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Autore: RLandH    31/07/2018    1 recensioni
“Non ha senso, mi dispiace” aveva sentenziato Octavia, “Sarebbe come se io mi rivoltassi contro di te, per … non lo so, l’arca” aveva buttato fuori sua sorella, “Non esisterebbe mai” aveva buttato fuori.
Bellamy si era avvicinato a lei, l’aveva avvolta tra le sue braccia e le aveva schioccato un bacio sulla fronte, “Stai tranquilla O. Non esiste niente che io ami più di te” l’aveva rassicurata.

FF sui fratelli Blake scritta post 5x08 (si, sono in ritardo).
Che riprende uno dei più noti eventi della Storia di Roma :^
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellamy Blake, Octavia Blake
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ho scritto questa ff post 5x08 e poi sono partita … quindi la posto ora (dopo aver recuperato tutti gli episodi).
Spero possiate gradirla, anche se in ritardo (e scritta da un’animale).
La colpa di queste storia è principalmente tutta di questo video.
Baci
RLandH

Ps. Io credo fermamente che Bruto fosse figlio naturale di Cesare, ma questa è un’altra storia.


 
Not that I loved Caesar less, but I loved Rome more
 
 
“Quando ti sveglierai sarai in pace” aveva sussurrato Bellamy, carezzandole il viso.


Gli occhi blu di Octavia lo fissavano perentori. La madre era uscita per il lavoro, riguardo a lui aveva smontato il turno un’oretta prima, erano rimasti così solo loro nel loro piccolo alloggio.
“Si, O.?” aveva domandato Bellamy, sollevando lo sguardo dal libro che stava leggendo. Non appartenevano alle classi agiate, ma non avrebbero mai strappato la cultura dalle mani di Bellamy.
Durante le ore diurne dovevano fare il meno rumore possibile, perché i vicini non realizzassero che la famiglia Blake aveva tre membri anziché due.
“Questa cosa non ha senso” aveva sentenziato Octavia, con l’assoluta certezza e rigida sicurezza del mondo visto dagli occhi di una bambina di dieci anni. Un mondo troppo piccolo.
“Cosa non capisci?” aveva chiesto Bellamy con un sospiro.
Octavia non avrebbe mai potuto frequentare la scuola, toccava a lui il compito di istruirla.
Tua sorella, tua responsabilità.
“Non ho detto che non capisco” aveva detto sua sorella con un tono un po’ iroso.
Stava diventando sempre più difficile fare i conti con lei.
Il suo piccolissimo mondo cominciava ad essere stretto anche a lei. Eppure Bellamy non sapeva per nulla come portarla fuori, come darle la vita che si meritava. Senza che morissero tutti e tre, almeno.
“Ho detto che non ha senso” aveva ripreso con un tono burbero Octavia, prima di allungare verso di lui la pagina del libro che stava leggendo.
Storia Romana.
Bellamy non doveva stupirsi che avesse assorbito le sue stesse passioni, per quanto egli preferisse di più la mitologia.
Infondo il suo nome Bellamy lo aveva scelto proprio per la storia.
“Le idi di marzo. Forse sono troppo turpi” aveva letto l’iscrizione sulla cima della pagina, senza poter trattenere il commento.
Sua sorella aveva sbuffato, “Va bene, va bene” aveva ammesso lui, prima di prendere il libro per leggere la pagina.
In verità non figurava nulla di particolare diverso dal solito, in effetti si rendeva conto che aveva già letto quel libro.
“Non capisco” aveva ammesso con onestà, guardando sua sorella, gli occhi azzurri di Octavia erano ancora incatenati ai suoi, “Guarda in basso a destra” aveva sentenziato lei.
Bellamy aveva trovato una scheda di testa, un piccolo paragrafetto riquadrato in giallo, su cui spiccavano maggiormente le scritte in nero. Riportavano un intervento di Svetonio, che si riferiva alle ipotetiche ultime parole di Giulio Cesare.
E tu, figlio?
“Non riesco a capire come qualcuno possa uccidere …” aveva cominciato Octavia, ma era stata interrotta da suo fratello, “È complicato” aveva ammesso lui.
Prima di cominciare una retorica che forse il Bruto di cui si parlava non era quel Bruto, se invece era quello famoso non era comunque il figlio di Cesare.
“Si nel senso, forse lo era biologicamente, ma non politicamente o famigliarmente” aveva ammesso Bellamy, “Come me con … mio padre” aveva sussurrato lei.
“Una specie” aveva ammesso Bellamy, non aveva la minima idea di chi fosse il padre di sua sorella, sua madre non aveva voluto dirgli nulla, ma lui non aveva potuto fare a meno di cercare in ogni uomo che vedeva passare per l’arca qualche dettaglio di sua sorella. Magari i suoi occhioni.
“Però Cesare li voleva bene e Bruto ne voleva lui” aveva ripreso sua sorella, mentre tirava le ginocchia verso il petto, abbracciandole poi con le sue braccia sottili.
Non mangiava abbastanza.
Le razioni non erano di certo molte e sopravvivere in tre con quelle destinate a due persone diventava complicato, anche perché Octavia doveva crescere.
“Questo si, o almeno secondo alcuni storici e drammaturghi” aveva ripreso Bellamy, “Solo che l’amore che provava per lui, andava contro l’amor di patria” aveva detto lui con sicurezza.
“Non ha senso, mi dispiace” aveva sentenziato Octavia, “Sarebbe come se io mi rivoltassi contro di te, per … non lo so, l’arca” aveva buttato fuori sua sorella, “Non esisterebbe mai” aveva buttato fuori.
Bellamy si era avvicinato a lei, l’aveva avvolta tra le sue braccia e le aveva schioccato un bacio sulla fronte, “Stai tranquilla O. Non esiste niente che io ami più di te” l’aveva rassicurata.
“Adesso che ne dici di fare qualcosa di un po’ meno … turpe” aveva proposto.
Sua sorella era rimasta in silenzio turbata, “Però non è servito a nulla” aveva detto solamente lei, “Alla fine non ha salvato la repubblica ed è dovuto morire” aveva soffiato sua sorella, facendo le virgolette nella prima parte del discorso.
“Diciamo che i tempi politici erano cambiati e non sempre gli uomini sono così lucidi da accorgersene. È facile giudicare la storia quando la si guarda da così tanta distanza, da chiedersi come è stato possibile non riconoscere i segni. Difficile quando lo stai vivendo” aveva spiegato lui.
Quasi impossibile.
“Adesso faremo un po’ di matematico” in quello Bellamy non era particolarmente bravo, ma sua sorella doveva essere istruita al meglio di quanto poteva, “E secondo te è meno turpe?” lo aveva preso in giro Octavia.


Bellamy accarezza i capelli di sua sorella ancora una volta, con un movimento gentile, tremante e colpevole.
Per tanto tempo, per tantissimo tempo, Octavia è stata la sua unica ragione di vita. La sua casa, la sua famiglia.
Loro due contro il mondo.
La prima volta che ha tentato di uccidere era stata per sua sorella. Aveva immerso le mani nel sangue e nel fango per lei. Sarebbe sempre stata la persona più importante della sua vita.
Per sempre.
Anche se l’avesse odiato per il resto della sua vita.
Mia sorella, mia responsabilità.
Nessun altro avrebbe potuto – dovuto – farlo.
Bruto è un uomo onesto[1], così si era scritto, no?
Viveva in un mondo adesso, che sembrava diverso da quello doveva aveva sempre vissuto, sei anni erano diventati letteralmente un’altra vita.
Se pensava a casa, vedeva gli occhi svelti di Echo, la risata di Raven, i discorsi pacifisti di Monty, vedeva Harper, Emori e Murphy.
Se pensava a famiglia vedeva il viso disperato di Clarke che gli chiedeva di prendersi cura di Madi.
E vedeva il sorriso di un’Octavia che era scomparsa nel tempo, voltarsi verso di lui, dopo aver calpestato la terra per la prima volta.
Pensava alla pace che aveva avuto, che rivoleva brutalmente.
Sentiva la colpa ed il dolore tormentarlo …
Non che Bellamy  amava sua sorella di meno, lo avrebbe sempre fatto, con l’ardore delle stelle, ma forse, dopo tutto quel tempo, amava qualcosa di più.
 


Non che io amavo Cesare di meno, ma che amavo Roma di più[2].
 
 
 
[1] Citazione di “The tragedy of Julius Caesar” di Shakespeare. Dovrebbe essere nel primo atto, ma non ne sono sicura. Comunque la citazione viene fatta da Antonio, che pur dicendo che Bruto è un uomo onesto con il resto del suo discorso invalida le azioni commesse dell’uomo contro Cesare.
[2] Citazione sempre da “The Tragedy of Julius Caesar” questa volta la frase è pronunciata da Bruto per giustificare le sue azioni. Ed è anche il titolo.
   
 
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