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Autore: SkyFullOfStars_    26/07/2018    0 recensioni
Tra gocce di pittura e tele silenziose, Grantaire viaggia con sua madre per la Francia, con l'obiettivo di trovare una stabilità economica...Ma cosa succede quando l'arte incontra l'amore? Cosa accade nel momento in cui due colori, il rosso ed il nero, si mescolano sulla stessa tela?
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Grantaire sentiva la tensione scorrergli nelle vene. Era una sensazione fredda, come se fosse stato rinchiuso dentro una gabbia in balìa del vento gelido dell’Antartide.
La platea, immersa nel silenzio assoluto, ascoltava ostinata il fruscio delle dita dell’artista sfiorare la tela ormai bagnata dai toni del giallo, del blu e del rosso. Il pubblico non riusciva a percepire molto la forma del disegno, poiché il ragazzo non aveva accennato i bordi della figura…Grantaire non lo faceva mai all’inizio. Lasciava semplicemente parlare i colori.
Le mani del ragazzo tremavano, ma si trattava solamente di un leggero scuotersi che gli permetteva ancora di poter controllare la crescita di ogni singolo colore.
Helena sedeva rigida sull’orlo della poltroncina rossa del teatro, pronta a correre da Grantaire se qualcosa fosse andato storto. Quando si accorse che le mani del figlio esitarono per un istante, il respiro le mancò per un attimo che sembrò durare un eternità. Stringeva la mano di Danielle con una forza quasi disumana, era certa che gliela stesse stritolando, ma quello era l’unico modo per scaricare un po’ di tensione. D’altra parte, la donna dalla chioma castana seduta accanto a lei non si stava lamentando per nulla. In realtà, pareva condividere le ansie e le preoccupazioni racchiuse nel corpo di Helena, quasi riuscisse a percepirle sulla sua pelle.
Enjolras tenne gli occhi fissi sulle braccia oscillanti di Grantaire per la maggior parte del tempo, poi li fece scorrere sui suoi stessi disegni e dipinti disposti intorno a lui, come se il palcoscenico stesso cercasse di definire la sua personalità d’artista incorniciandolo dentro un quadro plasmato dall’immaginazione.
Il biondino sospirò. Al contrario di Helena, aveva poggiato la sua mano su quella della zia per poterle stringere soltanto due dita, come faceva da piccolo quando era intrappolato nei grossi artigli dell’agitazione. Credeva in Grantaire e non aveva affatto paura per lui, non era preoccupato. Almeno, gli sembrava di dare quell’impressione. Eppure, dentro di sé, sentiva lo stomaco attorcigliarsi e sciogliersi in continuazione, come se ballasse una danza contro la sventura. Il respiro era ritmato, lento, ma incredibilmente pesante. Senza neanche accorgersene, accarezzò morbidamente le dita della zia, adornate di grosse pietre dai mille colori, come se il suo inconscio cercasse di rassicurarsi da tutta quell’atmosfera carica di tensione.
Poi, per un attimo, lo sguardo color oceano del ragazzo dai capelli dorati si distolse dal centro del palcoscenico e si fece spazio tra le spalle irrigidite dei quattro giudici. Nessuno osava guardare l’altro o scambiarsi qualche opinione a voce sommessa come avevano fatto con gli altri candidati. Tutti gli occhi della sala erano posati su Grantaire. Enjolras sorrise.
All’improvviso, il giovane artista si fermò.
Grantaire si rese conto che le mani che fino ad ora aveva mosso come piccole marionette non si muovevano più. Era come se tutta l’immaginazione che lo aveva nutrito sin dal suo primo respiro lo avesse abbandonato. Si sentiva perso, si sentiva annegare nella profonda conca della paura. Il tremore era aumentato fino ad impedirgli di spargere il colore nel modo che desiderava. Quello che aveva temuto di più in assoluto era accaduto. Il cuore gli si paralizzò dallo spavento.
-Oh, avanti, mon coeur…- la flebile voce di Danielle aveva fatto capolino tra il silenzio della sala di teatro. Helena si era portata una mano sulle labbra, per cercare di mascherare i gemiti di pianto che il viso offuscato dalla frustrazione avrebbe voluto far uscire.
La platea iniziò ad agitarsi non appena Grantaire si voltò verso i giudici. Nessuno riusciva a capire perché si era fermato, poiché solamente gli occhi ansiosi di Enjolras, Danielle ed Helena conoscevano la verità. Ed erano gli unici a comprendere il motivo per cui l’artista aveva nascosto le braccia dietro la schiena poco prima di mostrare ai quattro giudici il suo viso rapito dall’agitazione.
-Io…- Grantaire fece per sussurrare questa piccola sillaba, che sembrava aver dato inizio ad un lungo discorso di scuse. Tuttavia, si era fermato. Gli occhi puntavano su una delle porte utilizzate per l’uscita dal teatro, una di quelle in fondo da cui quasi nessuno preferiva uscire poiché troppo lontano dal palcoscenico. Il volto del ragazzo prodigio era cambiato: i segni della tristezza che avevano preso posto sugli occhi dell’artista, erano stati sostituiti dalle leggere carezze della gioia. Era come se qualcuno avesse tolto dal viso di Grantaire un velo invisibile in modo da mostrare a tutti ciò che stava realmente provando.
Enjolras lo vide sorridere e ricomporsi sulla tela.
Nessuno dal pubblico riuscì a capire cosa stesse guardando esattamente, in quanto pareva che il ragazzo si fosse concentrato sul vuoto davanti a lui, in cerca di una possibile ispirazione. Tutti bisbigliavano curiosi e, proprio quando il teatro stava per riempirsi di voci rumorose, Grantaire riinizò a dipingere. Lasciò che le sue dita si bagnassero ancora una volta nel giallo e poi nel blu, fino a dare vita ad un bel verde lucente in grado di illuminare anche la speranza più recondita. Il tremore alle mani si presentò ancora una volta, ma il ragazzo chiuse gli occhi per un istante, respirò a fondo l’acre aroma della pittura e ricordò alla sua mente la sensazione delle mani calde di Enjolras sotto i suoi palmi. Sorrise.








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Amélie aveva trattenuto il respiro quando si era accorta del tremendo tremore delle mani di Grantaire.
Dal fondo della sala di teatro, accucciata nella poltroncina rossa dell’ultima fila vicino alla porta d’uscita, aveva seriamente temuto che quelle dita le quali lo avevano portato fino a quel concorso, avessero potuto essere responsabili della sua dipartita.
Nessuno sapeva che era lì. Né Enjolras, né Grantaire, neanche Jeremy. Era riuscita a raggiungere la scuola senza farsi vedere da anima viva. Non che qualcuno la cercasse. Qualcosa, dentro di sé, l’aveva spinta ad uscire dalla porta di casa sua e a dirigersi in quel teatro, per assistere per la prima volta alla grandezza artistica di Grantaire, quella di cui parlavano tutti a scuola.
Con il fiato sospeso alla vista della difficoltà del giovane artista, Amélie si era diretta velocemente alla porta d’uscita. Il cuore gli faceva male nel vedere quel ragazzo fallire nel giorno più importante della sua carriera, e lei non avrebbe di certo voluto assistere a quella scena pietosa. Grantaire non si meritava anche questo. Forse, non avrebbe mai dovuto lasciare la porta di casa sua quel giorno.
Eppure, con il cuore dal battito triste, si voltò verso il palcoscenico e si accorse di due occhi speranzosi che la fissavano.
Grantaire si era accorto di lei. Sapeva che era contento di vederla, glielo leggeva in volto ma, allo stesso tempo, temeva che Enjolras si accorgesse di quello sguardo silenzioso e che la cacciasse via a malo modo, di nuovo. Amélie riuscì soltanto a mostrare al giovane artista il suo sorriso più sincero, quasi volesse incoraggiarlo a non farsi ingannare dal tremore delle sue dita. Il ragazzo dai capelli ebano sembrava aver ricevuto il suo messaggio.
Accarezzandosi le mani con fare affettuoso, l’artista si voltò verso la tela dipinta di blu e giallo e riprese a far danzare le dita sul resto di quella superficie che gli aveva permesso di trasmettere le sue emozioni per anni. La ragazza, incantata con una mano sulla porta fredda dell’uscita, rimase ad ammirarlo mentre sfiorava e giocava con la sua fantasia, man mano che le sue mani forgiavano le delicate forme di un viso.
Sopra il silenzio assoluto della sala, si udivano soltanto i leggeri e fugaci tocchi che Grantaire posava sulla tela, simili ad una conversazione sussurrata, proibita ed incomprensibile agli orecchi dei comuni mortali.
Il viso che stava nascendo sulla tela era di una ragazza. Man mano che le venivano colorati i capelli biondi e gli occhi verdeggianti, Amélie colse una certa familiarità in quelle forme così armoniose vivaci.
Poi si passò una mano sulla bocca. Percepì le lacrime salirgli agli occhi. E fu come se si guardasse allo specchio per la prima volta.
 






---












La porta d’uscita del teatro si spalancò. Era stata quella che non veniva mai usata da nessuno a schiudersi su un angolino buio del corridoio della scuola. E ad usarla era stata una ragazza, una fanciulla dai capelli simili a fili dorati che risplendevano di luce propria come se fossero stati forgiati dalle mani della dea della ricchezza.
Amélie si trovò catapultata con la schiena tremante contro uno dei soliti armadietti grigiastri che aveva ripercorso mille volte con gli occhi durante quei lunghi anni a scuola.
Percepiva il respiro farsi pesante ogni volta che i suoi polmoni tentavano di allargarsi in cerca di aria pulita ed incontaminata di cui potersi appropriare. Ma nulla sembrava calmare quel respiro ansante che la faceva tremare dalla testa ai piedi.
Non capiva. Non riusciva veramente a comprendere in che modo la ragazza sulla tela l’avesse sconvolta a tal punto da costringerla a rimanere senza fiato. Gettò la testa all’indietro percependo il metallo freddo dell’armadietto che la sorreggeva e chiuse gli occhi. Per una manciata di secondi si lasciò cullare dal silenzio tombale del corridoio, desiderando ardentemente che, una volta riaperti gli occhi, si trovasse nella sua vecchia casa di campagna, quella dove si sentiva al sicuro dal resto del mondo.
Lo sguardo si fece triste non appena inquadrò di nuovo il corridoio deserto della scuola. Il respiro della ragazza si era calmato, come se fosse bastato il solo pensiero della sua felice dimora immersa nel verde a donarle quel dolce stato di tranquillità. L’affanno lasciò spazio alle lacrime. Amélie non fu in grado di fermarle, le lasciò scendere calde sulle sue guance illuminate dalla fioca luce del corridoio scolastico.
L’immagine riflessa di se stessa che aveva visto poco prima nel teatro, quella così elegantemente modellata dalle mani di Grantaire, le fece di nuovo capolino nella mente annebbiata dal tremore. Quella ragazza dagli occhi verdeggianti era così diversa da lei…Dolce, gentile, perfetta.
Dentro le fugaci pennellate intinte di verde e blu, Amélie aveva visto se stessa, o meglio, la ragazza che aveva sempre desiderato di diventare. Non era facile rendersi conto di non conoscersi affatto. Nell’osservare quella tela, si era sentita nuda, completamente alla mercé di tanti piccoli occhi pronti a giudicare ogni singola cellula del suo viso. Forse era per questo che aveva passato gran parte della sua vita a costruirsi una maschera di perfezione…Per non essere giudicata.
-Amélie?-
Gli occhi tristi di Enjolras le apparvero davanti. Non appena il suo esile corpo si rese conto di quella presenza inaspettata, la ragazza sobbalzò, per poi tentare di fuggire celando con le mani il suo volto rigato dalle lacrime.
-Aspetta, non andartene…- il fanciullo dai capelli color grano la fermò, afferrandola delicatamente per le spalle. Molte volte aveva compiuto quel gesto per baciarla, ma ora, quella voglia aveva lasciato il posto alla tenerezza che portava nel cuore. Ed era pesante, molto pesante.
-Non appena ho visto il tuo viso sulla tela di Grantaire io…Mi sono voltato e ti ho vista scappare via dal teatro…- mentre parlava, Enjolras si cimentò ad osservare l’espressione vuota della ragazza. Era come se tutte le emozioni le fossero state rubate da una piccola folata di vento, così, con la velocità con cui si batte ciglio.
-Mi dispiace così tanto…E’ tutta colpa mia…-
Amélie, finalmente, lo guardò con occhi lacrimanti. Avvertiva ancora la sensazione di calore che le mani di Enjolras trasmettevano alle sue spalle gracili, ma non si sentiva in trappola…Avrebbe solamente desiderato un abbraccio.
Come se avesse potuto udire le sue parole nel silenzio del corridoio, Enjolras le fece spazio tra le sue braccia. Strinse forte a sé i capelli della ragazza, cercando di trasmettere tutto il suo dispiacere attraverso quel semplice gesto. Solo allora si rese conto di quanto Amélie stesse tremando contro il suo torace.
La fanciulla si coprì il volto bagnato dalla tristezza senza dire una parola. Si limitò soltanto a piangere in silenzio, come aveva imparato a fare sin da piccola, circondata dalle rassicuranti braccia di Enjolras, il ragazzo che le era sempre stato vicino.
Il biondino avrebbe voluto confermare le sue scuse ancora una volta, ma non lo fece. Non in quel momento. Lo avrebbe fatto più tardi quando, dopo essere rientrati in teatro insieme, avrebbero visto Grantaire con in mano una borsa di studio per l’Accademia d’arte di Parigi. E solo allora si sarebbero guardati e si sarebbero sorrisi.







 
  
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