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Autore: nattini1    21/07/2018    8 recensioni
Long in cui Dean è sprofondato in un sonno magico in seguito a una maledizione lanciata da una strega, che ha decretato si svegli solo alla morte di Sam. Il fratello minore si prende cura di lui, fino all'estremo sacrificio. Entrambi si ritrovano così nell'incapacità di esistere da soli, Sam in Paradiso, Dean sulla terra, e cercano un modo per ricongiungersi. Una volta insieme, affronteranno ogni sfida. Aiutati dall'angelo Castiel, dovranno salvare il Paradiso e il mondo intero.
Hurt/Comfort come se non ci fosse un domani.
Potete leggere tra le righe una leggera wincest e una più evidente destiel.
Partecipa alla challenge del gruppo: Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart. 26 prompts challenge
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Più stagioni
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Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart. 26 prompts challenge

 

12/26 ADRENALINA

 

1. Ormone secreto dalla sostanza midollare delle ghiandole surrenali, che agisce sulla circolazione, la respirazione e il metabolismo; prodotta sinteticamente, trova varie applicazioni in medicina.

2. Stato di forte eccitazione, di grande energia.

 

 

Jesse e Cesar si erano offerti di accompagnarli a fare una passeggiata a cavallo e di ospitarli per la notte. L’esperienza era stata straordinaria per Dean: aveva sempre adorato i cow boy e per una volta si era divertito a fingere di essere uno di loro, con un cappello in testa, le redini strette tra le mani e il vento sulla faccia. Aveva riso tutto il tempo vedendo come il fratello, che spergiurava di sentirsi a proprio agio e che tutto andava bene, in realtà fosse molto meno tranquillo su un cavallo rispetto a lui... aveva riso, finché il giorno dopo non si era trovato la parte a fianco del ginocchio arrossata e gonfia per lo sfregare sulla sella e la schiena a pezzi, come se avesse dormito su un pavimento di pietra anziché nel morbido letto che Jesse e Cesar avevano offerto loro. Ma aveva fatto finta di nulla, simulando uno stiracchiarsi mattutino quando Cas al risveglio lo aveva visto piegarsi in due con la mano sulla schiena: non avrebbe mai ammesso di non avere il fisico per reggere una cavalcata, di qualsiasi genere fosse.

A colazione Sam notò che suo fratello aveva qualcosa che lo infastidiva, ma non fece commenti e portò l’attenzione sul passo successivo: «Che ne dite se ci dividiamo? Dean e io possiamo occuparci di trovare un vampiro; Cas, tu pensi di riuscire a recuperare la polvere spazzata dal pavimento di un luogo santo da un uomo santo?».

«Dovresti trovarti a tuo agio con questo genere di cose. Angeli e santi… dovreste intendervi!» commentò Dean con un sorrisino.

L’angelo rifletté: «Potrei cercare di contattare Balthazar… il tempo è fluido: non è facile, ma si può interagire con esso e lui ha il potere di farlo; potremmo tornare nel passato e trovare qualche santo… Ci sono milioni di vite in gioco e uno scopo superiore, forse potremmo fare più progressi separandoci». L’ultima frase la pronunciò a un po’ a malincuore, ma con tono rassegnato.

«Sei proprio sicuro di voler parlare con quel tizio? Non mi ispira molta fiducia...» provò a dire Dean.

«Balthazar non ha un modo di fare ortodosso, ma mi fido di lui» rispose pacatamente Cas.

Dean alzò le spalle mostrando che se lo sarebbe fatto andare bene e Castiel sparì con un leggero frusciare di piume.

Negli anni i Winchester avevano avuto spesso a che fare con i vampiri, ma ora che avevano bisogno di trovarli dalle ricerche che avevano fatto via internet e anche contattando tutti i cacciatori che conoscevano non emerse nulla: sembrava che nessuno in tutti i 50 Stati fosse stato trovato morto a causa di dissanguamento con evidenti segni di morsi. Il che poteva anche avere senso, dato che col passare dei secoli i vampiri erano stati quasi del tutto sterminati dai cacciatori, al punto da portare la loro razza sull’orlo dell’estinzione.

Stavano quasi per buttare la spugna quando il telefono squillò; era Bobby: «Allora, statemi a sentire. La maggior parte delle leggende sui vampiri che la gente conosce è un’idiozia. Una croce non li respinge, la luce del sole non li uccide e nemmeno ha effetto un paletto nel cuore. Ma la sete di sangue… quella è vera. Loro hanno bisogno di sangue umano fresco per sopravvivere! E così forse ho trovato una pista, anzi una vera e propria scia di sangue» Bobby si interruppe. Ci fu un momento di silenzio in cui si sentì la voce concitata di Ellen che diceva qualcosa e poi Bobby riprese: «Ok, Ellen ha trovato una pista. Parte dalla Carolina del Nord e prosegue per il Tennessee. L’abbiamo persa in Arkansas, ma poi l’abbiamo ritrovata in Oklahoma. Morti isolate, tutte con modalità diverse e quindi nessuno le ha collegate: gola tagliata, pugnalata al cuore, arterie recise in varie parti del corpo. Ma c’è una costante: sono tutte morti per dissanguamento avvenute in piccole città sparse lungo l’Interstate 40 a circa 200 chilometri l’una dall’altra e con un intervallo di alcuni giorni. L’ultimo omicidio è stato in una cittadina nei dintorni di Amarillo quattro giorni fa. Ho controllato e negli stessi giorni degli omicidi ci sono stati anche dei furti d’auto che venivano trovate poi abbandonate a svariate centinaia di chilometri».

«Potrebbe trattarsi di un succhiasangue parecchio furbo che si sposta in macchina» meditò Sam.

«Potremmo andargli incontro!» suggerì Dean allegro.

«Guarda che non dobbiamo andare a tagliare teste ai vampiri, dobbiamo convincerli a darci il loro sangue» puntualizzò Sam.

Dean si rabbuiò: il loro lavoro era cacciare il male e proteggere le persone, come avrebbero potuto convincere un mostro ad aiutarli se non promettendogli salva la vita? Ma con che cuore avrebbero lasciato libero un assassino?

Dopo aver ringraziato Bobby ed Ellen e studiato la mappa, salutarono Jesse e Cesar e partirono alla volta di Santa Rosa, una cittadina localizzata sempre in New Mexico, non troppo lontano da dove stavano e proprio sulla Interstate 40; avevano deciso di fermarsi lì in un motel, vicino a dove probabilmente secondo le loro supposizioni il vampiro avrebbe colpito la volta seguente; avrebbero tenuto le orecchie aperte, ascoltando le frequenze delle forze dell’ordine. Era terribile per loro dover sperare di sentire che qualche poveretto fosse stato dissanguato a morte, ma non avevano altri indizi a cui aggrapparsi.

L’attesa non durò a lungo: verso le undici di sera, intercettarono una comunicazione radio tra lo sceriffo locale e uno sconvolto vicesceriffo che aveva soccorso una donna che era stata aggredita da un tizio che aveva cercato di tagliarle la gola. Contemporaneamente, Sam, entrando nel computer dello sceriffo, trovò la denuncia del furto di una Dodge Charger grigia del 2006.

Non persero un secondo: afferrarono i borsoni e salirono in macchina sgommando verso l’Interstate 40. La percorsero per un bel tratto, guidando veloci per più di due ore e cercando con gli occhi la Dodge; Dean stava commentando che il modello del 1969 aveva infinitamente più stile, quando frenò bruscamente: sulla destra aveva individuato un bar e nel parcheggio spiccava proprio un’auto come quella che cercavano. Si avvicinarono per controllare la targa: corrispondeva.

Parcheggiarono ed entrarono nel bar, nascondendo un paio di siringhe piene di sangue di uomo morto e un machete sotto la giacca. Si diressero con sicurezza al bancone guardandosi intorno. Con l’occhio allenato dei cacciatori, colsero un campionario di vari tipi di umanità raccolti nella stanza: un paio di camionisti che si erano fermati a sciacquare la gola con nulla di più forte di una birra ghiacciata, dei ragazzi che giocavano a biliardo, un paio di coppie e tre o quattro uomini da soli che sembravano avvezzi a bere forte. Dean chiese da bere al barista, un uomo alto circa come lui, ma molto più massiccio all’apparenza, con vivaci occhi chiari, una barba corta e una stempiatura che cominciava a farsi largo oltre la sua fronte. Dalla t-shirt stretta sui suoi muscoli spuntava lungo il braccio sinistro un tatuaggio, qualcosa come le radici di un albero avviluppate attorno a degli occhi. Sembrava che il suo sorriso amichevole fosse un po’ preoccupato e ogni tanto lanciava uno sguardo storto a un tipo che se ne stava a un tavolo da solo con un bicchiere pieno davanti e lo ricambiava più con curiosità che con ostilità.

«Quello ti ha rubato la ragazza o ti deve dei soldi?» domandò Dean al barista con il suo miglior sorriso.

«Se così fosse, non avrebbe più la testa attaccata al collo» rispose il barista, che ricambiò il sorriso sinceramente, fin troppo sinceramente pensò Dean.

Dean proseguì la conversazione: «Siamo di passaggio, si ferma molta gente qui di solito?».

«Solo quelli che hanno sete» rispose il barista e la sua voce tradì una nota di inquietudine e preoccupazione e il suo sguardo cadde di nuovo sul tizio seduto da solo.

Dean raggiunse Sam, si sedettero a un tavolo e cominciarono a discutere una strategia: Sam propose di uscire e poi rientrare e dire che per sbaglio avevano graffiato la Dodge e desideravano risarcire il proprietario per scoprire chi fosse il vampiro e trovare la scusa per un approccio amichevole; Dean, invece, voleva appostarsi fuori per cogliere di sorpresa il vampiro appena fosse tornato a prendere l’auto, immobilizzarlo e convincerlo ad dar loro il sangue in cambio della vita. Stavano ancora discutendo, quando l’uomo seduto da solo si alzò e uscì. Dopo che si furono scambiati uno sguardo d’intesa lo seguirono. Quello era un terreno nuovo per loro, stavolta non si trattava di uccidere un mostro, ma di fare un patto che era quasi terribile come quello coi demoni.

Il tizio, inizialmente, andò verso la Dodge, ma poi, come se avesse sentito che lo seguivano, cambiò direzione e si diresse sul retro del locale; i Winchester decisero di andargli dietro. Appena voltato l’angolo, se lo trovarono di fronte a pochi metri di distanza, faccia a faccia, come se li stesse aspettando. Non fecero in tempo ad aprire bocca che quello si mosse velocissimo, spalancò le fauci sfoderando una fila di denti appuntiti.

Il vampiro era molto sicuro si sé, dopotutto era una creatura dotata di una forza sovrumana, e si aspettava che le sue potenziali vittime indietreggiassero; ma quando vide la determinazione negli occhi dei due che si erano messi in posizione di difesa capì che non erano dei qualsiasi tizi capitati per caso, che lo avevano seguito magari con l’intenzione di derubarlo. Quando tirarono fuori i machete, si rese conto che non erano nemmeno due sprovveduti alle prime armi e che la prospettiva di un pasto, dopo che era rimasto a bocca asciutta con la donna che aveva aggredito poche ore prima, stava sfumando. Il vampiro non si perse in chiacchiere e li attaccò, puntando subito alla gola di Dean, che era leggermente più vicino; ma era una finta e all’ultimo momento si girò verso Sam, cogliendolo di sorpresa, afferrandolo con una presa saldissima e scaraventandolo in aria come se non avesse peso, mandandolo a sbattere contro il muro del bar, lasciandolo momentaneamente intontito.

Dean si mosse subito in soccorso del fratello e il vampiro gli afferrò il braccio armato torcendoglielo. Dean non percepì alcun dolore, ma sapeva che non era necessariamente un buon segno perché il più forte anestetico del mondo, l’adrenalina, in quel momento gli scorreva nelle vene. Una qualsiasi persona in una situazione del genere si sarebbe trovata a scegliere tra fuggire o lottare per la vita, ma per Dean Winchester non c’erano opzioni tra cui scegliere: anni di caccia, di ordini, di situazioni in cui era a rischio la vita gli erano entrate fin nel midollo e lo avevano costretto, da una parte, a essere sempre pronto a fare i conti con quanto di peggio esiste nella vasta gamma del male e, dall’altra, lo avevano spinto a trovare il coraggio di spendersi fino in fondo, custodendo nel cuore un’estrema scintilla di responsabilità e attingendo a ogni brandello di energia.

In un istante sentì come se tutto quello che accadeva attorno a lui si fosse amplificato: percepiva il suo cuore battere rapido e forte nel petto, il suo respiro accelerare, le pupille dilatarsi quasi a voler penetrare il buio e focalizzarsi solo su ciò che aveva davanti e cioè il suo amato fratello che cercava testardamente di riaversi e contemporaneamente parlare con un vampiro pronto a uccidere. Strattonò il vampiro, liberandosi dalla sua presa, ma si accorse che qualcosa non andava: non riusciva a sollevare bene il machete, sembrava non avere il pieno controllo sul braccio destro. Senza esitazione prese l’arma con la sinistra, i suoi muscoli guizzarono pieni di energia e la mano si chiuse attorno all’impugnatura; fece per avventarsi rapidamente sul vampiro mirando a staccargli al testa, guidato dall’istinto più che dalla ragione. Sarebbe anche riuscito nell’intento se non fosse stato per l’urlo di Sam: «No, Dean, ci serve vivo!». Dean riuscì a frenare l’impeto e l’essere malefico ne approfittò per assestare un colpo tremendo alla gamba destra dell’avversario, privandolo del sostegno e facendolo cadere a terra.

A quel punto la preoccupazione di Dean per Sam ebbe la meglio su qualsiasi istinto di conservazione. Decise che forse potevano anche fare fuori questo vampiro e cercarne un altro, si puntellò contro il muro, riuscendo ad alzarsi, si gettò in avanti sollevando l’arma e la fece ricadere pesantemente sul vampiro che si stava girando a fronteggiare suo fratello. Il colpo andò a segno, ma con un’inclinazione esagerata che riuscì solo a staccare un braccio alla creatura, che urlò di dolore. Sam era finalmente riuscito a rimettersi in piedi ed era pronto a colpire, ma prima che avesse tempo di farlo la porta sul retro del bar si spalancò e ne uscì il barista con un’accetta (probabilmente quella del kit antincendio) in mano. L’uomo si lanciò contro il vampiro, lo colpì con il ginocchio nella schiena atterrandolo e, infine, sovrastandolo fece calare l’accetta sul collo staccando al testa di netto.

Il tempo sembrò fermarsi e persino i respiri affannati e i concitati battiti del cuore rallentarono; così come le energie erano arrivate, Dean le sentì svanire e si rese conto che la sua gamba aveva una strana angolazione; probabilmente era rotta. Anche il braccio doveva aver subito dei seri danni.

«Non mi ringraziate per avervi salvato la pellaccia?» li apostrofò il barista.

«Sicuro amico, non ti infilerò questo su per il culo» rispose Dean mostrandogli il machete.

Sam invece gli fece un cenno del capo riconoscente.

«Amico, credo che tu non sia messo tanto bene, ti serve un dottore!» disse il barista guardando Dean.

«Non ho bisogno di un dottore, cazzo! Avevo bisogno che quel figlio di puttana restasse in vita!» si arrabbiò Dean.

«Peccato che lui non la pensasse allo stesso modo di voi! Perché vi serviva vivo?» domandò.

«Non ci crederesti» sospirò Sam.

«Mettimi alla prova» rispose l’altro.

«Avevamo bisogno di sangue di vampiro donato di sua spontanea volontà; è un componente per un incantesimo che potrebbe salvare il mondo da una probabile invasione di fantasmi» provò a spiegare Sam. La situazione era assurda: stavano dicendo la verità a uno sconosciuto che avrebbe potuto prenderli per pazzi; ma, in effetti, non aveva battuto ciglio davanti alle zanne del vampiro e gli aveva tagliato di netto la testa: forse sapeva più cose di quanto loro potessero sospettare.

Lo sguardo del barista si assottigliò: «Di quel vampiro o di qualsiasi vampiro?».

«Chi se ne frega di quale succhiasangue ci dà il suo sangue!» sbottò Dean.

«Beh, in questo caso… Ho una cosa che vi serve» e il barista aprì la bocca mostrando una seconda fila di zanne appuntite che spuntava dalle gengive.

Sam si mosse istintivamente e Dean, che non era in condizioni di combattere, lo attaccò con arroganza: «Ci vuoi aiutare solo per la bontà del tuo cuore non morto?».

Il barista alzò le mani: «Più o meno».

«Tu cosa ci guadagni?» domandò Sam, che si immobilizzò, restando però guardingo, lasciandogli il tempo di spiegare.

«Non voglio uccidere nessuno e voglio vivere in pace. Ho trovato un’alternativa per nutrirmi: sangue bovino. È una schifezza, ma mi fa andare avanti. Quello è spuntato qui per caso e probabilmente avrebbe potuto combinare casini in cui sarei finito in mezzo io e tirandosi dietro voi. Ma io non voglio guai e nemmeno dei cacciatori tra i piedi. Se vi do un po’ del mio sangue, ve ne andrete e farete finta di non avermi mai incontrato? Ci state o non ci state?».

Sam e Dean si guardarono: non erano abituati ad avere a che fare con vampiri collaborativi, ma non avevano trovato nessun indizio che facesse pensare che questo uccidesse le persone, quindi colsero la palla al balzo. Raccolto il sangue in una bottiglietta, si accomiatarono con una stretta di mano e la raccomandazione di stare fuori dai rispettivi coglioni.

Mentre riportava in macchina Dean, quasi sostenendone completamente il peso, Sam disse al fratello: «Non gli abbiamo chiesto nemmeno come si chiamasse». «Che ti frega di come si chiamava? Per una volta che il mostro di turno ci dà una mano...» rispose Dean reso più scontroso dal dolore che stava pian piano crescendo.

Non sapendo quando Cas sarebbe potuto tornare, Dean accettò di andare in ospedale. Una volta arrivati, il dolore al braccio e gamba era molto intenso, gli arti si stavano cominciando a gonfiare ed erano visibili dei lividi. Dopo aver visto le radiografie, il medico assicurò che si trattava di due fratture chiuse e composte, la prima a spirale all’omero e la seconda che interessava sia tibia che perone. Sarebbe bastato applicare un gesso da tenere per 8 settimane, non avrebbero nemmeno dovuto attendere un calo del gonfiore perché non era eccessivo, e sarebbe stata utile un po’ di fisioterapia una volta completata la guarigione.

In un primo momento, Sam aveva temuto che Dean sfruttasse la situazione per accendere lo spirito da crocerossina del genere femminile e che avrebbe provato a chiedere a qualche cameriera di lasciargli il numero sul gesso, ma, contrariamente alle sue aspettative, il fratello voleva solo essere lasciato in pace.

Tornarono a casa di Bobby, che se ne era andato a caccia per qualche giorno, e Dean si installò subito sul suo divano a guardare Dr. Sexy, con la tentazione continua di grattarsi dove aveva i gessi; provò a infilare una matita nello spazio tra pelle e gesso per cercare di trovare sollievo, ma non riuscì a raggiungere i punti che voleva. Cercò di raggiungere la cucina, appoggiandosi sulla gamba sana e ai mobili, per acchiappare una birra. Purtroppo per lui, il suo tentativo non sfuggì all’occhio vigile del suo fratellino, che si rivelò una terribile spina nel fianco: «Torna subito a sederti, rischi di cadere».

«Ok Sammy, allora portami tu una birra!» si rassegnò Dean.

«Ti porterò del latte. Il dottore ha detto che la guarigione può essere supportata attraverso una dieta adeguata; per i pazienti che già seguono un’alimentazione sana e varia non è necessario apportare grandi cambiamenti, ma questo non è il tuo caso! Devi assumere molto calcio, quindi devi mangiare dei latticini e bere del latte».

«Ti sembro un vitello?» rispose Dean scocciato.

Sam lo ignorò e aggiunse: «L’alcool e la caffeina interferiscono con l’assorbimento, quindi il loro consumo andrebbe sensibilmente limitato. Stessa cosa vale per le proteine animali».

«Io sono un guerriero, non voglio roba da conigli!» brontolò Dean, aggiungendo poi qualcosa tra i denti che suonava tipo: «Ma quando torna Cas?».

Sam aiutò Dean a sedersi di nuovo sul divano, a stendere la gamba ingessata e gli suggerì di sollevare il braccio perché questo avrebbe favorito il ritorno venoso.

Dean si sentiva impotente: avevano mille cose per le mani e lui era inchiodato su un dannato divano. Come se non bastasse, aveva la sgradevole sensazione che la situazione stesse mandando Sam fuori di testa. Va bene essere apprensivi, ma il suo fratellino lo aveva lasciato giusto il tempo di comprare del cibo, lo controllava ogni secondo, era pronto ad arrivare ogni volta che lo sentiva muoversi e lo guardava come se rischiasse di perderlo da un momento all’altro.

Verso sera, Sam propose a Dean di aiutarlo a lavarsi. Dean si impuntò: non era un bambino e poteva fare da solo. Sam incrociò le braccia e lo fissò: «Quando eri stato sotto l’effetto dell’incantesimo mi sono occupato sempre di te, lavandoti e rivestendoti. Ti assicuro che non mi è mai pesato, è un genere di intimità di cui non ti dovresti vergognare».

«Ascoltami bene Sammy! Tu adesso mi aiuti ad andare a sedermi nella doccia, mi lasci un asciugamano e poi al resto penso io!» puntualizzò Dean perentorio.

Sam ubbidì. Per Dean togliersi i vestiti e lavarsi fu un’impresa, rischiò continuamente di bagnare i gessi e dovette rinunciare a strofinare la schiena perché non ci arrivava; si fece un appunto mentale di chiedere al fratello di comprargli una di quelle spazzole col manico; era da vecchi, ma a mali estremi, estremi rimedi. Una volta che si fu asciugato, scoprì che era impossibile vestirsi perché con una mano sola non c’era verso di infilare gli indumenti dalla parte giusta e immaginò che anche chiudere un bottone sarebbe stato al di là della sua portata.

Sam sentì le sue imprecazioni al di là della porta e decise di entrare. Trovò il fratello che litigava con un paio di mutande, cercando di allungarsi abbastanza per lanciarle all’estremità del gesso. «Lascia perdere, faccio io» disse e sollevò da terra suo fratello con tanto di asciugamano e lo portò fino al divano. Poi prese i vestiti e con cura e attenzione glieli infilò uno alla volta, concentrandosi su ogni singolo gesto. Quando finì di infilare l’ultimo bottone della camicia alzò gli occhi sul viso di Dean, che abbassò i propri.

Alcune cose possono essere dette con delle parole, altre, invece, e spesso sono quelle che più contano, hanno bisogno di esprimersi altrimenti. Sam conosceva suo fratello, leggeva nei suoi occhi e si rendeva conto che quando abbassava lo sguardo lo faceva per nascondergli quello che provava. Sapeva che Dean avrebbe fatto di tutto per non lamentarsi, per non essere un peso e non avrebbe accettato nessun gesto da parte sua. Ma non avrebbe mai detto di no a una crostata. Quindi si spostò in cucina, tagliò una generosa fetta di quella che aveva comprato quando era uscito, la mise su un piatto e la posò in grembo al fratello: era il suo modo di dirgli che voleva prendersi cura di lui, aggirando la sua incapacità di comunicare, era un messaggio in bottiglia, gettato in mare che si spera arrivi a destinazione.

Quando le narici gli si riempirono del profumo della torta, Dean si girò con gli occhi luccicanti e un sorriso un po’ ebete che fece sghignazzare Sam; guardò il fratello e mise in bocca un enorme pezzo di crostata. Le parole che provò a pronunciare finirono perse tra briciole e sputazzi, ma Sam non aveva bisogno di capire ogni sillaba.

 

 

 

 

 

 

 

NdA

 

Ciao a tutti! Bobby ed Ellen sono meglio dei profiler di Ciminal minds e danno sempre ottime indicazioni!

Se penso ai vampiri, il primo che mi viene in mente è Benny (mi si stringe il cuore, povero è rimasto in Purgatorio!). Mi sono ricordata che l’attore che lo interpreta, Ty Olsson, fa un’apparizione nella 2x03: è un vampiro che si chiama Eli, si nutre di sangue di mucca senza uccidere gli umani e lavora come barista; ho pensato di ripescare questa cosa e mescolare un po’ le carte in tavola. Per questo ho scelto di non esplicitare il suo nome.

La Dodge Charger del 1969 a cui pensa Dean è il Generale Lee della serie Hazzard, la guardavo da piccola, ho immaginato che piacesse anche a Dean!

Vi lascio il link del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart: https://www.facebook.com/groups/534054389951425/.

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