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Autore: TheWhiteSoldier    05/08/2018    3 recensioni
L'amore è un sentimento incredibilmente forte: infatti, egli è capace di influenzare il nostro umore, le nostre decisioni, le nostre azioni e, addirittura, la nostra vita; inoltre, nessuno è in grado di resistergli, e tutti, prima o poi, cambiano per la persona che amano. Ma, tale sentimento, può curare una ''mente malata''? E soprattutto: può far ammalare una persona sana?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Prologo


-Katie, torniamo. Ho cambiato idea. Questo posto mi mette i brividi- si lamentò la ragazza che teneva la torcia, illuminando lo stretto corridoio che stavano attraversando. Nel mentre, guardava le pareti, ormai sporche, con la vernice che, in alcune parti, era assente, e con delle scritte incomprensibili. -Suvvia, chi vuoi che ci sia in questo luogo abbandonato?- le chiese la sua amica, cercando di mantenere un tono dolce e rassicurante, mentre camminava con incertezza, lanciando spesso delle occhiate alle sue spalle, come se avesse il presentimento di essere osservata. -Katie, andiamocene. Gli altri se ne sono già andati poco dopo che siamo entrati- 
-Al primo rumore sospetto, se la sono data a gambe. Andiamo, cosa c'è di spaventoso? Non ci vive nessuno, Sophie-
Sophie corrugò la fronte, esercitando un'espressione sospetta e spaventata, senza rispondere alla sua interlocutrice, troppo presa nel fissare una delle tante scritte; quest'utilma, invece, era diversa dalle altre: infatti, era stata messa sul muro con un liquido rosso, ed era più grande. -Alert- lesse Katie, per poi ridacchiare per il nervosismo. -Sono solo scritte. Sicuramente qualcun altro, prima di noi, ha visitato questo manicomio, ed ha voluto aggiungere qualcosa per spaventare gli altri-
L'altra ragazza considerò l'ipotesi di Katie sbagliata, pensando che, a scrivere tutte quelle frasi sui muri, fosse stato qualcuno, e non dei loro coetanei, intenti a fare degli scherzi. -Andiamocene-
-Raggiungiamo il secondo piano- insistette, guardando con decisione e serietà Sophie che, dopo un lungo sospiro, assentì, sbuffando sonorosamente. -D'accordo. Tanto, se ci fosse davvero qualcuno qui, si sarebbe già ''presentato''-
Tornarono a proseguire, con più serentià e tranquillità, seppur continuassero a stare sempre in allerta, captando qualsiasi rumore sospetto, che erano rari e tenui. -E poi, le uniche persone che ci possono essere qui, sono barboni, o povere persone senza tetto, oppure...-
Si interruppe appena sentì la torcia di Sophie cadere a terra, che aveva appena aperto una porta semichiusa, per vedere cosa ci fosse in quella stanza. La contemplò in silenzio, senza capire perché la sua amica fosse immobile sulla soglia, a fissare qualcosa o qualcuno. -Sophie?- avanzò lentamente verso di lei, iniziando a preoccuparsi per lo strano comportamento della giovane, ma si fermò all'istante, quando avvertì che, dietro di lei, c'era una persona. La paura la fece gelare sul posto, e le sue pupille si ristrinsero. Deglutì, prima di pronunciare il nome dell'altra, con tono grave, avvertendola. -Sophie!- esclamò, facendo voltare la sua amica, che aveva gli occhi sgranati per quel che aveva appena visto; eppure, anche se il suo volto era già contratto in una maschera di disgusto e terrore, assunse un'espressione peggiore quando vide la scena: una misteriosa figura, alta ed imponente, era dietro Katie. Il tempo sembrò fermarsi, mentre guardava la sua coetanea, che non sapeva cosa fare,  né se voltarsi; ma, anche se avesse voluto scappare, non ci sarebbe riuscita, poiché quello sconosciuto fu rapido a rendere i suoi pensieri reali: afferrò i biondi capelli della giovane, tirandole indietro il capo, lasciando il collo ben in vista, e posò il suo coltello sulla pelle candida, squarciandole la gola con un movimento fluido e veloce. Il sangue schizzò, sporcando tutto ciò che li rircondava, ed un gridò uscì dalla bocca di Sophie, che era ancora immobile a fissare il cadavere. 
Katie era morta.
Toccava a lei.
Una risata, sinistra e malvagia, la riportò alla realtà, e la superstite alzò lo sguardo sull'assassino, che la fissava con il capo inclinato. -Sophie- la chiamò per nome, e con un ghigno fece notare dei canini troppo appuntiti. Sicuramente, dovevano essere stati modificati da lui stesso, oppure era un difetto che aveva fin dalla nascita. In ogni caso, gli davano un'aria ancora più inquietante, datagli anche dall'aspetto: infatti, portava una felpa larga e nera, con il cappuccio tirato a coprirgli il viso. La giovane non notò altri dettagli che potessero identificarlo, data la scarsa illuminazione che v'era lì. -Sophie... Perché non scappi?- la sua domanda fu seguita da una risatina. -Conto fino a tre-
La ragazza sussultò, ed iniziò a correre, anche se non si era ripresa del tutto dallo shock, ma sapeva che, se voleva vivere, doveva scappare. Quando iniziò a correre per il corridoio, udì un ''tre'', ed aumentò il passo, con il cuore che le batteva all'impazzata.
Correva a perdifiato, mentre lui rideva. Era una risata sadica, sinistra e psicopatica: infatti, il suo inseguitore era un personaggio dall'aspetto cupo ed inquietante, e, senza ombra di dubbio, era un folle; in effetti, la sua felpa nera, con il cappuccio a coprire il viso, i suoi larghi jeans grigi, sporchi di sangue in alcuni tratti, ed il suo largo sorriso, con due canini più appuntiti del normale, non gli donavano un aspetto rassicurante. 
La ragazza guardò dietro di sé, per vedere se stava seminado quel pazzo, ma, invece, egli era sempre più vicino alla sua futura vittima. La giovane tornò a fissare il buio, che si trovava nel fondo di quel lungo corridoio, illuminato dai raggi della luna, che filtravano attraverso alle finestre, sporche e rotte. Quando fu più vicina alla fine, assottigliò lo sguardo, e scorse una porta. La raggiunse in pochi secondi, e ci si scontrò contro, dato che era chiusa, con la mano destra che tirava giù la maniglia, nel disperato tentativo di aprirla; ma, purtroppo, era chiusa a chiave. La fuggiasca, dopo aver capito che non c'era modo di utilizzare quell'uscita, sgranò gli occhi, e si voltò lentamente verso il suo inseguitore, iniziando a tremare nel momento in cui incrociò quello sguardo; invece, lui era a pochi metri da lei, immobile, e la fissava con un ghigno, tenendo il capo leggermente inclinato. -Hai paura di me? Eppure, io sono solo un uomo...- 
Lui avanzò di un passo, continuando ad enunciare parole, con un tono pacato e basso, caratterizzato da una strana pronuncia, che fece ipotizzare, alla povera indifesa, che lui fosse uno straniero. -Hai paura di un umano, solo e debole- 
Lei si schiacciò contro la porta di legno, inziando a strisciare lungo la parete, con le gambe che sembravano non reggerla più, tremolanti, e gli occhi fissi su quello strano individuo. Lanciò una fugace occhiata alla finestra, con un vetro rotto, alla sua sinistra, e pensò che, forse, quella era l'unica via di fuga. Ingoiò la sua saliva, notando che il misterioso uomo stava avanzando verso di lei, e schiuse le labbra, nel tentativo di dire qualcosa. -Fermo... Non...- 
Egli scoppiò in una fragorosa risata, interrompedola, e poi tornò immediatamente serio. -Amo quell'espressione terrorizzata, disperata, supplichevole, ed indifesa-
A quel punto, la ragazza, sentendosi in trappola, iniziò a lacrimare, e mentre le calde gocce salate le rigavano le guance, si accigliò, provando rabbia e frustazione nei contronti del suo interlocutore. -Sta' indietro!-
Incredibilmente, lui obbedì: infatti, si fermò all'istante, assumendo un'espressione stupita; ma il suo smarrimento, causato dalla reazione inaspettata della ragazza, che credeva priva di coraggio e determinazione, sparì presto, e tornò ad esercitare quel sogghigno, sinistro e malvagio. -Altrimenti? Non sai come difenderti-
Tornò ad avanzare verso di lei, con passi lenti e misurati. La giovane si allarmò, e si lasciò guidare dal suo istinto: scattò verso la finestra che aveva notato poco fa, con l'intenzione di buttarsi; nel mentre, il suo inseguitore corse verso di lei, allungando le mani, nel tentativo di afferrarla. Fallì. Ella fu troppo rapida, e riuscì a gettarsi dall'ampia apertuta, ferendosi con il vetro scheggiato, che era rimasto lì. Non gridò mentre cadde. 
Lei stava per morire, e lui la stava osservando da quella finestra, sporgendosi. La guardava con un'espressione indecifrabile, mentre la giovane, che stava cadendo di schiena, distese un braccio verso l'alto, come a voler chiedere un aiuto. Ma chi l'avrebbe salvata? Nessuno. E n'era consapevole, ma, come tutti gli umani, preferì illudersi anche in punto di morte, con le più assurde speranze. 
Il suo corpo toccò il suolo, e lui la contemplava in quel silenzio, carico di significato, pieno di parole ed emozioni inesprimibili a voce.
   
 
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