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Autore: felinala    21/07/2018    15 recensioni
RACCOLTA DI OS che vedrà alcuni protagonisti del mondo db all'interno di alcuni miti classici.
1. LE PROVE DELL'AMORE (eros e psiche, PxT)
Un destino orribile pare attendere la mortale più bella, colei che i suoi consimili hanno osato paragonare alla dea della bellezza, la dea Bulma, che per questo si adira e la punisce.
Ma l'amore vero trionferà comunque, anche tra mille prove... forse.
(terza classificata al contest "e se le opere classiche fossero degli anime?" indetto da Elecorti)
2.INFERNAL POISON (Ade e Persefone VxP crack pairing)... no, la ragazzina non aveva a prima vista nulla di così particolare, seppur leggiadra e solare.
Eppure…
Un sogghigno si fece strada nel volto di tenebra che controllava l’Averno al ricordo del giorno, pochi mesi prima, in cui aveva deciso che il veleno della curiosità, scaturito quasi per caso nei confronti di quella giovane, valeva la pena di inimicarsi le altre creature divine che governavano l'universo solo per il piacere di poterla corrompere...
seconda classificata e vincitrice del premio song fic al contest "CONTEST(IAMO)?" indetto da SSJD sul forum di Efp
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta | Coppie: Pan/Trunks
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LE PROVE DELL’AMORE



Narra l’antica leggenda che, in una terra lontana, ai confini con la Grecia, regnavano il re Gohan e la regina Videl.
Erano regnanti benvoluti da tutti, considerati saggi e rispettati tanto  dalla loro gente che governavano con giustizia, quanto dai popoli vicini con cui intessevano fiorenti rapporti commerciali.
Mentre pace e prosperità si susseguivano di stagione in stagione nel  corso delle vite di ciascuno, il re e la regina furono frattanto benedetti da tre figlie.

Man mano che elle crescevano però, fu chiara la predilezione che tutti avevano per la terzogenita dei regnanti, una creatura di rara bellezza dagli occhi e dai capelli color dell’ossidiana più pura.
Pan, questo era il nome della principessa, diventava sempre più bella di giorno in giorno. Ma non era solo questo a donarle un fascino particolare: era infatti noto che amasse l’indipendenza, lo scorrazzare per i campi e che, in generale, non le piacessero le attività femminili come la tessitura; queste sue caratteristiche che la potevano far sembrare stravagante però, finivano spesso per passare in secondo piano.   Presto infatti la giovane si dimostrò una creatura coraggiosa intelligente e caparbia, capace di estrema gentilezza, bontà d’animo e una rara dolcezza che sfoggiava verso coloro che avevano ottenuto il suo affetto.
I suoi genitori ne andavano tanto fieri che presto  commisero l’impudenza di appellarsi più volte a lei in pubblico con i magnificenti e altisonanti appellativi dovuti alla più bella delle dee: Bulma.
Ben presto la notizia si diffuse ovunque e tutte le  genti cominciarono a conoscere la principessa accostandola ad appellativi tipici della dea quali Melaina*, Morfo** o, ancor peggio, basilis***.
Quando la bella principessa fu nell’età adatta per maritarsi, numerosi furono quindi i pretendenti:  le voci che ne decantavano la bellezza e la grazia infatti, ormai si erano così diffuse da essere divenute leggendarie e  molte furono le poesie per lei scritte e cantate.  
La situazione si aggravò ulteriormente allorché tutte le genti della Grecia e dei territori contigui iniziarono a visitare il palazzo di Pan per adorarla mentre i templi della dea Bulma  rimanevano deserti.
 
Quando lo venne a sapere, la  dea Bulma andò su tutte le furie: come osavano quei mortali adorare una loro pari che si faceva impostora  delle sue vesti? Ritenne cotal situazione intollerabile e quindi pregò il figlio Trunks,  dispettoso dio dell’amore, di punirla, colpendola al cuore con una delle sue frecce affinché la ragazza si innamorasse di un uomo spregevole e avesse un matrimonio infelice.
“Devi, mio carissimo figlio, vendicare l’affronto che quei mortali mi hanno fatto! La giovane deve pagare! Osare paragonarsi alla più bella delle dee!” sbraitava Bulma Anadiomene**** rivolta al figlio sedutole di fronte.
“D’accordo, madre mia, sarà fatto” fu la condiscendente risposta del dio dell’amore, che subito partì per eseguire il compito che gli era stato assegnato...

Intanto Pan si rattristava perché non solo tutti  la trattavano come una dea e nessun uomo osava amarla, andando oltre il suo aspetto esteriore, ma anche perché, con tutte quelle visite che doveva ricevere (aveva troppo rispetto per quelle persone e per il lungo viaggio che spesso compivano per farle visita per cacciarli) le era impossibile dedicarsi come avrebbe voluto alle attività che le piacevano di più. Era triste e infelice, lì in quel palazzo dove aveva passato una magnifica infanzia; era triste perché nessuno la trattava come una donna vera e nessuno  tanto meno avrebbe voluto sposarla come invece era successo alle sue due sorelle maggiori.
 
Accorgendosi dell’infelicità della figlia, nonché preoccupato per la sua sorte, vedendo che nessuno si faceva avanti per chiederla in sposa, re Gohan alla fine si rivolse all'oracolo di Goku per sapere come trovarle marito.
E l’oracolo rispose loro con queste tremende parole:
 Come a nozze di morte vesti la tua fanciulla
 ed esponila, oh re, su un'alta cima brulla.
Non aspettarti un genero da umana stirpe nato,
ma un feroce, terribile, malvagio drago alato
che volando per l'aria ogni cosa funesta
e col ferro e col fuoco ogni essere molesta.
Kaioshin stesso lo teme, treman gli dei di lui,
orrore ne hanno i fiumi d'Averno e i regni bui.

Disperato, il re Gohan cerco sulle prime  di negare questa profezia che parlava di morte certa per la sua adorata bambina la quale, a suo parere, nulla aveva fatto di male nella sua giovane vita e che invece, ora scopriva, era destinata non ad  un uomo, ma a un mostro velenoso, una creatura tanto spaventosa da far impallidire persino Kaioshin, il più grande degli dèi.
Alla fine però il rispetto per la predizione dell’oracolo prevalse, forse anche perché la giovane principessa aveva detto con fare risoluto ai suoi genitori di non angustiarsi: se quello era il suo destino e se doveva esser punita dal fato per le sue qualità, allora si sarebbe sottoposta con coraggio alle prove che la vita le avrebbe offerto.
Pan  e i suoi genitori si recarono quindi pochi giorni dopo sulla sommità della rupe che l’oracolo aveva indicato loro. Tutti e tre erano in lacrime, come se andassero a un funerale invece che a un matrimonio. Erano coscienti infatti  che quella nient’altro  era se non la punizione della dea Bulma per l’adorazione che la gente aveva rivolto a Pan e che null’altro, se non quel sacrificio, avrebbe potuto  acquietare la dea.
 Arrivati sulla sommità, dopo  numerosi, strazianti saluti,  il re e la regina  dovettero infine e a malincuore lasciare la loro figliola al suo destino; perciò si allontanarono dal bordo della rupe e da Pan, la quale, pur non dandolo a vedere era terrorizzata da quello che la attendeva.
Quasi arrivò, la bella fanciulla, ad augurarsi che il mostro suo marito arrivasse presto,  anche solo per toglierla da tutta quell’incertezza;  il suo corpo provato dagli ultimi giorni infatti, tremava come una foglia a causa della tensione accumulata,  e si era involontariamente irrigidito per la paura della presunta aggressione.
All'improvviso però, un dolce vento iniziò a soffiare sui suoi abiti fino a sollevarla in alto, sempre più in alto; quand’ella pensò che sarebbe morta sfracellata al suolo, il vento  la fece delicatamente planare e la portò ai piedi della rupe.

Lì, la fanciulla vide un palazzo meraviglioso, così imponente che, sulle prime, non credette ai suoi occhi tanta era la meraviglia: il palazzo sorgeva direttamente dal mare su una spiaggia cosparsa di conchiglie  e sabbia dorata; le pareti di un splendente color verdazzurro erano screziate qui e là da venature dorate; numerose torri circondavano il complesso principale dell’enorme edificio, che emanava un sentore di splendente opulenza.  La ragazza,  pur abituata ai palazzi, percepì subito che quella dimora non era di mortale creatura, troppo maestosa e con  una sorta di aura divina che la circondava; ne concluse subito, perciò, che quella fosse la dimora di un dio.
Pur titubante e timorosa di disturbare, Pan si fece coraggio e provò ad entrare nel bellissimo edificio. Dopo qualche tempo passato ad esplorare le belle e numerose stanze  e a cercare segni di vita, la mora ragazza constatò che I'intero palazzo sembrava deserto; ma voci gentili cominciarono improvvisamente a  parlarle e mani invisibili le servirono cibi e bevande, suonando per lei dolci melodie mentre cenava con i sui piatti preferiti cucinati magistralmente da chissà chi. Non vi era traccia di mostri in quel luogo, sembrava regnare solo una pace infinita e, benché  piena di domande e dubbi, giunta la notte, la fanciulla si coricò, chiedendosi chi fosse suo marito e che strano posto fosse quello.
 
Nel mezzo della notte,  qualcuno disturbò il suo sonno svegliandola piano con un bacio a fior di labbra al quale la ragazza rispose nel dormiveglia,  quasi stesse solo sognando.
Una  mano forte e sconosciuta le accarezzò il corpo lungo un fianco per poi risalire a stringere un seno coperto dalla camicia da notte leggera; insistente, persuase il  capezzolo ad inturgidirsi e fu a quel punto che la giovane si svegliò intuendo che non  era solo uno strano sogno.
Pan  aprì gli occhi, neri come la notte che la circondava,  allarmata nel percepire quella presenza estranea e insolita incombere sopra di lei.
Quando  però si mosse per mettersi a sedere, l’estraneo si scostò, permettendole completa libertà.
“Sei… sei tu…?” osò chiedere infine:  sapeva infatti ciò che ci si aspettava dalle mogli e sapeva che presto lui, suo marito, chiunque egli fosse, sarebbe giunto.
“Sì, sono il tuo sposo, principessa mortale che è stata paragonata ad una dea” disse a bassa voce, infilando la mano nei suoi lunghi capelli corvini e attirandola verso di sé.
Ma lei si divincolò piano:
“A- aspetta io….” Mormorò cercando a tentoni la lampada che aveva lasciato ai piedi del letto per poter fare un po’ di luce nella stanza.
Una presa delicata ma ferma però, le bloccò il polso.
“No, Pan, ascoltami bene” la voce suadente e profonda dell’uomo la scosse, toccandola nel profondo senza un perché.
“Ascoltami: questo palazzo, tutto ciò che contiene, e anche il mio cuore ti appartiene giovane fanciulla; ti prometto che sarai onorata e rispettata e che mai ti mancherà qualcosa;  ma c’è una cosa che in cambio io voglio da te: verrò ogni notte e solo di notte ci potremo conoscere. Tu mi devi giurare, qui e ora, che mai cercherai di scoprire il mio aspetto o chi io sia.”
L’uomo fece una pausa, accarezzandole piano le mani che ancora teneva tra le sue.
“Se non riesci a promettermelo tutto questo resterà tuo, ma io  dovrò andarmene per sempre,  perché per te non sarebbe un  bene sapere chi sono e come sono… la scelta spetta a te, adesso”
Dopo un istante di riflessione, la ragazza rispose però convinta:
“Non voglio restare da sola per sempre, seppure in un posto così bello. Perciò  va bene, se per te è così importante questo segreto, nessuna luce ci sarà mai ad attenderti e il buio accompagnerà il nostro cammino insieme, te lo giuro”
“Grazie, per me la tua fiducia significa molto….”
E il giovane dio tornò  ad accarezzarle i setosi capelli corvini e il volto, irrimediabilmente attratto nell'oscurità dal suo profumo e dal calore della sua pelle.
L'accarezzò delicatamente, le braccia, le clavicole, il collo niveo, fino a scendere sui suoi seni, lungo il costato e il profilo dei fianchi, mentre la sua bocca seguiva  con crescente passione il percorso tracciato dalle dita; la ragazza seppure impacciata, rispose con lo stesso ardore ai gesti di lui, imitandone i movimenti, acquisendo familiarità con un corpo così simile al suo ma così diverso.
Quando la fece sua, i gemiti di entrambi si sparsero per la stanza, seguiti da molti altri che crearono giochi di eco nella grande stanza, accompagnati dal quieto rumore della risacca marina.
Giacquero per un poco in silenzio, gustandosi  la pace dopo l’oblio dell’orgasmo e facendo riposare le membra intorpidite; qualche chiacchiera partì dapprima impacciata, ma poi sempre più fluidamente tra di loro, prima che suggellassero nuovamente la loro unione.
 
Per mesi, ogni notte, al buio, ogni cosa si ripeteva: lui  tornava da lei, l’accarezzava, le donava un piacere infinito e poi, stesi al buio chiacchieravano di qualsiasi cosa;  prima dell'alba le donava un ultimo, dolce bacio, prima di scomparire nel nulla fino alla notte seguente.
Presto  Pan si rese conto di un fatto quasi allarmante: si stava innamorando di suo marito, di qualcuno  che però non aveva mai visto.
 
Una notte Pan fu avvisata da suo marito che le sue sorelle maggiori stavano salendo sulla montagna per cercarla, viva o morta che fosse.
“Ti prego, non badare a loro! Non sei forse stata bene finora qui con me nel mio palazzo? Qui sei al sicuro dal mondo intero e anche dalle tue meschine sorelle che, lo sai, troveranno il modo per giocarti qualche brutto scherzo e combinare guai!" la implorò Trunks, mettendola in guardia dalle sue parenti che sapeva gelose e opportuniste, contemporaneamente abbracciandola.
Ma quando Pan le udì piangere, invocando disperatamente il suo nome, non poté fare a meno di chiedere al vento di trasportarle dolcemente giù al palazzo come in precedenza aveva fatto con lei, così che vedessero con i loro occhi che era viva e stava bene.
Appena la videro, Valese e  Mai – questo era il nome delle due – si profusero in abbracci e pianti, questa volta di gioia; Pan ricambiò volentieri quelle feste con altrettanto trasporto, sia  perché voleva loro un gran bene nonostante la grande differenza d’età che le separava, sia perché, sebbene non fossero mai state particolarmente attaccate, erano pur sempre la sua famiglia, quella che pensava di non rivedere mai più.
Dopo il primo lieto momento di affetto comunque, le  due sorelle provarono invidia alla vista dei gioielli, degli abiti sfarzosi e dei tesori che Pan riceveva in dono come regina del castello e moglie del suo ricco sposo, doni che la ragazza ingenuamente ostentava,  non certo per sentirsi a loro superiore, bensì per far loro capire che stava bene in quel posto un po’ sperduto ma tanto piacevole. Così le meschine decisero di  tornare  il giorno seguente, con l'intento maligno di seminare zizzania e rovinare il suo matrimonio…

“Com'è tuo marito?” continuavano a chiederle con insistenza, mentre gustavano bevande e dolci deliziosi apparsi dal nulla.  Alla fine, dopo numerosi tentativi per evitare l'argomento e non essendo brava a mentire, Pan ammise con somma costernazione che non lo aveva mai visto. "È un mostro! È un mostro per davvero!" Esclamarono allora le due sorelle in coro e con sul volto la più spaventata delle espressioni.
"Ma-ma-ma non è possibile! È sempre stato così buono con me! È vero che non l'ho mai visto, ma non mi ha mai fatto del male, anzi, mi ricopre di doni e d'affetto, tutto quel che desidero mi viene offerto, vivo in questo bellissimo posto facendo tutto ciò che voglio  e, quando la notte torna a castello, lui non manca mai di venire da me per sapere come sto e se mi trovo bene… è sempre così gentile e disponibile…!" Fu la replica accorata della giovane.
Ma le due donne più anziane colsero subito la nota di velata incertezza che trapelava dalla voce della ragazza, nonché il gesto ch'ella aveva fatto, ossia portarsi una mano sul ventre ancora piatto, in un involontario gesto di protezione; capirono e carpirono quell’implicita ammissione e subito ne approfittarono:
“Ti sbagli sei un'illusa cara sorellina, e presto lo vedrai da sola quando finirai nel più orrendo dei modi, magari mangiata viva." Sputò fuori una delle due con fare saccente e un sorrisino di biasimo.
"Perché, come l'oracolo ti aveva predetto, il tuo sposo è un mostro e questo è il motivo per cui non ha mai osato mostrare il suo volto!" Scandì ancora con forza. Poi alzando un dito accusatore lo puntò contro il ventre della sorella e sibilò: "Ora sei anche incinta, e tutti sanno che le donne incinte sono il cibo preferito dei mostri. Sta solo aspettando che il bambino cresca dentro di te per poi divorarvi entrambi!" Esclamò con la sicurezza di un attore consumato. Infine consigliò all'ormai atterrita Pan: "Fossi in te starei attenta cara, anzi a mio parere lo devi uccidere tu prima che lui uccida te! Ecco cosa dovresti fare:  avvicinarti con una lampada per vederlo bene e poi… tagliagli la testa!” concluse mimando teatralmente il gesto con una mano.
Pan con le certezze ormai sgretolate, cercò di opporsi ancora per un momento, ma poi, convinta dalla sicurezza delle due donne, finì per credere a tutto ciò che le sorelle le avevano detto.
Il giorno seguente quindi, armata di una nuova determinazione, quella di scoprire finalmente la verità sui segreti del suo misterioso sposo, la corvina prese quindi una lampada e un coltello e li nascose vicino al letto:  a noi due caro, se  davvero sei un mostro  sarò io a sbarazzarmi di te! Pensò la giovane più che mai decisa.
Presto la notte arrivò, portando con sé l’oscurità pregna di salmastro e… lui. Fecero nuovamente l’amore tra una chiacchiera e l’altra, non perdendosi nemmeno un minuto della compagnia reciproca, come sempre accadeva tra loro, perché per due amanti e complici  non sembra mai abbastanza lunga la notte; al dio non sfuggirono la tensione e l’atteggiamento leggermente più schivo della compagna, ma, pensando dipendesse solo dalla visita delle sorelle di lei, non disse nulla e non cercò di approfondire, temendo di forzarla.
 Dal canto suo, quando il marito si addormentò, Pan si fece coraggio e, alzatasi cautamente dal letto, accese silenziosamente la lampada; ma ciò che vide non fu affatto quello che si aspettava.
Vide il suo corpo, quel forte corpo che aveva per lunghe notti toccato ed esplorato, ma solo con la mente immaginato per la prima volta; lo vide, lo riconobbe… e comprese il suo errore: perché accanto a lei non c’era un mostro, nient’affatto; accanto a lei giaceva il dio dell'amore, Trunks, nelle sembianze di un uomo, ma più bello di qualsiasi mortale avesse mai calcato la Terra. Accanto a lui aveva riposto in bell’ordine il suo inseparabile arco e le sue frecce.
 Nel chinarsi per dargli un bacio, Pan si punse con una di quelle  frecce speciali,  e quella ferita decretò che il suo amore per Trunks sarebbe durato per sempre,
Pan stava per baciare il dio quando la lampada che teneva  in mano si inclinò e una goccia di olio bollente gli cadde sulla spalla, svegliandolo.
Trunks, svegliato di soprassalto a causa del dolore, balzò via dal letto; in un secondo colse la situazione, e capì che la sua giovane sposa infine aveva tradito la promessa che gli aveva fatto durante la prima notte trascorsa insieme: aveva voluto dargli un volto, aveva voluto sapere… e aveva rovinato ogni cosa.
Fece per fuggire in volo, balzando oltre l'ampia finestra della stanza, ma Pan si aggrappò a lui e, piangendo mentre gli chiedeva perdono, continuò a stringerlo senza lasciarlo andare; volarono così  fuori dal palazzo, fin sulle montagne, Poi lei non riuscì più a trattenerlo e cadde a terra.
Trunks, osservandola  dall’alto del cielo, finalmente parlò:
“Ora sai chi sono, sarai soddisfatta della tua scoperta e di aver infranto la promessa che mi avevi fatto quella notte di alcuni mesi fa. Ora, a causa della tua stoltezza  e della tua curiosità, tutto ciò che abbiamo avuto in questi mesi svanirà; dimmi, che cosa hai ottenuto se abbiamo perso entrambi?”  la sua espressione tra l’adirato e l’addolorato parlava più di mille parole e la ragazza se ne sentì trafitta come da coltelli.
“Devo tornare da mia madre per curare questa bruciatura” le disse con un sospiro afflitto “Cercherò di nasconderle la verità  quanto più posso, ma la dea Bulma ha i suoi informatori e presto saprà di te, di noi, e si adirerà molto” con un sorriso mesto e un gesto insolitamente imperioso, tacitò le deboli proteste e i tentativi di spiegazione della sua sposa, per poi proseguire acidamente:
“Sarebbe stato meglio non avessi ceduto a questo desiderio, Pan, che non ti fossi intestardita nel voler carpire il mio segreto; ci saremmo amati per l’eternità e la tua vita sarebbe proseguita negli agi e nel piacere, avresti dato alla luce il figlio di un dio e saresti stata felice e al sicuro, ma ora… ora spera solo di non essere trovata da lei, anzi per favore, non farti trovare da lei… altrimenti né tu né il bambino sopravvivrete temo…” detto ciò, il dio dell’amore volò via nella notte.
 
Pan, disperata e terrorizzata da Bulma, pianse a lungo sulla cima di quella montagna, sentendosi sola come non mai. Per un attimo pensò perfino di togliersi la vita, tanto in quel momento si sentiva giù e i sensi di colpa per aver rovinato ogni cosa la devastavano nel profondo: aveva creduto alle sorelle eppure sapeva di cos’erano capaci e più volte aveva avuto prove della loro gelosia nei suoi confronti quando ancora risiedevano nel palazzo dei loro genitori! E invece aveva badato a loro e non alle sensazioni che le suscitava il suo sposo, aveva ceduto alla curiosità e tradito la sua fiducia…   
Passarono molte ore, forse giorni, prima che Pan si decidesse a muoversi; sapeva di non poter restare con le mani in mano e prese quindi una decisione: chiedere aiuto agli altri dei, affinché proteggessero, se non lei, almeno il suo bambino dalle ire della dea Bulma.
Così cominciò a viaggiare in lungo e in largo, peregrinando attraverso i territori e invocando di volta in volta l’aiuto di coloro che potevano volerla aiutare: cercò quindi l’aiuto di Chichi, dea del matrimonio, e chiese poi alla dea Marron, protettrice delle messi, che poteva comprendere il suo dolore perché aveva perso la figlia Bra, ma nessuna delle due dee era disposta a offendere Bulma aiutando Pan.
Alla fine Bulma, che era da tempo sulle sue tracce, trovò Pan e la punì flagellandola, forse sperando che la sua odiata rivale perdesse il bambino; poi, stufa del monotono passatempo e non volendo ucciderla,  decise di tormentarla con prove impossibili da superare, così da avere altri pretesti per percuoterla. Per prima cosa, Bulma prese manciate di fagioli, semi di papavero e cereali di ogni tipo e li mischiò; poi li gettò a terra e chiese Pan di separarli di nuovo; “Ecco mia cara, la prova è assai semplice: dovrai  dividere ogni seme per tipo e riportarli a me in pile perfettamente separate entro il calar della notte. Facile quanto una passeggiata, giusto? Se non ci riuscirai, sai cosa ti attende… Buon lavoro!” disse con un sorriso mellifluo sul bel volto.  
Pan cominciò a raccogliere un mucchietto di semi, ma pochi minuti dopo si rese conto che non sarebbe mai riuscita a soddisfare la richiesta della dea: i semi erano troppi e dividerli richiedeva ben più tempo di quello che ella aveva prospettato per lei!  Quasi pianse e, già rassegnata alla prospettiva di dover subire altro dolore, si apprestò a risparmiare almeno le energie per non darla vinta alla sua persecutrice.
Poco dopo però, la giovane  vide accorrere una formica, la quale  chiamò a raccolta le altre sue consimili dei dintorni con un forte verso; appena furono tutte radunate, la formica primigena parlò:
“È la sposa del dio Trunks costei che ci sta davanti
Ha bisogno del nostro aiuto, è ora di farci avanti!”
Immediatamente corsero tutte verso i semi gettati a terra e, sotto gli occhi stupefatti di Pan, cominciarono a dividerli formare mucchi separati; in breve tempo, grazie alla loro operosità e a loro numero, riuscirono in quell’ardua impresa e la prova venne superata entro il termine fissato dalla dea.
“Qualcuno deve averti aiutata, infida creatura!”
si lagnò la dea quando vide i semi ordinatamente raccolti in mucchietti.
“Ma non pensare di sfuggire facilmente alla mia ira!” disse poi, riprendendosi subito.
E subito inventò un'altra prova:
“Voglio che domani tu vada nel prato dove pascolano le pecore dal mantello dorato e che mi porti un ciuffo della loro splendida lana!” e detto ciò, la capricciosa dea scomparve.
Quella prova sembrava a Pan una richiesta semplice: ce la posso fare, dopotutto con gli animali sono sempre andata d’accordo, chissà come sono queste pecore…  Pensò la mora  fanciulla prima di coricarsi.
Ma il mattino seguente, quando finalmente giunse presso il campo delle famigerate pecore, vide che esse avevano lunghe corna affilate che non avrebbero esitato certamente a usare se necessario.
Per raggiungerle, la corvina doveva attraversare un piccolo fiume e, mentre indugiava presso la riva, una canna le parlò:
“Sposa di Trunks, benvenuta a queste rive contorte!
So dell’incarico che la dea Bulma ti ha affidato,
ma, se ti avvicini ora, andrai incontro alla morte!
 Le pecore ti assaliranno con il loro corno affilato
 E se anche sopravvivrai,
sarà il loro dente avvelenato
ad ucciderti e farti passar guai!
Ma queste pecore sono pericolose solo durante il giorno
quando il vello dorato si incendia facendo loro provar il fuoco dell’inferno.
Ora sono molto ìrascibilì! ma aspetta che giunga la sera:
torneranno docili, perciò potrai camminare in mezzo a loro
e senza pericolo raccogliere la lana che ogni fiera
lascia impigliata presso ogni rovo.”
 
Quella notte, quando Pan tornò vittoriosa con un enorme ciuffo della bellissima lana dorata, Bulma  si adirò ancora di più.
“Certamente un dio dispettoso ti sta aiutando!” sbottò furibonda. “E se scopro chi, tramerò sicura vendetta!”
 Poi, velocemente,  l’azzurra dea  escogitò una nuova, tremenda prova:
“Per il tuo prossimo compito ti sarà difficile trovare alleati, perché persino gli dèi hanno il terrore del fiume della morte. Devi andare allo Stige e portarmi l'acqua che scaturisce dalla sorgente, posta su un dirupo da cui si getta nell'oltretomba. Ma non voglio l'acqua della fonte: devi raccoglierla dal centro del fiume!”
E Pan si sentì perduta allo scorgere il sorriso della dea che sapeva di vittoria.
 
Quando giunse al dirupo, Pan vide la cascata, i draghi che presidiavano le due sponde del fiume tenebroso e  capì;  l'intenzione di Bulma si era infatti finalmente palesata con chiarezza: voleva  uccìderla. Pensò a lungo ad una soluzione, una qualsiasi che la facesse uscire da quell’infido tranello; finanche il suicidio le era parso migliore che darla vinta alla dea: almeno avrebbe deciso lei il quando e il come!  Ma proprio mentre stava andando incontro ai draghi in preda alla disperazione, l'aquila di Kaioshin  la scorse e volò verso di lei per aiutarla.
Davanti agli occhi ancora una volta esterrefatti della ragazza, la grande aquila, che si era ricordata di un vecchio debito con il dio dell'amore e  voleva sdebitarsi, afferrò la brocca dalle sue mani, volò lesta al centro del fiume e la riportò alla fanciulla piena di acqua scura; dopodiché, la salutò con un cenno di ali e queste parole:
“gentile sposa di Trunks, quando lo reincontrerai
Che ho saldato finalmente il mio debito gli dirai
E ora celere fuggi da qui con ciò che venuta eri a cercare o più non ci riuscirai!”

Sempre più adirata dall’ennesimo successo della rivale, Bulma volle esagerare: chiese perciò alla moretta di scendere negli Inferi e farsi regalare dalla dea Bra un'urna contenente un po’ della sua bellezza, che poi avrebbe dovuto consegnarle.
Ancora una volta Pan pensò che mai ce l’avrebbe fatta: quello era un compito impossibile per le forze di una sola umana e la dea lo sapeva bene.
Beh, se mi butto da una torre e muoio, probabilmente agli inferi ci arriverò di scuro e anche molto velocemente!  E, pensate queste parole, la giovane impulsivamente, cercò una torre abbastanza alta da cui lanciarsi, dato che così sarebbe entrata più in fretta nell'oltretomba pur non intravvedendo alcuna possibilità di uscirne indenne poi.
Trovata la torre adatta, cominciò a salirne i gradini; era quasi sulla sommità, quando la torre parlò:
“Non cedere così presto alla disperazione bambina.
Puoi scendere agli  Inferi e tornare indietro viva:
se farai ciò che ti dico della vita non tornerai di certo priva!
Devi prendere due focacce d'orzo e due rnonete di rame
perché il traghettatore del fiume vuol un pagamento seppur di entità piccina
le focacce servono per Cerbero e la sua fame;
una all’andata e una al ritorno dai  loro queste cose e per strada non ti fermare
non guardare nessuno e  nessuno dovrai mai aiutare
e ricorda: il dono della dea non dovrai tu aprire o toccare
fai ciò che ti ho detto e potrai andare e poi vittoriosa tornare.”
 
Pur dubbiosa, Pan decise di fidarsi delle parole che aveva udito: dopotutto, anche le parole della canna a cui non volevo credere si sono rivelate veritiere quindi perché no? Pensò la giovane.
Si armò quindi delle monete e del pane e cominciò il suo viaggio verso il trono della dea Bra e dell’urna della bellezza.
Scese dunque di corsa lungo la strada che conduceva nell'oltretomba, verso la barca del traghettatore infernale. Durante la traversata, Bulma continuò a metterle di fronte povere vittime bisognose di aiuto, persino bambini, ma Pan, pur sentendo il cuore a pezzi, non si lasciò tentare e li ignorò: erano fantasmi, inviati dalla dea per indurre Pan a sbarazzarsi delle ciambelle d'orzo che teneva in mano. Infine vide il cane a tre teste che le sbarrò la strada ringhiando da ciascuna delle tre bocche e gli gettò una focaccia.
Giunta finalmente al cospetto della dea dell’oltretomba, Pan poté ricevere l’urna per la quale aveva fatto tanta strada. Ma restava un'ultima prova da superare: la torre l'aveva avvertita di non aprire il dono. Nel risalire verso il mondo dei vivi però, Pan pensò al ricongiungimento con Trunks e fu assalita dal desiderio di tenere per sé una piccola parte della bellezza di Bra. Allora aprì l'urna, che però era vuota: conteneva infatti soltanto aria degli Inferi che si spanse mefitica  nell’ambiente.
Dopo averla respirata, Pan cadde a terra morente.
Proprio in quel momento Trunks giunse in volo e soffiò via l'aria letale, chiamando poi a gran voce la ragazza affinché si svegliasse e augurandosi di essere arrivato in tempo;  la sua ferita alla spalla era infatti appena guarita, e lui era pronto a sfidare la madre, per poter fare di Pan, la sua amata, una dea e di suo figlio, non ancora nato, un dio.
Vedendo che la ragazza non si riprendeva, Trunks la portò in volo sull'Olimpo, dove Kaioshin, comprese le motivazioni del giovane dio e vedendo tanto amore, le diede l'ambrosia, il delizioso cibo degli dèi che rendeva immortale chi ne mangiava.
Subito la fanciulla si riprese grazie alle magiche proprietà di quel cibo; non fece però pienamente in tempo a comprendere l’accaduto e a gioire per aver rivisto il suo amato, che il suo corpo cominciò rapidamente a mutare: la sua bellezza  già prorompente, divenne ancora più evidente mentre  un bagliore di aura dorata l’avvolgeva piano e un paio di bellissime ali di farfalla spuntava dalla sua schiena.
Narra la leggenda che i due ebbero un’eternità felice e che la bimba che nacque pochi mesi più tardi venne chiamata Voluptà; e così, come  il bruco abbandona la vita terrestre per trasformarsi in una farfalla che si libra nell'aria, Pan lasciò la sua vita di principessa tra gli esseri umani per diventare una dea dell'Olimpo.

 
FINE
 
 




*Melainala nera
**Morfo (μορφώ), armoniosa e come sinonimo di bellezza, compare in Licofrone 449 e Pausania 3.15.10
***Basilis: regina
****Anadiomene (᾿Αναδυομένη; "che emerge [dal mare]
 






NA: se siete arrivati fino in fondo a questo papiro complimenti davvero….
Volevo fare un esperimento e questo contest me ne ha suggerito motivo  e scusa per tentare con le AU epico-mitologiche.
Sfortunatamente io e le cose corte pare non andiamo d’accordo in questo periodo e l’unico mito che mi ha detto qualcosa  era questo (con tra l'altro una coppia che non amo ma nemmeno mi dispiace) quindi mi sono buttata, sebbene il tempo fosse poco e sebbene, effettivamente sia uno dei miti più complessi e lunghi siano mai stati trascritti. Se in alcuni punti pare noioso, se contiene errori o refusi, me ne scuso ma tra una descrizione ed un altra per renderlo meno riassuntivo possibile e più originale, pur accorciando dove potuto, meno lungo di così non poteva essere (e voi scommetto ne avevate già abbastanza) ops….
Ringrazio lettori, recensori, coloro che metteranno eventualmente in lista e…. tutti insomma…
Alla prossima (con qualcosa di più corto) NALA
  
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