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Autore: LittleWhiteLies_    06/08/2018    0 recensioni
“E ora viaggi, ridi, vivi o sei perduta
Col tuo ordine discreto dentro al cuore
Ma dove, dov’è il tuo amore?”
-Fabrizio De Andrè
Un viaggio verso Melbourne, un’estate, una canzone.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Erano ormai anni che non salivo su un aereo, non mi ricordavo quanto fosse scomodo prendere sonno. 

Il viaggio sarebbe durata una ventina di ore, zero scali, e chiunque può capire il motivo per cui non fossi poi così euforica all'idea di affrontare un volo simile. 

Bene o male mio padre mi concesse la prima classe, non che cambi qualcosa da essa all'economy, se non fosse per il bicchiere di champagne che offrono alla partenza e per la pseudo poltrona-sedile sulla quale devi posare il culo per l'intera durata del viaggio. 

A conti fatti, il cibo fa schifo uguale e la stanchezza è equiparabile.

 

Durante la mia permanenza pensai a quanto potesse essere cambiato il quartiere in cui vivevo, ormai la gente del posto difficilmente mi avrebbe più riconosciuta, erano trascorsi ben 10 anni dall'ultima volta in cui passeggiai per quelle strade. Allora ero ancora una bambina di otto anni.

Probabilmente mrs. Polly, l'anziana vicina, che mi regalava sempre raccolte di fumetti, non era neanche più fra noi.

Un senso di malinconia mi pervase il petto. 

 

Pensai a mio fratello, ormai diventato un ragazzo fatto e finito. 

 

Quando si separarono i nostri genitori, fu dura. 

Non eravamo quel genere di fratelli che litigano per cazzate, a me piaceva insegnargli ciò che avevo appreso fino a quel momento, volevo che non ripetesse i miei stessi errori, volevo proteggerlo da tutto. 

Per quello fu una situazione difficile. 

Inizialmente ci tempestavamo di chiamate ogni benedetto giorno, col tempo le telefonate si erano ridotte ad una volta a settimana, poi al mese ed ora solo durante le festività o per augurarci buon compleanno. 

 

Pensai a quanto fossero cambiate le nostre vite da quando i nostri genitori ci annunciarono il divorzio, la scelta di andare a vivere con mio padre la presi soprattutto per Cameron, sebbene fosse ancora piccolo, detestava nostro padre e per qualche bizzarra ragione, papà, non provava neanche a dimostrare simpatia nei suoi confronti. 

Cam non sarebbe resistito neanche un mese con lui, e conoscendo papà lo avrebbe sommerso di botte. Già.

 

 

Casa di mia madre distava circa una mezz'ora da Melbourne, ed il taxi era talmente immerso nel traffico dell'ora di punta che ne approfittai per farmi una dormita.

"Signorina, siamo arrivati... signorina!" 

L'uomo di colore alla guida mi scosse dal mio stato di dormiveglia. Presi coscienza e scesi dalla macchina. Sebbene non fossero pesanti, l'autista mi aiutò a scaricare le valigie dall'auto ed in seguito mi lasciò sola con i miei pensieri sul quel cemento caldo. 

Presi un respiro profondo, ero nervosa ma non mi seppi spiegare il motivo. 

Avanzai passo dopo passo verso il cancello di casa quando notai un ragazzo a petto nudo e con i ricci raccolti in uno chignon disordinato, trasportare assi di legno a destra e manca. Era così sulle sue che non mi degnò di uno sguardo. Feci per chiedergli spiegazioni quando una giovane donna sbucò dalla dépendance alla mia destra, "Key Key! Amore, sei arrivata!" 

Mi sentii travolta da un abbraccio caloroso e familiare. 

 

Mamma, mamma. 

Ricambiai con una stretta che mi fece affondare nel suo fragile grembo. 

 

"Cameron, che fai lì in piedi? Vieni a salutare tua sorella! Come è andato il viaggio amore?" 

Il ragazzo avanzò verso di me con la velocità di un bradipo storpio, lo squadrai dalla testa ai piedi con aria confusa.

"Cameron? No ma aspetta... dove sono finiti gli occhiali e l'apparecchio piccolo Cam?!" 

Mi sorrise e in lui riconobbi l'innocenza di quel bambino che, quando in casa rimaneva l' ultima fetta di torta, correva verso me per offrimene la metà.

 

"Ti abbraccerei ma sono sudatissimo" la sua voce roca mi vibrò nei canali uditivi e feci fatica a riconoscerla.

Non me ne curai un minimo e lo stritolai affettuosamente. 

"Dai basta, Kenny, fa troppo caldo!"

 

Era cresciuto tanto, era quasi alto quanto me. Lo osservai parecchio e suppongo anche di averlo messo a disagio però ero così fiera di lui, senza alcuna causa. 

Mi era mancato.

 

  
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