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Autore: _Fire    02/08/2018    1 recensioni
Kala Dandekar ha sempre voluto diventare una ballerina, e il suo sogno comincia a realizzarsi quando le viene offerto un posto nella Staatsballett Berlin, la compagnia di danza più importante della Germania.
Le sue giornate trascorrono tranquille, finché la sua routine non viene interrotta dall'incontro con Wolfgang Bogdanow, il nuovo pianista.
I due cominciano a creare un rapporto, ma all'inizio nessuno dei due può immaginare quanto cambieranno l'una la vita dell'altro...
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kala Dandekar, Wolfgang Bogdanow
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kala rimase per un paio di minuti nel parcheggio, nel freddo della sera, fissando il posto dove fino a quel momento c'era stata l'auto di Wolfgang.
Appena qualche ora prima le sembrava che andasse tutto a gonfie vele, e lui ora scappava alla fine del suo spettacolo, dopo aver preso un impegno con la sua famiglia, ovviamente senza darle alcuna spiegazione.
Almeno quella me la meritavo, pensò lei. Lo avrebbe lasciato andare, se le avesse detto il motivo, anche perché aveva capito che era qualcosa di serio. Non aveva mai visto quell'espressione sulla faccia di Wolfgang, neanche quando quell'uomo lo aveva chiamato durante il loro appuntamento. Era terrorizzato.
Cosa c'era di così spaventoso nella sua vita? Doveva aver paura anche lei?
«Kala?»
Lei si voltò, sobbalzando. Era Rajan. «La tua famiglia ti stava cercando.»
«G-grazie» borbottò lei, e si avviò meccanicamente dentro, quando avrebbe voluto andare nella direzione opposta.
«Hanno detto che dovevate andare in un ristorante» continuò Rajan, camminando al suo fianco. «Ma mi sembra che Wolfgang se ne sia andato.»
«È così» rispose seccamente lei, non volendo rigirare il coltello nella piaga.
«Posso accompagnarvi io, dovunque dobbiate andare.»
Andare a cena era l'ultima cosa che voleva fare onestamente, ma non voleva dare alla sua famiglia la stessa delusione che Wolfgang aveva dato a lei.
«È molto gentile da parte tua, Rajan» lo ringraziò, e lo pensava davvero. In quel momento ne aveva bisogno.
Rajan parlò un po' con la sua famiglia mentre lei si cambiava – per seguire Wolfgang era uscita con il costume e scalza – e quando tornò la madre le comunicò che aveva invitato Rajan ad unirsi a loro.
«Grandioso» mormorò lei. Rajan era un bravo ragazzo, gli voleva bene, ma sapeva che lui provava qualcosa per lei, non ricambiato.
E così andarono al ristorante tutti insieme.
A parlare furono principalmente Rajan e i suoi genitori, che gli chiesero della sua famiglia, da dove venisse, e cose del genere. Ogni tanto cercavano di coinvolgere anche Kala nella conversazione, ma lei aveva la testa da un'altra parte. Una parte che aveva un nome: Wolfgang.
Sapeva che era inutile tormentarsi, eppure non riusciva a smettere di cercare di spiegare in qualche modo il suo comportamento – senza successo.
Si chiese perché si desse tanto pensiero per Wolfgang: avrebbe potuto – e secondo alcuni dovuto – mandarlo al diavolo e andare avanti…. Ma non ci riusciva.
Wolfgang si era sempre comportato bene con lei, e l'aveva fatta sentire come nessuno aveva mai fatto prima.
Trascorse tutta la serata oscillando tra il dimentica Wolfgang e il riprenditelo, fino a quando accompagnò i suoi genitori e sua sorella nell'hotel dove dormivano.
«Quel Rajan è proprio simpatico» buttò lì sua madre, mentre si salutavano.
Lei si limitò ad annuire, a labbra serrate.
«Proviene da un'ottima famiglia» intervenne suo padre.
«Buon per lui» rispose Kala, per poi mordersi la lingua. Non rispondeva mai male ai suoi genitori: chiaramente, al contrario di quanto aveva pensato, quella non era la sua serata.
«Pensaci, Kala, sarebbe buono per te.»
Lei non disse nulla, e sua madre cercò supporto da Daya.
«Non ti ho mai visto sorridere così» disse sua sorella, guardandola direttamente negli occhi. 
Kala seppe che non stava parlando di Rajan, ma di Wolfgang.
Abbracciò tutti e poi tornò in Accademia.
Il sonno non la raggiunse per un bel po'.

 

Dall'altra parte della città, neanche Wolfgang dormiva. Era seduto su una sedia accanto al letto di Felix.
Wolfgang era arrivato insieme ai paramedici, ed era salito sull'ambulanza con loro, tremando ogni volta che i segni vitali di Felix non erano stabili.
Fortunatamente erano arrivati in ospedale abbastanza presto: Felix era stato operato d'urgenza, e ora dormiva nella sua stanza d'ospedale, con una flebo e intubato, affinché respirasse. I dottori avevano detto che si era stabilizzato, ma non sapevano ancora quando si sarebbe svegliato – se si fosse svegliato, aggiungeva una vocina nella sua testa.
Wolfgang sapeva che era stato Steiner, e l'avrebbe fatta pagare cara a quel figlio di puttana.
Come se quella situazione non fosse abbastanza, vi si aggiungeva anche Kala. Wolfgang era stato pessimo con lei, ma in quel momento non era riuscito a pensare ad altro che a Felix.
Il lunedì sarebbe andato in Accademia per l'ultimo pagamento. Avrebbe dovuto avvicinare Kala o evitarla?
Da una parte voleva parlarle, però che spiegazione avrebbe potuto darle?
Avrebbe dovuto parlarle della sua vita criminale? E a quale scopo?
La cosa migliore a questo punto era uscire dalla sua vita.
Solo in questo modo avrebbe avuto la certezza che Kala fosse al sicuro.
Non poteva assolutamente rischiare che le succedesse quello che era successo a Felix, già si sentiva fin troppo in colpa così.
Avrebbe voluto molto di più per Kala – e per loro due, ad essere sincero – ma aveva capito da tempo di non meritarsi cose così belle.

 

+

 

Wolfgang entrò in Accademia sperando che non ci fossero lezioni o prove in corso, in modo da non incontrare Kala. Sperava che, se non si fossero più visti, con il tempo si sarebbero dimenticati l'uno dell'altra. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore?
Bussò alla porta di Nacho, il quale fortunatamente gli aprì subito.
«Buongiorno signor Duato, la disturbo?» chiese, educatamente.
Nacho scosse la testa e lo fece accomodare.
Wolfgang gli spiegò che per il momento non poteva più lavorare all'Accademia perché il suo più caro amico era in ospedale e voleva stargli vicino. Preferì dire la verità, semplicemente omettendo il perché fosse in ospedale.
Il direttore gli disse che gli dispiaceva e gli diede la somma che gli spettava.
«Spero che quando il tuo amico si sarà ripreso tornerai. Eri un ottimo pianista, anche molto discreto.»
«Chissà, ma la ringrazio» rispose Wolfgang, rimanendo sul vago. In realtà non gli sarebbe dispiaciuto continuare a lavorare all'Accademia, però ciò avrebbe significato vedere molto spesso Kala, e non sapeva se l'avrebbe sopportato.
Si congedò dal direttore con una stretta di mano e lasciò il suo studio. Mentre si avviava verso l'uscita dell'Accademia, si guardò un po' intorno, sempre attento ad evitare di incontrare qualcuno.
Riuscì nel suo intento fino alle scale.
Infatti, mentre lui le scendeva, Kala le saliva. I loro occhi si incontrarono subito, per quanto i loro corpi si ponessero ai due lati opposti della scalinata.
Kala aveva gli occhiali da sole alzati sulla testa per mantenere i capelli, e indossava una maglietta rosa e un pantalone largo con una stampa gialla.
Wolfgang pensò se doveva dire qualcosa, e cosa? Alla fine, rimase in silenzio. Magari Kala l'avrebbe ignorato e sarebbe finita lì.
Ma Kala non si arrendeva facilmente, e lui ormai lo sapeva bene.
«Che ci fai qui?»
«Sono venuto a farmi pagare» rispose seccamente lui. Non avrebbe voluto parlarle in quel modo, ma comportandosi così avrebbe reso più facile la separazione.
«E non hai pensato di cercarmi per parlare di sabato sera?»
«È meglio che non ci vediamo più, Kala.»
«Perché?»
«È meglio così, fidati di me» si limitò a dire lui, abbassando lo sguardo e riprendendo a camminare verso la macchina.
Kala lo seguì e lo costrinse a girarsi. «Wolfgang, per favore.»
Wolfgang sospirò. «Ci sono cose di me che non ti ho detto. Cose che non sono belle, che sono complicate...»
«Mettimi alla prova» sussurrò lei.
«Non puoi capire questa parte del mio mondo, Kala.»
Lei strinse i pugni. Era una ragazza dolce, forse un po' timida, ma di certo era determinata. «Una cosa la capisco benissimo, però» disse. «Capisco quello che provo per te.»
Wolfgang provò a scuotere la testa, a dirle che si sbagliava, ma lei lo interruppe.
«E in qualche modo so che tu provi la stessa cosa per me» aggiunse, fissandolo dritto negli occhi.
«Vorrei che non fosse vero» mormorò lui, accarezzandole la guancia con le nocche.
Kala gli mise una mano sulla guancia e si avvicinò lentamente a lui. Sembrò passare un'eternità, ma finalmente le labbra di Kala incontrarono le sue.
Wolfgang la baciò profondamente – più non doveva farlo e più voleva – e poi si staccò di scatto.
«Addio, Kala» sussurrò, anche se erano le parole che voleva meno dire al mondo.
Corse alla sua macchina senza guardarsi indietro.

Non appena l'auto di Wolfgang fu uscita dalla sua visuale, Kala si lasciò cadere su uno scalino. Era come se quel bacio l'avesse prosciugata.
Si era fatto aspettare tanto ed ora probabilmente sarebbe stato anche l'ultimo, perché sembrava proprio che Wolfgang non volesse più vederla.
Ma lei sapeva che non era perché Wolfgang non tenesse a lei, bensì perché c'era un segreto che non voleva dirle.
Cominciò a preoccuparsi. C'era davvero un buon motivo per tenerla fuori…
Avrebbe voluto lottare per loro, ma se lui si era arreso a cosa serviva? Le aveva detto addio. Sperò che su quello avesse esagerato, dopotutto lavorava all'Accademia, dove lei viveva. Qualche volta si sarebbero incontrati per forza, e lei non gli avrebbe permesso di evitarla.
O almeno, il cuore le diceva di comportarsi così.
La testa, invece, le suggeriva di lasciare andare Wolfgang, se lui lo desiderava, e dare una possibilità a qualcuno che voleva stare con lei.
Come un segno del destino, le passò accanto Rajan che le offrì la mano per alzarsi.
«Entriamo?»
Lei annuì.
A chi avrebbe dato ascolto, al cuore o alla testa?

 

+

 

Era il terzo giorno che Kala non vedeva Wolfgang in Accademia.
Lui le aveva detto che era stato pagato, ma pensava che fosse il pagamento normale, non l'ultimo…
Kala ci rimuginò nel corso della lezione, rischiando di perdersi qualcuna delle informazioni di Nacho sul nuovo spettacolo che aveva in programma, per lui molto importante.
Alla fine, Kala uscì insieme al direttore e lo seguì fino al suo ufficio.
Quando fu sicura che erano soli e che nessuno stesse ascoltando, gli chiese perché Wolfgang non stesse venendo più a lavoro.
«Se posso saperlo» aggiunse per educazione, ma in realtà non si sarebbe mossa finché non avesse avuto una risposta.
Nacho esitò un attimo, non sapendo se poteva divulgare ciò che gli aveva detto Wolfgang. Tuttavia, confidava nella discrezione di Kala e pensò che tanto non avrebbe fatto male a nessuno. «Ha detto che per il momento non può lavorare perché un suo amico è in ospedale e vuole stargli vicino» disse.
Kala capì immediatamente che doveva trattarsi di Felix. Borbottò un veloce grazie e corse verso l'uscita.
Facendo i conti, Felix doveva essere in ospedale almeno da domenica, visto che Wolfgang si era dimesso lunedì mattina. Quindi quando si erano incontrati lui non aveva voluto dirglielo. L'ennesima cosa che non le diceva.
Kala sapeva quanto Felix fosse importante per Wolfgang, e immaginò quanto lui fosse in pensiero adesso.
Nei giorni precedenti aveva avuto modo di pensare a quello che era successo con più lucidità, non vedendo mai Wolfgang. Una sera era anche uscita con Rajan.
Era giunta alla conclusione che non riusciva a togliersi dalla testa Wolfgang: la faceva impazzire l'idea di doverlo dimenticare senza un motivo, senza poter dire la sua.
Forse ci sarebbe riuscita se avesse saputo perché non potevano stare insieme...
Decise di provare a seguire il cuore, e si diresse verso la metropolitana.
Il secondo ospedale in cui andò fu quello giusto.
«Scusi, avete ricoverato un uomo di nome Felix Berner?»
L'infermiera diede uno sguardo alle sue cartelle e al computer. «Sì, sabato notte.»
La sera dello spettacolo.
«Sono una sua amica. Posso vederlo?»
«Mi segua.»
La donna la accompagnò fino alla porta, poi se ne andò. C'era una specie di finestra di vetro sulla parte superiore della porta, da cui Kala sbirciò prima di entrare. Felix era disteso sul letto, con due flebo, un tubo in gola, e costantemente monitorato.
Wolfgang era su una sedia attaccata al letto, con indosso una vecchia felpa nera. Non gli vedeva la faccia perché aveva il viso chinato, verso l'amico.
Lei bussò piano ed entrò.
Wolfgang alzò la testa di scatto: i suoi occhi inizialmente erano spenti, ma non appena la videro si animarono. Sembrava scioccato – lo era, in effetti. Si sarebbe aspettato di vedere chiunque tranne Kala.
Kala incrociò le braccia sul petto e guardò Felix, mettendosi dal lato del suo letto opposto a Wolfgang.
«Cosa gli è successo?»
Wolfgang sospirò, e la luce abbandonò di nuovo i suoi occhi, come se il solo pensare a quello che era successo a Felix lo ferisse dentro. Kala notò che aveva due profonde occhiaie: probabilmente non dormiva da quando Felix era stato ricoverato.
Wolfgang chinò di nuovo il capo. Avrebbe potuto inventarsi un'altra scusa, ma non ne aveva né la forza né la voglia. In più, le sarebbe bastato chiedere all'infermiera e l'avrebbe saputo.
«È stata colpa mia» finì per dire, senza alzare lo sguardo, esprimendo per la prima volta ad alta voce il senso di colpa che lo divorava da giorni.
Kala trascinò una sedia dall'angolo della stanza e si sedette accanto a Wolfgang. Vedendo lo stato in cui era, rimandò a dopo le domande e le spiegazioni.
«Sono sicura che lui non vorrebbe che dicessi questo» rispose, appoggiando una mano sulla spalla di Wolfgang.
Lui sorrise. «Felix si è sempre addossato metà delle mie colpe, metà dei miei problemi… sin da quando eravamo piccoli» aggiunse, pensando a quella volta in cui dei bulli lo stavano picchiando e Felix aveva partecipato alla rissa per difenderlo.
«Come vi siete conosciuti?» gli chiese Kala, sia per distrarlo sia perché era curiosa.
«Castigo scolastico» rispose, e questo ricordo lo fece sorridere. «Non so perché gli piacessi.»
«Io posso immaginarlo» ribatté lei, ottenendo l'effetto desiderato: un altro sorriso.
«Dico davvero» continuò Wolfgang. «Ci eravamo appena trasferiti da Berlino Est a Berlino Ovest, e tutti mi odiavano.»
«Non devi aver avuto una bella infanzia.»
Wolfgang scosse la testa. «E non ti ho parlato di mio padre...» mormorò. Non aveva mai parlato così tanto di se stesso a nessuno, eppure ora non riusciva più a smettere.
Kala non voleva costringerlo a parlare, ma per lei era bello che Wolfgang le raccontasse qualcosa del suo passato. «Una volta mi hai detto che era uno stronzo» gli suggerì.
«Lo era eccome» annuì Wolfgang. Complice anche il fatto che stesse parlando di Felix, raccontò a Kala di come l'amico lo aiutò in uno dei tanti episodi di violenza da parte del padre.
Kala si sentì male al pensiero di quello che Wolfgang aveva dovuto sopportare da bambino. Questo spiegava alcuni dei suoi atteggiamenti, come il non fidarsi troppo, l'essere un po' chiuso in se stesso… gli prese la mano e Wolfgang ricambiò la stretta.
Tra di loro ora si era instaurata una sorta di connessione profonda, perché Wolfgang le aveva mostrato la parte di sé più fragile, più intima, che di solito teneva nascosta a tutti, tranne che a Felix. Era passato dal voler rompere con Kala al raccontarle il suo passato, ma gli era venuto quasi naturale, e onestamente non se ne pentiva: parlare con qualcuno in un momento così brutto gli aveva fatto bene.
Con la mano libera, Wolfgang prese quella di Felix, stringendo da una parte e dall'altra le due persone a cui teneva di più al mondo.
E proprio perché teneva così tanto a Kala… «Perché sei venuta?» le chiese.
«Non ti ho più visto all'Accademia... mi sono preoccupata» rispose. «E avevo ragione.»
«Dopo quello che ti ho detto e dopo quello che ho fatto, perché ti importa di me?»
Kala gli lasciò la mano e strinse i pugni. «Non puoi pensare che baciarmi e dirmi addio basti a farmi smettere di tenere a te. E soprattutto non puoi pensare che lascerò che tu mi lasci senza darmi una spiegazione.»
Wolfgang dischiuse le labbra, ma all'improvviso si bloccò, intravedendo dalla finestra della stanza suo zio Sergei. Si alzò di scatto, e spinse Kala nel bagno.
«Ti prometto che dopo questo avrai la tua spiegazione» sussurrò, e chiuse la porta.
Tornò al suo posto giusto in tempo per quando entrarono Sergei e uno dei suoi uomini.
Prima di dire qualsiasi cosa, lo zio guardò la sedia vuota accanto a lui. «C'è qualcun altro qui?» domandò, e a Wolfgang non sfuggì che l'uomo con lui poggiò la mano sulla pistola.
«No, solo io» rispose, calmo, distendendo le gambe sull'altra sedia, in modo da far credere che l'avesse messa lì per stare più comodo. «Che ci fai qui?»
«Tu e Felix siete come dei figli per me» cominciò Sergei.
Wolfgang gli rivolse uno sguardo ostile. Sapevano entrambi che era stato Steiner a sparare a Felix.
«Come sta?» insistette lo zio.
«Il dottore dice che è un miracolo se non è morto sul colpo» ribatté, mentre la sua rabbia aumentava.
Suo zio se ne accorse. Si avvicinò a lui e gli mise una mano sulla guancia – Wolfgang avrebbe voluto tagliargliela.
«Il mio sangue scorre nelle tue vene, Wolfgang» gli disse. «Per questo sarò comprensivo, ma dimmi che sei abbastanza intelligente da capire che hai commesso un errore, e che questo non può continuare.»
Wolfgang rimase fermo al suo posto e non rispose.
«Non farmi scegliere tra te e mio figlio» aggiunse lo zio, prima di fare un cenno al suo uomo e lasciare la stanza.
Quando vide che si erano allontanati, Wolfgang tirò un sospiro di sollievo, e distese le mani. Si era conficcato le unghie nei palmi.
Aprì la porta del bagno, facendo uscire Kala, che sembrava piuttosto spaventata.
«Hai sentito tutto, non è vero?»
«La porta è sottile» rispose lei. «Era tuo zio?» ipotizzò lei, sapendo che il padre era morto.
«Indovinato.»
«Di che errore parlava, Wolfgang?»
Se prima Kala voleva una spiegazione, ora gliene serviva più di una. Durante il colloquio di Wolfgang e lo zio aveva avuto paura. Forse ciò che Wolfgang non voleva dirle era più serio di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
Ora però era troppo tardi per tornare indietro, lo sapevano entrambi.
Wolfgang poteva solo dirle la verità e sperare di convincerla così che la cosa migliore per lei era separarsi.
«È meglio che ti siedi» le disse Wolfgang, indicandole la sedia. Lui si appoggiò al letto di Felix, mettendosi di fronte a Kala. «Prima di tutto, per rispondere alla domanda che mi hai fatto quando sei arrivata, Felix è stato sparato. Da mio cugino. È successo la sera dello spettacolo, lui mi aveva telefonato… ecco perché sono corso via. Ed è colpa mia perché Steiner voleva vendicarsi per una cosa che abbiamo fatto insieme, per una cosa che… che abbiamo rubato.»
Wolfgang diede a Kala un secondo per metabolizzare la parola rubato – con scarsi risultati, visto che rimase comprensibilmente turbata – e poi le raccontò tutto, dall'inizio fino al furto dei diamanti.
La cosa più brutta fu vedere la delusione e lo shock sul volto di Kala.
Dal canto suo, Kala aveva sempre saputo che Wolfgang avesse un segreto, ma non avrebbe mai neanche lontanamente pensato al furto. Certo, si era sempre trattato di piccole cose, anche sotto le pressioni dello zio, ma comunque era un bel po' da mandare giù e non sapeva se ce l'avrebbe fatta.
Wolfgang non fu sorpreso dalla sua reazione, anzi, per lui era già tanto che non fosse fuggita anche prima che finisse.
«Ora capisci perché ti avevo detto che era meglio che ci lasciassimo?»
«Lo capisco» rispose Kala, deglutendo, mentre si alzava dalla sedia, quasi disorientata.
Wolfgang avrebbe dato qualsiasi cosa per cambiare le cose e rimanere con lei, ma ora che sapeva tutto probabilmente non l'avrebbe vista mai più.
Kala non riusciva a pensare in quel momento. Aveva tanto voluto e chiesto una spiegazione, e ora che l'aveva avuta era senza parole. Doveva riflettere su quello che aveva saputo, a lungo.
«Fammi sapere quando si riprende» disse a Wolfgang, riferendosi a Felix. Fece per avvicinarsi a lui, ma non ci riuscì. Non ancora.
Wolfgang ci rimase male ma capì. Forse un addio brusco sarebbe stato più efficace.
«È stato un onore conoscerti» mormorò, quando lei fu sulla soglia. Quello fu il suo saluto, e lo pensava davvero. Le aveva tenuto nascoste tante cose, ma non aveva mai finto con lei, non riguardo a quello che provava.
Kala lo guardò, mosse leggermente la testa, poi uscì dalla porta.
E, pensò Wolfgang con tristezza, anche dalla sua vita.

 

+

 

«Kala, ci sei?»
Kala sbatté le palpebre un paio di volte, per poi trovarsi davanti Lara, che la guardava preoccupata. Dovevano provare la coreografia di un ballo classico solo femminile, e lei e Lara erano in prima fila, quindi si erano incontrate più presto.
La testa di Kala, però, come appunto aveva notato anche l'amica, era da tutt'altra parte.
«Che ti succede?» le chiese di nuovo la ragazza. «Hai lo sguardo perso come ieri sera.»
Il giorno precedente, Lara era andata in camera sua a portarle qualcosa da mangiare, perché non l'aveva vista a cena. In effetti Kala, dopo essere tornata dall'ospedale, si era rintanata nella sua stanza a pensare a tutto quello che Wolfgang le aveva detto. Lara aveva provato a parlarle, ma aveva capito subito che Kala non era molto presente, perciò l'aveva lasciata da sola, sperando che fosse solo stanchezza.
Kala quasi non aveva dormito. Quando aveva chiuso gli occhi per un po', aveva sognato Wolfgang al posto di Felix in quel letto d'ospedale – cosa che sarebbe potuta tranquillamente succedere, pensò lei. Se Wolfgang fosse stato al negozio quella sera… ma era allo spettacolo, per lei. All'inizio non riusciva a conciliare il Wolfgang che aveva conosciuto con quello che aveva scoperto il giorno prima, ma la cosa cominciava ad avere senso. Ora si spiegava la circospezione di Wolfgang quando uscivano, le telefonate, le volte in cui se ne era andato in fretta senza dire nulla, la complicità con Felix… Forse, solo ora conosceva Wolfgang completamente.
E per quanto fosse paradossale, amava questo Wolfgang completo. Aveva desiderato conoscerlo, nei suoi segreti più oscuri, sin dall'inizio – per quanto potesse essere spaventoso, aveva avuto quello che voleva.
«Kala!» la richiamò Lara.
Si era persa di nuovo nei suoi pensieri.
«Scusami» mormorò.
«C'è qualcosa di cui vuoi parlare? Possiamo provare anche dopo.»
Lara era la sua più cara amica all'Accademia, ma non sapeva nulla di Wolfgang, perché Kala non aveva voluto dire che usciva con il loro pianista prematuramente. Lo avrebbe fatto dopo lo spettacolo, se le cose non fossero degenerate proprio nel momento in cui lei aveva realizzato quanto prendesse seriamente la sua relazione con Wolfgang.
«Magari con la musica riuscirò a concentrarmi» disse Kala, evitando deliberatamente la domanda.
Lara provò ad insistere, ma non ci fu niente da fare, quindi fece partire la musica dal suo telefono – il pianista non era ancora arrivato, quello nuovo non era puntuale come Wolfgang.
Kala riuscì a seguire la coreografia per i primi due minuti, poi cominciò a incespicare. Si fermò esasperata, massaggiandosi le tempie, come se potesse aiutarla a liberare la mente, quando in realtà ci sarebbe voluto molto di più.
«Forse dovrei dire a Nacho di sostituirmi, questa volta.»
«Ma sei impazzita?» fece Lara, fermando la musica. Le afferrò le spalle. «A questo spettacolo assisterà anche Aurélie Dupont, la direttrice del Paris Opera Ballet, e sceglierà cinque di noi per trascorrere un semestre da loro!»
Giusto, pensò Kala. Nacho l'aveva comunicato subito, ma doveva averlo dimenticato, con gli avvenimenti recenti.
«Di solito questi “scambi” sono sempre con la compagnia di Monaco» continuò Lara. «Quindi questa è una grande opportunità, e proprio tu non puoi lasciarla scappare.»
«Hai ragione» rispose Kala. Lara aveva assolutamente ragione.
Andare a Parigi, anche solo per un semestre, era un sogno per lei, e non voleva buttare tutto all'aria perché non riusciva a non pensare a Wolfgang.
«Rimetti la musica.»
Lara sembrò contenta nel sentire la determinazione nella sua voce.
«Così ti voglio.»
Nella mezz'ora successiva e durante le prove, Kala riuscì a concentrarsi – qualche volta dovette darsi un pizzicotto, ma ci riuscì.
Il porsi un obiettivo – uno importante per di più – era una buona distrazione.
L'unico problema era che appena smetteva di ballare la sua mente tornava a Wolfgang, a Felix, a quello che aveva sentito dire a Sergei...
Non farmi scegliere tra te e mio figlio”: cosa sarebbe successo a Wolfgang se Sergei avesse scelto il figlio?
Quello che è successo a Felix, le suggerì una vocina nella sua testa, ma era una possibilità che si rifiutava anche solo di contemplare.

 

Kala trascorse quasi un mese a provare più che poteva, non solo per brillare allo spettacolo, ma soprattutto per tenersi occupata. Aveva anche cominciato a non usare molto il cellulare, perché ogni volta che lo teneva in mano era tentata di scrivere a Wolfgang o di chiamarlo.
Ogni volta si diceva che non era il ragazzo per lei… però era troppo intelligente per non capire che mentiva a se stessa.
Per ogni argomentazione contro Wolfgang, lei trovava sempre un ma.
«E allora cosa devo fare?» si domandò da sola. C'era bisogno però di fare anche una distinzione: cosa doveva fare e cosa voleva fare.
Ragionevolmente, avrebbe dovuto allontanarsi il più possibile da Wolfgang, come chiunque le avrebbe suggerito. Nel profondo del suo cuore, invece, avrebbe voluto fare l'esatto opposto.
Si sentiva come se Wolfgang le fosse entrato sotto la pelle, e non se ne sarebbe andato più – ad essere sinceri, lei non voleva che se andasse.
Era vero, aveva fatto delle cose che avrebbero fatto fuggire via altre ragazze, ma lei sapeva che Wolfgang non era una cattiva persona.
Di questo era convinta, perché con lei era stato meraviglioso.
Ognuno ha luce e ombra, e più passava il tempo, più si convinceva che era disposta a convivere con l'ombra di Wolfgang, pur di avere la sua luce. Ne valeva la pena.
Sicuramente valeva la pena almeno di dargli una possibilità.
Kala si disse anche che era l'unico modo per risolvere la situazione: se non avesse funzionato neanche quella volta, lei avrebbe dimenticato definitivamente Wolfgang.
Se invece avesse funzionato… era un'alternativa che le piaceva molto di più.

 

+

 

Quelle settimane a Wolfgang erano sembrate anni.
Le condizioni di Felix erano sempre uguali, e il risveglio dal coma appariva sempre più lontano. Wolfgang passava ormai tutto il giorno in ospedale – senza il lavoro all'Accademia, non c'era niente che dovesse fare. Le infermiere lo conoscevano, e gli portavano anche qualcosa da mangiare, visto che lo trovavano perennemente al fianco di Felix.
Si era portato da casa la loro poltrona, perché quella sedia gli aveva fatto venire il mal di schiena.
Trascorreva il tempo trascrivendo musica, sonnecchiando e vedendo i film preferiti suoi e di Felix – metteva le cuffie anche all'amico, come se la voce di Conan il Babaro potesse aiutarlo a svegliarsi.
Proprio durante la loro scena preferita, la porta della stanza di Felix si aprì, e Steiner entrò senza bussare, accompagnato da due dei suoi uomini e da una donna – probabilmente quella di cui Wolfgang aveva sentito la voce al telefono.
Non appena messo piede oltre la soglia, Steiner non ebbe neanche il tempo di parlare che Wolfgang saltò in piedi con i pugni serrati. «Che cazzo ci fai qui?»
«Giù, bello, giù» rispose Steiner, alzando le mani. Si comportava come l'uomo più innocente del mondo.
Wolfgang si calmò, ma rimase in pedi.
«Mio padre mi ha detto che ti ha già parlato» cominciò Steiner. «Ma conoscendoti, cuginetto, ho pensato che ti servisse qualcosa di più.» Si sedette sul letto, ai piedi di Felix, e spostò lo sguardo su di lui. «Voglio bene a Felix, ed è dura vederlo così.»
Wolfgang ribolliva di rabbia. Steiner era perfettamente consapevole del fatto che Wolfgang sapeva che era stato lui a sparare a Felix. La sua recita non sarebbe servita a nulla, voleva solo farlo infuriare. Wolfgang preferì non parlare, e lasciò continuare il cugino.
«Eppure so che concorderebbe con me sul fatto che se l'è cercata.»
Wolfgang gli avrebbe sputato in faccia come minimo, ma si trattenne ancora una volta.
«Ho degli amici che lavorano qui» riprese Steiner. «Gli ho chiesto di tenere d'occhio Felix. Sai, basterebbe somministrargli la medicina sbagliata e… boom!» sorrise sadicamente. «Morto.»
«Possiamo saltare al momento in cui la finisci di dire stronzate?» chiese Wolfgang, interrompendo quella farsa. Sapeva cosa voleva Steiner. «Noi ti diamo i diamanti...»
«I miei diamanti!» gridò Steiner.
Per una volta Wolfgang diede ragione a Sergei: Steiner era insopportabile quando piagnucolava.
«… e tu lasci me e Felix in pace» concluse Wolfgang.
«Fortunatamente per te, Wolfie, non sono uno che ripensa al passato. Quindi io mi riprendo le mie pietruzze, e viviamo tutti felici e contenti.»
Wolfgang annuì impercettibilmente e Steiner fece lo stesso. Poi fece un cenno agli altri di andare via e gli diede un appuntamento.
Wolfgang riuscì a sedersi solo quando Steiner ebbe chiuso la porta dietro di sé.
Da quel momento, cominciò a pensare più seriamente alla vendetta. All'inizio aveva aspettato, perché credeva che Felix si sarebbe svegliato prima e ci avrebbero pensato insieme. Ma più il tempo passava e  – per quanto odiasse ammetterlo – più diventava reale la possibilità che Felix non si svegliasse mai, più lui sentiva l'impellente bisogno di fare qualcosa.
Tanto cosa aveva da perdere?
Si faceva questa domanda ogni volta e la risposta era sempre la stessa. Aveva già perso tutto quello che poteva perdere: la sua famiglia, Felix, il suo lavoro, e l'ultima cosa bella che gli era rimasta, Kala.
Wolfgang scosse la testa. Pensare a lei gli faceva male e lo faceva distrarre. Quando vedeva il volto di Kala nella sua mente, lo sfiorava appena il pensiero di lasciar perdere ed essere la persona migliore che lei avrebbe meritato.
A quel punto si diceva due cose. 
Primo: Kala non è più nella tua vita. Secondo: qualsiasi cosa tu faccia, non te la meriteresti comunque.

 

+


Quella mattina Wolfgang lasciò l'ospedale soddisfatto del piano che aveva preparato in poco tempo.
Non appena arrivato al luogo stabilito per l'incontro con Steiner, fu ovviamente perquisito da uno dei suoi uomini – per due volte.
«È un tipo fottutamente astuto» motivò il cugino.
Non sai quanto, pensò Wolfgang, nascondendo un sorrisetto.
Il tizio trovò solo un sacchetto nella sua tasca. Dopo essersi accertato che non conteneva una cimice, lo passò a Steiner, il quale si sfregò le mani con avidità.
«Hai quello che volevi» disse Wolfgang, sperando di finirla lì.
«Aspetta» lo fermò il cugino. «Voglio sapere come hai fatto a prenderli. Quando sono arrivato la cassaforte era intatta, e io stesso ci ho messo due ore per sventrarla.»
«L'ho scassinata» rispose Wolfgang, con una scrollata di spalle.
A Steiner non piacque la risposta. «Ah sì? Auscultando le manopole con il tuo stetoscopio?»
Wolfgang annuì e il cugino lo colpì allo stomaco, facendolo cadere a terra.
«L'hai scassinata, eh?!» gridò, poi si rivolse ai suoi uomini. «Ve lo dicevo che è astuto. Il primo ad aver scassinato una cassaforte S&D.»
Gli diede un altro pugno, stavolta al mento. «Pensi che sia così stupido da crederci?»
Wolfgang preferì non rispondere.
«Oh, è quello che pensi?» richiese Steiner.
Lui non disse niente neanche stavolta, e questo sembrò far arrabbiare il cugino ancora di più.
Mentre Wolfgang strisciava verso la macchina, Steiner prese la pistola dalla cintura di uno dei suoi uomini e gliela puntò contro. «Non hai risposto alla mia domanda. Pensi che sia stupido?»
«No» disse lui, anche se pensava l'esatto contrario.
«Bene» approvò Steiner, ma non abbassò l'arma. «Ora dimmi la verità su come hai fatto o il tuo cervello astuto finirà spappolato sull'asfalto.»
In quello che sembrò a Wolfgang un istante lunghissimo, guardò la pistola sotto la macchina e decise di bluffare giusto per il tempo che gli serviva. Si inventò che Felix aveva estorto la combinazione al proprietario.
«Lo sapevo, cazzo, lo sapevo!» Steiner sembrava soddisfatto, e si allontanò da lui per pavoneggiarsi con gli altri presenti.
Menomale che sei veramente stupido, pensò Wolfgang, afferrando la pistola mentre il cugino era di spalle.
Aprì il fuoco.
Era in minoranza ma riuscì a sparare a tutti, fatta eccezione per Steiner ed un altro, che salirono in macchina.
«Tu e il tuo amico siete morti!» gli gridò Steiner dal finestrino, mentre l'uomo guidava.
Wolfgang, con tutta la tranquillità del mondo, prese dal portabagagli un lanciarazzi. Prese la mira e premette il grilletto.
Due secondi dopo la macchina di Steiner saltò in aria in una nube di fuoco.










 

 

* Nella storia, le vicende che riguardano Wolfgang e Felix nella prima stagione di Sense8 sono mantenute uguali, solo che Wolfgang non è un sensate e invece di stare al negozio di serrature lavora come pianista.
Le compagnie di danza esistono davvero, così come Nacho Duato e Aurélie Dupont, ma non so se esita un'Accademia, se diano borse di studio, o se facciano degli "scambi", quella è una mia invenzione. 


Note dell'autrice:
Questa parte e la seguente sono state le più difficili da organizzare e da scrivere, soprattutto perché avevo paura di rendere i personaggi ooc.
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo e lo pubblicherò la settimana prossima prima di partire. Vi lascio la mia 
pagina autrice per qualsiasi cosa ;)
Come sempre, grazie a tutti quelli che leggeranno e che mi lasceranno un qualsiasi parere, sicuramente apprezzato 
A presto,

 

   
 
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