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Autore: Il_Signore_Oscuro    29/07/2018    2 recensioni
Un addio le cui parole non sono mai state pronunciate né scritte, ma che pure sono lì da qualche parte.
L'addio di uno dei personaggi più grandi e coraggiosi di tutta la storia di The Elder Scrolls.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ciao, caro amico
so già che non leggerai mai questa lettera, perché le parole che la compongono non sono mai state scritte su carta, né espresse con la voce. Queste parole scorrono lontane dal tempo e dallo spazio, insensibili al tocco, silenziose, inascoltate. Le ho viste le tue lacrime, sai? Le ho viste nel momento in cui ti davo l’estremo congedo da questo mondo. Me ne sono andato, senza rimpianti, proprio come se ne era andato mio padre prima di me. E forse anche il mio spirito, come il suo, dormirà una morte serena.
Me ne sono andato in una luce abbagliante, mentre la mia carne e le mie ossa mutavano in ciò che più di ogni altra cosa sul Nirn rassomigliava al grande e potente Akatosh.
Potesse ogni mortale anche solo sperare di andarsene così…

Ma in quell’istante, mentre lasciavo la mia forma umana, è a te che ho pensato vecchio amico mio. Mi ricordo, mi ricordo quando varcasti le mura della cappella con addosso il fetore del fumo e della carne bruciata di Kvatch. Ricordo i tuoi occhi rosso pallido: brillanti alla luce delle torce.
L’ho capito sin da subito che non appartenevi più da tempo alla schiera dei poveri mortali. E quel cappuccio nero, tirato su a nasconderti il viso, io sapevo che era la traccia di un passato oscuro… un passato che hai rifiutato categoricamente di dimenticare, esigendo da te stesso di reggerne il pesante fardello.
Ricordo ancora quando con la furia del cacciatore, di cui portavi l’effige, braccavi e uccidevi i daedra all’esterno di Bruma: li bruciavi con il fuoco, appassivi le loro forze vitali con un tocco o ne facevi poltiglia con la spada. Tutto perché la mia vita fosse serbata, sino al momento giusto. Il momento segnato dal fato.
Mi ricordo il sorriso che mi tese le labbra quando, ormai insperato, varcasti le porte del paradiso, lasciandolo distrutto dietro di te.
E infine ricordo, ricordo le gocce di sale che ti graffiavano il viso e le urla che ti percuotevano la voce, mentre con tutta la tua furia ti scagliavi contro il Nemico del Mondo, cercando vanamente di squarciarne i polpacci. Ma mio caro amico, non tutti i nemici possono essere abbattuti dalla spada: anche se rubata dalle viscere dell’Oblivion come la tua cara Divoratrice. La verità è che alcuni nemici possono essere sconfitti solo da chi è più in alto di noi e il Destino spesso non lascia più alternative dell’unica necessaria (non ti preoccupare, so già che non lo accetterai mai, andrebbe contro tutto ciò in cui hai sempre creduto: te stesso).
Quanto a lungo sei rimasto dinanzi al drago di pietra? Quanto a lungo hai contemplato il monito imperituro della mia dipartita? Non saprei. Ma ti conosco amico mio e so che sarai già partito per un nuovo viaggio, lontano, da qualche parte lontano da qui e dal tuo dolore. Io… non so se mai ci rivedremo, ma spero nel profondo del cuore (se i morti ne hanno uno) che avrai cura dell’Impero, delle persone che tu stesso hai contribuito a salvare.

Adesso ti chiameranno Campione di Cyrodill o con qualche altro nome altisonante, ma per me resterai ora e sempre l’uomo che entrò nella cappella di Akatosh, rivelandomi il mio destino e salvandoci dalla dannazione dell’Oblivion.

Tu sarai sempre per me l’unico e indiscusso
Eroe di Kvatch
   
 
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