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Autore: Naco    05/08/2018    0 recensioni
Sono passate due settimane dal matrimonio di Miki e Umibozu e la situazione tra Ryo e Kaori pare addirittura peggiorata. Perché? Cosa è successo? A complicare il tutto, ai nostri amici viene proposto un incarico che non possono assolutamente rifiutare… anche se questo li porterà a fingere di essere marito e moglie!
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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- Questa storia fa parte della serie 'After the finale'
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Premessa
Questa storia fa parte di una serie di fanfiction che rispondono a una domanda comune: cosa è accaduto tra Ryo e Kaori dopo la fine del manga? Le storie, infatti, sono tutte ambientate dopo il matrimonio di Miki e Umibozu e vedono l’evoluzione del rapporto tra i nostri due amici in modo diverso (più che altro a seconda dei film mentali dell’uno o dell’altro XD), con qualche piccolo elemento in comune.
In ogni caso, le fanfiction tra loro non hanno alcun legame, quindi sono leggibili separatamente.

Una nota prima di iniziare
Qualcosa come una vita fa, quando i siti di fanfiction erano manuali, non c’erano beghe inutili e la gente scriveva quello che voleva solo per divertirsi, lessi sul’IM-FA una fanfiction su City Hunter intitolata Cinque funerali e un matrimonio di Tati. Vi giuro che non ci pensavo più da anni, ma quando ho iniziato a scrivere questa storia - che in realtà avevo immaginato come una oneshot che avrebbe dovuto svolgersi in tutt’altro modo, ma come al solito i miei personaggi fanno sempre di testa loro - mi sono accorta che quella ff è rimasta così scolpita nel mio cuore che vi ho tratto ispirazione senza neanche accorgermene (anche se, ovviamente, le due storie non c’entrano nulla tra loro, a parte alcuni elementi). E così, armandomi di pazienza, mettendo a frutto tutto ciò che ho imparato leggendo i gialli della Christie e di Conan Doyle, dopo quasi vent’anni, ho cercato di contattare l’autrice per poterle chiedere il permesso di pubblicare questa fanfiction. E alla fine, sì, l’ho trovata e ho avuto il suo consenso, di cui spero di essere all’altezza.
Comunque, la mia ricerca mi ha dato risultati davvero imprevisti e per questo non posso che ringraziare ancora una volta questo manga a cui devo tanto, per tantissimi motivi.

Perciò, è a Tati e a tutti gli autori che, tanti anni fa, mi hanno fatto compagnia con le loro fanfiction su questa serie che dedico questa storia: spero che possa divertirli almeno la metà di quanto io ho amato le loro.

Ovviamente, i personaggi non sono miei, ma degli aventi diritto e io non ci guadagno nulla nello scrivere, tranne la loro compagnia (anche se Ryo non sembra così felice della mia ^^).

Il mistero del Majesty


I
Un incarico da cento milioni di yen

Kaori continuò a ruotare il cucchiaino nella tazzina da caffè che aveva davanti, anche se ormai lo zucchero che vi aveva messo si era sciolto da tempo.
Erano trascorse due settimane da quando Miki e Umibozu si erano sposati e Ryo le aveva rivelato con chiarezza i suoi sentimenti. Da allora, però, la situazione tra loro era diventata ancora più strana di quanto non fosse prima e cominciava quasi a pensare che, potendo tornare indietro, avrebbe preferito che Ryo non avesse mai compiuto quel passo.
«Quel caffè ormai sarà diventato freddo. Te ne preparo un altro?»
La voce preoccupata di Miki si insinuò nei suoi pensieri e solo allora Kaori si rese conto che stava fissando la tazza davanti a sé ormai da parecchi minuti. Scosse la testa e bevve il liquido nero tutto d’un sorso. Miki aveva ragione: era freddo.
«Dalla tua espressione, immagino che con Saeba non sia successo più niente, vero?» chiese piano l’amica. Si vedeva che Miki era stata una combattente: nonostante la brutta ferita che aveva ricevuto, si era ripresa velocemente ed era già tornata a lavorare al Cat’s Eye come se nulla fosse successo.
«Non potevo lasciare il negozio per troppo tempo a Falcon, ti pare? Mi avrebbe fatto scappare tutti i clienti!» aveva commentato quando Kaori le aveva fatto notare che forse era troppo presto per riprendere in mano l’attività. Falcon aveva borbottato che Kaori aveva ragione, ma lei lo aveva zittito con quella battuta e un occhiolino complice. Lei li aveva osservati felice, ma anche un po’ invidiosa.
Kaori scrollò ancora una volta il capo.
«Non posso crederci», non riuscì a trattenersi Kasumi, che non si era persa un solo secondo della conversazione. «E io che ero convinta che Saeba ti sarebbe saltato addosso quella sera stessa!»
«Kasumi!» Kaori balzò in piedi, il volto in fiamme.
«Che c’è? Non mi dire che non ci hai mai pensato, perché non ci credo!»
«Certo che... il problema non è questo». Tornò a sedersi, visibilmente imbarazzata. Come faceva a spiegare a quelle due che non era quello che l’affliggeva? Oddio, non è che non avesse mai fantasticato che la situazione con Ryo si evolvesse anche dal punto di vista fisico; anche lei era una donna, in fondo, ma quello che la preoccupava era altro.
«In realtà, temo che Ryo si sia pentito di avermi rivelato i suoi sentimenti», confessò infine.
«Cosa?»
«E perché?»
«Beh…» Kaori iniziò a giocherellare con le dita, non sapendo bene da dove iniziare.
Non c’era un motivo vero e proprio, in fondo. Era solo il suo istinto femminile che glielo comunicava con violenza. Certo, non si era aspettata che Ryo smettesse di andare dietro alle belle donne o che la piantasse una buona volta di fare storie ogni volta che gli proponeva un incarico da parte di un uomo; sapeva com’era fatto e, nonostante non riuscisse a fare a meno di spiaccicarlo al muro ogni volta che lo vedeva lanciarsi su una bella sventola, sapeva che, in fondo, lui l’amava e che lei veniva sempre al primo posto per lui. Non si era neanche aspettata che tra loro le cose si evolvessero a livello fisico: dopo quella volta sulla nave, non si erano scambiati neanche un casto bacio sulla guancia, figurarsi qualcosa di più spinto. Ci aveva sperato, ma non se n’era curata più di tanto: per anni, Ryo le aveva detto che era l’unica donna che non lo eccitava, quindi alla sua indifferenza, da quel punto di vista, era abituata; anzi, sospettava che, se all’improvviso Ryo le fosse saltato addosso, l’avrebbe appeso fuori dalla finestra avvolto nel futon.
No, quello che le faceva davvero male era stato il rendersi conto che lui, da quel fatidico giorno, aveva iniziato ad evitarla. Come quella volta che, mentre erano in stazione a controllare il tabellone degli annunci, un tizio l’aveva spintonata e lui, benché le avesse evitato una rovinosa caduta prendendola al volo, l’aveva lasciata andare così all’improvviso che aveva quasi rischiato di perdere di nuovo l’equilibrio.
Perché? Eppure, non credeva di aver fatto qualcosa che avesse potuto fargli cambiare idea. Quando quel giorno erano ritornati dagli altri, si era precipitata al capezzale di Miki, ignorando sia Ryo che tutti gli altri, troppo preoccupata per le condizioni dell’amica; anche quando erano tornati a casa, si erano dati la buona notte come sempre. Si era aspettato altro da lei? No, Ryo non era un tipo del genere: lui preferiva agire, spesso senza tener conto delle conseguenze. E forse, era proprio quello il punto: Ryo aveva ricambiato il saluto e, sbadigliando, si era diretto in camera sua. Aveva capito di aver commesso un errore e che, per quanto le volesse bene, non la desiderava come le altre donne, e non sapeva come dirglielo?
«Non so come spiegarvelo, ma... è come se mi stesse evitando» riuscì infine a dire, pregando che non le chiedessero di entrare nei particolari: pur volendo ad entrambe un bene dell’anima, non riusciva a parlare di certe dinamiche.
«Tsè, quell’idiota fa tanto il galletto, ma secondo me non si ricorda neanche come si fa con una donna!» commentò all’improvviso una voce ben familiare. Le tre si voltarono proprio mentre Falcon rientrava nella stanza con i rifornimenti per la macchina per il caffè.
«Falcon!»
«Da’ retta a me,» proseguì ignorando il commento della neo-moglie «non resisterà ancora a lungo, vedrai».
«Che cosa intendi dire?» chiese Kaori, non capendo dove volesse andare a parare; tuttavia, Umibozu non rispose, ma si mise ad asciugare i piatti come se nulla fosse successo.

***

Era ormai da poco tramontato il sole quando, dalla finestra del soggiorno, Kaori vide l’auto rosso fiammante di Saeko parcheggiare proprio davanti al loro portone e le ci volle ancor meno tempo per rendersi conto che la bella poliziotta li avrebbe di nuovo incastrati in qualche assurdo incarico non pagato; a complicare il tutto, con suo sommo rammarico, c’era anche Reika con lei. A quanto pare, stavolta si trattava di qualcosa di veramente importante per scomodare ben due delle sorelle Nogami.
Non ebbe neanche il tempo di avvisare Ryo della visita inaspettata, che lo vide già in strada, pronto a lanciarsi sulle nuove arrivate.
«Quel dannato imbecille! Non capisco se sia più forte il suo udito o il suo istinto da depravato!» si chiese furiosa, non prima di avergli lanciato dal balcone uno dei suoi migliori martelli, e con esso la rabbia e la frustrazione di quei giorni.
«È bello vedervi sempre così energici e attivi!» fu il commento di Reika, mentre si accomodava sul divano con grazia, lasciando che Ryo continuasse ad ammirare indisturbato le sue gambe perfette.
«Puoi dirlo forte, il mio mokkori è sempre-»
Ma non ebbe il tempo di rendere partecipi le astanti di cosa il suo mokkori avrebbe voluto o potuto fare, perché si ritrovò all’improvviso imbavagliato e legato come un salame.
«Oh, sta’ un po’ zitto!» sbottò infine, Kaori, lanciando uno sguardo truce prima al suo collega poi alle due sorelle. «Vista l’ora, non credo che la loro sia una visita di cortesia. O sbaglio?»
«No, Kaori, non sbagli» Saeko si sistemò meglio e Kaori ebbe la certezza che quel gesto deliberatamente sensuale rivolto a Ryo fosse il segnale che stava per fare la sua solita richiesta di aiuto. «Ma prima, ho una domanda da farvi: che ne dite di sposarvi?»
A Kaori ci volle qualche secondo per rendersi conto che, sì, Saeko aveva usato proprio il verbo sposarsi, che no, non stava scherzando e che Ryo era riuscito a dimenarsi con così tanta violenza che era riuscito a togliersi il bavaglio per urlare un «Per quale dannato motivo dovremmo fare una cosa del genere?!» a pieni polmoni.
«Calma, calma!» Saeko mise le mani avanti sorridendo. «È solo che in questo modo sarebbe tutto più semplice».
«Più semplice?» Kaori fissò la poliziotta ancora più perplessa, l’istinto che le suggeriva di cacciarle prima che li ficcasse in qualche strano pasticcio. Se solo il suo cuore non fosse rimasto ancorato a quella parola…
«Penso che conosciate entrambi Kunihiro Kataoka, giusto?»
«Kataoka? Intendi il proprietario di una serie di alberghi di lusso in tutto il Giappone?» intervenne subito Ryo, accigliandosi.
Reika annuì. «Ieri è venuto da me per chiedere il mio aiuto in merito a una faccenda che riguarda uno dei suoi resort più esclusivi che si trova a sud di Tokyo, il Majesty: pare che da qualche tempo si siano verificati strani incidenti ai clienti dell’albergo».
«Che genere di incidenti?»
Reika scrollò le spalle. «Niente di grave, al principio: lettere minatorie al direttore dell’albergo, furti in alcune stanze… All’inizio il signor Kataoka e lo staff dell’albergo hanno pensato a uno scherzo di pessimo gusto da parte di qualche concorrente e non ci hanno dato molto peso; tuttavia, negli ultimi giorni gli incidenti sono aumentati e meno di una settimana fa una donna, Yukie Hondo, in vacanza lì con suo marito, si è ritrovata un serpente nella vasca da bagno. Per fortuna non si trattava di una specie velenosa, ma l’accaduto ha spaventato tutto il personale».
La ragazza sospirò. «Il direttore è riuscito a mettere a tacere la faccenda convincendo il marito della donna a non sporgere denuncia. Ma la prossima volta potrebbe trattarsi di qualcosa di più grave e letale. Ho provato a convincere il signor Kataoka a contattare la polizia, ma…».
«... ma lui vuole cercare di mantenere il massimo riserbo sulla faccenda perché ne andrebbe del suo buon nome». concluse per lei Ryo.
Reika annuì.
«E tutto questo cosa c’entra con un nostro presunto matrimonio?»
«Beh, il Majesty è noto per essere meta di coppiette che desiderano trascorre un po’ di tempo in assoluto relax, lontano dalla città. Quindi…»
«Quindi vorresti che io e Kaori ci fingessimo una coppia di sposini per scoprire il colpevole, ho indovinato? Beh, la risposta è no». Ryo si liberò del tutto dalle corde che fino a poco prima lo avevano legato, si alzò e si sistemò meglio la giacca. «Tanto per cominciare, il cliente è un uomo, e come dovreste ben sapere io non accetto incarichi da clienti maschi».
«Ma Ryo! Prova a pensarci! Un resort con piscina… chissà quante donne giovani, ricche e annoiate ci saranno!» provò a convincerlo lei.
Ryo chiuse gli occhi per un attimo, indeciso sul da farsi. «In effetti, da questo punto di vista, la proposta diventa più allettante. Però, non ci tengo proprio a far finta di essere sposato con lei» indicò nella direzione della sua socia con aria schifata. «Perciò, ho un’idea migliore,» Ryo pose una mano sulla spalla di Reika «perché non ci andiamo noi due
Reika cercò di allontanare il viso di Ryo che si avvicinava sempre di più, ma il martello di Kaori giunse rapido in suo soccorso.
«Sono io che non ho alcuna intenzione di fingermi sposata con te!» sbraitò lei di rimando. Tra l’altro, vista la situazione già precaria che c’era tra loro, per una volta era d’accordo con Ryo: non se ne parlava proprio.
«Visto?!» Lo sweeper tentò di perorare la propria causa da sotto il martello, ma Reika sorrise imperturbabile: «Mi spiace, Ryo, per quanto l’idea mi alletti, sono già stata lì per fare qualche domanda, quindi qualcuno potrebbe avermi già vista»
«Saeko, e se andassimo noi due?» provò, accarezzando le gambe della bella poliziotta; anche stavolta la fida arma di Kaori assolse il suo compito.
«Stai scherzando, vero? Ho altro da fare, io!»
«E allora chiedi a Miki e a Falcon! Loro non devono neanche fingere!»
«Pensi davvero che Umibozu passerebbe inosservato?»
I presenti rimasero un attimo in silenzio: di sicuro, il criminale sarebbe scappato a gambe levate appena avesse visto la faccia del loro amico.
«Comunque ho detto di no ed è no!» ripeté per rimarcare ancora una volta il concetto.
Reika sospirò affranta. «Peccato, però. Pensavo che i cento milioni di yen che il signor Kataoka vi avrebbe offerto avrebbero potuto farvi comodo».
Uno strano, inquietante silenzio cadde nella stanza.
«Cosa?!» urlarono i due colleghi contemporaneamente.
Tutto ad un tratto, il problema di fingere di essere sposati perse tutta l’importanza che aveva assunto fino a pochi secondi prima.
Reika sogghignò soddisfatta. «Come, non ve l’avevo detto? Il signor Kataoka offre cento milioni di yen a chiunque troverà il colpevole, più alloggio gratuito nel suo resort e spese extra. Ma se non siete interessati…»


«Vorrei capire come abbiamo fatto a lasciarci convincere», borbottò Kaori tra sé e sé mentre, seduta accanto al suo socio in un’auto di lusso che non avrebbero potuto permettersi in neanche cento vite, si dirigeva verso il Majesty. Era stato il signor Kataoka a insistere perché andassero con una Mercedes: gli ospiti dell’albergo appartenevano a un ceto sociale piuttosto alto, quindi sarebbe stato strano se loro si fossero presentati con la loro auto - un modo carino per dir loro che erano dei poveracci, insomma.
«Cento milioni di yen ti dicono nulla?»
Eh già. Se non fossero stati costantemente in rosso, avrebbero potuto evitare quella messa in scena. Per l’occasione, Saeko era riuscita anche a recuperare dei documenti falsi: per tutti sarebbero stati Ryo e Kaori Kamiya*.
Kaori sospirò, guardò per un attimo il suo collega che osservava indifferente il paesaggio scorrere accanto a sé e prese in mano il fascicolo con gli appunti che le aveva consegnato Reika. Meglio concentrarsi sul lavoro e non pensarci, si disse più per convincere se stessa che perché ci credesse davvero.
«Dunque, il direttore si chiama Shin’ichi Hisashi, quarantacinque anni,» lanciò un’occhiata distratta alla foto dell’uomo: capelli neri a tratti brizzolati, occhiali, naso e bocca piccola. Un tipo qualunque, che non attirava certo l’attenzione «e lavora nella struttura dacché è stata aperta, ormai dieci anni fa. Ha un curriculum di tutto rispetto e, secondo il signor Kataoka, è una persona fidata e non ha nemici. Quindi esclude che possa trattarsi di una vendetta contro di lui».
Ryo fece con uno strano verso gutturale. «Non deve fidarsi poi così tanto, se ha deciso di non parlargli delle nostre indagini», commento ironico.
«Già. Il suo vice si chiama Masashi Suda, ma attualmente si trova all’estero per un corso di formazione. È via da un paio di mesi, quindi direi che possiamo passare oltre, per ora». Kaori mise da parte la scheda dell’uomo - un tizio di una quarantina d’anni portati piuttosto male, dall’aria imbronciata - e passò al terzo foglio. Rimase per un attimo a contemplare il viso serio della donna che la fissava con degli occhi scuri grandi e penetranti.
«Il suo braccio destro si chiama Miyuki Otome, ventisette anni, e lavora con Hisashi da poco più di un anno. Kataoka l’ha vista un paio di volte, quindi non sa molto su di lei, a parte le referenze presenti nel curriculum. Pare che conosca quattro lingue e abbia vissuto per un po’ di tempo in America».
Lanciò un’altra, rapida occhiata al suo socio ma, con sua enorme sorpresa, anche stavolta non ebbe alcuna reazione, nonostante avesse appena descritto il profilo di una giovane donna che, almeno dalla foto che aveva davanti, risultava anche piuttosto attraente, oltre che molto intelligente.
Il silenzio che seguì dovette attirare l’attenzione del suo partner, perché all’improvviso si ritrovò a fissare il suo sguardo sorpreso: «Che c’è?»
«Niente» rispose troppo in fretta e tornò a prestare attenzione al plico ma, nell’urgenza di passare alla scheda successiva, le caddero un paio di fogli di mano.
D’istinto si chinò a raccoglierli, ma Ryo era stato più lesto e glieli stava già porgendo. Avrebbe voluto semplicemente ringraziarlo e continuare a leggere, ma il suo occhio cadde sulla piccola fede argentata che gli fasciava l’anulare sinistro.
Anche lei ne aveva una uguale, ma aveva fatto di tutto per non guardarla.
«Ho fatto incidere anche i vostri nomi. Così, per sicurezza!» aveva commentato allegra Saeko mentre gliele consegnava e Kaori aveva provato così tante emozioni contrastanti, mentre indossava il piccolo gioiello, che non aveva avuto neanche la forza di ribattere.
Un po’ si vergognava ad ammetterlo ma, mentre erano in quella foresta, dopo che Ryo era corso a salvarla da quel pazzo che aveva quasi ucciso Miki, aveva pensato davvero che un giorno avrebbe potuto portare al dito un anello come quello. Ricordava ancora la sensazione del corpo di Ryo che l’abbracciava, dopo aver dichiarato ad alta voce che sarebbe sopravvissuto per la persona che amava, ma che al contempo l’avrebbe protetta. Se chiudeva gli occhi, poteva risentire il canto degli uccelli che piano piano avevano ripreso a cinguettare felici, quando avevano capito che il pericolo era passato, e il profumo dell’erba e del piccolo fiore che, nonostante tutto, era rimasto incastrato nei suoi vestiti, una parte di quel bouquet che Miki aveva lanciato per lei.
Come erano arrivati a quel punto?
Avvertì un nodo alla gola e per un attimo fu colta dal panico. Non poteva piangere. Non davanti a Ryo e, soprattutto, non in quell’occasione: secondo il loro copione, erano una coppietta appena sposata e avrebbe dovuto mostrarsi felice e sorridente.
«Siamo arrivati».
La voce di Ryo la riscosse dai suoi pensieri. Non era quello il momento di lasciarsi andare, decise. Avrebbe avuto il tempo per deprimersi una volta che fossero ritornati alle loro vite di sempre.



* cognome non scelto a caso, essendo quello di Akira Kamiya, il doppiatore originale di Ryo. Scusate, ma non ho resistito. XD


Note dell’autrice
Salve a tutti! *agita manina*
Non avrei mai creduto che, dopo 17 anni dalla mia prima fanfiction su City Hunter sarei stata di nuovo qui, a scrivere di questi due. E, invece, dopo aver riletto il manga e rivisto l’anime per l’ennesima volta, qualcosa si è acceso in me… ed eccomi qui. Ammetto di essere terrorizzata all’idea di pubblicare una nuova storia su un fandom su cui non scrivo da anni e su personaggi che amo da impazzire, ma che temo di non aver reso bene quanto vorrei. Tra l’altro, è la prima volta che provo a scrivere una storia poliziesca e questo non aiuta. XD Ryo e Kaori mi hanno assicurato che me la sto cavando bene, e se lo dicono loro! XD
In realtà, questa storia ha una gestazione un po’ particolare: inizialmente avrei voluto scrivere una semplice oneshot ambientata subito dopo la fine del manga (un paio di ore dopo, insomma, e avrebbe dovuto essere lunga giusto qualche pagina); ma poi Ryo ha iniziato a inventare mille e più scuse e alla fine mi sono trovata con un primo capitolo di una storia che non sapevo bene come, se e quando mi avrebbe portata da qualche parte.
All’inizio gliene ho dette di tutti i colori, ma alla fine ho deciso di fidarmi di lui e vedere dove mi avrebbe portata. E, come sempre, non mi ha delusa (anche se, secondo me, non si aspettava neanche lui un’evoluzione simile).
Spero che anche voi vogliate scoprire con me dove Ryo e Kaori ci condurranno.
   
 
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