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Autore: Light_Girl    08/08/2018    3 recensioni
[Remake della mia storia "Love and Blood", ancora presente su EFP.]
Tutti così diversi, sperduti e distanti tra loro ma legati misteriosamente dallo stesso filo conduttore: il filo del Destino? Il filo del Caso? In cosa differisce il Destino dal Caso e chi o cosa definisce l'idea della loro distinzione?
Tutti protagonisti della stessa contorta storia e, forse, anche artefici di essa: ma in cerca del Bene o del Male? Dell'affetto o del sangue? Come si può essere vittime e artefici della stessa storia quando contemporaneamente è la storia stessa ad essere vittima della creazione?
Vincent, il Purple Guy, è solo un disturbato mentale? Filea nient'altro che un esperimento continuo? Elise un'infantile ragazza che parla di sé in terza persona? Scott è niente di più di una persona dai modi scontrosi e sempre col telefono in mano? I sei bambini degli ingenui sprovveduti? E le loro anime ossessionate da semplice vendetta? O è forse la marionetta a custodire questo ardente desiderio come un oscuro segreto?
E, in ultimo: quanto basta per precipitare nel baratro?
Per rispondere a tutte queste domande, bisogna guardare oltre la storia da loro ideata ed essere disposti a precipitarci, in questo abisso.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Purple Guy/Vincent, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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His Point of View


«Levati… levati, levati, levati…»

Sono seduto in ginocchio davanti al lavandino da quando mi sono alzato dal letto.

Sotto al getto d’acqua le mie mani continuano a strofinarsi l’una contro l’altra, mentre io attendo che quel rosso scarlatto che mi era sembrato di vedere appena sveglio sparisca definitivamente dai miei occhi, prima colmi di sgomento e terrore, ora traboccanti di rabbia verso questo odioso inconveniente.

«Così tanto una scocciatura…» inizio a sibilare appoggiando la testa sul bordo del lavandino, seccato.

Non è questo il momento di avere il rosso addosso; io non ho fatto niente, non ce l’avevo quando ho chiuso gli occhi. Però quando li ho riaperti c’era. E l’ho visto. Non è la prima volta, insomma, chi è che continua a farmi questi scherzi da idiota?!

Finalmente decido di alzarmi in piedi. Alla mia attenta analisi ora le mie mani sembrano pulite, ma è come se fossero ancora sporche. Dopo aver riflettuto brevemente sul da farsi, con un sonoro sbuffo raggiungo l’armadio di camera mia per mettermi un paio di guanti. Ridacchio tra me: ora quella persona che si diverte tanto non potrà più farmi sporcare! Freeegato!~

Una volta in cucina per fare colazione mi accorgo distrattamente di avere sette chiamate perse da parte di Scott. Mi limito a posare il telefono sul tavolo pensando che da un lato adoro il fatto che mi abbia telefonato così tante volte, ma che dall’altro non ho voglia di parlargli e lo farò solo quando avrò mangiato i miei toast. Peccato che dopo aver iniziato a spalmare la marmellata sulla loro superficie inizi a chiamarmi e messaggiarmi nuovamente con insistenza, costringendomi a terminare in fretta. Così mi sfilo nervosamente un guanto lanciandolo dalla parte opposta della stanza per rispondere.

«Vincent! Ti rendi conto di quante volte ti ho chiamato nell’arco di un’intera giornata?!» mi strilla in un orecchio.

«Dieci.»

Addento un altro toast.

«Per l’appunto, questo non ti fa pensare che forse se…- cos’era quel crack? Stai mangiando? Non dirmi che sei ancora a casa.»

«Umph, già.»

«…ti prego, dimmi che hai appena finito, sei già vestito e sai benissimo che oggi sei di turno al Freddy’s. »

«Ho appena finito, sono già vestito e so benissimo che oggi sono di turno al Freddy’s» ripeto, annoiato.

«Oh, menomale. Però sbrigati, sono le cinque e mezza e avresti dovuto essere qui già da molto prima.»

Sgrano gli occhi. «Come? Cinque e mezza?»

Lo sento sospirare, seccato come suo solito. «Precisamente. Assicurati di essere qui presente davanti a me prima di mezzanotte, almeno. Ci vediamo…» dice, prima di riattaccare.

E la mia attenzione si sposta automaticamente sulla divisa viola, spiegazzata e abbandonata sul divano scuro: nonostante non sia la prima volta che la guardo o la indosso, una sensazione di disagio mista a irritazione si fa spazio dentro di me.

«Così tanto una scocciatura…» mormoro, mentre mi chino per riprendere il mio guanto da terra.


***


Filea’s Point of View


Guardare la pioggia notturna cadere attraverso il vetro spesso – per fortuna – della finestra mi dà un senso di malinconia. A volte credo che mi piacerebbe toccarla; mi piacerebbe conoscere la sensazione dell’acqua al tatto. O meglio, mi piacerebbe conoscerla un’altra volta. Non ho idea di quanto tempo sia passato da quando sono entrata in contatto con essa e da quando non mi è stato più possibile farlo.

All’inizio ci ho provato ancora, a toccarla o anche a berla. E non è stato così male. Voglio dire, non mi sentivo molto bene, però non mi recava sofferenza e pensavo che ignorando il fuoco dalle mani sarebbe andata bene. Sorrido lievemente, sebbene nel mio sorriso non ci sia nulla di gioioso nel ricordare quei tempi.

“Ignorarlo”… come ho solo potuto pensare di ignorare una cosa del genere? Con quale coraggio? Anzi, con quale stupidità? Pensavo che tutto dipendesse da me, che nel caso avessi voluto usare quel fuoco lo avrei fatto, così come se non lo avessi voluto sarebbe rimasto buono e silenzioso. Ma come potevo solo pensare di usare con tanta facilità e autocontrollo una cosa che mi era stata messa con la forza e che quindi non mi apparteneva per davvero?

Con un breve sospiro stringo le gambe al petto, sistemandomi meglio sul pavimento.

E qual è la cosa comica di tutto questo? Che fu il morso di un vampiro a rendermi in questo modo.

Usare il termine “vampiro” in ambito reale e non nelle storielle è strano. A pensarci, se io stessa fossi protagonista di una qualche storia, penserei che tutto ciò sia alquanto irreale, inverosimile, impossibile, assurdo, assolutamente improbabile. Anche il lettore penserebbe lo stesso, affascinato o non da queste creature. È un po’ come dire “Un succo di frutta mi ha urlato bevimi”: è impossibile, ma la persona che ha pronunciato questa frase insiste nel dire che è la verità. Saranno pensieri scontati, ma è esattamente così che mi sento.

«Thayron…»

Come pronuncio sovrappensiero questo nome sento qualcuno abbracciarmi da dietro con delicatezza ma bloccando parte dei miei movimenti e, appena me ne rendo conto, tento di voltarmi indietro per spingerlo via.

«Pensi a Thayron ma non ad Elise. Elise è triste per questo tuo atteggiamento, Filea. Ti ricordi almeno di Elise?» dice la voce femminile dietro di me. È evidentemente una persona adulta, ma il tono da lei usato è forse un po’ infantile.

A queste parole smetto di ribellarmi alla sua stretta fredda, sorpresa. «Elise…?» ripeto, riconoscendo la ragazza che parla sempre in terza persona.

«Elise è proprio dietro di te, Filea. A Elise mancavi, le mancava anche il sapore del tuo sangue. Purtroppo Elise non è qui per questo. Glielo farai assaggiare ancora, se te lo chiede per favore?»

Sento il suo fiato sul mio collo e rabbrividisco: non mi piace questa sensazione e tento di resistere all’impulso di provare ad allontanarla da me. Non la vedo da tempo; se non è venuta per la sete, che cosa ci fa qui proprio ora? Voglio che se ne vada. Mi ricordo di Elise e sembra docile, ma credo non mi convenga essere aggressiva; ho paura che una mia singola azione sbagliata possa nuocere a me stessa. Posso usare il fuoco, sì, ma non sono per niente agile e, soprattutto, non l’ho mai usato per autodifesa o contro un’altra persona in generale. Direi che quasi non so come si usi.

Decido di ponderare bene le parole: «Mi ricordo di te. Eri insieme a Thayron quel giorno e ci siamo viste altre volte. Sono dispiaciuta per averti ferita e resa triste, non era quello che intendevo fare… in realtà mancavi anche a me. Come stai ora? E cosa ti porta qui?».

La sua risata sottile arriva direttamente al mio orecchio sinistro e non oso girarmi in quella direzione.

«Oh, Filea, come mai sei così tesa? Il tono delle tue parole gentili e calme è così contrastante col tuo stato d’animo. Elise non vuole farti del male, solo renderti un po’ più simile a lei.»

Avverto le sue braccia avvolgere maggiormente il mio corpo come una morsa e mi sento ogni secondo di più in trappola, a disagio e ad un passo dal gridare in preda al panico. Mi sento consapevole del fatto che stia per accadere qualcosa di spaventoso e, davanti al pericolo, il mio cervello è andato completamente in tilt, conteso tra opzioni che sembrano venire urlate nella mia testa a ripetizione: attaccarla – senza un minimo di capacità –, tentare di portarla dalla mia parte o comunque farla smettere con le “buone” – avendoci avuto a che fare forse mi darebbe ascolto…? Sarei in grado di farlo non essendo lucida? – o urlare per chiamare aiuto.

«Elise è stata qui per così tanto tempo ad osservarti in questi anni e per lei eri come una caramella dolce che non si fa altro che desiderare di scartare.»

In questi pochi secondi non riesco a capirci più niente, e il mio istinto decide di fare tutte le cose insieme senza il mio pieno consenso.

«As-p-petta, Elise…!» esclamo cercando di divincolarmi, prima piano ed ora con maggiore insistenza. Voglio davvero solo che mi lasci.

Tuttavia la mia disperata voce viene del tutto sovrastata dal suono scrosciante della pioggia e, dentro di me, un pensiero silenzioso ed estraniato – poiché fuori luogo – da tutti gli altri confusi ed imprecisi proferisce: “Per la prima volta nella mia vita sento di odiare la pioggia a morte”. Riesco quasi a sentirlo pronunciare da un’altra me stessa nel medesimo momento in cui una potente fitta alla spalla blocca qualsiasi mio movimento e pensiero, scaraventando ogni mio senso in un abisso di dolore incommensurabile e tale da togliermi il fiato. Ma è questione di qualche secondo perché io inizi a portarmi in avanti con la forza che riesco a raggruppare; in breve tempo, nella mia confusione generale avverto il corpo di una persona cadermi addosso e provocarmi una seconda stilettata di sofferenza. Quando finalmente il dolore lascia spazio ad un intenso bruciore, vengo lasciata andare e il peso sulla mia schiena scompare. Il temporale mi pare più forte di prima, eppure riesco chiaramente a udire una voce che disturba i miei timpani come se arrivasse dritta ad essi con un megafono:

«Ora Elise sta bene, ti ringrazia per averlo chiesto. Elise ti ha lasciato scritte tutte le indicazioni di cui avrai bisogno sui block notes, non vuole che tu ti senta disorientata come lo era lei. A presto, Filea.»

Tra queste parole rimbombanti, avverto un sapore metallico e piuttosto singolare e, come i bambini che quando si tagliano un dito lo portano alla bocca, non posso fare a meno di pensare che mi piaccia molto.

 

 

 

---

 

 

[Angolino dei pazzi in libertà - vigilata -]:

HEEEEY! *saltella*

Qui è Light! OwO Non so quanto tempo è passato da quando ho smesso di essere presente su EFP, ma ora sono tornata più schizzata di prima! Con il remake di Love and Blood. Ammetto che all'inizio il piano era quello di riscriverla con uno stile più vicino a quello che ho adesso ma senza cambiare granchè; invece ora credo che la cosa mi sia semplicemente sfuggita di mano. OPS-

Fiamma ora si chiama Filea, ad esempio. E Vincent non è più così gentile- (vero, ChanChan?)

Scott non ha più un telefono al posto della testa e Vincent non ha più la carnagione viola. Ho pensato di voler rendere il tutto più verosimile, anche se mi ero affezionata ai loro aspetti e caratteristiche durante la prima stesura della storia...

Mi farebbe davvero piacere sapere cosa pensate di questo capitolo volutamente caotico - e dell'introduzione, che sembra partorita da una mente problematica -, sia che abbiate letto la precedente "versione" e non. 

Reggetevi forte, che il baratro che ho menzionato nell'introduzione è pericoloso!

Ci vediamo nel prossimo capitolo~ :3

 

Light_Girl

 

   
 
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