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Autore: Uptrand    26/07/2018    21 recensioni
Un incontro fortuito tra Alexya Weaver e Dante W. Shepard avvicinerà i due ragazzi.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« Che cosa significa amare? » la domanda era stata posta da Dante, il figlio adottivo di Arturus e Olivia. Abitavano su Noveria, dove i due servivano come ufficiali militari negli I.D.G. comandati proprio da Olivia W. Shepard. 
Per un attimo in cucina vi fu silenzio, mentre il turian fissava il bambino umano negli occhi. Quelle strane iridi rosse lo scrutavano con sguardo interrogativo. 
Nell'animo si sentiva quanto mai nervoso, il ragazzo aveva dodici anni. Era giunta quella fase dell'età in cui ci si interessa agli altri per motivi romantici? 
Dentro di se sapeva solo che non aveva idea di come affrontare la cosa, spostò leggermente lo sguardo sulla moglie. 
Era da quasi un minuto che Olivia non smetteva di asciugarsi le mani su un asciugamano appeso al muro, sembrava si fosse incantata alla domanda di Dante non accorgendosi di cosa stava facendo. 
Da dov'era, era di spalle al figlio, gli fissava la nuca adorna di quei capelli bianchi singolari come gli occhi e la sua pelle che era di colore ambrato tendente allo scuro.  
« Perché questa domanda giovanotto? C'è qualcuno che ti piace? » 
Lui inclinò leggermente la testa, assumendo un'espressione sovrappensiero o almeno così gli sembrava. Il bambino aveva sempre un'aria poco sveglia, quasi si fosse appena alzato dopo una dormita orrenda. 
L'aveva dalla sua liberazione, da chi lo trattava come cavia per esperimenti sull'eezo 19. Avevano pensato che col tempo sarebbe sparita, invece sembrava essere la sua espressione abituale. 
« No, due miei compagni a scuola si sono messi assieme. Si parla tanto dell'amore in letteratura, ma non lo capisco. Come si fa a capire se una persona ti piace? »
« È...un'intuizione, ti si può presentare sotto tantissime forme. »
« Non capisco, poi sembra quasi sempre sbagliata. Ci sono litigi, problemi e tante altre cose. » 
« Quello è sicuro che ci sono sempre. »
« Tu come hai capito di amare mamma? » 
Lui fu sicuro di aver assunto una faccia da idiota a quella domanda, Olivia sorrise leggermente mentre il volto diventava di un pallido rossore. 
« Io... da ragazzo, quando mi ha tolto il titolo di campioni di freccette. Non potevo non innamorarmi di una donna capace di piazzare tre centri pieni. » indirizzò ad Olivia uno sguardo divertito « Ho deciso che le avrei dato il piacere di essere la mia ragazza. »
« Che onore! » disse lei sorridente e indirizzandogli un'occhiata dubbiosa. 
« Se qualcuna mi dovesse piacere, da cosa lo capirei? » 
« Per ognuno è un'esperienza personale, potrebbe essere qualsiasi cosa a scatenarti quell'emozione. » 
Dante appoggiò la testa sul tavolo per niente soddisfatto, era tutto troppo vago. Capiva i concetti espressi nella letteratura su questo argomento, ma non comprendeva come doveva esserlo in prima persona. Decise che probabilmente non faceva per lui, non si sarebbe mai innamorato ma non gli sembrava una cosa tragica. Non avrebbe sentito la mancanza di qualcosa che non capiva. 

 
***** 

Tornare a casa, qualcosa di cui tutti sentivano il bisogno prima o poi. 
Approfittando di qualche giorno di chiusura della scuola, per qualche festa nazionale, Alexya Weaver tornò sul pianeta Noveria. 
Ad accoglierla a braccia aperte sua madre Dasha Weaver. Isabella in quei giorni era assente per lavoro.  
La donna non poté non stupirsi di quanto la figlia fosse maturata caratterialmente, da quando il sistema di controllo da phantom era in qualche modo stato aggirato. 
Non era un tecnico, solo la donna più ricca della galassia, ma dalle spiegazioni aveva capito che il programma era ancora presente ma non più in grado di influenzare il libero pensiero. 
Questo spiegava perché le tecniche di combattimento da phatom erano ancora ben presenti nella ragazza e nelle due sorelle. 
Da quel momento Alexya aveva sviluppato un forte senso del dovere, si comportava da autentica sorella maggiore anche se era impossibile dire chi delle tre lo fosse effettivamente. 

Alla ragazza piaceva Noveria, non solo perché era casa sua ma proprio come ambiente. 
Sul posto si diceva che il pianeta odiava tutti, secondo lei c'era una buona dose di verità in quello. 
Quasi sempre c'era una tempesta di neve, talmente violenta e fredda che avrebbe ucciso qualunque sprovveduto. Era veramente facile perdere l'orientamento in esse per finire morti assiderati, cadere in qualche precipizio o essere sepolti da una valanga. 
Lei però amava tutta quella ostilità. Isabella le aveva fatte allenare correndo in quelle tempeste, avevano affinato i loro sensi già sviluppati in quelle situazioni estreme. 
Per loro non era stato affatto duro o qualcosa di cui dispiacersi. Tanto più l'ambiente era ostile, maggiormente loro si sarebbero sentite a loro agio. Era sempre stato così. 
Non si autodefinivano “predatori” senza un motivo. Per quasi tutti sarebbero state delle assassine, ma tale termine per loro era riduttivo. Avrebbero inseguito la loro “preda” come avrebbe fatto un animale, eliminandola alla fine. Divertendosi a terrorizzarla, facendo si che si accorgesse di tutto fino alla conclusione. 
Senza però il programma phantom l'istinto omicida era venuto meno, in più i loro amici non avrebbero approvato. Si erano quindi date una regolata, uccidevano giusto ogni tanto qualche criminale. Quelli di cui nessuno avrebbe sentito la mancanza.
Su ogni pianeta c'era sempre qualcuno la cui morte sarebbe stata una liberazione per tutti, non mancavano nemmeno i combattimenti biotici clandestini. 
Un onesto incontro in cui due individui si scontravano consapevolmente in un duello mortale. 

Alexya ammirò la propria immagine allo specchio e sbuffò. Era un clone di Isabella, come lei anche le sue sorelle. 
La sua natura non era un problema, però c'erano volte che trovava frustante essere identica a un'altra persona. 
Aveva diciassette anni, la sua somiglianza con Isabella era ulteriormente aumentata. I tratti più fanciulleschi erano spariti o quasi. 
Lo specchio rifletteva l'immagine di una giovane donna, di gran bel aspetto. Non era un caso se da quando Isabella si era svelata alla galassia, con il suo lavoro da modella, era stata elogiata da ogni rivista per la sua bellezza. 
Occhi di un azzurro difficile da descrivere, capelli di un biondo da sembrare oro, una pelle diafana, un portamento superbo e una sicurezza che sembrava non avere confini. 
Questo era Isabella e ciò valeva anche per loro. 
Proprio per questo sentiva il bisogno di caratterizzarsi a volte, non le era dispiaciuto abbandonare la lunga coda di cavallo per il taglio da militare che portava adesso. 
“Vorrei qualcosa in più.” pensò fra se. 
Ne parlò con quella donna che le aveva adottate, imparando a chiamarla madre. 
« Domani andiamo a fare compare. Un aspetto nuovo ti aiuterà senz'altro. » 
Lei annuì non troppo convinta, un cambio di vestiti di che utilità avrebbe mai potuto essere?
Dasha aveva però in mente ben altro. 
La cupola ambientale numero uno, era la più vicina a Caninea. Dal gigantesco complesso industriale bastavano pochi minuti per raggiungerla, tramite una delle molteplici gallerie sotterranee che collegavano le singole cupole ambientali. 
Per questa sua caratteristica era finita per essere abitata principalmente dalle persone più alte nella gerarchia della Noveria Corps. La conseguenza fu che i negozi al suo interno non avevano prezzi proprio per tutti. Servizi di qualità migliore ma con un costo superiore a qualsiasi altra cupola. 
Problemi insignificanti per chi aveva il cognome Weaver.
Tutto apparteneva alla Noveria Corps, quindi al suo presidente. 
Il primo negozio fu un centro di bellezza. Trattamento completo. 
« Ci serve veramente? » domandò Alexya. 
« Tesoro, smetti di farti domande, fatti coccolare e rilassati! » fu la risposta della madre. 
Due oro dopo Dasha era quanto mai soddisfatta, a parte il trattamento in se sua figlia aveva un aspetto molto più riposato. Aveva seguito il suo consiglio, al punto da addormentarsi mentre le varie persone si occupavano di lei. 
Il posto successivo fu un negozio d'abbigliamento in un grande centro commerciale. 
« Non capisco davvero a cosa servono. » commentò Alexya osservando un completo d'intimo molto sensuale. « Agli uomini non credo importi di questo, in quei momenti. » 
Dasha si grattò nervosamente la testa, quell'argomento la metteva a disagio. « Come dire, l'occhio vuole la sua parte. Il sesso...non è solo l'atto carnale. » 
« Il resto è perdita di tempo. » fissò il completo « Diana ne ha comprato uno quasi uguale, ha detto che vuole fare una sorpresa a Henry. » 
Per la donna fu come essere fucilata al cuore. Sua figlia Diana aveva un ragazzo, sapeva che facevano sesso, per quanto fosse qualcosa di naturale a lei non interessava. 
Non aveva niente contro Henry Coats, ma era l'idea che sua figlia facesse quel genere di cose che faceva anche lei con Isabella a darle fastidio. 
Era sua figlia, quindi una bambina e lo sarebbe stata per sempre. Indipendentemente dall'età. 
« Cerca qualcosa che ti piace...torno subito... io...vado a fare una chiamata. » disse allontanandosi. 
Alexya annuì fra se, contenta che lei e Trish avessero avuto l'idea giusta di tacerle che anche loro avevano una vita sessuale. Trish l'aveva, faceva sesso con una sua amica asari. 
Lei invece non aveva ancora trovato nessuno che la stimolasse. Ogni tanto si divertiva con un vibratore, l'aveva comprato dopo aver riflettuto che non c'era molta differenza con un compagno vero. 
Osservò un completo sportivo in due pezzi, aveva delle misure piuttosto ridotte. Non capì quale differenza ci fosse tra i due capi d'abbigliamento, tranne il tipo di tessuto coprivano più o meno la stessa superficie di pelle. 
Si ricordò però che un indumento sportivo le sarebbe servito per le ore di ginnastica, quello aveva un aspetto pratico e comodo. La poca stoffa avrebbe aiutato a rendere più liberi i movimenti. 
Un cenno della mano, il personale corse a servirla. 
Entrò in una cabina per cambiarsi.
***** 

Dante passeggiava per il centro commerciale della cupola uno, decisamente annoiato. 
Non avrebbe proprio voluto uscire di casa, aveva tanti libri da leggere che lo avrebbero senz'altro divertito di più della sua attuale compagnia. 
Invece era stato costretto ad accompagnare la sua sorella adottiva e turian Decunia, in una uscita con i propri compagni di classe. 
Tra questi c'era Arrulio, il turian di cui lei era innamorata. Per questo neanche lei era stata contenta di quell'idea, non era il massimo uscire con il fratellino un po' strano. 
Tutti dicevano che lui sembrava strano con quell'aria sempre assonata, gli dava un'aria tonta.
Quel giorno Olivia e Arturus non sarebbero stati a casa, avevano insistito che Dante non poteva rimanere da solo. Lei non aveva avuto scelta che portarscerlo dietro.
La prima tappa fu un bar ritenuto dai giovani di tendenza, per lui era un bar che si distingueva per dei prezzi più alti del normale. 
A questo seguì uno dei momenti peggiori per lui, quelle delle chiacchiere insensate. 
“ Bello questo” “ Figo quell'altro” “ Sentita l'ultima canzone”... tante parole. 
Totalmente ignorato Dante si alzò, sicuro che nessuno avrebbe fatto caso a lui si allontanò. 
Cinture, le vide nella vetrina di un negozio. 
Per qualche ragione che non sapeva spiegarsi gli piacevano. Secondo lui conferivano un'aria più sveglia e matura. 
Entrò per curiosare. Quando gli abiti cominciarono a essere più femminili, si voltò per tornare indietro. Inconsapevolmente si fermò a osservare un intimo femminile, sentì una strana sensazione di calore. Rimase immobile, quasi incantato, si sentiva un'idiota. Non capiva nemmeno perché gli interessava, dato che non avrebbe mai indossato qualcosa di simile.
Dietro di lui, il rumore di una tenda mossa lo fece voltare di scatto. Si sentì improvvisamente a disagio, quasi fosse stato colto a fare qualcosa che non doveva.    
Lui amava la letteratura, un argomento spesso trattato era quello della bellezza. Ma in quel preciso istante, tutti quegli autori famosi che avevano il proprio nome per sempre sempre inscritto in quell'arte gli parvero degli idioti. Perché se la bellezza esisteva, questa gli si era appena palesata davanti e semplicemente non esistevano parole per descriverla. 
Quelle poesie gli parevano ora semplici esercizi fatti per passatempo, adesso del tutto futili verso il loro scopo ultimo. 
« Ciao Dante, è davvero da tanto che non ci si vede. » disse Alexya. Indossava quel completo sportivo, colpevole adesso di esaltare la tonicità di quel corpo come non mai. 
Era davvero comodo come la ragazza aveva sperato. 
I due si conoscevano ma niente di più, le sorelle Weaver avevano desiderato incontrarlo una volta appreso della sua esistenza. Se loro tre erano cloni dell'unico biotico a eezo 19 esistente, ereditando  la capacità di sopravvivere al raro e radioattivo isotopo, lui era l'unico rappresentante del sesso maschile con la medesima abilità. 
Era stato salvato da Olivia, liberandolo da un laboratorio prigione dove aveva da sempre vissuto. Non aveva mai visto niente oltre la stanza in cui era rimasto per oltre dieci anni. 
La sua origine era un mistero, nessun dato recuperato conteneva informazioni al riguardo e gli scienziati non avevano parlato. 
A differenza delle sorelle Weaver non era biotico, il suo corpo non conteneva eezo, i sensi come altre doti fisiche erano normali. Nessun potenziamento su base genetica com'era stato fatto per le ragazze. 
Tranne l'aspetto insolito e la possibilità di non rimanere ucciso dall'isotopo 19, Dante era un normalissimo ragazzo umano. 
« Sei davvero bellissima! » dichiarò lui. 
Le sopracciglia di Alexya si alzarono appena. La lettura del corpo era qualcosa che le Weaver sapeva benissimo sfruttare per anticipare le azioni del nemico in combattimento o per intuire le intenzioni dietro le parole. Ad esempio se un complimento innocente veniva detto con desiderio sessuale. Per loro era qualcosa di così banale che gli avevano dato il nome di “stupido trucco.”
Ma con Dante questa abilità non funzionava, non ne capivano la ragione. Non sapevano se fosse dovuto agli anni di isolamento, se l'assenza di un contatto umano non gli avesse permesso di apprendere quei piccoli gesti involontari che ogni essere vivente compie. 
Alexya lo fissava e vedeva solo un foglio bianco. Trovava la cosa a dir poco frustrante e limitante. 
Quel complimento implicava qualcosa? 
Trattandosi di un bambino decise che la cosa non aveva importanza. 
« Grazie, non molti si sarebbero lasciati andare a una simile affermazione. » 
L'espressione di lui fu un attimo dubbiosa « Se ho detto qualcosa che non dovevo, mi dispiace. » 
« Al contrario, apprezzo che si dica quello che si pensa senza tentennamenti. Dunque, perché qui? »  
« Dannazione! Mia sorella! Scusa! Devo andare! » esclamò correndo subito via. Con calma, Alexya si voltò per andare a cambiarsi. 

Dante era pietrificato, non c'era più nessuno al bar. Va bene non accorgersi della sua assenza, ma non credeva che sua sorella avrebbe potuto andarsene lasciandolo solo. 
« Cosa faccio? » avrebbe dovuto mettersi a cercarla o era meglio tornare a casa. 
Però era sicura che Decunia sarebbe stata sgridata, se Olivia avesse saputo cos'era successo. Non voleva crearle problemi.   
« Qualcosa non va? » si sentì chiedere mentre una mano gli veniva appoggiata sulla spalla. Voltandosi vide Alexya. Lei ebbe un breve riassunto della situazione.
« Anch'io deve aspettare, mia madre. Prendiamoci un gelato. » 
« Io... Decunia aveva il creditometro. »
« Non essere ridicolo, sei mio ospite e siamo su Noveria. » 
A tempo di record Dante si ritrovò tra le mani il più gigantesco cono gelato che avesse mai visto. 
Alexya non dovette nemmeno pagare. 
« Grazie, appena posso ricambierò. » disse lui. 
La ragazza fece un impercettibile smorfia. Quante di quelle frasi doveva sentire ogni giorno, fatte di pura forma ma prive di sostanza. Inviati cordiali che non sarebbero mai stati fatti, proposte di rimanere in contatto che cadevano nel vuoto. 
Quei propositi falsi li odiava. 
« Domani sei libera? Potremmo trovarci qui? » 
Lei per poco non si strozzò col gelato, tossì un paio di volte prima di riuscire a parlare. 
« Mi stai invitando? » chiese veramente sorpresa. 
« Non dovevo? Ho detto che volevo ricambiare. » 
Provò a scrutarlo ma ancora non capì quali fossero le sue intenzioni. 
« Solitamente hanno tutti troppo timore di me, normale considerando che tutti hanno dei carattere deboli. Non hai soggezione? » 
Nuovamente lui assunse quell'espressione da dormiveglia. « Non credo, ti trovo una persona molto gentile. » 
« Gentile? » 
« Mi fai pensare a una frase a qualcosa che ho letto sul significato di gentilezza. “Uno schiaffo e una carezza sono la medesima cosa, cambia solo la forza con cui vengono date. Ma a volte uno schiaffo può contenere più gentilezza di qualsiasi carezza, se le intenzioni sono buone. A volte uno schiaffo è una carezza travestita che non ha il coraggio di mostrarsi, altre volte una carezza è uno schiaffo destinata a farci male in un secondo momento. A noi distinguere il vero.”  Secondo me tu sei una carezza che si traveste da schiaffo, quindi sei gentile. » 
« Una schiaffo o una carezza, non vorrei mai essere paragonata a simile cose. Se proprio vuoi farmi un complimento paragonami a una spada. »
Lui assunse un'aria che a lei parve seria, tra il fatto che lo “stupido trucco” non funzionava e quell'aria perennemente assonnata non ne era sicura.
« Però...non credi che voler essere paragonata a un'arma sia un'offesa verso tutti gli sforzi fatti per renderti umana? » 
Lei lo guardò sconvolta « Cosa? » 
« Olivia mi ha raccontato la vostra storia. Voi tre siete state create come armi, voler essere paragonata a un'arma credo che possa suonare come un insulto verso chi si è impegnato in prima persona con voi. Non credo che tua madre ne sarebbe soddisfatta. » 
« Come ti permetti di dire che mia madre non sia contenta di me? » domandò con un accenno di rabbia nella voce. 
« No...io...credo che lei preferirebbe l'Alexya umana all'Alexya spada. Scusami, a volte non so bene esprimere quello che penso. L'Alexya umana a me piace, mi ha offerto un gelato e si è fermata con me a farmi compagnia. »  
“Cosa diavolo sta succedendo? “ pensò tra lei se fissandolo. Si sentiva accaldata in viso, era sicura di essere arrossita. In qualche modo quelle parole l'avevano colpita più in profondo di quello che pensava. Quel ragionamento, odiava ammetterlo, non era nemmeno del tutto sbagliato. 
“Ridicolo, impossibile, non io! Dannazione, fammi capire le tue intenzioni Dante!” Per la prima volta in anni, Alexya Weaver provò un senso d'incertezza. Come avrebbe dovuto rispondere. 
Cercò di ricomporsi, di riacquistare il proprio abituale contegno.
« Mi dispiace ma devo rifiutare il tuo invito, non posso, partirò presto per la Terra. » disse mentendo e questo la sorprese. A situazioni simili aveva sempre risposto con la massima sincerità, un'onesta brutale e priva di ogni gentilezza.
Poi perché mentire? Se voleva rifiutare sarebbe bastato uno schietto “no”. Però era il figlio adottivo di Olivia, rifletté che un po' di quella falsa cortesia non sarebbe stata sbagliata almeno in questo caso.  
“ Perché mi sento quasi dispiaciuta a rifiutare? Avesse la mia età sarebbe meglio...aspetta, questo pensiero che cavolo centra? Non è assolutamente normale che mi senta a disagio. Calma e rifletti, che opinione ho di Dante? Quali sentimenti posso provare per lui? Posso dire che il suo aspetto non mi dispiace, sarà fuori dalla norma ma è...carino.”
« Fai sport? »
Il bambino fece una smorfia « Si, almeno un'ora al giorno a casa oltre quello a scuola. Olivia dice che è importante, ma a me non piace molto. Preferisco leggere, adoro quando Arturus mi legge qualche storia. Il mio libro preferito è la divina commedia. Da grande mi piacerebbe dedicarmi alla letteratura, magari potrei insegnarla o scrivere io stesse delle storie. Tu hai già deciso cosa farai? »
« Vorrei dedicarmi allo studio dei poteri biotici, credo ci sia ancora molto da apprendere. » 
« Abbiamo desideri simili allora, a entrambi piacere dedicarsi allo studio di quello che ci appassiona.  » disse sorridente. Un sorriso spontaneo, un concentrato di genuinità e dolcezza. Alexya sentì un tuffo al cuore. Trovò che sarebbe stato bello se quello che vedeva fosse stato realmente tale: una persona priva di falsità. 
“Bello...cosa? Non posso anche solo averlo pensato. “ 
« Che allenamenti ti fa fare Olivia? » chiese lei, decisa a far di tutto per allontanare certi pensieri e sensazioni che le sembravano fuori luogo.   
Lui fornì una breve descrizione. 
“Ci credo che mi pare informa, Olivia gli sta facendo fare l'allenamento base da soldato anche se adattato a un bambino. “ 
« Da quanto tempo? »
« In pratica da quando sto con lei. »
« Vuoi dire negli ultimi due anni? »
« Si. »
« Andiamo. » disse Alexya alzandosi.
« Dove? »
« A vedere di cosa sei capace. Mi hai incuriosito. »
« Ma stiamo aspettando entrambi qualcuno! »
« Non ti preoccupare. » 

Sala di combattimento olografica, qualcosa che si poteva trovare in qualsiasi sala giochi. Con protezioni adeguate e armi finte era possibile affrontare qualsiasi nemico immaginario o un avversario reale. 
Il pugno fece piegare appena Dante sul davanti, Alexya l'osservava compiaciuta.
“Niente male, sa incassare e la tecnica è buona anche se basilare. Olivia ha fatto buon uso di questi due anni.”
« Dimmi, tua madre ti ha mai dato qualche spiegazione sul perché tu debba allenarti? »
« Me ne ha date due. » 
« Due? »
« La prima per poter affrontare da solo eventuali problemi, anche se non riesco a immaginare quale situazione mi costringa a fare a pugni. Sono troppo pacifico per arrabbiarmi, me lo dicono tutti. » 
“ Posso intuire le motivazioni di Olivia. Ci sono troppi interessi sul 19 nonostante i divieti imposti, lei è sicuramente preoccupata che possa succedere qualcosa a Dante. Lo vuole in grado di affrontare i problemi che la sua stessa natura gli potrebbe portare. “ pensò tra se, limitandosi a rispondere a Dante con un semplice « Capisco. » 
« Poi ha aggiunto che mi avrebbe reso più attraente verso le ragazze, ma non credo che potrei piacere mai veramente a qualcuna. Io sono quello strano. » 
Una mossa rapida ed elegante, l'indice destro di Alexya gli premette sul mento costringendolo ad alzare la testa. 
« Non sei male di aspetto, insolito ma gradevole, intelligente e onesto ma spesso ingenuo. Di fisico posso dire che gli effetti dell'allenamento di Olivia si vedono, hai un corpo tonico e ben allenato. Se continuerai a praticarlo dovresti ottenere un fisico invidiabile. »
L'osservo confuso « Sarei...carino? » chiese stupito, non aveva mai pensato di poterlo essere.
« Si o almeno hai molto potenziale. Mi ci è voluto un po' per capirlo, ma ammetto di avere una leggera infatuazione per te. Direi che è normale considerando che sei l'unico umano di sesso maschile capace di portare il 19, come si dice: il simile attrae il simile. Peccato per la differenza di età. A volte sento la mancanza di un compagno. » spiegò lei tranquillamente, quelle frasi non la imbarazzarono minimamente. 
Provare attrazione era qualcosa di naturale, vergogna o imbarazzo erano solo delle perdite di tempo.  Niente la irritava di più come delle inutili esitazioni. 
« Io...non potrei esserlo...il tuo compagno? » 
Fu lei ad assumere un'aria interrogava a quelle parole. 
« Anche ti aspettassi, dubito mi soddisferesti. Posso perdonare tante cose, non la debolezza di carattere. Cinque anni sono tanti, in questo tempo troverai sicuramente qualche ragazza più facile di me. » 
« Non potrei...davvero? In qualsiasi caso? » chiese con tono dispiaciuto lui. 
« Non mi dirai che ti interesso? Direi che è una reazione normale, ma è solo istinto riproduttivo e non quella cosa chiamata “amore”. » 
« Io non so cosa sia questa cosa chiamata “amore”...però tu mi piaci, ho davvero apprezzato quello che ci siamo detti. Escludendo la mia famiglia, sei stata la prima che non mi ha fatto sentire da meno degli altri. » 
Lei sorrise sprezzante « È proprio a causa di simili atteggiamenti diffusi che non riconoscerò mai nessuno come mio compagno. Non potrei mai prendere in considerazione qualcuno con un carattere meno forte del mio.»
« Allora...cosa dovrei fare? » chiese con un enfasi da stupire Alexya. Lei scosse la testa, quel bambino aveva un enorme potenziale ma nessuna possibilità. 
« Lascia che ti faccia capire perché non potrebbe mai funzionare. Anche se avrai paura, sappi che non ti succederà niente. » e aggiunse senza riferirsi a nessuno in particolare « Spegnate telecamere e ogni sensore nella sala. »
La sicurezza teneva sotto controllo quanto accadeva, giusto per assicurarsi che i clienti non si facessero male. Lei non porse tempo a controllare che i suoi ordini fossero eseguiti, il contrario sarebbe stato assurdo. 
« Questo è il predatore che sono veramente. » 
Un'aurea biotica blu elettrico l'avvolse ma virò subito al russo, mentre una lieve brezza originata dalle ondate di potere biotico accarezzava Dante. 
Lui sgranò gli occhi, quello che vide gli smorzò il fiato. Non aveva parole, era paralizzato. Cervello e corpo erano come disconnessi. 
Durò tutto pochi attimi. 
Alexya riprese un aspetto più civile, si avvicinò a lui che teneva la testa bassa. Gli sembrava che stesse piangendo, temette di aver esagerato. 
« Tutto bene? »
Dante alzò lo sguardo, gli occhi erano lucidi ma non per il pianto. « Eri bellissima, mi hai fatto venire il batticuore. »
« Cosa? » chiese lei interdetta, non era la reazione che si era spettata. 
« Eri magnifica, superba qualcosa che non so descrivere a parole. Una visione divina colma di grazia e onnipotenza, un simbolo di perfezione. Ho visto questo, qualcosa che non potrei mai stancarmi di ammirare. » 
« Starai scherzando? Dovresti essere terrorizzato, non eccitato!» sbraitò facendo un passo indietro. Era a dir poco spiazzata.
« Non lo so cosa sto provando, però mi hai incantato! » dichiarò lui con foga. 
Alexya era semplicemente ammutolita, era come se qualcuno avesse stravolto le regole che conosceva.
« Ho superato la prova? Potrei essere il tuo ragazzo? » 
« Come? » per la prima volta lei vide un'espressione intensa su quel volto, non il solito sguardo imbambolato. 
“Non era così che doveva andare, volevo solo sbarazzarmi di questa sensazione di infatuazione una volta capito cos'era.”pensò lei e rispose « Sei troppo giovane. »
« Quando sarò diventato adulto? Cinque anni di differenza non sono poi molti.»
« Per allora avrai trovato un'altra ragazza. » ripeté lei, sperando di convincerlo a cercarsene una altrove. Aveva la brutta sensazione che per soddisfare una sua curiosità, si trovasse ora a gestire con un problema non indifferente.
« No! » dichiarò fissandola. 
Lei sbuffò ma infine dichiarò « Debolezza di carattere. »
« Come? »
« Non allenare solo il tuo corpo ma anche il carattere. Un carattere forte può sopperire a qualsiasi debolezza del corpo. Non potrei accettare nessuna debolezza di carattere in qualcuno che valuto come mio compagno. Chi ha un vizio, una mania che non riesce a controllare, lo escludo a priori. Come vedi sono difficile ed esigente, accontentarmi è quasi impossibile. » disse sperando di scoraggiarlo definitivamente è chiudere cosi la faccenda. 
« Lo farò! Sarai la mia ragazza! » 
« Non sei troppo giovane per dire certe cose? »
« Io...si, forse...ecco...scusa, leggo tanto, non volevo offenderti. Ho parlato troppo. Scusa. » 
Lo fissò, quel bambino aveva osato più di tanti altri. Saper osare, qualcosa che apprezzava molto e ricercava sempre. “Cinque anni...” pensò.
Dante alzò appena lo sguardo, quando la vide chinarsi verso di lui. 
Morbidezza e calore. Questo furono le sensazioni che provò e gli lascio il bacio di Alexya sulla guancia. 
La fissò incredulo. 
« Un incentivo a mantenere il tuo impegno, sappi che sarò senza pietà. Una sola cosa che non mi piace e ti scarterò come ho fatto con altri. » 
« Altri? »
« Sono una Weaver, le proposte di un fidanzamento combinato non sono mai mancate. Tutti dei deboli. » 
« Va bene. »
« Vedremo... adesso usciamo. Siamo rimasti qui molto di più di quanto avevo pensato, tua sorella sarà in pensiero e ti starà cercando. » 
« Tua madre no ? » 
« Mia madre ha sempre modo di sapere dove sono, almeno in queste cupole ambientali. »
Appena furono fuori dal locale, Alexya si guardò attorno. Sembrava un segugio in cerca di una traccia. 
« Tua sorella sta arrivando da sinistra, aspettala qui e vi incontrerete sicuramente. Io vado, stammi bene. » 
« Ecco, si certo, ciao... ci possiamo rivedere? » 
« Questo lascialo deciderlo al caso o a me. »   
Lui rimase lì ad ammirare il suo profilo di schiena che si allontanava, senza voltarsi indietro neanche una volta. 
Provava una sensazione quanto mai indefinita, scosso ma felice ma al contempo. Era come se gli avessero gettato una secchiata di acqua addosso per svegliarlo. 
Senza volerlo si mise a fissare un completo d'intimo femminile esposto in una vetrina lì vicina, immaginò Alexya con indosso quello. 
Aggrottò la fronte non aveva mai fatto quei generi di pensieri prima, ma non aveva nemmeno incontrato mai nessuno come lei. 
Ripensando a quello che aveva detto e fatto si chiese se non avesse sbagliato.  Quali speranza aveva lui con Alexya? 
Sapeva di aver parlato in preda all'emozione, adesso che era solo se ne stava accorgendo. Ma lei gli aveva fatto provare una sorta di brivido diverso da qualsiasi altra cosa.
“È questo che vuol dire innamorarsi? “ 
« DDaannttee! » con quel grido la sua sorellastra turian gli piombo addosso in un energico abbraccio. 
« Dove diavolo sei stato? Perché non hai risposto alle chiamate dell'omnittol? Sono quasi morta di paura quando sei sparito! Rispondimi! » gli urlò contro scuotendolo ferocemente, al punto che a lui stava venendo la nausea. 
« Scusa, avevo messo il silenzioso all'omnitool. Scusa.» 
« Ti perdono, ma tu non dire a Olivia e Arturus che ti ho perso di vista. Intesi? » 
« Va bene. » disse con uno di quei sorrisi carichi di fiducia e onestà. 
« Riecco lo strambo, possiamo tornare a divertirci adesso. » commentò Arrulio, mentre il resto della compagnia ridacchiava e annuiva all'affermazione dell'amico. 
« Non è strambo! » rispose Decunia. 
« Come vuoi. » commentò facendo spalluce, facendo intendere che sapeva di aver ragione lui a dispetto delle sue parole. 
« Arrulio, io ho un nome sai? Potresti usarlo. Hai solo due anni più di me, non è che tu sia chissà chi. » gli rispose seccamente Dante, lasciando tutti allibiti. 
Il giovane turian gli diede le spalle e rivolgendosi seccamente agli altri « Andiamocene da qualche parte a divertirci ma lasciamolo qui, mi da i nervi quello stupido dall'aria da ebete. Decunia, tu cosa vuoi fare? » 
« Non lo posso lasciare! » 
« Se ti piace giocare alla sorella, divertiti da sola. » e andò via seguito dagli altri. 
« Spero che le scaglie ti marciscano! » gli urlò contro Decunia, furiosa per quel comportamento. 
« Scusa, ti ho fatto litigare con i tuoi amici. » si sentì dire da Dante.
« Non ti preoccupare di questo. » e l'osservò un istante « È successo qualcosa mentre eri solo? Mi sembri...diverso, più vispo. » 
« Oh... boh, niente di particolare. Forse però mi sono innamorato. » asserì lui, chiedendosi immediatamente se aveva  nuovamente sbagliato qualcosa. 
Decunia lo fissava ammutolita con le mandibole aperte, sembrava che qualcosa l'avesse sorpresa ma lui non capiva cosa. Pareva che innamorarsi fosse normale, quindi perché sorprendersi? 

Qualche giorno dopo...

« Tesoro, Dante non ti sembra più “attivo” in questi ultimi giorni? » chiese Olivia ad Arturus. 
Il turian alzò lo sguardo dal giornale, riflettendo per un attimo su quella domanda « Mi sembra stia mettendo più impegno in tutto quello che fa. » 
« Secondo te come mai? » 
« Non saprei, ma forse... » assunse un'espressione divertita « ha conosciuto qualche ragazza su cui vuol far colpo. » e sghignazzò alla vista di Olivia che si allarmava a quella notizia. 
Lei poteva essere l'ufficiale perfetto, ma il ruolo di madre sapeva metterle non poca ansia e il marito si divertiva a stuzzicarla innocentemente al riguardo.  
Decunia, in salotto, aveva sentito cosa si erano detti e avrebbe voluto sprofondare tra le pieghe della poltrona.
Dante gli aveva detto tutto e solo perché lei glielo aveva chiesto. Non aveva avuto nemmeno il buon senso di mentirle e ora si ritrovava con quel segreto addosso. 
Qualcosa che non poteva svelare ai suoi zii adottivi, senza dover ammettere di aver perso di vista il bambino. Almeno era riuscita a fargli promettere di non raccontare a nessun altro cos'era accaduto. 
Alzò il volume della televisione, decisa più che mai far finta di niente. 
In fondo non era successo niente di male, a che pro allarmare qualcuno e beccarsi lei una sgridata?
Quel pensiero la tranquillizzò. 
***** 

« Non vuoi proprio dirmelo cos'hai combinato mentre non c'ero? » chiese nuovamente Dasha ad Alexya. Teneva la figlia vicina a se sul divano, mentre guardavano un film dedicato alla storia di Icaro. 
Alla ragazza il tema della storia piaceva: uno stupido che moriva precipitando perché non aveva saputo stare al suo posto. 
La donna aveva capito all'istante che sua figlia nascondeva qualcosa, appena si erano riunite. Avrebbe potuto scoprire cos'era accaduto in un'infinità di modi, a cominciare dalle telecamere di sicurezza ma aveva imparato a rispettare la loro vita privata. 
Sopratutto stava cercando di accettare che avessero una vita privata.
Avere un sistema di sicurezza che rivaleggiava con i migliori servizi segreti, non l'aiutava quando era coinvolta la sua famiglia. 
In quei casi sapeva di potersi affidare solo a metodi più tradizionali. 
« Mamma... »
Dasha si fece attenta, sperando in una eventuale spiegazione.
« Non...essere...cu-ri-o-sa. » le disse sorridente. Lei le avrebbe anche detto cos'era successo, però aveva la sensazione che non avrebbe preso bene il fatto del coinvolgimento di Olivia anche se indirettamente. 
Era contenta di aver trovato qualcuno a cui dare almeno il beneficio del dubbio, anche se dove non avrebbe mai cercato. Uno strano sorrise le comparve in volto “Cresci e non deludermi Dante, sono proprio curiosa di vedere che uomo diventerai. “
   
 
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