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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    09/07/2009    1 recensioni
"Questa storia ha inizio molto tempo fa, quando un mondo ridente e felice ,chiamato dalle cronache , Amestris, a seguito di un terribile cataclisma, rischiò di venir distrutto.". Salve! Rieccomi a voi con una fic tutta nuova! In questa fic, guests star, saranno un gruppo di giovanissimi alchimisti. I loro nomi sono Curtis, Nathan, Roy Gabriel e Carolina! RINGRAZIO DI CUORE LOVVA, BG, ELY-CHAN E DIMY PER I PERMESSI!! UN BACIONE! SHUN
Genere: Generale, Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Edward Elric, Nuovo personaggio, Roy Mustang, Un pò tutti
Note: Alternate Universe (AU), Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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I FIGLI DEI QUATTRO MONDI

EPILOGO

TOMODACHI ITSUMADEMO

“Ehi, ehi! Tutto bene? Mi senti?”

Carolyna venne improvvisamente strappata dalle spiagge del sonno da una voce preoccupata, una voce femminile e calda, che le avvolgeva il cuore come una carezza. Lentamente, sollevò le palpebre, il Sole la illuminò, splendente come non mai, l’azzurro intenso del cielo le strappò una lacrima di commozione, le parve essere passati secoli dall’ultima volta che lo aveva visto, così puro.

Un viso gentile di donna, sfumato nell’intenso chiarore, stava sopra di lei, capelli color cioccolato tirati indietro, un candido sorriso di mamma.

“Tutto ok?” continuò quella voce così gentile, così simile a un angelo.

La ragazza sorrise, lacrime di cristallo inondarono i suoi occhi: “Nonna Trisha.. Sei venuta a prendermi?” mormorò lei, accarezzando la guancia dell’angelo con la mano, il capo appoggiato su qualcosa di morbido, forse erano nuvole…

L’angelo gliela strinse forte: “Figliola, mi dispiace, non sono tua nonna.” sussurrò triste, i suoi occhi colmi di malinconia, “e non sei nemmeno morta. Riesci ad alzarti?” chiese, sollevandola seduta.

La vista si schiarì e Carolyna vide con sorpresa di essere seduta su un prato, sotto il sole mattutino, la dolce brezza accarezzava i fili smeraldini del’erba, i rami dolcemente smossi dal vento; si guardò le mani, piene di graffi ma rosate, le maniche della divisa stracciate e leggermente sporche di sangue, sangue non suo però..

E al collo, una catenella d’argento, una gemma rossa che brillava sotto l’abbraccio del Sole.

E il viso dell’angelo, il viso di una donna anziana, di una nonna gentile, increspato dalle onde della vecchiaia, ma rosato e vivo.

Non era morta.

Il cielo era di nuovo azzurro, il sole splendeva.

Che fosse stato tutto un sogno?

No, il ciondolo parlava chiaro.

Ce l’avevano fatta.

Si guardò attorno, quel luogo così bello e semplice non le diceva nulla: “Dove sono?” chiese con tono spento e stanco, stringendosi nei brandelli della divisa, “Sei alla periferia di Central City, ragazza. Mi hai spaventato, ero venuta sin qui a prendere alcune erbe e ti ho trovata qui svenuta…” sospirò sollevata la donna, tenendo tra le braccia un paniere di vimini, “come ti senti? Hai freddo?” aggiunse premurosa, levandosi lo scialle e coprendole le spalle, “Sono un po’ confusa… Come posso raggiungere il Comando? Ho una certa fretta!” chiese Carol agitata, doveva sapere.

“Calmati.. non è successo nulla… Dovresti percorrere la strada maestra per qualche chilometro, ma nelle tue condizioni non sei in grado di muoverti! Sei un militare, vero?” esordì lei, cercando di metterla in piedi; la mora frugò nella tasca e ne trasse l’orologio, “Tenente Colonnello Carolyna Melanie Mustang, signora..” si presentò faticosamente, “Devo tornare subito indietro.”.

“Bontà divina!” esclamò la donna stupefatta, “figliola, ti stanno cercando da settimane! Non posso lasciarti andare in queste condizioni… Vieni, reggiti forte. Sulla strada c’è una pattuglia di tuoi colleghi, c’è anche mio nipote, ti affiderò a loro. Francamente, non me la sento di lasciarti andare in giro da sola, loro ti aiuteranno.” disse seria, abbracciandola, “Grazie..” mormorò esausta lei, abbandonandosi.

A passo lento, riguadagnarono la strada; poco lontano, una pattuglia di soldati stava esaminando una cartina poggiata sul cofano di una delle auto, discutendo animosamente; a quella vista, l’animo di Carolyna si rasserenò. La nonna la poggiò a terra, scostandole con dolcezza una ciocca sudata: “Aspetta qui…” le disse, sistemandole le gambe in modo da non farla cadere.

Dopodiché, si diresse verso il piccolo gruppo di soldati.

Con loro, scambiò qualche parola, indicandola più volte.

Una figura dai corti capelli argentei si voltò verso di lei, il suo cuore ebbe un sobbalzo; si alzò di scatto in piedi: “Falman-san!” esclamò stupefatta, reggendosi a malapena sulle proprie gambe, un leggero sorriso sulle labbra livide, non poteva crederci.

Finalmente era a casa.

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La pioggia cadeva feroce sulla città addormentata, ammantandola di freddo e malinconia.

Nulla sembrava muoversi tra la nebbia, solo il fastidioso picchiettio delle gocce di pioggia rompeva di quando in quando l’assordante silenzio.

Un rumore improvviso di passi in corsa risuonò cupo sulla strada allagata, la sagoma di un bambino spiccava distintamente tra la nebbia, percorreva in silenzio la strada, correndo al massimo delle sue misere forze, il fiato corto e il cuore a mille.

La lacera divisa militare ormai zuppa, i corti capelli completamente bagnati e la pelle gelida, doveva rifugiarsi da qualche parte.

Si, ma dove?

Non vedeva nulla attorno a sé.

All’improvviso, si udì un rumore di freni e dalla nebbia, sbucarono dei fari.

Un auto si stava avvicinando a grande velocità verso di lui.

Fu un attimo.

L’automezzo sbandò, illuminandolo per un attimo come un cervo su una strada montana, paralizzato un attimo prima di venire investito.

Con uno scatto istintivo, il bimbo si gettò di lato, cadendo a faccia in giù in una pozzanghera, il rumore attutito della frenata giunse alle sue orecchie.

Udì lo sbattere di una portiera mentre cercava di alzarsi seduto, e poi una voce familiare: “Ehi, tutto bene piccolino?” gli chiese, tirandolo con facilità su, “Scusami, ma l’asfalto era tutto bagnato e.. GABRIEL!?!” esclamò improvviso.

Gli occhi opachi dell’alchimista, ottenebrati dalla pioggia e dal fango, distinsero una chioma color sabbia ondeggiare dinanzi a sé, la sagoma oscura dell’autovettura con le portiere spalancate.

Con un gemito, il giovanissimo gli fece cenno di lasciarlo: “Sono tutto intero sottotenente.. Nessun problema.. Mi accompagnerebbe per favore al Comando, è importante?” chiese piatto, massaggiandosi il braccio destro indolenzito; per tutta risposta, Danny Brosh lo afferrò per le braccia, un attimo dopo si trovò all’asciutto, su di un morbido sedile, avvolto da ruvide coperte: “Asciugati a meno che tu non voglia prenderti un malanno!” abbaiò, allacciandosi la cintura di sicurezza e facendo lo stesso col bambino.

Il motore si accese, il rombo penetrante sovrastò per un attimo il rumore della pioggia sui finestrini, prima che il mezzo, slittando pericolosamente sull’asfalto umido, partisse a tutta velocità.

La loro folle corsa durò pochi minuti, per concludersi dinanzi al Quartier Generale, il grande piazzale deserto e cupo, l’imponente edificio dall’aspetto ancora più austero del normale.

Gabriel sentì il cuore montargli in gola.

Sentimenti contrastanti albergavano in lui, paura, ansia, curiosità e desiderio.

D’improvviso si sentì stanco, esausto.

Il corpo quasi non voleva nemmeno muoversi.

“Una volta a casa, giuro che resterò a dormire per una settimana...” sospirò il biondo, scendendo lentamente dall’auto accanto al sottotenente; i due colleghi spiccarono una corsa veloce sino all’ingresso, il loro improvviso arrivo fu subito notato dai pochi uomini presenti: “Gabriel, non sarebbe meglio che tu vada a cambiarti? Sembri piuttosto malconcio e la tua divisa deve averne passate i tutti i colori. Per di più, sei completamente zuppo, rischi seriamente di ammalarti.” affermò critico il giovane, squadrandone le condizioni, piuttosto precarie a un esame superficiale.

Ma il bambino scosse energicamente il capo, i suoi grandi occhioni puntati in quelli dell’altro: “Dove sono i miei?” chiese con un filo di voce e lo sguardo stanco, “Dove sono i nonni?”; il biondo sospirò, passandosi una mano tra i ciuffi ribelli, “D’accordo, d‘accordo, ma non credere di poter girare per il Quartier Generale in questo stato, sarebbe troppo pericoloso.” cedette lui, frugando nella tasca dei pantaloni, ne tirò fuori un lucido portachiavi, “Questa è la chiave del mio alloggio, è il numero 234. vai laggiù e cambiati, infilati a letto e non azzardarti a uscirne finchè non tornerò, va bene? Io intanto vado a chiamare il Fuhrer.” propose.

Gabriel lo guardò riconoscente, dirigendosi a passo sostenuto verso gli alloggi.

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“Uff, è stato troppo facile metterli fuori combattimento, questi tizi non erano poi granchè...”

“Parla per te, Curtis, quello che è capitato a me era davvero noioso!”

“Te l’ho detto, piccoletto, è perché non sei abbastanza allenato!”

“No, dì piuttosto che tu mi hai affidato l’armadio a due ante apposta!”.

Nathan sbuffò, incrociando le braccia al petto seccato, mentre la cugina, con un sorrisino divertito sul volto, legava strettamente con una corda opportunamente trasmutata il gruppo di tre malviventi che avevano appena messo fuori combattimento.

Il bambino si sedette sul  basso muretto dietro di sé, guardando quegli adulti con aria sorniona, i grandi occhi violetti che sprizzavano lampi: “Sono degli stupidi, tentare un colpo del genere e a viso scoperto… Se fossi stato in loro avrei utilizzato un minimo di cervello, e mi sarei coperto il viso!” esclamò lui, dando un leggero colpo sulla nuca del più vicino, “Ora che abbiamo fatto la nostra buona azione quotidiana, cosa pensi di fare? Ci dirigiamo in fretta e furia a casa?” si rivolse poi alla ragazza, “Probabilmente saranno già svegli e…”, ma un gesto della bruna lo bloccò, “Niente da fare, probabilmente se ci presentiamo a casa, così come se nulla fosse, faremmo solo venire un colpo ai vicini. Scommetto che non ci sarà nessuno laggiù ma che invece siano tutti al Comando. La cosa migliore da fare è quindi dirigersi verso il Quartier Generale.” decretò lei, concludendo i giri di corda attorno all’ultimo.

Improvvisamente, udirono un gran clamore e, con stridore di freni, cinque autovetture e una camionetta si fermarono repentinamente davanti alla banca che avevano contribuito a proteggere.

Militari, poliziotti e ufficiali dell’Esercito scesero di scatto, guardando sorpresi ora verso di loro ora verso i banditi, strettamente resi inoffensivi dalla corda dell’Elric: “Ragazzi, cosa ci fate qui? È pericoloso!” esclamò un sottotenente, avvicinandosi a loro, “potrebbero essercene altri e..” ma Nat scosse la testa, ridendo, “Non ce ne sono altri, abbiamo controllato personalmente signore.” spiegò lui, mostrando l’orologio, imitato dalla compagna, “Siamo appena tornati da una difficile e lunga missione, potrebbe gentilmente accompagnarci al Comando? Dovremmo fare rapporto ai nostri superiori” s’intromise Curt.

L’ufficiale spostò lo sguardo ora verso lei ora verso lui, scattando sull’attenti: “Maggiore Nathan Mustang e maggiore Curtis Elric, per fortuna siete tornati, erano tutti molto in pensiero per voi. Forza, seguitemi, dalle vostre condizioni penso ne abbiate passate parecchie!” affermò con tono paterno, facendo segno ai suoi uomini di prendere in consegna i tre ladri e conducendo i due bambini in mezzo alle auto parcheggiate; li fece sedere nel retro della camionetta, dando a entrambi una coperta, “Stanno arrivando due vostri colleghi, li ha mandati qui l’ufficio del Comandante, ci penseranno loro a scortarvi.” disse appena, che una macchina lanciata a tutta velocità sbucasse da una strada secondaria, frenando improvvisamente davanti al  loro sguardo stupefatto.

Due folte capigliature nere come la notte si stagliarono fiere contro il cielo ceruleo, sguardi stanchi e ansiosi su visi esausti esprimevano sofferenza e speranza.

Un paio di occhioni del medesimo colore, spenti come mai li aveva visti, saettarono tutto attorno, prima di incrociare i suoi, stupefatti e colmi di lacrime.

Non c’era bisogno di altre parole.

Nat balzò giù, correndo incontro al ragazzo più grande, spostò malamente un gruppo di parigrado che venivano nel senso opposto, gettandosi tra le braccia dell’amico, di quel suo caro amico che tanto gli era mancato in quei lunghi giorni lontano.

Curtis guardò con espressione indecifrabile, a metà tra lo stupore e la rassegnazione, quella scena.

“Umpf, sempre il solito, eh, Kou?” sussurrò tra sé e sé lei, storcendo il naso per un’improvvisa fitta di dolore alla caviglia, la stessa che si era storta quando Shun, tentando di bloccarne lo scatto, l’aveva scaraventata per terra e si era buttata nel Portale con Gabriel.

Lei sorrise tristemente, guardando il cielo, la gemma delicatamente accarezzata dalle dita sottili.

“Piccioncini, se non vi fosse di troppo disturbo, io vorrei indossare qualcosina di più, come dire, coprente… Questa divisa ha decisamente troppi spifferi.. E vorrei anche dormire un po’, sono esausta.” affermò con tono pacato, indicando i grandi squarci nel tessuto blu.

I due si scostarono all’istante, sorridendo imbarazzati: “Certamente, vi accompagno subito indietro.” esclamò Kou, cingendo col braccio le spalle di Nat.

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“SHUN-NEESAN!!! NEESAN!!!”

Una vocetta di bambino accolse la ragazza appena entrata in casa e una saetta mora gli piombò addosso, facendola cadere a terra.

“Ehi, scricciolo! Come stai?” esclamò la ragazza, scompigliandogli la folta chioma nerissima, “Dove eri finita, sorellona?? Sono settimane che non ci vediamo!” la abbracciò lui.

Oro nell’ebano, il piccolo che teneva addosso non poteva avere più di otto anni.

Shun sorrise: “Ero in missione, fratellino!! È stata una lunga storia.. Mamma e papà dove sono?” chiese lei, alzandosi seduta, “Sono ancora in ufficio, prima di stasera non torneranno.” s’imbronciò lui, incrociando le braccia sul petto, “Eddai, dove sei stata sorellona?? Dimmelo!!” la implorò lui, aggrappandosi alla sua divisa stracciata, “Eh no, Cloude-kun! Prima vado a cambiarmi e a mangiare qualcosa, poi, semmai, te lo spiegherò dopo!!” ridacchiò la ragazza, correndo in camera sua.

 

FINITO!!

FINALMENTE QUESTO PARTO HA VISTO LA SUA CONCLUSIONE!

Sniff, un pò mi spiace, mi piaceva tantissimo scrivere questa fic...

Snifff...

Comunque, ringrazio tutti coloro che mi hanno supportato, grazie di cuore.

Ma la storia non è finita qui.

In programma ho un secondo capitolo, in lavorazione!!

UN BACIONE

 

SHUN

   
 
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