutto voleva rendere onore alla Reliquia, un artefatto prezioso, potente ed importante come quello non poteva essere trasportato da una persona qualsiasi. L’intera sala, dapprima popolata dal parlottio del resto dei fongoid era sprofondata nel silenzio al passaggio di Corvina.

Il gruppo procedeva silenzioso, guidato dalla maga, accanto alla quale si trovava Terra, seguite poi da Stella e Robin, Amalia e Rosso e Cyborg, BB e l’aliena, con quest’ultima che non sembrava voler uscire dal nascondiglio dietro la schiena del robot per nulla al mondo.

Infine, si trovarono di fronte a chi stavano cercando. Canoo e Alpheus rimasero esterrefatti.

«La Reliquia…» mormorò lo sciamano, il primo che sembrò riuscire a ritrovare il dono della parola.

La maga riuscì a sorridere, per poi annuire. «Sì. L’ho ritrovata.»

Canoo si avvicinò alla ragazza, porgendo una mano. «Posso?»

«Naturalmente. Questa è vostra, dopotutto.» Corvina consegnò la Reliquia allo sciamano, che la esaminò con estrema attenzione, quasi non riuscisse ancora a crederci. L’artefatto si illuminò di luce propria all’improvviso e con esso tutte le gemme della stanza, da quelle più grosse incastonate nei bastoni delle guardie, a quelle più piccole usate come semplici decorazioni, fecero la medesima cosa. Diversi versi sorpresi si sollevarono nel salone, incluso quello dello stesso sciamano, che riuscì a sorridere entusiasta. «Io… non ho parole, davvero, per… per descrivere quanto ti… vi… sia grato.»

«Allora… suppongo che tu non sia arrabbiato con me per essere salita sulla nave» borbottò Corvina, strappandogli una tenue risata.

«Sei tu che dovresti essere arrabbiata con me, per quello che ti ho fatto… ho agito per proteggere il mio popolo, incurante di quello che tu avresti potuto pensare.» Canoo chinò il capo. «Ti porgo le mie più umili scuse, Salvatrice.»

«Corvina.»

Il fongoid drizzò lo sguardo, osservandola confuso. La maga distese il suo sorriso. «Puoi chiamarmi Corvina. Non sono arrabbiata, non preoccuparti.»

Canoo annuì lentamente. «Va bene, Corvina. Grazie.» Lo sciamano si rivolse al salone, attirando l’attenzione di tutti i fongoid. «A nome di tutti, voglio ringraziarti. Tu e tuoi amici ci avete salvati, e per questo saremo per sempre vostri debitori.»

Alpheus annuì lentamente. «Purtroppo non disponiamo di molto, ma sappiate che qui sarete sempre i benvenuti. Avete scacciato i pirati, e avete trovato la Reliquia.»

«Riguardo i pirati…» si intromise Robin. «… la loro nave sta… perdendo lentamente quota. Finirà per atterrare sul villaggio, e se non ce ne andiamo da qui al più presto, rischiamo tutti quanti di rimetterci la vita.»

Questa volta diversi gemiti spaventati si sollevarono tra la folla. Canoo ed Alpheus si scambiarono uno sguardo che Corvina non riuscì a decifrare, al che la maga decise di intromettersi. «Canoo, non puoi usare il potere della Reliquia per respingere la nave?»

Lo sciamano la scrutò per un istante, chiaramente pensieroso, per poi scuotere il capo. «Io non sono in grado controllare il potere della Reliquia in questo modo. Nessuno lo è. Ma…» Un altro sorriso comparve sul suo muso. «… non sarà necessario. Forza, tu e i tuoi amici, seguitemi al templio.»

Canoo si incamminò verso l’uscita del palazzo senza nemmeno attendere risposta. Corvina si scambiò un’occhiata perplessa prima con Terra, poi con il resto dei suoi amici, infine anche con Alpheus. Il re, ancora una volta, non disse nulla, si limitò a volgerle un cenno del capo, invitandola a seguire lo sciamano. Dopo un attimo di esitazione, Corvina annuì, poi si accinse a raggiungere Canoo, imitata dai suoi compagni.

Guidò i suoi compagni verso il templio, visto che nessuno di loro, probabilmente, era nemmeno a conoscenza di quel luogo segreto.

Raggiunsero Canoo nella sala delle pitture rupestri, dove lo sciamano attendeva appoggiato allo scettro. Quando si accorse di Corvina, le rivolse un cenno del capo. «Io non so controllare la Reliquia, ma non ha importanza, e ora capirete perché.»

Il fongoid ripose l’artefatto sul suo piedistallo, che per la prima volta dopo tutti quegli anni poté riaccogliere l’antica proprietaria di quel giaciglio. Canoo si allontanò a passi all’indietro, osservando la Reliquia che riluceva all’interno della stanza scura. Nulla accadde.

Passò una quantità non ben definita di tempo, in cui i ragazzi continuarono a scambiarsi sguardi confusi, Corvina tra tutti.

«Canoo?» domandò, incerta, in cerca di spiegazioni.

L’espressione dello sciamano mutò radicalmente. Da sicuro e determinato, passò ad essere nervosa. «Io… io non capisco…» Lo sciamano lasciò cadere a terra lo scettro, quasi sconsolato. «Credevo… credevo che se avessimo riportato la Reliquia, gli Zoni…»

La terra tremò all’improvviso, interrompendolo e facendo barcollare tutti loro. Terra gridò e si aggrappò a Corvina per non perdere l’equilibrio, gesto che per poco non le strappò via il reggipetto. Gli sguardi delle due ragazze si incrociarono e la bionda divenne paonazza. «Ehm…»

Se non altro, la sua reazione le fece capire che non era stata lei l’origine di quello scossone.

«Cos’è stato?» domandò BB, guardandosi attorno.

Canoo non rispose, limitandosi a correre verso l’uscita del tempio. Corvina lo seguì con lo sguardo, sempre più basita. Ancora una volta, non le restò altro che seguirlo.

 

***

 

Sopra la nave, Slag, messosi al timone, osservava ridendo sguaiatamente il complesso di abitazioni, pregustandosi il momento in cui avrebbe raso al suolo tutto quanto.

Shamus era nell’hangar, con un foro grosso quanto un boccaporto nel suo petto; Shyltia era nella sua stanza delle torture, con tutte le ossa rotte e il volto ridotto ad una maschera di sangue. Non era morta, ma per lui era come se lo fosse; Caruso era svanito nel nulla.

I corridoi della nave erano disseminati di corpi di pirati distrutti, causati dalla rissa e anche dagli evasi. Il fuoco aveva divorato il ponte, e alcune fiamme erano riuscite ad arrivare al deposito munizioni, causando esplosioni che si erano susseguite lungo tutto l’impianto elettrico del velivolo. I pirati rimasti, accorgendosi di quanto furibondo fosse il capitano, avevano tagliato la corda, alcuni con i Torpedo, altri si erano buttati giù dalla nave, verso la loro morte. Quelli rimasti sugli altri tre vascelli, rimasti in orbita fuori da Quantus, avevano tagliato la corda con essi. La sua flotta, il suo esercito, la sua nave e le sue ricchezze, il suo sogno, era tutto svanito.

E ora, lui avrebbe fatto svanire il misero pianetucolo sotto i suoi piedi. La nave stava scendendo in picchiata, sfruttando quel poco di energia che rimaneva ai motori ormai dilaniati dalle fiamme e dai malfunzionamenti.

Forse non sarebbe passato alla storia come il più grande pirata di tutti i tempi, ma sicuramente si sarebbero ricordati di lui come il pirata che aveva distrutto un pianeta intero. Il campo di asteroidi che sarebbe rimasto di Quantus sarebbe stato battezzato "Il campo di Slag II" in suo onore, ne era certo.

A quel pensiero, una risata ancora più grassa fuoriuscì dalle sue fauci.

«L’INFERNO VI ATTENDE, CANAGLIE! NON FATELO ASPETTARE PIÙ DEL DOVUTO!»

 

 

***

 

 

Di nuovo nel cortile, i ragazzi osservarono il cielo, dove poterono scorgere, impotenti, la nave di Slag puntare verso il villaggio, tuttavia non stava più scendendo lentamente, ma si stava spostando a velocità parecchio sostenuta. Se prima avevano ancora qualche decina di minuti di tempo, ora ne avevano uno scarso per scappare da lì.

«Che cosa facciamo?» domandò Stella, osservando il vascello. Robin, ancora stretto a lei, scosse la testa.

«Posso… posso creare una barriera» mormorò Corvina. «Attorno a noi e il palazzo. Forse…»

La terra tremò nuovamente, costringendola ad interrompersi

«Ma che diavolo…?» sbottò Beast Boy, osservando il suolo. «Di nuovo?»

Un boato si sollevò in aria all’improvviso, facendo sussultare i giovani. Più che un boato, parve un ruggito. Un insieme, di ruggiti, per l’esattezza. La nave si avvicinava sempre di più al villaggio, pronta a distruggerlo, ma ciò che accadde a terra fu molto più sconvolgente: decine, centinaia, forse migliaia di Basilischi Leviathan si sollevarono in cielo dalla foresta, fiondandosi contro il vascello. Si schiantarono contro il velivolo, letteralmente, sbattendoci contro il cranio talmente forte che se non si ruppero la testa all’impatto fu un miracolo. I corpi degli animali si saturarono di elettricità, veri e propri fuochi artificiali azzurri presero vita in cielo, al di sotto della nave, la cui discesa parve subire un brusco rallentamento.

Corvina schiuse le labbra. I Basilischi… stavano rallentando il vascello. Fu come vedere un esercito di insetti attaccare un animale più grosso. Uno solo di loro non avrebbe mai potuto fare nulla, ma tutti insieme…

Un sibilo provenne dalle loro spalle, facendoli voltare. L’ingresso del templio si illuminò di luce azzurra accecante. «Sommo Orvus…» sussurrò Canoo.

Un raggio di energia fuoriuscì dall’antico edificio, sorvolando il cortile e puntando verso la nave. Corvina, sempre più atterrita, assottigliò lo sguardo, riuscendo a scorgere alcune strane figure muoversi dentro quella luce. A quel punto, la maga sgranò gli occhi: quello non era un raggio qualsiasi.

L’energia si abbatté contro la chiglia della nave, dando manforte ai Basilischi, che ruggirono tutti quanti di nuovo all’unisono. Il baccano generato fece uscire dal palazzo diversi fongoid, incluso Alpheus, ciascuno dei quali rimase ad osservare la scena senza parole.

Sbuffi di vapore cominciarono ad uscire dai motori della sala macchine, i barometri sembravano impazziti, erano tutti fratturati, le lancette fuori controllo sopra le zone rosse.

Slag osservò la stanza attorno a sé sbalordito. «Ma che diamine?! Che succede?!» La luce azzurra gli impediva di scorgere cosa stesse accadendo al di fuori della nave, e il baccano generato dai motori offuscava qualsiasi rumore esterno.

La nave si piegò all’improvviso, facendogli perdere l’equilibrio. Il pirata crollò a terra, urlando infastidito. I barometri esplosero, alcuni motori si incendiarono.

«No… no…» sussurrò il pirata, guardando il resto del suo vascello andare in pezzi di fronte ai suoi stessi occhi. «No… NOOOOOOOOO!»

La luce cominciò a ricoprire il vascello, assieme all’elettricità dei Basilischi, fino a farlo svanire del tutto. Il tempo parve fermarsi per un istante. Poi vi fu un’esplosione.

Il cielo divenne arancione, una folata di vento caldo si abbatté sul cortile, costringendo i giovani a coprirsi occhi e volto con le braccia, i capelli che sventolavano all’aria. Una nube di fumo nero ricoprì il punto in cui fino ad un attimo prima si trovava il vascello. I Basilischi si allontanarono, tornando nelle loro tane sparpagliate per la foresta, mentre il raggio di luce, rimasto fisso nel punto in cui si era scontrato con la nave, cominciò a dissolversi lentamente. Man mano che si dissolveva, tre piccole sfere cominciarono a prendere forma al suo interno, che si rivelarono poi essere delle specie di barriere, messe a protezione di tre esserini neri. Non appena Corvina li vide, sgranò gli occhi, e lo stesso fecero Canoo ed Alpheus.

«Ma… cosa sono…?» domandò Terra, tuttavia senza ottenere risposte.

I tre piccoletti sollevarono le braccia e la luce azzurra tornò a coprire il luogo dell’esplosione, avvolgendolo completamente, soffocando il fumo e facendo ritornare il cielo al suo colore originale. Quando abbassarono le braccia, ogni traccia del fumo o dei resti del vascello erano svaniti, quasi come se non fossero mai stati lì.

«O-Ok» ripeté Terra. «Posso sapere, ora, chi sono quei tre?»

«Gli Zoni» sussurrò Canoo, mentre un sorriso prendeva forma sul suo volto. «Sono tornati!»

Le tre creaturine scesero lentamente verso di loro, sotto gli sguardi sbigottiti di tutti. Non appena furono abbastanza vicini, Corvina non ebbe più dubbi: erano loro. Erano le stesse creature che aveva visto in sogno e che l’avevano guidata. Era grazie a loro se aveva scoperto che i suoi compagni erano in pericolo, e sempre grazie a loro aveva scoperto dove si trovava la Reliquia.

I fongoid, guidati da Alpheus, raggiunsero il gruppo di ragazzi, ammaliati dal primo all’ultimo alla vista delle creature tanto particolari, quasi buffe, quanto incredibilmente potenti. In tre avevano annientato la nave e, sicuramente, erano stati loro ad aizzare i Basilischi verso il vascello.

Il popolo di alieni si inchinò di fronte ai tre Zoni, Alpheus e Canoo compresi. Osservandoli, Corvina intuì che sarebbe stato opportuno fare lo stesso, ma uno dei tre, quello al centro, la fermò sollevando una mano. «Resta in piedi, Salvatrice» annunciò con solenne, malgrado il timbro lieve, simile ad un sibilo. «E anche voi. Non dovete renderci omaggio, siamo noi a dovervi ringraziare.»

«Grazie, Salvatrice» annunciò lo Zone di destra, facendosi avanti. «Hai riportato la Reliquia al suo posto.»

«Grazie al suo potere siamo riusciti a manifestarci nuovamente» proseguì quello di sinistra. «Ora possiamo tornare a proteggere questo pianeta, e il suo popolo.»

«Quindi… voi non ve ne siete mai andati…» mormorò la maga, sorpresa.

Quello di mezzo scosse lentamente il capo. «No. Ma l’assenza della Reliquia ci ha indeboliti. Sapevamo dove l’avessero portata, ma non potevamo fare nulla, fuorché avvisarti telepaticamente.»

«E… come sapevate che io fossi la Salvatrice?»

«Noi Zoni sappiamo viaggiare nel tempo. Possiamo vedere il futuro. Abbiamo visto il pianeta in pericolo, e poi abbiamo visto te, e i tuoi amici, arrivare qui. Non ti abbiamo vista recuperare la Reliquia, ma in voi abbiamo visto un gruppo di guerrieri dall’animo nobile, e abbiamo riconosciuto il potere che scorreva dentro le tue vene, Salvatrice. Abbiamo capito che eri tu quella su cui potevamo contare maggiormente. Tu saresti stata l’unica in grado di resistere al potere della Reliquia, e così è stato.»

Lo Zone si abbassò, arrivando faccia a faccia con lei. I suoi occhioni enormi la studiarono brevemente. «Sappiamo che spesso il sangue che scorre nelle tue vene è causa di molte tue turbe, ma non devi temere: tu non sarai mai ciò che temi di essere. Il tuo animo è troppo puro per venire macchiato in questo modo. E ciò che hai fatto per questo pianeta, per tutti noi, ne è la dimostrazione.»

Corvina sorrise. Quelle parole riuscirono a scaldarle il cuore. Era vero, il suo sangue demoniaco, malgrado tutto, continuava a tormentarla, ma lei non avrebbe mai tradito i suoi amici, le persone che si fidavano di lei, e soprattutto Terra. Non avrebbe permesso a suo padre di manifestarsi ancora tramite lei. Spostò lo sguardo verso la ragazza bionda, che le sorrise, appoggiandole una mano sul braccio. Fece lo stesso con i suoi compagni, ciascuno dei quali rivolse lei un cenno del capo.

«E ora, per ringraziarvi per i vostri sforzi.» Lo Zone si sollevò di nuovo in cielo, portandosi accanto ai suoi due compagni. Tutti e tre sollevarono le braccia e la luce azzurra tornò a manifestarsi. Corvina la osservò ammaliata, mentre ricopriva lentamente tutti loro. Gemette sorpresa, ma sapeva che gli Zoni non avrebbero mai fatto del male a loro. Quando la luce svanì, tuttavia, la maga credette che nulla fosse cambiato. Fino a quando non si accorse della navicella rubata da Cyborg e BB, dapprima grigia scura, ora intervallata da molteplici ghirigori color azzurro fluorescente.

«Abbiamo potenziato la vostra nave» spiegò lo Zone. «In un solo giorno di viaggio vi ricondurrà a casa vostra. Potrete partire quando più vi aggrada.»

Casa. Aveva quasi dimenticato il vero significato di quella parola. Casa loro, Jump City. A stento ricordava l’aspetto di quella enorme città. Quanto le era mancata. Quante volte aveva sognato di poterci tornare, in quelle estenuanti settimane. Ma ora era tutto finito. Aveva adempiuto ai suoi doversi, aveva recuperato la Reliquia, riportato gli Zoni e salvato il pianeta. Non c’era più bisogno di lei, di loro, lì. Potevano finalmente tornare a Jump City, città che mai fino a quel momento le era sembrata così vicina. Tutto quello le pareva quasi surreale. Abbassò il capo, genuinamente senza parole. «Io… non so cosa dire. Grazie. Grazie davvero.»

Lo Zone annuì, poi il trio si diresse verso i fongoid, rivolgendosi ad Alpheus in particolare. «Non dovete più temere le Bestie, amici miei. Saranno i guardiani di queste terre, e vi proteggeranno da altri eventuali invasori. Ora Quantus potrà di nuovo rifiorire.»

Il re abbassò il capo, umile come probabilmente mai era stato. «A nome del mio popolo, vi ringrazio.»

«Noi ringraziamo voi per non aver mai perso la speranza.»

Alpheus tornò ad osservare lo Zone. Accanto a lui, Canoo sorrise.

«Bene. È giunto il momento di andare, ma non temete: noi rimarremo per sempre qui, a vegliare su di voi.»

«Arrivederci» asserì lo Zone di destra.

«Arrivederci» fece eco quello di sinistra.

Il re annuì. «Arrivederci.»

Canoo, Corvina ed il resto dei Titans imitarono il saluto, dopodiché il trio si sollevò in cielo, venendo ricoperto di nuovo dalla luce azzurra. Quando questa si diradò, i tre esserini erano già scomparsi.

«Molto bene» annunciò Alpheus, tornando serio come sempre. Parve quasi addirittura più autoriale del solito. Forse perfino troppo. Un atteggiamento che sicuramente cozzava parecchio con la gioia provata da tutti in quel momento.

Almeno fino a quando non sorrise nuovamente. «È tempo di festeggiamenti!»

Un boato di giubilo si sollevò nel cortile.

   
 
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