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Autore: BlossHaru    02/08/2018    1 recensioni
La testa posata sulle ginocchia piegate, strette fra le sue braccia. Poteva sentire le urla di dolore, ogni pianto, ogni preghiera rivolta ad un Dio che li aveva abbandonati; l'odore di bruciato, di sangue, di sporco era qualcosa che gli faceva venire il voltastomaco. Lance, senza più un cognome, si era salvato per la bontà e l'amore dei suoi genitori. Ricordava ogni singolo istante; gli ritornavano in mente come se la mente volesse giocargli un brutto scherzo, ma si trattava della semplice e pura verità.
Vivi piccolo mio.
Un'invasione, una guerra, un amore.
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Mpreg
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Note autore: È la prima volta che scrivo in questo fandom e questa idea mi è venuta in mente mentre ascoltavo una canzone abbastanza triste. Amo l'angst e, beh, questo è il risultato. Buona lettura!
AU ( Alternative Universe )



True colors.



La testa posata sulle ginocchia piegate, strette fra le sue braccia. Poteva sentire le urla di dolore, ogni pianto, ogni preghiera rivolta ad un Dio che li aveva abbandonati; l'odore di bruciato, di sangue, di sporco era qualcosa che gli faceva venire il voltastomaco. Lance, senza più un cognome, si era salvato per la bontà e l'amore dei suoi genitori. Ricordava ogni singolo istante; gli ritornavano in mente come se la mente volesse giocargli un brutto scherzo, ma si trattava della semplice e pura verità. Dagli occhi azzurri, limpidi, scendevano lacrime amare. Il viso di sua madre mentre gli sorrideva un'ultima volta prima di lasciare andare la mano coperta del suo sangue, e le parole " Vivi, piccolo mio. ", erano nella testa di quel ragazzo di diciasette anni. Il treno che stava trasportando i sopravvissuti del paese erano contati, vittime di un massacro senza precedenti: alieni, era così che l'uomo li chiamava fin da tempo immemore. Un attacco alla casa dove aveva sempre vissuto, un attacco alla sua famiglia. Morti. La famiglia Mcclain non esisteva più. L'agonia non sarebbe mai finita; il cuore che rallentava i suoi battiti, gli spasmi involontari del corpo, i singhiozzi mal celati, la voce di ognuno di loro.. Nessuno avrebbe mai dimenticato l'ascesa di quel popolo e la fuga dei pochi rimasti. Lo spazio sarebbe diventato la loro nuova casa, tuttavia, un giorno, sarebbero tornati a reclamare il pianeta, e quella era una promessa. Lance aveva perso il sorriso: un individuo esuberante che affrontava ogni situazione con una risata, facendo lo stupido, portando una goccia di felicità in quel modo.
Si era spento anche lui.
E, alzando lo sguardo, poteva rendersi conto che il suo mondo era stato distrutto: edifici in fiamme, fatti a pezzi, il sole oscurato dalle nuvole nere, l'aria pesante. Si concesse un solo istante per osserare tutto quello dalla finestra, alzando la testa, facendola vagare da una parte all'altra per guardare le persone presenti. Sul volto di ognuno di loro c'era la disperazione. Ma, effettivamente, non era il tempo per piangere i cari, poiché dovevano andare via. Chiuse gli occhi e attese.


Capitolo 0 ー Il lancio.


[ https://youtu.be/sOrvzpIT9CM ]
Anyone who has a continuous smile on his face conceals a toughness that is almost frightening.





Lance venne svegliato bruscamente da una mano finita sul viso, un modo più che efficace per renderlo operativo. Erano arrivati a destinazione: la navicella spaziale Andromedas VII si ergeva davanti a loro, in un territorio nascosto. L'uomo aveva fatto grandi progressi, a dirla tutta, ma mai si sarebbe aspettato una nave così grande! Fin da piccolo aveva sognato lo spazio, l'esplorazione di mondi mai visti, eppure era quasi spaventato da tutto quello. Avrebbe vissuto là dentro? Come avrebbero potuto procurarsi del cibo? L'acqua? I beni necessari per la sopravvivenza? Erano domande inutili alla fin fine, anche perché un modo si sarebbe trovato inevitabilmente.

I sopravvissuti vennero condotti al suo interno. Ognuno dei presenti doveva essere agganciato correttamente al sedile che gli era stato assegnato e, solo dopo essere entrati in orbita, avrebbero potuto muoversi liberamente. Il lancio era una delle fasi più delicate e tutti speravano nel suo successo senza intromissioni da parte degli alieni. Ne dipendeva la sopravvivenza del genere umano. Gli occhi del ragazzo dalla pelle ambrata si spostavano, veloci, terrorizzati da un attacco e dalla partenza. Doveva dimostrarsi l'uomo quale era, lo sapeva, tuttavia, in una situazione simile, Lance non ci riusciva. Cosa avrebbe fatto? Il respiro era accellerato e affannato; sapeva bene che cos'era quello. Il panico.

Tempo addietro aveva alzato gli occhi verso il cielo notturno illuminato dalle piccole e semplici stelle; le aveva guardate con ammirazione, lo sguardo tipico di un bambino. Era seduto accanto a suo padre, sull'erba fresca di umidità, e la bocca aperta dallo stupore. Quella sera aveva preso la mano del genitore e, con il cuore in mano, aveva pronunciato parole che mai avrebbe scordato.
« Diventerò un esploratore dell'universo. Costruirò un astronave e viaggerò, vedrò ogni stella e pianeta. E poi tornerò a casa quando avrò visto ogni cosa, per abbracciare te, la mamma e i miei fratelli.  » Il sorriso di Lance era sincero e le iridi colorate di uno splendito azzurro cielo erano lucide di emozione.

Ma ora?

Sentiva distintamente la paura; Lance Mcclain non era mai stato un tipo coraggioso. A scuola era considerato il pagliaccio e c'era chi lo prendeva in giro per questo e nonostante ciò il sorriso non l'aveva mai perso. Preferiva dimostrarsi forte in quel modo, pensare prima agli altri ed esserci ogni volta. Ma non bastava, no. Non sarebbe mai bastato, per nessuno. Andava bene così.
Non sentiva più nulla proprio perchè la sua maschera era l'indifferenza. Differente. Lui sorrideva, scherzava, faceva finta di essere stupido, ma non sentiva. Ascoltava le richieste d'aiuto della sua famiglia e dei suoi amici, e quella era la sua arma più potente. Capiva, ascoltava, aiutava ed infine si rinchiudeva nel suo mondo, perché nessuno avrebbe ascoltato i problemi di un ragazzo così. Come poteva biasimarli? Sorrise al ricordo di quella sera e sorrise alla consapevolezza, ancora una volta, che era e sarebbe rimasto solo.

E con quella consapevolezza il rumore assordante dei motori arrivò fino al cervello: stavano andando via, finalmente. Lance disse addio alla sua casa, alla sua vita quoditiana, alla sua famiglia, ma soprattutto a se stesso. Lance non sarebbe più esistito.
Nessun attacco avvenne. La razza umana abbandonava ogni cosa per ricostruire la civiltà.
Fu violento, rumoroso, intenso su quella astronave. Ma arrivarono alla destinazione provvisoria. In orbita furono liberi di muoversi, di abbracciarsi e di cantare vittoria per una volta, mentre addetti specializzati li conducevano nella sala principale, dove ad ognuno sarebbe stata assegnata una chiave identificativa e che permetteva l'accesso a varie stanze, tra cui quella personale. Da quello che aveva capito doveva registrare il suo nome.
« Approfittate dell'occasione per iniziare una nuova vita. Riunitevi e formate una fila, il nostro personale vi aiuterà. Dopodiché ci riuniremo alle altre astronavi: la V, la VIII, la X, e così via.» Furono quelle parole del comandante della Andromedas VII prima di concedarsi.

Lance si avvicinò al bancone, rispettando gentilmente la fila. Quando arrivò il suo turno, un ragazzo dai capelli strambi chiese il nome e l'età. Tutto ciò che serviva per ricominciare la vita era un pizzico di fantasia, anche se lui non era famoso per l'originalità.

« Sono Blue, senza nessun cognome. »

   
 
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