“L'amore è un bellissimo fiore, ma bisogna
avere il coraggio di coglierlo sull'orlo di un precipizio.”
(Stendhal)
Gocce di pioggia iniziano a cadere ritmiche sopra il
tettuccio della macchina.
All’inizio sono così rade che riesco quasi a contarle una per una.
Una…due…tre…quattro,cinque…
Poi, pian, piano, in un crescendo di ticchettii, iniziano a
farsi più insistenti, aumentano di numero fino a quando non arrivano a coprire
il suono dell’autoradio costringendomi
ad azionare i tergicristallo alla massima velocità.
Le previsioni avevano dato cielo coperto senza precipitazioni, ma a quanto pare
anche il tempo oggi non vuole rendermi le cose facili.
La mia mano si sposta meccanicamente sul volume dello
stereo, alzo quel tanto che basta a distinguere le parole della canzone
sconosciuta che passano alla radio, lasciando che la pioggia crei una sorta di
sottofondo costante al tutto.
La voce dello speaker mi informa che quello appena trasmesso è il primo singolo
di non ho capito quale giovane promessa della musica pop e che adesso tocca al
brano scelto da Sara di Milano che vuole fare una sorpresa al proprio ragazzo.
Decido subito di cambiare stazione per evitare di dover di nuovo ascoltare
l’ultima della Pausini, che per carità, non è nemmeno tanto male, ma dopo 5
volte in 3 ore, preferire qualcosa di nuovo.
L’indice della mano destra preme ripetutamente sull’avanti,
passando per ben tre volte Radio Maria che, miracolosamente, prende anche in
galleria, fino a quando non riconosco le note di una canzone familiare e decido
che Orange Radio può andare.
Quando mi fermo allo stop i Negramaro stanno già
sfumando, lasciando il posto al solito jingle della stazione radiofonica
seguito subito dopo dalle varie pubblicità dei prodotti più svariati, lasciando
che la mia testa, non più occupata a cercare le parole di “Mentre tutto
scorre”, si ricordi finalmente dove sta andando e perché.
Se un anno fa mi avessero detto che un giorno sarei venuta
da te con l’intento di dirti che alla fine avevano ragione tutti gli altri, che
sì, era vero, mi ero innamorata di te, avrei riso loro in faccia insultandoli
come al solito per aver anche solo potuto pensare una cosa del genere.
In realtà ogni tanto l’ho pensato anch’io, te lo immaginavi? Sì, probabilmente
sì.
A volte mi ritrovavo a chiedermi perché con te tutto sembrava più semplice ed
il mondo più vivibile, ma la risposta che ogni volta mi davo era che,
semplicemente, la nostra amicizia era qualcosa di speciale, del resto non ho
mai voluto qualcosa di più, che altra risposta poteva esserci?
Ed invece adesso eccomi qui che guido per queste strade che
non percorrevo da tanto tempo, ma ancora così familiari da poterle fare anche
ad occhi chiusi, curva dopo curva.
Ancora pochi minuti e sarò di nuovo sotto casa tua, parcheggerò al solito
posto, ti farò uno squillo ed aspetterò che tu mi raggiunga mentre io cercherò
di respirare il più profondamente possibile.
Ad un tratto, mentre nella mia testa sto cercando di
percorrere mentalmente la serata che ci aspetta, una canzone cattura la mia
attenzione.
Non l’ho mai sentita, o se l’ho fatto non riesco a riconoscere gli accordi di
chitarra che la introducono.
Non sono mai stata un genio in inglese,
ma qualcosa riesco a capire e così, non appena capisco il significato delle
parole appena sentite alzo il volume, è incredibile come la radio sembri sempre
scegliere la canzone giusta nel momento giusto.
You, do you remember me?
Like I remember you?
Do you spend your life
Going back in your mind to that time?
Me lo sono chiesta diverse volte negli ultimi mesi, ogni
volta che ripensavo a tutto quello che c’è stato tra noi non riuscivo a fare a
meno di chiedermi se ogni tanto capitasse anche a te, se c’erano dei giorni,
dei momenti, in cui anche tu ti perdevi nel ricordo di qualcosa che ormai non c’era
più, nel ricordo di noi…
Per me è stato difficile all’inizio, non che adesso non lo sia, ma il tempo
schiarisce molti dettagli che la rabbia e le ferite offuscano; così mi
ritrovavo a pensare a te maledicendomi per averti permesso di farmi tanto male,
per non essermi accorta prima che era stato tutto una bugia, uno stupido gioco
durato tanto, troppo tempo.
‘Cause I, I walk
the streets alone
I hate being on my own
Ma anche se ogni giorno cercavo di convincermi che ormai tra
noi non c’era niente se non l’odio, a volte il bisogno di te si faceva così
forte da togliere il respiro.
Quante volte avrei voluto chiamarti o mandarti un messaggio dicendoti che
odiarti non era proprio possibile, perché sarebbe stato come odiare l’aria che
respiro, perché ormai eri già parte di me ed immaginare la mia vita senza la
tua mano da stringere, senza la tua spalla su cui appoggiarmi, sarebbe stato
pura follia.
And everyone can see that I really
fell
And I'm going through hell
Thinking about you with somebody
else
Mi ci è voluto quasi un anno per rendermi conto di una
verità così ovvia a tutti quelli che mi stavano vicino, già, ovvia a tutti
tranne che a me, o forse ero proprio io a non volerla vedere.
Saperti vicino ad un’altra persona, vederti sorridere grazie ad una voce che
non era la mia, vederti a tuo agio vicino a qualcuno che non fossi io, è stato
davvero come precipitare all’inferno e poi pian, piano, centimetro dopo
centimetro cercare di guadagnare l’uscita con le mie sole forze, e ad ogni
centimetro mi rendevo conto che gran parte della mia rabbia non era rivolta a
te, ma verso me stessa; a questa stupida che non si è accorta di cosa aveva fin
quando non ha rischiato di perderla per sempre, fino a quando ogni minima
possibilità di riappacificazione non era svanita.
How, How could we
go wrong
It was so good and now it's
gone
Come abbiamo fatto a ridurci così?
Come si passa dall’essere una cosa sola al non riconoscere più la persona che
hai di fianco?
Ho cercato di darmi tante risposte, ma alla fine l’unica plausibile che ho
trovato è che quando c’è di mezzo la rabbia si dicono un sacco di stronzate che
non si pensano veramente, e se oltre alla rabbia c’è coinvolto anche l’amore,
allora colpire per far male diventa fin troppo facile.
Ci conoscevamo così bene che non abbiamo avuto nemmeno bisogno di tante parole
per ferirci, ne sono bastate poche ma mirate per trasformare l’amore in odio…
And I pray at
night that our paths soon will
cross
And what we had isn't lost
Cause you're always right here in my thoughts
Dopo i primi mesi, non appena la rabbia ha iniziato ad
affievolirsi ho iniziato a chiedermi se sarebbe stato possibile tornare a ciò
che eravamo prima che il mondo ci crollasse addosso; quando la rabbia era ormai
sparita ho iniziato a pregare di poter di nuovo incrociare la mia strada con la
tua e ricominciare tutto da capo.
Delle volte mi faccio quasi schifo per quanto sono diventata smielata quando
capita che salti fuori il tuo nome, mi sento di nuovo una quindicenne alle
prese con la sua prima cotta, no, col suo primo amore, col batticuore, il
cellulare vicino al cuscino per aspettare una tua risposta al mio messaggio,
perché un po’ abbiamo recuperato, non siamo certo ciò che eravamo, ma almeno ci
stiamo provando.
You'll always be
in my life
Even if I'm not in your life
Because you're in my memory
Mancano soltanto un paio di curve e finalmente decideremo
cosa fare di quel “noi” che abbiamo
lasciato per troppo tempo da parte; “tu” deciderai cosa farne, io ho fatto la
mia scelta il giorno in cui mi sono finalmente accorta di amarti.
Ho deciso che l’amicizia non mi sarebbe più bastata, che non avrei più voluto
dividerti con qualcun altro, che avrei avuto il cento per cento o non avrei
avuto niente.
E se anche dovessi dirmi che non puoi e non vuoi ricambiare i miei sentimenti,
se anche le nostre strade fossero destinate a non incontrarsi più, ci sarà
sempre con me una parte di te.
You, will you remember
me
And before you set me free
Oh listen please
Prima di abbandonare ogni speranza lasciandoti andare per sempre
ho bisogno comunque di sapere, di sapere che anche quell’un percento di
possibilità che abbiano sempre visto bene gli altri quando pensavano che
stessimo insieme, non era altro che un vaneggiamento, una vana speranza di una
donna che si è scoperta innamorata troppo tardi.
Quando capirai perché sono sotto casa tua, perché i miei occhi sembrano quelli
di un cucciolo che impaurito ed incerto si avvicina alla tua mano, mi
ascolterai?
Avrai voglia di ascoltare quello che penso tu già immagini?
Anche se poco, spero che qualcosa di me rimanga comunque con te, come uno di
quei ricordi che attecchisce così in profondità che estirparlo diventa
impossibile.
Quando sono finalmente sotto casa tua parcheggio a quello
che era il solito posto, prendo il cellulare abbandonato sul sedile del
passeggero e compongo il tuo numero aspettando un paio di squilli per poi
riattaccare.
Sai che sono qui.
Faccio un paio di respiri profondi.
Ti vedo uscire dal portone di casa.
Inspiro…espiro…inspiro…
Quando ho realizzato di amarti è stato come buttarsi bendati
giù da una cascata, io che ero tanto convinta di non poter mai provare qualcosa
per un’altra donna, mi ero innamorata di te.
Ripetermelo nella testa è ancora un po’ strano, ma alla fine sono arrivata a
convincermi che se è questo che provo per te, non è per via di quello che sei,
ma per il “chi”, perché in qualsiasi forma ti avessi incontrato, uomo, donna,
quarantenne, ventenne, non avrei potuto fare altro se non amarti.
Entri in macchina, e non appena richiudi la portiere, la macchina
si è già riempita del tuo odore, sa di spezie orientali, forte, ma non troppo,
troppo facile associarlo a te.
“Sei in ritardo Giò”
E’ strano come adesso sentirti pronunciare il mio nome mi suoni così…così bello, non è più una cosa normale, sei “tu”, “tu” che pronunci il “mio”
nome.
“Idioti per strada. Hanno paura di uscire
di strada e vanno ai 40, nemmeno fossero nel mezzo di un tifone”
“Nh”
Non sei mai stata di tante parole, hai sempre preferito dire quelle essenziali,
senza tanti fronzoli.
Nell’ansia di vederti non mi ero nemmeno accorta che alla radio avessero
cambiato canzone, adesso c’è una canzone del momento che non riconosco, ma
potrebbero passare anche i Queen e non li riconoscerei lo stesso.
Avevo immaginato questo momento migliaia di volte nella mia testa, ti avrei
portata nel nostro solito bar, un aperitivo, qualche chiacchiera mondana e poi
ti avrei chiesto di andare a fare quattro passi…non
credo adesso ti andrebbe di camminare sotto la pioggia.
Mando all’aria tutti i piani, non riuscirei ad aspettare ancora e cercando di
raccogliere tutto il mio coraggio, tutta la determinazione che sembra avermi
improvvisamente abbandonato ti vomito addosso tutte lei mie emozioni, tutti i
miei sentimenti, tutto.
Cerco di seguire un filo logico, ma come si fa a seguire un filo logico quando
si cercano di spiegare le ragioni del cuore?
“Io…ti
amo…”
Dopo averci girato intorno per almeno dieci minuti,
finalmente ti dico quello due parole che pesano come il piombo.
Le vedo affondare dentro di te, vedo il tuo sguardo prima sorpreso, non da ciò
che provo,no, sicuramente te lo immaginavi, ma
non credevi te lo avrei mai detto così esplicitamente, poi arrabbiato,
deluso, contrariato…
In un secondo sul tuo viso passano mille espressioni diverse e ad ognuna di esse
il mio cuore rallenta, fino quasi a fermarsi.
L’unico suono che si sente in macchina è quello della radio
e della pioggia che continua a cadere incurante di tutto quello che sta
succedendo all’interno della mia auto.
Cerco di riprendere il controllo, di trattenere le lacrime, di costringere
qualcosa a battere di nuovo nel mio petto.
“Stavolta o tutto o
niente Cla. Non riuscirei più ad accontentarmi della
parte di te che vuoi permettermi di avere a fianco, voglio tutto, tutto ciò che
c’è dietro le tue tante barriere, non posso più accontentarmi delle briciole di
te.”
Mi sorprende la lucidità con qui riesco a pronunciare queste
ultime parole.
Aspetto una risposta che non arriva, te ne stai semplicemente seduta di fianco
a me con i capelli scuri che fanno tanto stacco sul tuo semplice maglioncino
bianco, con lo sguardo perso fuori dal finestrino, una tortura peggiore del
sentirmi dire che non mi vuoi, non nel modo in cui ti chiedo io.
E ad un tratto te ne vai.
Così.
Apri la portiera e te ne ritorni a casa, senza un insulto, senza un “mi
dispiace”, niente…
Non ho nemmeno la forza di venirti dietro.
Mi hanno appena strappato il cuore dal petto e lo hanno sostituito con lame
roventi.
Ti ho persa, ti ho persa per sempre.
Mi accorgo di star piangendo soltanto quando le nocche che stringono il volante
con tanta foga da essere diventate bianche iniziano ad appannarsi.
Piango in silenzio per quelle che sembrano ore prima di girare la chiave e
tornare verso casa, percorrendo le strade che conducono a te per un’ultima volta,
completamente svuotata di tutto.
. . .
Di fronte ad una scrivania piena di scartoffie, Giorgia
tenta di buttare giù una relazione sul convegno dedicato all’utilizzo delle fonti
d’energia rinnovabili all’interno della provincia al quale ha partecipato il
giorno prima.
Le dita si muovono svelte sui tasti del portatile, fermandosi soltanto per portare
alla bocca la tazza di tè appoggiata sopra un vecchio numero di GQ.
E’ passato poco più di un mese da quando ha aperto il suo
cuore a Claudia, da quando tutti i sogni, tutte le speranze sono crollate come
un castello di carta nel mezzo di un terremoto.
Ha continuo a comportarsi normalmente col resto del mondo, cerca di non
mostrare agli altri che quello che hanno di fronte non è altro che un involucro
vuoto, privato di ogni emozione, alle volte ci riesce, altre meno.
A niente serve l’aiuto delle amiche che le ripetono soltanto che glielo avevano
detto, che dichiararsi a Cla non sarebbe mai potuta
essere la scelta migliore, che si sarebbe solo umiliata di fronte all’altra.
Da sopra una mensola la radio continua a mandare musica
senza sosta, pop, rock, inglese, italiano, canzoni su canzoni si susseguono senza
mai raggiungere la ragazza davanti allo schermo.
Quando lo speaker annuncia la prossima hit, Giò non
ci fa caso, non si accorge cosa stanno passando finché non sente le parole che
l’hanno accompagnata quel giorno.
Per un istante resta immobile sulla sedia, poi toglie gli occhiali e pigramente
si stira.
Guarda fuori dalla finestra e vede l’estate avanzare tra le foglie del ciliegio
ormai privo dei suoi frutti, sorride al ricordo dell’ultima abbuffata che le ha
fatto passare una notte d’inferno.
Per un secondo nella sua mente rivede un viso familiare
guardare fuori dal finestrino di un’auto, grandi occhi azzurri persi in un
mondo dove a lei era stato negato di entrare.
Altri ricordi di quegli occhi le riaffiorano alla mente, occhi che ridono, che
sognano, che sembrano scavarti dentro fino ad arrivare nei meandri più profondi
della tua anima.
Sente gli occhi iniziare a bruciare, l’ormai familiare voragine che ha nel
petto allargarsi ancora di più, e mentre cerca di ripetersi che non deve
lasciarsi andare così, che ce la può fare, può affrontare tutto questo, deve affrontare tutto questo, il
campanello la riporta alla realtà.
Riesce a ricacciare indietro le lacrime e calmarsi.
Grida un “arrivo”, salva i processi
fatti con la relazione e scende le scale con calma.
“Mamma, cos’hai dimenticato stavolta,
possibile che tu non…”
Le parole le muoiono in gola.
Il cuore dapprima salta uno o due battiti, poi inizia furioso a sbatterle nel
petto con tanta forza che teme possa scoppiarle.
“Mi fai entrare o vuoi
lasciarmi qua fuori?“
Le servono cinque minuti buoni prima di ricollegare il
cervello e rendersi conto di cosa Claudia abbia detto.
Giorgia si fa da parte per far passare la mora, la guarda ancora inebetita come
se avesse di fronte un fantasma, chiude la porta dietro di se e raggiunge l’altra,
una volta una di casa.
Trova l’altra al
piano di sopra, appoggiata con una spalla allo stipite della porta con gli
occhi azzurri che si guardano intorno alla ricerca di qualche cambiamento in
una camera che conosceva come la propria.
“Madonna che macello Giò.”
Cla si volta appena quando sente la padrona di casa a
pochi passi da se per poi andarsi a sedere sulla poltrona di pelle nera che
Marcello ha regalato alla sorella qualche natale prima.
Giorgia non sa cosa pensare, nella sua testa ci sono mille
domande e non a tutte sa trovare un risposta, non riesce a capire il senso
della presenza di Claudia a casa sua.
Per più di tre mesi era sparita lasciandola nella disperazione più totale, e
adesso eccola lì come se non fosse successo nulla.
Avrebbe dovuto cacciarla in malo modo, che senso aveva giocare così con i suoi
sentimenti ora che sapeva cosa provava?
Non le era forse bastato mandare in pezzi il suo mondo?
Aveva bisogno di un passatempo per riempire giornate troppo monotone?
Le lacrime iniziano a bagnarle il viso senza che lei nemmeno
se ne accorga, non ha le forze per impedire loro di scendere, non adesso, non
con Cla che si ripresenta mandandola nella confusione
più totale.
La mora si alza lentamente dalla poltrona, con passi lenti, come se dovesse
avvicinare un cucciolo impaurito e ferito, come se dovesse avvicinare Giorgia.
Arriva a pochi centimetri dalla donna scossa dai singhiozzi quando quest’ultima
si ritrae di scatto.
“Che cosa vuoi Claudia? Cosa…cosa sei venuta
a fare? Io…non hai il diritto di ripresentarti qui”
Ma Claudia non l’ascolta, l’abbraccia nonostante l’altra cerchi di
allontanarla, incurante dei pugni che le arrivano, troppo deboli per essere anche
solo minimamente credibili.
Giorgia si abbandona finalmente contro l’altra, scossa dai singhiozzi l’abbraccia
con tutte le sue forze, come se da un momento all’altro potesse sparire, come
se da quell’abbraccio dipendesse tutta la sua vita.
Passano i secondi, i minuti, e dopo quella che sembra un’eternità la mora si
scosta un po’ dall’altra, posa il suo sguardo sull’altra che però tiene gli
occhi gonfi e rossi rivolti verso il pavimento.
Agisce senza pensare quando con il pollice asciuga le lacrime che sa di aver
causato e quando Giorgia decide finalmente di guardare Claudia, il nocciola dei
suo occhi si rispecchia nell’azzurro di quelli che ha davanti a se, e la terra
ritrova finalmente il suo cielo.
“Mi dispiace Gio”
I singhiozzi si stanno lentamente calmando, ed è incredibile come un semplice ‘mi
dispiace’ abbia il potere di far tornare in lei quella minuscola briciola di
speranza che la ragione le urlava di non far riaffiorare.
“Che significa mi dispiace? Hai idea di
come sono stata in questo mese? Di cosa abbia passato? Pensi bastino le tue
scuse per cancellare tutto?”
Ma nonostante le sue stesse parole, Giorgia deve arrendersi al fatto che sono
già bastate delle semplici scuse per cancellare tutto, sa che qualsiasi persona
sana di mente le avrebbe detto di ragionare, di non farsi di nuovo prendere in
giro dalla donna che ha di fronte, ma sapeva di combattere una battaglia persa
in partenza contro la razionalità nel momento stesso in cui aveva aperto la
porta di casa.
“No, non penso bastino le mie scuse, ma
speravo potessero essere un punto di partenza…”
E la speranza si fa sempre più spazio all’interno di Gio,
ruba sempre più centimetri alla razionalità fino a quando non l’ha completamente
sovrastata, anche se qualche piccola, fragile barriera cerca ancora di tenersi
in piedi.
“Io…No Cla, non puoi tornare
e pretendere che io dimentichi tutto…no, io…”
Ma basta che i loro occhi si incontrino di nuovo per dimenticare tutte le
ragioni per cui non dovrebbe gettarsi tra le braccia dell’altra, per cui non
dovrebbe sentire il cuore così leggero,
e in un attimo sono di nuovo abbracciate.
Dopo qualche minuto, o ore, o giorni, finalmente si separano
e sul volto di Giorgia torna finalmente il sorriso.
Poco importa se affrontando le amiche dovrà sorbirsi insulti e prediche sulla
coerenza, sull’importanza di agire con la testa, di pensare prima di buttarsi a
capofitto in qualcosa, poco importa se per un mese non ha fatto altro che
pensare a quella giornata di pioggia, se ogni notte rivedeva tutta la scena
volta dopo volta.
Ora Claudia era lì, davanti a lei, per lei, e niente al mondo l’avrebbe fermata dal cogliere quell’occasione di ricominciare.
Somebody wants you,
Somebody needs you.
Somebody dreams about you every
single night.
Somebody cant breathe, without you it's lonely.
Somebody hopes that one day
you will see, that somebody's
me.
That somebody's me.