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Autore: Yellow Daffodil    09/08/2018    3 recensioni
Lui, lei, loro.
Lui: guerriero per scelta, idiota per nascita. Un cuore dietro all'armatura? Magari, dato che la principessa lo sta aspettando da anni!
Lei: cioè io, sopracitata principessa, rinchiusa nel castello del disagio e sorvegliata dal drago del trauma. Aspetto che un guerriero valoroso sovverta la maledizione che mi ha fatto innamorare di un idiota. Ma mi sa che è un circolo vizioso, vero?
Loro: un branco di brutte persone, ex compagni di classe, ma ancor meglio di vita, tutti talmente incasinati che, se inizierete questa storia, di sicuro incasineranno anche voi.
Pensate che non sia possibile? Solo due capitoli, e poi ne riparliamo.
***
Dall'origine del male, "Io e te è grammaticalmente scorretto", giungiamo al termine dell'evoluzione darwiniana di questa allucinante storia. Dopo "Io e te non è completamente sbagliato", arriva il seguito, nonché gran finale della trilogia: "Io e te è semplicemente complicato"!
Nulla è meglio di un ossimoro per descrivere ciò che avrete letto e leggerete. Con affetto e sarcasmo,
Yellow Daffodil
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Io e te'
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Riassunto della puntata precedente: avevamo lasciato la nostra Marinella tra le braccia di Sayid, triste per l'imminente distacco da Mattia e tutto ciò che lui rappresenta, ma allo stesso tempo sicura di sé e del piano che ha ideato. Quale piano? Quello secondo cui allontanarsi da Mattia è l'unico modo per lasciarlo libero: deve compiere la scelta che ritiene più giusta, anche se fosse partire per la Siria e rischiare di non rivedersi più. A questi drammi personali, si aggiungono quelli del resto della classe, che ora come non mai sembra affetta da una sfiga cosmica: Lorenzo non è ancora riuscito a trovare un donatore di fegato, Marco ha lasciato che un litigio tra lui e Federica mettesse Rachele al corrente della separazione dei suoi genitori, Francesco non ha saputo trattare con Alessandra, la quale è scappata da Cecina senza l'intenzione di ritornarci. Qualcosa di positivo, tuttavia, fa in modo che non crolli tutto a picco: Nelli e Diego hanno finalmente fatto pace e le nozze sono alle porte! Il gran giorno sta per arrivare, dunque è meglio affrettarsi con i preparativi. Per vivere al meglio la giornata si consiglia di appianare tutte le discrepanze con il prossimo, ma... ce la faranno i ragazzi dell'ex 5^A oppure questo è il preludio di un matrimonio disastroso? Mattia e Marinella riusciranno a pronunciare il loro discorso da testimoni, o rovineranno tutto ancor prima di prendere mano al microfono? Quando inizia il conto alla rovescia per l'apocalisse?




"Io e te" è semplicemente complicato 

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Io credo nel matrimonio, lo giuro, lo giuro!

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"La felicità, sì, la felicità. A proposito di felicità, cercatela! Tutti i giorni, continuamente,

anzi, chiunque mi ascolti ora, si metta in cerca della felicità, ora, perché è lì,

ce l'avete, ce l'abbiamo, perché l'hanno data a tutti noi."

- Roberto Benigni, Monologo sulla felicità

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"E questa invece è mia cugina Neferi." Sayid scorre sullo schermo con l'indice. "Ha sempre questa faccia, vedi?"

Il problema è che tutta la famiglia di Sayid ha sempre la stessa faccia. Guardano nell'obiettivo con occhi caldi e languidi e il sorriso da Stregatto, come a volerti ipnotizzare, come sirene che ti ingannano verso la loro voce e poi ti trascinano giù negli abissi per sempre.

Non so perché, ma sto vivendo molto male il corteggiamento di Sayid.

Cioè, non che mi stia deliberatamente rimorchiando, però da dopo la notizia della casa a New York avverto una sensazione di oppressione che mi invade ogni volta che lo vedo. Certo, ha comprato quell'appartamento per lui, eppure quello era il mio appartamento, cioè quello che piaceva da morire a me, cosa che sembra in tutto e per tutto poco casuale... no?

Non voglio tornare assieme a lui, ma indipendentemente dalle mie convinzioni, è come se mi sentissi minacciata dai suoi sorrisi, dalle sue uscite e, soprattutto, dalle foto della sua famiglia che mi sta facendo vedere da mezz'ora.

A quanto pare il viaggio a Beirut gli ha riempito la galleria e ora se ne sta vantando con me, senza che io, o nessun'altro, gliel'abbia chiesto. Molto probabilmente è l'ennesimo tentativo di convincermi a cambiare idea ed entrare a far parte della sua stirpe. Ecco perché mi sento oppressa: mi pare di essere in uno di quei film horror, dove aggregandoti superficialmente a persone apparentemente innocue, ti ritrovi poi a fine film senza memoria e senza dignità, convinta di essere tutt'altra persona rispetto all'inizio. Lavaggio del cervello, in poche parole.

Prima di venire qui a Cecina non l'avevo realizzato, ma Sayid ha sempre avuto il ben celato desiderio di accorparmi al suo mondo e di farmi gradualmente diventare parte di lui. Sayid non ha mai creato un noi... era solo un io più te. Certo, non metto in dubbio che tenesse davvero a me e che tutt'ora ci tenga, però a posteriori mi è chiaro quanto in realtà sia un ragazzo manipolatore.

Mentre pensavo tutto ciò, Sayid ha aperto Facebook e si è messo a cercare sua cugina per spiegarmi quanto lei sia brava a cucinare il Tabbooleh, a differenza dell'altra cugina e della zia di cui non ho capito il nome. Mi ha ricordato molto quando Dimitri insegna ad Anastasia l'albero genealogico di Romanov, solo che a differenza di Anastasia, io non ci guadagno nulla a sapere quello dei Matar, e ad essere del tutto sincera, nemmeno mi interessa.

In un clima diverso, potrei anche incuriosirmi, ma per il momento mi risulta assolutamente impossibile. Perché? Perché il matrimonio è domani mattina - domani mattina, gente - e qui sembra essere piombato il caos; non è di certo la circostanza adatta per mettersi a parlare di piatti tipici libanesi.

Infatti, il salotto di villa Magna è lo scenario preapocalittico che mai vorreste vedere nella vita. Sono solo le sei di sera e già sono arrivati tutti i parenti degli sposi, compresi i signori Magno, poi i nostri compagni che mancavano all'appello e con loro un fiume di valigie che sicuramente non rendono la visione d'insieme più ordinata.

Io pensavo che i matrimoni fossero un universo di lacrime di commozione e unicorni che vomitano arcobaleni, ma a quanto pare mi sbagliavo. In realtà, sono un inferno; una cupola di negatività dove le persone si impanicano ogni secondo sempre di più e dicono stronzate... tante stronzate. Ho appena sentito una zia di Magno urlare: "Oh mio Dio, tua moglie è così brava a cucinare!" mentre si ficcava in bocca una tartina preparata da Marco Ravasi.

Per dire, ora sono tutti riversati qui, stanno criticando, disquisendo e discutendo, mentre Sayid imperterrito mi mostra foto dei suoi parenti, stravaccato sul divano. Mi sono seduta nell'angolino accanto a lui, il suo profumo d'incenso che come al solito mi stordisce, assieme al chiacchiericcio intenso della stanza. Se mi chiedessero ora dove sono e come mi chiamo, ci metterei un po' a rispondere: le mie facoltà di ricezione, che già normalmente sono scarse, risultano messe alla dura prova da tutti questi fattori.

Non sarebbe stato meglio un buon vecchio matrimonio tra pochi intimi? Magari in un'isola deserta alle Hawaii e senza ricevimento con i parenti millenari?

Il mio ex fidanzato continua a spiegarmi come si dovrebbe cuocere l'agnello, ma anziché solo far finta di ascoltarlo, mi isolo nei pensieri e scruto chi mi sta attorno. Cerco di non soffermarmi troppo sulle zie, le nonne e le trisavole: hanno dei cappelli grotteschi, mi fanno paura. Mi incanto invece ad osservare i signori Magno, che stanno parlottando sull'entrata assieme ad un altra coppia della loro età. Guardo la donna: magrissima, occhi azzurri e occhialoni da vista. Poi guardo l'uomo: bassino, sorriso timido e occhialoni da vista. Non c'è dubbio; sono i genitori di Gloria. Anche se non li avessi riconosciuti dall'aspetto, mi sarebbe bastato fidarmi delle impressioni a confronto con i Magno. Gregorio, il papà di Alessandro, indossa un completo grigio chiaro che regge fermamente con i pugni chiusi sull'orlo della giacca. Si guarda attorno con un sopracciglio alzato, palesemente diffidente su tutto ciò che succederà da qui a ventiquattr'ore. La mamma di Alessandro, invece, se ne sta impettita nel suo tailleur in pendant con i colori del marito, capello lucente appena piastrato e labbra rigorosamente rosse. La madre di Glo, in confronto, sembra quasi un topolino; con il suo chignon grigio e disordinato, le lenti che scivolano sul nasino dritto e le mani ossute strette nervosamente attorno alla borsa. Il papà di Gloria, se possibile, sembra ancora più stonato rispetto al gruppo e all'ambiente. Sembra quasi... sì, sembra uno di noi. Uno della classe, intendo.

Si intuisce a vista il suo enorme disagio, che gli evidenzia le rughe e gli fa sudare la fronte. Assieme alla stempiatura avanzata, il signor Ferrucci ha pure una bella pancia pronunciata, che fa di lui qualcosa di simile a un ovetto ripieno di inadeguatezza. Ha comunque un sorriso gentile, lo stesso che c'è sempre anche sul volto di Gloria, ma è un disagiato come noi, si vede lontano un miglio. Per questo mi sta simpatico a pelle.

I vari parenti non la smettono di arrivare; stanno giungendo a frotte e sarà forse il profumo alla Jigly Puff di Sayid, ma a me pare proprio che stiano entrando da ogni apertura della casa, come formiche che si riversano impazzite nel formicaio. Addirittura, credo di aver appena visto due cuginetti di Magno saltare dentro il salotto dalla finestra come caprioli in una strada di montagna.

Mi devo allontanare al più presto da Sayid.

Parlando di cugini, chi non mi aspettavo di vedere è proprio Carlo Magno, che invece si è presentato qui con nonchalance e soprattutto con un look di gran lunga più casual dell'ultima volta in cui l'abbiamo visto. Ora indossa t-shirt profane e jeans strappati, che per quando mondani, su di lui stanno davvero, davvero bene.

Oddio, com'è bello.

Mi fa davvero rabbia non aver mai potuto godere di lui come ragazzo single. Prima prete, poi amante di Vacca; tra l'una e l'altra fase, nemmeno un giorno di pausa. Ai miei occhi è sempre stato un tipo impegnato, il che, ad essere onesti, pare davvero uno spreco. Però sembra molto sereno con Vacca che gli orbita attorno... sembra abbia trovato il suo satellite. O meglio, sembra aver trovato la sua via, quella giusta, questa volta, come una stella che ritorna finalmente nella Via Lattea o come Paolo che va verso Damasco.

Ma cosa sto dicendo?

Mi sistemo meglio sul divano e mi volto per respirare ossigeno puro, perché mi sto rendendo conto che persino i miei pensieri non hanno un senso. Quindi tossisco fuori un po' di quell'aria pesante per farne entrare in circolo di nuova.

"You alright?" mi fa Sayid, stoppando finalmente la sua litania.

Lo guardo male non sapendo nemmeno il perché, forse per il profumo, forse perché ha parlato in inglese facendomi sentire ancora più oppressa. Il mio periodo newyorchese è stato lungo, è vero, ma sta anche, fortunatamente, diventando solo un ricordo. Se rimane nel dimenticatoio, mi sento meglio, mentre ritornarci sopra, per un motivo o per un altro, mi fa sentire a disagio. Comunicare con Sayid nella lingua in cui siamo sempre stati abituati a farlo viene recepito dal mio cervello come un non desiderato salto nel passato.

"Tutto ok." rispondo con un finto sorriso.

Accenno al suo telefono con la testa, in modo che si senta autorizzato a ricominciare con il monologo. Lui riparte in quarta e io posso finalmente tornare a curiosare attorno a me.

In mezzo a tutta questa genealogia, ci sono i veri protagonisti dell'evento, che sono sicura preferirebbero trovarsi a cinque metri sotto terra piuttosto che a questo banchetto reale. Sono stati letteralmente presi d'assalto, strappati l'uno dall'altra, per finire tra le grinfie di parenti nemmeno mai conosciuti. Cugini di sesto grado che sputacchiano a causa dell'apparecchio, vecchi amici di famiglia che portano in regalo salami di casa e l'incubo vero e proprio: le prozie con il semipermanente decorato da strass e miniature degli sposi. Se fossi Gloria, mi sarei già lanciata dalla veranda.

Ma Gloria è una spugna: raccoglie tutta l'ansia che arriva dalle varie fonti e non esplode. La ammiro, la ammiro davvero.

Mi conoscete; io al posto suo avrei già fatto esplodere Cecina, o qualcosa di altrettanto disastroso. Non sono io quella che si sposa e già ne ho combinate di ogni tipo, figuriamoci se mi trovassi nei suoi panni! Seriamente, non so come faccia a reggere, a sorridere a ogni singolo nonnetto schizzato, a rigirare ogni critica maliziosa in cortesia. E d'altra parte, sono stupita anche di Alessandro. Ha i genitori alle calcagna - anzi, diciamo pure un'interna dinastia - e oltre a sposarsi, deve provare loro di essere degno della loro fiducia. Deve rimediare ai casini e ottenere il nulla osta per il futuro e le uniche persone su cui può contare siamo noi dell'ex 5^A.

Al suo posto, io mi sarei già fatta riservare uno spazio sotto al ponte più vicino.

Infatti, tra la pittoresca riunione delle stirpi Magno e Ferrucci, c'è un punto dissonante come una macchia d'olio su una superficie d'acqua: noi. Noi della classe ce ne stiamo al centro del salotto, davanti al camino, chi seduto e chi in piedi a sgranocchiare il rinfresco, insolitamente imbarazzati e non partecipi all'evento.

Data la nostra usuale natura vivace, il problema chiaramente non risiede in noi. Il motivo per cui ce ne stiamo raggruppati e confinati come l'olio a contatto con l'acqua è l'attitudine dei nuovi ospiti, in questo caso l'acqua, che ci evitano palesemente. Siamo considerati alla stregua di appestati, esseri aberranti, immondi e repellenti. Sicuramente qualcuno ha sparso la voce su quanto accaduto ai preparativi del matrimonio per colpa nostra (citazione necessaria) e ora stiamo venendo demonizzati con tanto di occhiatacce e "ah, i giovani d'oggi!".

In più, non è che la vita sia bellissima qui. Volendo tralasciare i sensi di colpa per l'inimicizia tra noi e gli ospiti e chiudendo forzatamente un occhio riguardo tutta la tensione che si sta accumulando per domani, ovvero il giorno cruciale in cui dovremo essere perfettamente coordinati nello svolgere le varie mansioni affinché Magno e Gloria mantengano un po' di dignità, ci sono altri elementi che intristiscono ulteriormente la nostra cerchia.

Innanzitutto, stamattina sono arrivate tre vecchie conoscenze che finora non avevano ancora apportato il loro contributo al caos: Dovrinka, Marianna e Giorgia. Quanto a Dov, lei è decisamente la meno problematica delle tre; non si sa da dove sia venuta né cos'abbia fatto in questi suoi ventiquattro anni di vita, ma nessuno è arrabbiato con lei. Al contrario della sottoscritta, Dov col tempo si è guadagnata la possibilità di fare il diavolo che le pare senza dover rispondere delle sue mancanze.

Per ciò che riguarda Marianna, invece, è stato bello rivederla. Era da un secolo che non parlavo con lei e sono stata felice di ascoltare le sue ultime avventure. Pare che sia molto impegnata con il suo lavoro e con gli allenamenti; prepara gare di atletica quasi ogni settimana ed è sempre alla ricerca di una nuova disciplina olimpica in cui cimentarsi. Non è una sorpresa, infatti, che sia tanto muscolosa quanto Pierpaolo... se non di più.

La vera guastafeste della combriccola, tuttavia, è stata prevedibilmente Giorgia Ponti, la quale, nel secondo in cui è smontata dall'aereo con il nuovo fidanzato alle spalle, ha mandato Marco e Rachele ancor più in cortocircuito. La bambina non ha nemmeno voluto salutarla e la madre ha capito subito cosa fosse successo, dunque lei e Marco si sono urlati addosso per due ore, dunque ora sono ai ferri corti, dunque non hanno ancora smesso di addossarsi tutte le colpe e rompere le scatole a tutto il resto del gruppo. Evviva l'ammmore.

Giorgia si sbatte una mano sulla coscia: "Persino la sua prima volta come damigella d'onore sei riuscito a rovinare!"

Vedete? Lo stanno facendo pure ora.

"Se solo avessi avuto le palle di parlargliene prima, ora avrebbe già superato il trauma." la bionda ha un bicchiere di prosecco tra le dita e la faccia di chi scarica abitualmente la responsabilità dei propri sbagli sugli altri. "Invece passerà un matrimonio da schifo e probabilmente nemmeno ci crederà più nei matrimoni."

Marco è ridotto praticamente come lei, nella stessa posa e con la stessa faccia, solo che il suo bicchiere è già vuoto: "Chi ci crede più nei matrimoni?"

Eva naturalmente orbita attorno ai due posandosi ora sulla spalla di lui, ora sulla spalla di lei, come un gufo volta gabbana. Infatti, in questo momento fa l'avvocato difensore di Giorgia e si intromette rivolgendosi a Marco con un sorrisino malvagio: "Beh, Gloria e Magno ci credono. E apparentemente tutta questa marmaglia che è venuta a commuoversi al cospetto del loro amore."

"Sono solo un branco di idioti." Marco fa spallucce e non guarda nient'altro che il fondo del suo calice.

È chiaramente depresso, è evidente.

Purtroppo, non è riuscito a migliorare nulla dal giorno in cui Rachele ha scoperto della separazione; nemmeno il dialogo si è ristabilito e ora lo si vede vagare con fare perso per la villa a tutte le ore. A quanto mi hanno detto, ha scritto due o tre lettere di scuse a sua figlia e ha già domandato a Gloria se finito il matrimonio lo ascolterà in una seduta da psicologa improvvisata. Anche se in realtà è un medico, Gloria è brava in queste cose, e anche piuttosto accondiscendente con tutti, quindi gli ha detto di sì.

Non posso capire Marco fino in fondo in questa storia, ma so anche che è il solito esagerato e credo che una soluzione esista; si tratta solo di capire qual è.

"Forse ti sei abituato un po' troppo a stare circondato da branchi di idioti, perché ultimamente stai definitivamente assumendo le loro usanze." sbotta Giorgia, guardando in faccia prima me, poi Lorenzo e infine Federica, senza alcuna paura. Ogni riferimento è puramente casuale, ovviamente.

Ah, quanto ci manacava la tua discrezione, cara Gio!

"Non mi sembra il caso di offendere." intervengo allora, guadagnando un'occhiataccia da Sayid, che si è appena reso conto di quanto lo stessi snobbando.

"In realtà, Argenti, mi sembra il caso di dire le cose come stanno." mi corregge Giorgia, così tesa da sembrare quasi più cattiva del solito. "Quando sta con voi, Marco combina sempre disastri. Lo pensavo da prima di mettermi con lui, figuriamoci ora che ci siamo lasciati."

"Che lo hai lasciato." Federica non teme di essere sbranata viva da una mamma chioccia incazzata, e risponde a tono alla cattiveria di Gio, senza nemmeno scomodarsi dalla sua posizione rilassata sul divano.

Non so se si senta così invincibile perché è seduta accanto a Pier e stanno amorevolmente conversando da mezz'ora, fatto sta che in queste ultime ore si è gasata sempre più e pare pronta a combattere le battaglie di tutti. Sì, anche quella di Marco, nonostante lui la odi a morte e da quando è capitato il fattaccio non le ha mai più rivolto la parola.

"Tu stai zitta." le intima, infatti.

Uh, hanno ricominciato a parlarsi, yay!

"Appunto." sibila Giorgia, puntando Fede come un pitone davanti al suo prossimo pasto. "La colpa è tutta tua e della tua bocca larga. Se solo ti scopassi qualcuno qualche volta, ti libereresti la mente dai cazzi altrui."

Io e Lorenzo, che è seduto sul marmo del caminetto di fronte a me, ci scambiamo un sguardo a dir poco sconvolto. La frase di Giorgia contiene un livello tossico di cattiveria (e volgarità) e sono certa sia stato accusato come un colpo basso dalla nostra amica. Eva, nel frattempo, ha lanciato un gridolino e aperto un'app sul telefono. Probabilmente si vuole annotare questa massima, perché sì, è davvero sfiziosissima e si può abbinare a qualsiasi tipo di gossip!

Sto pensando a qualcosa da dire per difendere Federica, ma Marco mi precede e afferma: "Sono d'accordo."

Perfetto, ancora peggio.

Federica è chiaramente punta sul vivo e diventa tutta rossa, mentre il suo corpo si irrigidisce e si allontana quanto può da Pierpaolo.

"Non credo che tutto questo rancore possa aiutare la situazione." è proprio quest'ultimo a lanciare il commento, mentre con tranquillità si stiracchia e si mette le mani dietro alla testa. "Mi sembra che stiate usando Fede come il capro espiatorio delle vostre cazzate."

"Qualcuno la chiamerebbe crisi del ruolo genitoriale." interviene Lorenzo, cogliendo la palla al balzo per stemperare la crudeltà della battuta di Giorgia.

Francesco si aggrega alla discussione, porgendo a tutti una ciotolina di arachidi che ha rubato dal rinfresco: "E non vi conviene usare come capro espiatorio proprio la signorina Di Mario, se non volete aizzare Scilla e ritrovarvi con lo zigomo rotto. Lo dico per esperienza."

Io e Lorenzo ridiamo, mentre Pierpaolo diventa cinquanta sfumature di rosso e Federica di viola. Sono persino carini visti così.

"Che c'entra, adesso?" ringhia Scilla. "Era tutta un'altra cosa. E soprattutto c'era in mezzo quella vipera della Gruccia."

Federica sbuffa, sperando di riuscire a virare l'attenzione su un altro soggetto: "Non nominarla nemmeno. Non si sa mai che ricompaia come un demone tra le fiamme del caminetto."

"Tanto è spento." Ilenia si chiude nelle spalle, dando prova della sua scarsa elasticità mentale.

"In effetti..." arriva Diego da chissà dove, ruba una manciata di arachidi dalla ciotolina di Francesco e poi si butta nel divano dove sono seduta anch'io, facendomi rimbalzare. "Ora che la nominate, mi rendo conto di quanto cazzo si sta bene senza di lei. Che cazzo di sollievo." inspira con soddisfazione, ma poi si gira verso Sayid aggrottando le sopracciglia. "Cazzo, amico, quanto incenso ti sei fumato?"

"Non penso che la presenza o meno della Gruccia vi faccia davvero qualche differenza." nota Francesco, ritraendo la mano con il cibo. "Non vi siete nemmeno accorti che se n'è andata."

"Certo che me ne sono accorta!" si difende Eva, come se ciò le avesse ferito l'orgoglio.

"Io no." spiega Diego. "È come quanto hai una malattia e poi una bella mattina ti passa. Quasi non te ne rendi conto, no? Voglio dire... ti abitui subito di nuovo al benessere, quasi non fossi mai stato male. Tipo una volta mi è successo con un herpes-"

"Per favore, Vallicorce!" mi lamento, tappandomi le orecchie.

Eva riconquista il podio della discussione con la sua voce squillante, girando lo schermo del telefono verso di noi e scuotendolo con talmente tanto vigore che non ha praticamente senso mostrarcelo, dato che è impossibile leggere: "Appena ho visto la Gruccia andarsene, ci ho scritto subito un post! È possibile che nessuno di voi legga mai il mio blog? Ve lo leggo."

Prima che qualcuno di noi abbia il tempo di protestare, Eva si lancia nell'enunciazione del suo ennesimo post condito di malizia peggio che in Gossip Girl: "Perdita scottante tra le colonne vittoriane di Villa Magna. Con Alessandra Gruccia oggi per noi se ne va un pezzo di cuore... o meglio, un pezzo di fegato; quello che lei non ha fatto altro che rovinare per anni a suon di stronzaggine. Castelli, in realtà ti capiamo, anche noi non vedevamo l'ora di liberarci di una tale maledizione all'interno del nostro corpo: per un organo malandato, rischia di crollare tutto quanto. Chissà, ora forse la classe sarà abbastanza in forma per completare i lavori in vista del matrimonio? Cara, Alessandra, facci un favore... resta pure dove sei e se per caso vuoi mandarci un sostituto, almeno che sia uno compatibile questa volta. Grazie!"

Un po' tutti ci lasciamo divertire da questa piccola rivalsa creata dalla mente malata di Eva. Qualcuno addirittura applaude e fischia, anche se sulla faccia di Francesco ciò sembra tutto tranne che divertente. Anzi, la reazione della classe lo disturba ancor più di quanto appena letto.

Infatti, si alza in piedi sbattendo la ciotolina sul tavolo e attirando l'attenzione di qualche ospite vicino a noi: "Vi sembra il caso di ridere a queste stronzate?"

Marianna alza le spalle: "Sì. Sono state il mio pane quotidiano durante tutto il tempo in cui non ero con voi. Eva, sei una grande."

"No, sei un'immatura!" l'accusa invece Francesco, arrabbiato. "Siete tutti immaturi! Vi sembra normale comportarsi in questo modo a venticinque anni?"

"Sei tu che ne hai venticinque, noi siamo ancora piccoli." Pierpaolo lo prende in giro, scimmiottando la sua serietà anche per vendicarsi di poco fa.

"Ma poi non c'è bisogno di scaldarsi, Fra, sul serio." gli sorride Federica, allungando una mano amichevole verso il suo braccio. "Si sta solo scherzando... l'abbiamo sempre fatto. Lo sai che è così fra noi. Lo sa anche la Gruccia."

"Bella usanza, sul serio." sbotta il rosso, l'espressione quasi disgustata. "Sarà per questo che mi sono sempre sentito un po' fuori dal gruppo e... sapete cosa? In realtà, certe volte credo proprio di capirla la Gruccia, per quanto mi costi ammetterlo."

Diego si sporge in avanti e fissa Natale con aria confusa: "Scusa, amico, ma non sei stato tu a mandarla fuori dalle palle?"

"Io non l'ho mandata da nessuna parte!" Francesco è di nuovo alterato come il giorno in cui Alessandra ha deciso di lasciare la villa. "È stata lei ad andarsene e forse perché sapeva di non essere voluta da nessuno."

"Beh, perspicace." commenta Ilenia, mentre giochicchia con i suoi codini per non sembrare troppo dannatamente interessata alla conversazione.

Sayid si schiarisce la voce e finalmente, grazie a Dio e Allah, chiude le app aperte nel telefono, decidendo di prendere parte a questo scambio di opinioni sulla Gruccia: "Non la conosco molto, ma in effetti ho visto che ha molti haters qui dentro. Non sembra una ragazza amichevole."

Diego si volta verso di lui: "Tu, amico mio, puzzi di moschea ma sei troppo saggio. Ti stimo."

"Beh, a volte è difficile averne, se le premesse sono queste." sibila Francesco, con una disapprovazione che solo i più estranei al gruppo riescono ad avere. Ha ragione, infatti, ma di buon senso ormai nell'ex 5^A ne è rimasto ben poco. Quindi a tutti gli effetti l'outsider è lui... lo è sempre stato, un po'.

E sì, a volte vorrei essere anch'io così matura e obiettiva, ma anche provandoci non ce la faccio. Semplicemente, non ci riesco. Perché una volta 5^a è sempre 5^a. È come un modo d'essere che diventa tuo, per l'eternità. Non credo esista un principe azzurro esterno che ti risvegli dal disagio con un bacio di normalità. Sei praticamente fottuto.

Comunque, per quanto mi riguarda, starei qui ad ascoltare gli sviluppi di questo confronto, ma qualcosa mi mette sull'attenti, facendomi scattare in piedi sotto lo sguardo confuso di tutti. Ha appena suonato l'orologio a muro del salotto; sono le sei.

"Devo andare. Ci becchiamo dopo." saluto tutti sommariamente con un gesto della mano, poi indico Sayid. "Comunque dev'essere buono quel Tabbooleh. Meglio delle tartine di Marco, sicuramente."

Il mio amico non si volta nemmeno a guardarmi. Alza semplicemente il dito medio, mentre Fede mi augura buona fortuna con il labiale e Lori mi fa quattro occhiolini consecutivi. Dopodiché, loro continuano il dibattito e io me ne vado verso l'uscita del giardino, facendo slalom fra tutti gli invitati e lasciandomi alle spalle un Sayid davvero contrariato.

***

PRIMO BREAK

Considerati il caldo e la lunghezza del capitolo, vi consiglio di prepararvi una bella bevanda ghiacciata e un ventaglio. La strada verso la fine è ancora molto, molto lunga.

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***

"Scusa per il ritardo!" saluto Mattia con questa frase, mentre i rintocchi della campana giù in paese si sentono ancora.

Difatti, lui controlla il suo orologio da polso e alza un sopracciglio: "Sono stati sette secondi di lunghissima attesa."

"Hehe." ridacchio da disagiata, non ancora abituata, dopo anni e anni di esperienza, a evitare di dire stronzate in presenza di Mattia.

Ma da un certo punto di vista, sono scusata. Mi capirete pure voi. Il motivo per cui ho dovuto aspettare fino alle sei per vedere Mattia e provare ufficialmente il nostro discorso, è che fino ad ora è stato impegnato. Lui, Tommaso, Amerigo e Davide sono stati dal barbiere, per prepararsi adeguatamente alla cerimonia di domani. Ame è l'unico che è tornato tale e quale a prima (penso che il barbiere sia rimasto traumatizzato dalla sua zazzera e abbia deciso di non rischiare di smarrirci dentro le forbici), mentre gli altri si sono fatti tagliare i capelli. Va da sé che anche il taglio di Mattia sia tornato nuovamente come quello che aveva durante i primissimi giorni qui alla villa. Quasi non ci avevo fatto caso, ma i suoi capelli erano cresciuti e vederli ora, di nuovo, così corti alla militare, mi ha causato un mancamento interno con conseguente esternazione di stupidaggini.

"Pronta per provare?"

"Un po' d'ansia, ma sono pronta." gli sorrido, estraendo dalla tasca la brutta copia della mia parte di discorso. La bella l'abbiamo fatta battere a computer da Davide per poter lasciare agli sposi un ricordo. Quantomeno, siamo coperti in caso di brutte figure.

Nonostante tutta la marmaglia di gente si trovi all'interno, mi avvicino al leggio con un po' di ansia da palcoscenico. La struttura che Natale è riuscito a mettere in piedi è davvero grande, quasi maestosa, con un'aria di ufficialità che mai mi sarei aspettata di ottenere da un rattoppo alla 5^A. È tutto davvero perfetto: il tendone aerato, con i fiori e le edere che dondolano sopra le nostre teste, le sedie fasciate da elegante tulle bianco, i pavoni che scorrazzano sulla pista da ballo portando malattie e... e l'arco.

L'arco che Francesco ha voluto a tutti costi terminare, lavorando anche di notte, da solo, con una determinazione che mai pensavo che potesse tirare fuori. È quasi spaventoso averlo davanti, come la rappresentazione fisica di un concetto che io e Mattia abbiamo presentato in varie forme nel nostro discorso, come il simbolo dell'unione che si mette al nostro cospetto, come il futuro che potremmo afferrare pure noi, con un semplice gesto, se solo allungassimo la mano, se solo facessimo qualche passo in avanti. Tutto molto facile, ma allo stesso tempo, estremamente complicato.

Il leggio che Francesco ha progettato è un piccolo podio rialzato che ha il giusto spazio per due persone. Mattia e io, dunque, saliamo contemporaneamente ed è subito evidente quanto l'altezza del microfono risulterà un problema non da poco.

"Cazzo." gorgheggia principescamente lui, pensando la mia stessa cosa.

"Tranquillo, è regolabile." osservo, muovendo l'apparecchio in su e in giù. "L'ha procurato il cugino di Magno, ripescandolo dai suoi oggetti di quando ancora era prete. Ci faceva le omelie."

"Carino, ma dovremo spostarlo ogni volta che ci alterniamo nel discorso. Speriamo non si rompa. Se continui a trattarlo così, di sicuro si romperà."

"Mi credi così sbadata?"

"Non è che ti credo, lo sei e basta."

Ok, direi che è giusto prendersela per questa incorretta insinuazione.

"Te lo concedo." commento. "Ma per quanti casini abbia fatto, non ho mai rotto nulla. Certe cose le so maneggiare."

Mattia lascia passare qualche secondo e poi si caccia a ridere allegramente. Non di certo per ciò che ho detto, ma per il gesto che sto facendo, che potrebbe risultare ambiguo se a guardare è un pezzente deviato come lui. Così smetto di muovere su e giù l'astina del microfono e incrocio le braccia in uno sbuffo. Sarà molto dura portare a termine quest'impresa.

"Non ce la faremo mai." esterno infatti.

"Perché sei così tesa?" mi chiede lui, sfoggiando, al contrario di me, un'aria da chi sta in pace con il mondo. "Ridi un po'."

Sembrava che la mia scelta di prendere le distanze e passare del tempo con Sayid potesse dargli alquanto fastidio, invece nel giro di due giorni è tornato tutto come se niente fosse, come se non avessi lasciato in sospeso progetti e dichiarazioni, nonché praticamente una relazione d'amore. Mattia è davvero idiota, non c'è nulla da fare.

"Boh." rispondo un po' bruscamente. "Non mi va di ridere. Non sono rilassata come te."

"Perché?"

"Forse perché non stiamo parlando di aria fritta, ma di Gloria e Magno che si sposano?"

"Ci sta."

Sospiro esasperata, in procinto di criticare per l'ennesima volta quella sua spensieratezza fuori luogo, ma poi mi riguardo attorno pensando a ciò che ho appena detto e mi lascio rapire dall'eccitazione: "Ti rendi conto della portata di questo evento?"

Mattia ci pensa sul serio: "No, in realtà stento ancora a crederci. Non è facile realizzare che il tuo amico supermodello cazzone domani si sposa."

"Ah, ecco perché sei così tranquillo." scuoto la testa. "Il tuo neurone non ha ancora elaborato certi pensieri, ma io invece ci ho pensato un sacco."

"Non avevo dubbi."

"È una cosa assurda! Cioè... Gloria e Magno, loro due! I nostri compagni di classe! Sono cresciuti con noi, si sono messi assieme a scuola, hanno praticamente fatto le nostre stesse cose e ora... wow."

"Beh, c'è chi alla nostra età ha già quattro figli."

"Se ti riferisci a Diego e Cris, sappi che non vale come esempio."

Mattia ridacchia: "Troppo fuori dal comune, eh?"

"Decisamente troppo." alzo le sopracciglia e fisso per qualche secondo il mio foglio, disteso sul leggio. "Mattia, ma tu credi nel matrimonio?"

Non so nemmeno perché l'ho chiesto, dato che so già la risposta. In realtà mi ha colpito poco fa, quando ne parlavano (litigando) Marco e Giorgia. Nessuno dei due sembrava avere troppa fiducia in quest'argomento, così avevo iniziato uno dei miei viaggi mentali per chiedermi se io ne avessi o meno, ma poi sono stata interrotta dagli altri e non sono nemmeno riuscita a far spiccare il volo alle mie elucubrazioni. Quindi sì, molto probabilmente questa domanda era più rivolta a me stessa che a lui, ma quando mi volto per rettificare, ha ormai già detto la sua opinione.

"Solo a livello teorico."

"In che senso?" faccio, sentendomi non troppo recettiva, ancora per colpa del profumo di Sayid e in parte anche di quello di Mattia. Dopo il barbiere, l'odore di dopobarba è ancora più pungente, solo che al contrario di quello di Sayid, stimola tutt'altro.

"Nel senso che concettualmente credo nei valori del matrimonio, ma nella pratica non li ho visti funzionare così bene. Un po' come le diete, no?"

"Ah." annoto questa nuova perla di Mattia nella mia mente. Non fa una piega.

"Tu ci credi?" rilancia, ignorando, come me, il fatto che stiamo facendo discorsi profondi su tematiche diverse, anziché provare l'unico discorso su cui ci giocheremo la faccia domani.

Comunque... io ci credo? Bella domanda.

"Credo in quello di Magno e Gloria." mi viene istintivo rispondere.

"Quindi credi nella pratica e non nella teoria." osserva lui.

"In un certo senso..." pondero, con la mano al mento. "Diciamo che credo in alcuni matrimoni, ecco. Cioè se le premesse pratiche ci sono, io ci credo."

Mattia schiocca la lingua e alza un sopracciglio: "Sei un po' ingenua."

"Che vuol dire?" ribatto, leggermente stizzita.

"Che raramente due si sposano se non vedono solide premesse, no? Se bastasse quello, non ci sarebbero la metà dei divorzi."

Ok, ora secondo me la sta prendendo sul personale.

"La mia non era un'affermazione così superficiale, Mattia." tento di spiegarmi. "È ovvio che la maggior parte della gente che si sposa vede delle premesse per poterlo fare. Io mi riferivo a quelle coppie in cui l'amore c'è e lo potrebbe vedere anche un cieco. Quelle che travolgono pure gli altri con il loro amore, quelle che non riesci nemmeno ad invidiare da quanto pure e d'ispirazione siano. Quelle come Magno e Gloria, insomma."

"Hanno funzionato così bene per anni." dice, allora. "Perché sposarsi necessariamente?"

Queste domande provocatrici mi ricordano molto i dibattiti che si vedono in tv. In questo momento Mattia rappresenta lo sfiduciato nei valori e io la persona qualunque, mediamente credente, non segnata da traumi familiari, che ha esaurito le risposte moraliste da dare.

"Beh, ci sono un sacco di questioni legali che..."

"Lo so." mi interrompe. "So che ci sono una marea di vantaggi eccetera eccetera, ma a livello sentimentale... perché? Perché ufficializzare un'unione con una firma, se funziona perfettamente anche senza? Ci sono tanti vantaggi quante inculate se poi le cose vanno male."

Davanti alle sue parole, non riesco davvero ad opporre obiezioni. Se fossi fortemente credente, o se mi ricordassi qualcosa in più dell'Atto di Dolore del catechismo, probabilmente potrei stenderlo con qualche massima ecclesiastica, ma in fondo, mi trovo d'accordo anche con lui.

"Sai, forse delle volte..." mi schiarisco la gola, scorrendo ma non leggendo le righe del mio discorso. "Delle volte penso che sia solo questione di sentirsi dire 'sì, ti amo così tanto che voglio sposarti'." alzo gli occhi e incrocio i suoi che mi fissano speranzosi, come se potessi essere io quella che finalmente dà le risposte cercate da tempo. Non so se posso risolvere qualche suo dubbio, ma so che sicuramente sto per avere un infarto per quanto è bello e vicino.

"...una prova per vedere se l'altra persona ti ama a tal punto da rischiare di prendersi delle enormi inculate assieme a te." concludo, la voce che un po' mi abbandona.

"Cioè una sfida?"

"Anche." alzo le spalle. "Oppure una specie di conferma idiota per persone insicure."

"Che potrebbe anche coinvolgere possibili innocenti tipo i figli."

"E tu ne sai qualcosa." mi costa dire.

"I miei hanno vissuto una vita di ricatti, a partire dal matrimonio." conferma, tristemente. "Il matrimonio è un ricatto. Un enorme ricatto: per te, per l'altra persona, per tutti quelli che ti stanno intorno."

"Puoi vederla così, o puoi vederla come una sorta di assicurazione. Un modo per essere più sicuri possibili che la persona che ami non se ne andrà."

"Dovresti già esserne sicuro, anche senza firme."

"Ma una firma copre ogni evenienza."

Mattia allontana lo sguardo sugli alberi del bosco che circondano la villa e io posso finalmente, per qualche breve istante, tornare a respirare.

"Che cosa assurda..." sussurra quasi tra sé.

"Non avevi detto che a livello teorico ci credi?"

"Sì, ci credo. Credo nei valori che porta, nei propositi, nell'impegno e tutto il resto. Ma tutto ciò che invece riguarda il vincolo matrimoniale per me è solo un'enorme cazzata."

Sbotto in una risata spontanea: "Sei un po' fuori binario, Mattia. Il matrimonio è tale in quanto dipendenza tra buoni propositi e vincoli nel rispettarli. Altrimenti non sarebbe matrimonio, ma altro."

"Hai ragione." si arrende, grattandosi la nuca, provato dalla conversazione. "Allora mi sa proprio che non ci credo. O meglio... non lo capisco. Perché in realtà, mi fa paura."

"Anche a me." condivido in completa onestà.

"Anzi, a dire il vero..." ragiona, ispirato. "Mi piace la tua spiegazione del matrimonio come sfida. È una cosa paurosa, stupida, rischiosa, assurda ed egoista. Quini la gente la fa. Sì, è sicuramente questo."

Mi compiaccio per essere stata capita così bene: "Esatto. Non è necessario, ma è una sfida che puoi vincere o che puoi perdere. Se la perdi, per citare uno dei miei poeti preferiti, è una vera inculata, ma se la vinci..."

"Grazie per la citazione." mi fa l'occhiolino, perché evidentemente vuole vedermi morta. "I miei, comunque, l'hanno decisamente persa."

"Capita spesso."

"Lo so." annuisce con vigore, come se tutto questo studio sul matrimonio l'avesse consapevolizzato e, perché no? Anche un po' consolato.

"Ma sono sicura che a Magno e Gloria non capiterà." aggiungo, convinta delle mie parole. "Questo è ciò in cui credo."

Mattia alza gli occhi, mi guarda e sorride: "Anch'io."

Proprio mentre sto per decedere ufficialmente, il suono di un applauso giunge a noi e ci fa voltare indietro. A pochi passi dal leggio, alle nostre spalle, vediamo Ai Zu, che solo soletto dalla sua sedia a rotelle, ha ascoltato la nostra conversazione e ora si è sentito talmente figo da doverci battere le mani.

Chi pensa che per la cinquantamilionesima volta questo vecchio invasato abbia rovinato un momento utopico tra me e Mattia Zingaretti?

Mentre noi due finiamo di stupirci, infatti, lui gira le ruote con le braccia e fa avanzare la carrozzina verso di noi: "Davvero bellissimo, ragazzi."

"Cosa?" chiede Mattia in un breve calo di reattività.

"Il vostro discorso." risponde Ai. "È stato perfetto."

"Sensei." sorrido ostentatamente, prevedendo già qualche smazzata psicosentimentale dal mio supplente esoterico preferito. "Non era questo il nostro discorso. Stavamo solo parlando."

"Oh, davvero?" finge di esserne sorpreso. "Perché sembrava un perfetto discorso da testimoni di nozze."

Incrocia le mani sotto al mento, ci si appoggia sopra e ci fissa maniacalmente con un sorrisetto da ergastolo.

Fortunatamente, la scenetta dura pochi secondo, poi sia io che Mattia riteniamo sia il caso di sviare l'imbarazzo.

"Che ci fa qui, prof?" gli domanda Mattia.

"Sapevo che dovevate provare il discorso. Ero curioso di sentire che cosa avevate scritto."

"Non è un granché." minimizza Mattia, forse sperando che Ai Zu la pianti di stalkerarci.

"Penso che due menti come le vostre possano aver creato qualcosa di molto interessante, anche se... sul serio, dovreste lasciare più spazio all'improvvisazione." Ai Zu si china all'indietro, rilassandosi sullo schienale della sua sedia, come fa mia nonna davanti a Il Segreto. "Se non me lo aveste detto, avrei pensato che le parole appena sentite fossero quelle ufficiali. E sarebbero state un successo garantito."

Mattia e io ci guardiamo per qualche secondo. Non so capire se sentirmi imbarazzata o lusingata e a quanto pare anche lui sembra un po' confuso, ma alla fine ci sorridiamo entrambi.

"Servirebbe a tutti uno stimolo di riflessione su questo argomento." prosegue il vecchio. "Avete fatto riflettere pure me."

"Lei che cosa ne pensa?" gli chiede allora Mattia, cadendo direttamente nella trappola. Era chiaro che Ai volesse farsi fare questa domanda e Zingaretti non capirebbe di essere vittima di un raggiro nemmeno se lo legassero a un palo con una pistola puntata alla tempia. Io sostengo la stupidità di Zingaretti. Un giorno aprirò una causa sul web per raccogliere fondi per fargli fare un corso di buonsenso.

"Penso di aver perso pure io la sfida, però in partenza, senza nemmeno mai iniziarla." rivela Ai.

"In che senso?"

Mattia è un pollo. Non capisce che non si deve dare corda ad uno così?! Tutto questo condurrà a un momento epifanico che ci farà passare tutti dalla parte del torto, me lo sento.

"Tanto tempo fa avevo una fidanzata." e quando comincia così, già mi viene la pelle d'oca. "Bellissima. Viveva nel mio stesso quartiere e andavamo in palestra assieme. Avevamo iniziato ad allenarci in coppia, costruendo le nostre basi di karate. Però io ero molto più bravo, così ben presto mi assegnarono un compagno alla mia altezza e io e lei dovemmo trovare altre occasioni per condividere il tempo. Iniziammo ad uscire per il quartiere, finché una sera ci baciammo e ben presto finimmo assieme." Ai fa un gesto elegante ma eloquente, per farci capire in che senso lui e la tizia finirono assieme. Cinque frasi e già è arrivato al punto in cui si copula; non oso pensare al resto. "Non passò molto che diventammo una coppia fissa. Stetti con lei per sette anni, finimmo la scuola, comprammo una casa, lei mollò il karate. Iniziò a fare molti progetti, la maggior parte dei quali richiedeva che anche io smettessi di combattere. Ero entusiasta, ma dall'altra parte non potevo abbandonare quella strada; era la mia strada, dopotutto. Così per anni cercai di conciliare i progetti e il karate e ci riuscii... fino al giorno in cui lei mi chiese di sposarci. Voleva andare a vivere in un'altra città, voleva avere una famiglia, voleva che anche io trovassi un lavoro e mi dedicassi al nostro futuro. Ci pensai per giorni, settimane e mesi, finché non mi resi conto che davanti a una scelta, amore e carriera, ero talmente indeciso che la risposta era già chiara. Sul piatto della bilancia l'amore non pesava abbastanza. Così glielo dissi chiaramente e lei ne fu devastata. Mi lasciò, se ne andò e non la vidi più."

Siamo entrambi un po' sconvolti ; avevo pensato tante volte alla vita sentimentale di Ai, ma non l'avevo mai immaginata così; né che in una manciata di passaggi e con cotanta tranquillità sciorinasse una confessione del genere. Ogni aspetto di quest'uomo è un insegnamento.

"Mai più? Sul serio?" gli chiedo, dispiaciuta. "Ma lei come si chiama?"

"Si chiamava Chiyo."

Chiamava... certo... non è abbastanza segnante se non è irreversibile.

"La ferii troppo." prosegue Ai. "Se ne andò e cercò di avere quella vita con qualcun altro. Però lei amava me più di ogni altra cosa e io lei allo stesso modo. Solo che feci una scelta stupida, non lungimirante, per paura di accettare quella sfida... e di perderla. O comunque, di perdere dell'altro a cui ero appassionato."

Ai Zu annuisce con aria gravosa, guardando a lungo sia me che Mattia. Non so esattamente dove voglia andare a parare, se sia vero al cento per cento o se si sia solo inventato questa storia per colpirci; tuttavia, ho la sensazione che potrebbe volersi schierare dalla mia parte. Il giovane Ai sembra l'attuale Mattia, non trovate?

"Mi scusi, non l'ha cercata? Se desiderava così tanto rimediare, perché non l'ha fatto?" domanda Mattia, abbastanza coerente con se stesso, ma allo stesso tempo preparato a una determinata risposta. Anche lui ha cercato tante volte di trovare me, ma io non mi sono fatta trovare. Alla lunga ci si arrende, penso.

"Hai ragione." sorride amaramente Ai Zu. "Ci misi qualche anno a convincermi di accettare la sfida di Chiyo, ma quando finalmente lo feci, lei non c'era già più."

"Aveva trovato un altro?" chiedo, impersonificandomi tremendamente in Chiyo.

"No, è morta." mi stronca Ai, con una serenità tale da rendere il tutto ancora più traumatico.

Penso di essere impallidita.

"Per questo ho perso la sfida in partenza." conclude il vecchio, accarezzando il pizzetto con l'indice e il pollice. "Non ho mai avuto il coraggio di accettarla e mi sono ritrovato solo con il karate. Almeno... ho potuto dare davvero il mio massimo in quello; e ho accumulato un po' di esperienza per poter aiutare gli altri a non fare i miei stessi errori."

Sconvolta io.

A dire il vero, ci sto rimanendo da schifo. Mi sono presa malissimo con questa storia, con l'atteggiamento consapevole e rassegnato di Ai e ancora di più con quel "No, è morta", come se mi stesse leggendo "Tre scatolette di Tonno Rio Mare" sulla lista della spesa. Io... io mi sento davvero triste; incredibilmente triste.

Sapete, in fondo, Ai sta ammettendo uno sbaglio ed è uno da cui non ci si aspettano certi errori. Non pensavo che un giorno lui si sarebbe confidato con noi, eppure sta accadendo ed è destabilizzante. Anche i più grandi fanno cavolate... e a volte le fanno davvero, davvero enormi.

Non so che stia pensando Mattia in questo momento, ma dalla faccia credo che più o meno ci troviamo sulla stessa linea, con l'aggravante, forse, che ciò che è successo ad Ai potrebbe star per succedere proprio a lui. Per carità; non mi sbilancio. Io non dovrei saperlo e lui non dovrebbe sentirsi in colpa, dato che pare molto convinto di cosa sia meglio per lui e il suo futuro, ma tant'è. Un po' ci spero che questo l'abbia fatto riflettere, un po' invece no, perché, egoisticamente parlando, non vorrei vivere una storia come quella di Ai e Chiyo.

A parte il fatto che di matrimonio tra me e il microcefalo non se ne parla nemmeno per scherzo, ma poi preferisco che Mattia trovi davvero la felicità e che non si illuda di averla trovata in me. Sarebbe una vita da schifo; sarebbe anch'essa una sfida persa in partenza.

"Chiyo è l'unica donna che abbia mai amato; prima e dopo di lei non c'è stata nessun'altra." afferma Ai Zu. "E anche se avessi l'occasione di provare di nuovo ad avere una vita sentimentale con qualcuno, non accetterei che lei in persona. Per questo, credo che la vostra discussione sia stata toccante. Ve ne sono grato e spero possa servire anche a voi." sorride in un'espressione pacifica, che si perde tra le rughe.

Dopo qualche secondo di sacro silenzio, Mattia esterna un titubante: "...grazie, prof."

Ai non si spreca in tanti altre considerazioni e, dopo aver scrutato per bene il tendone, con addobbi e fiori vari, mette mano sulla sua sedia per spingerla ed andarsene.

"Non vuole più sentire il discorso?" domanda Mattia.

"No, grazie." fa il vecchio. "Sono davvero soddisfatto così. Complimenti, ragazzi. Ammetto che mi lascia commosso il fatto che siate cresciuti così tanto."

Credo mi abbia fatto l'occhiolino. E credo anche che mi stia per scendere una lacrimuccia.

"Vuole che la spingiamo fino alla villa, sensei?" propongo, sensibilizzata dall'atmosfera.

"Certo che no." esclama allora, tornando il solito integerrimo Ai. "Non riesco più a deambulare, ma so far girare un paio di ruote, Marinella-san. E poi, devo tenermi allenato per la cerimonia di domani."

"Ha preparato qualcosa di particolare?" si incuriosisce Mattia.

"Solo qualche ballo sciamanico." Ai stavolta fa palesemente l'occhiolino, dopodiché sgomma via lasciandosi dietro un tripudio di emozioni. Rimango basita di fronte a quest'uomo: sin dal primo momento, è stato più unico che raro rispetto a chiunque altro io abbia mai conosciuto. Ripenso ancora alla nostra prima lezione di principi del karate, in terza superiore, mentre lui sparisce all'orizzonte di Villa Magna e... lo confesso, tutto ciò mi fa salire un consistente e minaccioso nodo alla gola.

Anche Mattia rimane per un po' sulle sue, finché non decide di sistemare il foglio sul leggio e mi invita a riprendere, o meglio iniziare, la nostra prova.

"Ok." sospiro non del tutto fermamente.

Lui mi osserva di sottecchi: "Sicura che ce la fai?"

"Beh..." pondero ripercorrendo la storia di Ai nella mente. "Forse no."

"Facciamo buona la prima? Domani?"

"Ci sto." sorrido sollevata, ripiegando il foglio alla velocità della luce. Lo ficco di nuovo in tasca, guardando l'arco di fronte a me e sentendomi già mille volte meglio.

Anche Mattia ripone il suo discorso, poi scende dal leggio e si allontana di qualche passo.

"Te ne vai?" domando, forse fin troppo dispiaciuta.

"Pensavo di salutare qualche nuovo ospite." si giustifica. "Volevi che restassi? Avevi altri piani?"

"Beh... in realtà no." maledetta onestà! "Però..." mi affretto a dire, senza sapere bene come proseguire. "Però non vorrei nemmeno rientrare."

Mattia getta lo sguardo verso la villa, come a cercare il motivo di questa mia uscita, poi guarda me e d'improvviso sembra cambiare completamente umore. Non è contento; si starà chiedendo perché continuo ad essere così volubile.

L'impatto con il presente è davvero amaro, dopo questa bolla di grandi tematiche. Mattia è qui davanti a me; mancano ventiquattro ore alla fine della nostra convivenza e nessuno di noi due ha ancora detto una sola parola in merito a quello che verrà.

So ciò che devo fare, ma non è assolutamente ciò che voglio fare e nelle condizioni in cui mi ritrovo ora, vorrei essere completamente diversa da chi sono in realtà. Se non fossi Marinella Argenti, avrei saputo gestire tutto meglio; non avrei commesso errori, non ne starei commettendo e, sopratutto, la mia bocca si aprirebbe per dire cose ben più intelligenti di un "Non so che fare." ricco di significati che sicuramente Mattia non capirà.

Difatti, si secca ancora di più, sbuffando e passandosi una mano tra i capelli cortissimi, che magari avrà fatto tagliare così anche in vista della sua partenza. Si starà forse convincendo che andare in Siria è davvero mille volte meglio di passare il resto della vita con me? Oppure se n'è già convinto?

Il mio piano starà finalmente funzionando? Ha già funzionato? Non ha bisogno di esserci, perché Mattia ha deciso a priori, come Ai Zu quando ha visto che la carriera pesava più dell'amore sulla bilancia?

"Ti consiglio di farti un bel bagno in piscina." se ne esce allora, avvicinandosi a me e posando una mano sulla mia spalla. "Puzzi di Sayid."

Mi sorride sardonicamente, mi molla e se ne va senza altri complimenti.

Sì... mi sa proprio che il mio piano è andato a buon fine.

E se per puro caso Mattia non ha ancora chiamato il luogotenente Stella per accettare il lavoro, sarà la prima cosa che farà dopo essersi allontanato da qui.

***

SECONDO BREAK

Chi avrebbe mai immaginato una storia così per Ai Zu? Povero Ai e povera Chiyo :'(

Vi lascio riprendere da questo paragrafo con un break e, dato che siamo praticamente a metà del capitolo, vi suggerisco di riposare gli occhi e la mente. Ne devono succedere ancora di cose, alcune che danno speranza, altre che potrebbero lasciarvi l'amaro in bocca.

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*

...a volte questi ragazzi mi spezzano davvero il cuore :'(

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***

Rientro in casa che ormai si è fatto buio. Non me la sentivo subito: ho preferito riflettere sulla caducità della vita umana attorno al laghetto della villa, con Bucefalo. Come vi dicevo, ho trovato un pavone identico a Bucefalo, che era l'animale domestico di Magno, e ho pensato che potesse non essere realmente morto e che fosse lui in persona. Cioè lui in animale, se preferite.

Tipo una sorta di redivivo o di immortale, che è stato poi il punto di partenza delle mie profonde elucubrazioni. Ero un po' sconvolta dalla storia di Ai e un po' anche dall'aver condiviso pensieri importanti con Zingaretti; era prevedibile che mi mettessi a intraprendere escursioni cosmiche nella mia mente.

In realtà, ho avuto un profondo momento di crisi, dove la mia convinzione sul da farsi tra me e Mattia ha davvero, davvero vacillato. Stare accanto a lui, con quel profumo che intorpidiva la mia sicurezza e i suoi occhi che accusavano le mie intenzioni mi ha colpito molto e mi ha lasciato con un vuoto dentro quando lui se n'è andato. Ho pensato: cosa farò fra un paio di giorni? Come reggerò quando mi volterà le spalle per andarsene?

Amo com'è.

Amo quello che dice e quello che pensa, e anche se su alcune opinioni non sono d'accordo, amo comunque il modo in cui sa esprimersi. Amo le sue insicurezze, i traumi del suo passato e amo anche che, nonostante tutto, sappia sempre, perfettamente, quel che è meglio per lui. Sebbene non coincida affatto con quel che è meglio per me.

La tentazione di mollare la presa si è finalmente fatta sentire (sono sembrata fin troppo invincibile nelle ultime ore) e non ho potuto far altro che starmene lontana finché non mi fossi ripresa. Non è stato facile: non so quanto lo sarà, ma so che per quanto soffrirò, devo resistere.

Chiyo non ha costretto Ai Zu a restare. Ha lasciato che lui prendesse la strada che riteneva più giusta. Sono certa che se avesse potuto seguirlo, l'avrebbe fatto, ma probabilmente lui non le ha dato l'impressione di avere così tanto bisogno di lei; o almeno, non in quel momento.

Hanno sbagliato i tempi... hanno lasciato che qualcos'altro si mettesse in mezzo. Un po' come abbiamo sempre fatto Mattia ed io: prima Lionel, poi Silvia, poi i suoi genitori, i nostri compagni, l'Accademia... insomma, non ci siamo mai avvicinati abbastanza da chiudere quello spazio che permette ad altre realtà di intrufolarsi. È forse un segno che per noi non c'è destino oppure è solo un segno del destino? C'è una fine a questo gioco?

Temo di sì, e temo sia quella che sta per arrivare.

"Wow, hai una faccia da fine del mondo." il commento è di una voce agitata tanto quanto me in questo momento.

Alzo gli occhi e vedo prima il fumo attorno al suo viso, poi lui.

"Francesco?"

"Sì, sono sempre lo stesso di qualche ora fa."

"Non avevi smesso di fumare?"

Natale getta a terra il mozzicone consumato, poi lo pesta con il piede destro e lo struscia sul cemento.

"Sì." afferma rauco. "Ma sono un debole."

"Oh."

"Quando fumi da tempo e poi riesci a smettere." inizia a spiegare, estraendo il pacchetto dal retro dei jeans per prenderne un'altra. "L'aspetto decisamente peggiore è la gestione dell'ansia. Prima lo facevi con le sigarette; ora diventa alquanto problematico senza le cazzo di sigarette."

Ne estrae una, la accende, poi fa per portarsela alla bocca, ma è titubante.

"La vuoi tu?" mi domanda.

"Io non fumo." dico. "Gestisco l'ansia facendomi seghe mentali."

"Ah, ok. Allora la fumo io." se la porta alla bocca e fa un tiro che sembra una boccata di ossigeno puro. Soffia fuori il fumo con sollievo, prendendosela comoda, guardando il giardino della villa, mentre con i gomiti si appoggia al muretto della gradinata.

Lancio un'occhiata al pavimento; ci sono già tre mozziconi.

"Ti raccontano stronzate tipo: masticati una gomma o comprati un antistress." riprende, oltraggiato. "Ma è come obbligare qualcuno a mangiare crema di nocciola al posto della Nutella. Non sarà mai la stessa cosa. Avrai sempre la tentazione di assaggiare la Nutella."

"A meno che tu non odi la Nutella. C'è gente a cui non piace."

"Sì, lo so, era una metafora a caso." taglia corto. "Il punto è che quando hai dei picchi preoccupanti di ansia, l'unica e dico l'unica cosa che pensi possa evitarti una crisi è una sigaretta."

"Una?" lo provoco guardando a terra.

Francesco schiocca la lingua: "Devo recuperare un sacco di mesi."

"Aaaah." vorrei continuare la discussione e chiedergli perché è così stressato, quando vedo qualcos'altro, oltre al pacchetto di sigarette, spuntare dal retro dei suoi jeans.

"Perché hai le chiavi dell'Audi di Zingaretti?" gli domando, confusa e immotivatamente impanicata.

"Ecco appunto." fa lui, esalando un altro lungo sospiro di fumo. Schiarisce un po' l'aria con la mano, poi mi guarda significativamente negli occhi. "Vado a Venezia."

"Vai via con lui? Mattia se ne va?"

Morte interiore.

"No."

Vita interiore.

"Io vado; con la sua macchina, me l'ha prestata."

"Aaaah!" la mia esclamazione in realtà non indica comprensione, ma sollievo. Infatti, dopo un po' ripercorro il nostro dialogo e mi acciglio: "Che diavolo ci vai a fare a Venezia?"

Francesco schiaccia il mozzicone direttamente sul muretto, stavolta, e non la smette di guardarmi con quell'aria mezza schizzata: "Vado a riprenderla."

Inizialmente non connetto e sto per chiedergli chi o cosa va a riprendere, ma prima di aprire la bocca, collego i puntini. Ora so perfettamente la risposta: vuole andare a Venezia per riprendere Alessandra Gruccia.

"Tu sei pazzo."

"Sì, lo so."

"No, non hai realizzato quanto stupido sia farlo ora!" sbotto, costernata dalla sua dichiarazione. "Prima di tutto, chi ti dice che sia a Venezia?"

"I suoi post sui social."

Roteo gli occhi: "Vai a fidarti di quelli. E comunque, ti rendi conto che il matrimonio è domani?"

"Sì. Lo so." sospira. "Appunto per questo ci devo andare. Ha dimenticato qui una cosa."

"Che cosa?"

Natale fruga nella tasca anteriore (è l'uomo delle tasche) e ne ricava un oggetto tintinnante e scintillante: il Pandora di Alessandra. Se quello è il motivo per cui si fa Cecina-Venezia in ventiquattr'ore, sono portata a pensare che ci sia della ganja dentro le sue sigarette.

"È una stronzata, vero?" chiedo, infatti, piuttosto allarmata.

"Quale?" rilancia.

"Tutto: non è vero che vai a Venezia, no? Non è vero che ci andresti solo per uno stupido braccialetto."

Francesco si fa di colpo serio, perso in chissà quale filone di pensieri in cui non riesco a immedesimarmi: "Alessandra non può perdersi il matrimonio dei suoi amici."

Oh, bene, almeno ci sono delle motivazioni più solide. Che a mio avviso, però, non giustificano tutta questa l'impulsività, né un viaggio di circa quattro ore. Facciamo otto, se poi c'è anche un ritorno.

"È stata una sua scelta." sottolineo, dunque.

"No, è anche una loro scelta." osserva indicando la villa con convinzione. "Nessuno l'ha fermata, nessuno si è fatto vivo con lei, nessuno si è mai nemmeno chiesto il perché."

Abbasso gli occhi, sentendomi in parte accusata. Va bene, ce ne siamo un po' fregati, però lui? Anche lui ha apportato un certo contributo alla situazione. E poi, dai... è la Gruccia! Alla Gruccia nemmeno starà passando per la mente di ciò che riguarda noi e il matrimonio. Se n'è andata lei, in fondo. No?

"Sono degli stronzi nei suoi confronti." continua. "E lo sono anch'io in primis, e, sì, tutti noi abbiamo delle ragioni per esserlo, però... Però non è giusto. Lei è pur sempre una di voi - o di noi - e sentirsi esclusi o non apprezzati è uno schifo. Se lei non partecipa a questo matrimonio, le discrepanze tra lei e il gruppo non faranno altro che aumentare. È un circolo vizioso ormai: odiamo la Gruccia perché è stronza, lei ci odia perché la odiamo, quindi fa ancor più la stronza, quindi la odiamo ancora di più. Ma nessuno l'ha mai guardata dal lato umano."

"Perché non c'è." mi viene istintivo ribattere, non senza immediati sensi di colpa. Difatti, mi copro la bocca vergognandomi. Sono rimasta un po' troppo ancorata al passato e agli stereotipi, lo ammetto...

"Sembra che non ci sia." mi corregge lui, sorprendentemente comprensivo. "Ma non sarebbe venuta in primo luogo, se fosse la vera strega che credete che sia. Non avrebbe sudato per quel tendone, nonostante fortemente motivata dal sottoscritto. Non sarebbe semplicemente rimasta parte del vostro gruppo per cinque anni."

In effetti, non ha tutti i torti.

"Penso di non sbagliarmi, se immagino che sotto sotto sta soffrendo per essersene andata; credo che non volesse veramente farlo." aggiunge, piano. "Ovviamente non ce la vedo a struggersi e deprimersi, però penso che essere presente al matrimonio fosse tra le sue sincere intenzioni... e per come la vedo io, è giusto che ci sia."

"Già... forse sì, Natale. Forse no. Non lo so."

Francesco afferra le chiavi, estraendole dalla tasca: "Non lo ammetterebbe mai, ovviamente. Anzi, ciò che ha detto su di me e su di noi fa credere l'esatto contrario."

"Ma?"

"Ma non fa abbastanza da deterrente, purtroppo. O almeno non per me. Sono giorni che mi arrovello."

"È per questo che restavi sveglio anche a orari indecenti finché non hai completato l'arco?"

"Ero un po' agitato, sì. È tutta colpa mia se ha sbroccato, ne sono consapevole. E Dio solo sa quanto non la sopporto, ma in questi giorni mi sono sentito più in colpa per lei che non per aver ricominciato a fumare."

"Non ho capito: ti dispiace averle in qualche modo fatto del male o ti dispiace che non sia qui a godersi il matrimonio?"

"Non lo so. Non so nemmeno se tutto quello che mi sta accadendo abbia un senso. Io non la sopporto sul serio."

"Mh, benvenuto nel club."

"O forse addirittura la odio."

"Abbiamo passato tutti quella fase. Sei solo arrivato in ritardo."

Francesco mi sorride: "Ma immagino che sia comunque responsabilità mia riprenderla, no?"

Mi chiudo nelle spalle: "Ufficialmente, sei l'unico che vuole."

"Davvero, Marinella?" mi fissa intensamente, come a voler sondare la verità all'interno della mia anima. Davvero lui è l'unico a cui farebbe bene il ritorno di Alessandra? O, sotto sotto, molto sotto, siamo tutti talmente masochisti da rivolerla indietro?

In fondo, lei non se n'è mai andata dal nostro gruppo e noi non l'abbiamo mai cacciata. E avremmo avuto un sacco di opportunità per farlo.

"Nessuno di noi, anche volendo, riuscirebbe a farle cambiare idea." rispondo, diplomaticamente. "Forse sei tu il solo che potrebbe portare a termine la missione."

"Perché?" si stupisce.

"Perché sei l'unico ad aver visto la principessa nascosta nella bestia."

"Non dire stronzate. La principessa se l'è divorata anni or sono. È solo una bestia e basta."

"In effetti... non so se tornerai vivo." commento, seguendolo con gli occhi mentre scende energicamente le scale.

Francesco annuisce in accordo con me: "Nel caso non tornassi, sappiate che sono morto da eroe."

"Nel caso tornaste entrambi, sarai davvero un eroe."

Francesco si chiude nelle spalle, come a dire che non ha idea di quali saranno davvero le sorti della sua missione. Tuttavia, si dirige comunque verso l'Audi e la mette in moto mentre qualcuno dall'interno gli apre l'enorme cancellata della villa.

"Cerca di tornare in tempo!" gli urlo, incerta che riesca a sentirmi.

Ma lui abbassa il finestrino e fa il gesto dell'ok.

Sono un po' presa in contro piede da tutto ciò, ma anche parzialmente felice: finché Natale non è qui, Mattia non se ne può andare.

***

TERZO BREAK

Questo è l'ultimo break e, lo so, non è passato molto da quello precedente, ma la parte che andrete a leggere è un po' tosta, per cui assicuratevi di non doverla spezzare e buona lettura. Ci vediamo a fine capitolo e nel frattempo vediamo che succede nel telefono di Nelli...

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...e in quello di Marco!

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***

In casa sembra iniziato il carnevale di Rio de Janeiro: musica latina, bicchieri di vino che tintinnano, gente che balla ovunque. Gli ospiti delle stirpi Magno e Ferrucci si sono ritirati nelle loro stanze, ma non penso che sia questo il motivo dei festeggiamenti. O almeno, me lo auguro, dato che sarebbe leggermente sgarbato.

Devo sicuramente essermi persa qualcosa.

Forse abbiamo ricevuto qualche bella notizia? Magno e Gloria aspettano un pargolo? Cris ha partorito? Zingaretti ha recuperato il neurone perduto?

"Ehi, Nelli! Eccoti finalmente!" Gloria mi accoglie radiosa, il rossetto ancora in posizione da ore e la faccia per niente stanca. "Non hai sentito la notizia?"

"No, quale?"

L'ultima volta era arrivato Sayid, quindi spero non sia un altra sorpresa del genere.

Di fianco a lei Ilenia ridacchia: "Guarda il telefono."

Estraggo il mio Scar, che effettivamente avevo ignorato nelle ultime ore, e sblocco lo schermo. Cinque chiamate perse, trentotto messaggi di Whatsapp, addirittura due mail... tutte da parte dello stesso mittente. Appena leggo il suo nome, Lorenzo Castelli, il mio cuore perde un battito.

"Ma dai... sul serio... ?" parlo con un filo di voce. "Ha trovato...?"

"Ehi, Lori, è arrivata Nelli!" prima che mi parta il pianto estremo, qualcuno lo chiama perché possa confermare di persona.

Neanche a dirlo, Lori raggiunge l'entrata di corsa, si ferma un secondo a guardarmi e poi esplode l'esultanza. Ci lanciamo spontaneamente in un abbraccio travolgente; dalla foga addirittura rischiamo di farci male, ma non ci importa. Quello che conta ora è stritolarci e sentire un enorme sollievo alleggerire i nostri cuori.

"L'hai trovato??" chiedo, come se davvero servisse una spiegazione a tutta questa gioia.

Lorenzo mi guarda con gli occhi lucidi e con un sorriso che va da un orecchio all'altro: "Sì."

"Oh, for the sweet love of Jesus!" esulto, sapendo benissimo di sembrare una grandissima idiota.

Ma chi se ne frega! Lorenzo ha finalmente trovato un donatore per il trapianto di fegato! È la notizia più bella che abbia sentito in giorni e giorni. Lo abbraccio di nuovo e me lo spupazzo come se fosse uno dei miei vecchi peluche ritrovati sotto montagne di giocattoli dimenticati. Oddio, sono così felice.

"Quand'è il trapianto? Dove?" domando, mentre gli altri, che già avranno saputo fino all'ultimo particolare, se ne tornano a bere e mangiare in salotto.

"È un po' complicato." risponde Lori, circondandomi le spalle con un braccio e conducendomi verso un tavolo strapieno di bicchieri vuoti (presumo i residui del banchetto di oggi più i recenti festeggiamenti).

"Non dirmi che è tanto distante." sbuffo, mentre lui mi versa dello champagne in un calice. "O peggio, non dirmi che è a Modena."

"No, è a Venezia." mi sorride. "Però non si sa ancora quando."

"Come no?"

"Nelle mail che ti ho inoltrato è spiegato molto bene." sintetizza, un po' in difficoltà.

"Ma io non ho letto le mail. Né i trentotto messaggi."

"Quelli erano più che altro emoticon e gif, con qualche lettera accentata inserita per sbaglio." arriccia le labbra, scenografico come sempre. "Il succo comunque è questo: ieri notte è arrivato in ospedale un ragazzo in gravi condizioni a seguito di un incidente. Ora è in coma e non si riprenderà; anzi, non gli resta che qualche giorno, forse. I genitori hanno già firmato per la donazione degli organi e... il suo fegato è sano, in perfette condizioni e compatibile al mio."

È una notizia stupenda, ma allo stesso tempo un po' allarmante.

"Devi aspettare che un ragazzo muoia?"

"Lo so, lo so, è terribile." Lorenzo è davvero triste per questa premessa, ma troppo sollevato da non riuscire a trattenere il sorriso. "Ma Nelli, stando a ciò che hanno visto i medici, il ragazzo è davvero irrecuperabile."

Avanza il suo bicchiere verso il mio e li fa tintinnare, sebbene io non abbia mostrato la minima intenzione di ricambiare il brindisi.

Non ho ancora bevuto nemmeno un goccio, perciò sono abbastanza lucida per poter ragionare: "Lorenzo, questo trapianto è sicuro al cento per cento o dipende dalle sorti di un'altra persona?"

"I medici non mi avrebbero scritto, se non fossero stati molto sicuri. Mi fanno andare a Venezia fra due giorni, mi fanno fare le analisi e tutto, praticamente mi ricoverano in attesa del fegato."

"È sicuro al cento per cento oppure no?" mi ripeto, grave.

A Lorenzo sembra proprio che abbiano guastato la festa. Abbassa il suo calice e anche gli angoli del suo sorriso, mentre io continuo a fissarlo con severità.

"No." cede, infine. "Non è sicuro al cento per cento."

Inspiro profondamente, senza dire nulla. Non ce n'è bisogno; si capisce molto bene a cosa sto pensando.

"Ma è sicuro all'ottanta, forse addirittura novanta." insiste. "Io sono pronto, Nelli. Non desidero nient'altro da sei mesi a questa parte. Non voglio credere che sia solo uno scherzo del destino."

"No... certo che no."

"Lo so a cosa stai pensando." afferma, tradendo una certa agitazione. "Non sai se sperare che io abbia il fegato, o che il ragazzo non muoia. È una situazione orribile. E... Nel, stai per sentirmi dire la cosa più brutta che io abbia mai detto, ma... in questo caso, io spero che lui muoia. Non lo conosco, lo so, e forse proprio per questo non mi rendo conto del peso della mia affermazione, ma ho anche pensato che, in ogni caso, perché io non muoia deve morire qualcun altro. Quindi spero sia questa l'occasione, o sarà davvero troppo tardi."

Mi porto le mani al viso: "Oh mio Dio..."

"Già, Dio. Non so quale delle due vite sia più importante per Dio e, considerato che io sono un peccatore di prima classe, temo di non avere alcun vantaggio, però una cosa la so ed è che non voglio morire. Sono stato sempre buono, Nel, nonostante tutto. Ho amato tanto e veramente; forse le persone sbagliate, ok, ma ho sempre seguito dei buoni valori. Non mi merito questa punizione. Se Dio esiste davvero ed è come lo descrivono, non mi lascerà morire."

Deglutisco un po' a fatica, indecisa su come sentirmi e cosa pensare.

I medici sono sicuri e io mi fido dei medici. Mi fido anche della loro gestione della morte di qualcuno per la vita di un altro: mors tua vita mea, è così che funziona in natura e con tale concetto, certi dottori, lavorano ogni giorno. È che fa un po' paura, a dire il vero.

A pari merito del matrimonio, direi.

Ma parlando in termini più spirituali; ha ragione Lorenzo? Perché Dio è buono, salverà chi è sempre stato buono? Farà morire uno sconosciuto per risparmiare lui?

E se questo è il ragionamento giusto, allora chi mi dice che il ragazzo in coma non sia stato più buono di Lorenzo? O che Lorenzo sopravviverà anche al passo successivo?

Chi sa se il vero miracolo è questa notizia, oppure qualcosa che ancora deve accadere, come un inaspettato miglioramento dell'altra persona coinvolta, o dello stesso Lorenzo.

E se Dio non esistesse?

Nel dubbio di come comportarmi davanti a tali profondi concetti, alzo il mio calice e lo bevo tutto in un sorso.

"Se solo osi morire, Castelli." lo minaccio con gli occhi lucidi per le bollicine e forse anche per qualcos'altro. "Prenderò a calci quel tuo culo non più vergine finché non rimpiangerai di esserti seduto in banco con me il primo giorno di superiori."

Lorenzo sorride e beve a sua volta: "Signorsì."

"E conservalo quel mezzo fegato che hai." lo ammonisco, riferendomi all'alcol che sta ingerendo. 

"È l'unico sorso che mi sono concesso. Per l'occasione. Assieme a te."

Ci guardiamo negli occhi per qualche secondo: è il tacito rinnovamento della promessa di esserci l'uno per l'altra finché questa situazione non si risolverà, e anche dopo. Nel bene o nel male, un po' come funziona in un matrimonio.

Per tutto questo sentimentalismo quasi ci mettiamo a bere l'uno dal bicchiere dell'altra con le braccia amorevolmente intrecciate, ma grazie al cielo, qualcosa pone brutalmente fine al disagio.

Lorenzo viene urtato da qualcuno di passaggio e per poco non versa lo champagne ovunque, ma si rimette in equilibrio giusto in tempo. Ci giriamo entrambi verso il responsabile, rivivendo per un attimo una scena già accaduta.

"Scusa." sussurra Tommaso, faticando ad alzare lo sguardo su di me o su Lorenzo.

"Fiorellino, dai, vieni a ballare!"

Lancio una rapida occhiata al salotto e capisco tutta la dinamica: Lionel, il solito mitomane, si è messo a ballare balli caraibici cavalcando l'onda dell'euforia generale. Con la sua innata sensibilità da mammuth ha pensato che coinvolgere Tommaso Fiore nelle danze sarebbe stato bellissimo, ma lui, chiaramente, non ha la minima voglia di buttarsi nella mischia. Così, cercando di divincolarsi, ci è venuto addosso e ora ciò che regna è l'imbarazzo per quello che tutta la scena ha rievocato. Ma soprattutto, mette paura la sua faccia pallida e sconvolta.

Nonostante Lorenzo sembri piuttosto rilassato e molto meno teso di lui, a Fiore non va proprio di indugiare e si congeda con un rapido sorriso forzato: "Congratulazioni." gli dice solamente e poi sfreccia via, verso il piano superiore.

Lorenzo resta fermo e lo segue con lo sguardo finché non è scomparso. Se lo conosco bene come credo, dentro di lui per un attimo c'è stato l'istinto di seguirlo. Ma l'ha represso. E anche a fatica.

"Beh?" sbotto dopo qualche secondo di stallo. "Fai finta di niente?"

"In che senso?"

"Non hai visto come stava?"

"No." Lorenzo abbassa gli occhi.

"Vaffanculo." lo offendo, abbastanza non curante di tutta la pucciosità che scorreva tra di noi meno di un minuto fa.

Lorenzo sa benissimo il perché del mio comportamento e preferisce restarsene zitto a contemplare il vetro del bicchiere.

A quel punto, torno ad essere l'amica rompipalle che nessuno vorrebbe avere in questi momenti: "Se c'è davvero il rischio che tu possa morire, Castelli, vedi di non farlo con qualche rimpianto. È un suggerimento da amica, ma anche un ordine da migliore amica."

Poso il bicchiere con irruenza e senza aggiungere altro, mi dileguo anch'io dal party in corso. Faccio quello che vorrebbe istintivamente fare Lorenzo, se non fosse troppo arrabbiato per l'epatite e troppo insicuro dei suoi sentimenti: seguo Tommaso per vedere come sta.

Come immaginavo, se n'è andato al secondo piano, nascondendosi nel buio della notte e al freddo del terrazzo. Non è una sera molto mite; non avrei potuto farmi un bagno in piscina nemmeno se avessi voluto. E comunque Mattia è uno stronzo.

"Tommaso, posso?" mi introduco, passando dall'apertura della grande porta doppia che dà sul balcone.

Lui è seduto sul parapetto e non si gira nemmeno a guardarmi: "Vai via."

Oh, benvenuta cara Marinella.

"Guarda che sono venuta per te, per sapere se..." ma non ha molto senso continuare a parlare. "Oddio."

Mi accorgo che Tommaso è rannicchiato sul parapetto, sconvolto e... in lacrime.

Ne ho viste di persone piangere, ma in lui credevo non ci fossero nemmeno i condotti lacrimali. Evidentemente mi sbagliavo.

Si è reso impenetrabile per come si è posizionato, ma è evidente come la sua schiena tremi e quanto dolore si stia sprigionando dalla sua gola. Molto probabilmente poco fa stava per scoppiare e ci ha preso addosso durante un tentativo di fuga. Si è allontanato giusto in tempo.

"Vai via, Marinella, per favore." riesce a dire tra un singhiozzo e l'altro.

"Non se ne parla." sussurro, colpita dalla scena. Non mi aspettavo di vederlo in queste condizioni, seriamente.

Lui non si dà pace, ma continua comunque a parlare con me: "Lasciami un minimo di dignità. Ti prego."

"Personalmente, non ho nemmeno idea di che cosa sia la dignità." esordisco. 

Mi spiace non lasciargli la solitudine che vorrebbe, ma saperlo qui da solo e in questo stato non mi fa stare tranquilla. Non potete vederlo, ma sono sicura che se ci foste, pure voi vi sentireste in qualche modo responsabili.

"Cazzo." impreca, coprendosi gli occhi con le mani, tesissimo. "Cosa ci sei venuta a fare qua? Non resti a festeggiare per la grande notizia? Non devi bere champagne o ballare allegramente come fanno tutti gli altri?"

"No." rispondo seccamente.

"Ma come?" mi provoca. "Ti pare di perderti l'evento dell'anno? Avevi giusto giusto appena brindato; non rovinarti il resto della festa. Vai con gli altri, divertiti un po', sfonda la pista."

"Tommaso."

"No, ehi, sono serio. C'è davvero da sballarsi di sotto."

Incasso in silenzio: ho capito. Il sarcasmo sarebbe già di per sé sufficiente anche senza il suo profondo turbamento. Ma in realtà è più che comprensibile: penso che, paradossalmente, siamo gli unici due a pensarla in questo modo.

"Che branco di stupidi." commenta dunque, incapace di trattenere questa considerazione.

A questo punto mi faccio un po' più vicino. Non mi siedo sul parapetto, né tento di invadere troppo il suo spazio (so che Fiore è una di quelle persone che mi getterebbe di sotto senza esitazione), però mi appoggio con la schiena al cemento, fronteggiando l'entrata da cui, ahimè, credo che non arriverà nessuno, men che meno Lorenzo.

"Sono d'accordo con te." gli faccio sapere. "Sono molto preoccupata."

"Oh, sei preoccupata?" sbotta, alzando per un attimo gli occhi. "Brava, non avrai dignità, ma un minimo di cervello sì. Anche se pure tu hai appena brindato al nuovo fegato assieme al diretto interessato."

"Perché lui ne è felice, Fiore. E, comunque, è sempre un punto di partenza, no?"

"Certo!" esclama, sardonico. "Posto che il tizio muoia sul serio, cosa che potrebbe accadere anche tra un paio di settimane, a dirla tutta, sarà davvero uno spasso sottoporsi a un'operazione invasiva e potenzialmente mortale nelle condizioni in cui è quell'incosciente! Partiamo alla grande."

"Prima o poi sarebbe successo."

"Sì, ma Marinella." ora mi fissa con un'oscurità spaventosa negli occhi. "Stanno festeggiando per qualcosa che potrebbe ucciderlo."

Fatico a deglutire; non mi piace la negatività di Tommaso.

"Lorenzo stesso è felice come un bimbo a Natale, mentre la realtà dei fatti è che il rischio di aggravarsi da un momento all'altro non è affatto passato. Lo sai che cosa significa dover aspettare che possano effettivamente donargli un fegato?"

"Che cosa?" mi lascio coinvolgere.

"Che potrebbe aspettare troppo."

"Ma i medici hanno scritto..."

"Andiamo, l'hai letta almeno quell'email?" mi interrompe. "C'è scritto che il donatore è potenziale. E mentre piazzano Lorenzo in un ospedale di merda ad aspettare un potenziale fegato, i medici assegnano altri donatori ad altri malati. E se questo tizio effettivamente sopravvive, o sopravvive a lungo, lui è fottuto. Completamente fottuto." un altro accesso di pianto chiude la gola di Tommaso. "Lo sai quanto tempo ha ancora il tuo caro migliore amico? Si parla di settimane alla meglio e di giorni alla peggio. Ma di questo nemmeno lui se ne rende conto; è sempre super allegro, super positivo, evviva le false belle notizie, evviva le speranze vane!"

Quella di Tommaso non è nemmeno una critica, ma paura. Enorme, grandissima paura. Persino pensare positivo lo spaventa, perché potrebbe rivelarsi inutile.

"Gloria continua a imbottirlo di farmaci e gli altri di stronzate." sibila. "Sono l'unico a vedere la realtà dei fatti."

Rifletto a braccia incrociate, percorrendo con lo sguardo le linee del pavimento: "Forse sei l'unico che non l'accetta."

"Ovvio che non l'accetto." dice. "Ma forse per voi è più facile, perché in effetti non c'entrate nulla. Io invece sono quello per cui Lorenzo sta rischiando la vita, sai com'è, è dura come realtà."

"Tommaso..."

"No, ti prego, non venirmi a dire che non è colpa mia." Tommaso ha le labbra infuocate per quanto le sta mordendo. "È la puttanata che dicono tutti a questo punto del discorso e l'ho già sentita troppe volte."

"È molto più complicato di così."

"No, è semplice: gli ho rovinato la vita fin dal primo istante. Fine. Dovreste ammetterlo anche voi invece di continuare a fare gli ipocriti buonisti."

"Ma che significa fin dal primo istante?" mi stranisco, irritata dal suo accusare continuo nonostante il malessere che sta chiaramente provando.

"Che non avrei mai dovuto innamorarmi." snocciola, come se le sue parole non fossero affatto improvvisate, ma il frutto di lunghe riflessioni. "Era ovvio che non potevamo stare bene assieme. Io ero molto convinto di quello che volevo, ma lui era più inesperto, più confuso: non pronto. Anziché convincerlo a stare con me, avrei dovuto capirlo, lasciarlo in pace, farmene una ragione... avrei dovuto lasciare che costruisse le sue esperienze. Invece lui veniva da una crisi identitaria e io ho preteso che potesse buttarsi in una relazione impegnativa. Avrei anche dovuto aspettare ad avere relazioni sessuali con lui, anziché, forte della mia esperienza, rassicurarlo che con me sarebbe stato facile... Ho praticamente forzato tutta la nostra storia, dall'inizio alla fine, quando avrei semplicemente dovuto lasciar perdere in principio. Ero io a volerlo più di lui e così facendo, gli ho rovinato la vita con le mie stesse mani."

"Ma cosa stai dicendo? Tu non hai mai costretto Lorenzo a fare nulla! Avete sempre fatto passi che volevate entrambi!"

"Sì, ma avrei potuto gestirla diversamente! Lo amavo così tanto da non ragionare, ma sarebbe bastato un esame, Marinella. Un solo stupido esame per salvargli la vita. "

"Stai cercando ogni tipo di pretesto per darti la colpa. Sono istanze di sette anni fa e né tu né lui ci avete pensato."

"Lorenzo non avrebbe potuto. Era davvero molto meno esperto di me e..." scuote la testa, nervoso. "E non poteva di certo immaginare che tipo di passato avessi."

"Vedila come vuoi, ma sia tu che lui, in quegli anni, vi amavate veramente. Lo so per certo, Tommaso. Potrai anche avere l'impressione di parlare con un'ipocrita buonista, ma io ti sto dicendo la verità. Lo conosco. Ed è stato accecato dall'amore tanto quanto te; un esame medico era l'ultima cosa a cui avrebbe pensato."

"Appunto, avrei dovuto farlo io!" esclama. "Quando lui mi ha lasciato, ho cercato in tutti modi di convincerlo a cambiare idea. E anche quando ho visto che non ce l'avrei fatta, non sono riuscito ad accettare la fine di quella storia. Per anni ho sperato che tornasse, ma non solo. L'ho desiderato con tutto me stesso, agognando che un giorno sarebbe successo qualcosa, qualsiasi cosa che l'avrebbe nuovamente legato a me. Ho inseguito così tanto questa volontà che quasi non pensavo ad altro, che quasi non avevo più amici, non uscivo più. Nelli, io avrei dato la mia anima per riavere Lorenzo, ma questo..." Tommaso scuote la testa inorridito. "Questo è un abominio. Questo è un orribile scherzo del destino, o del karma, o di Dio, o di quello che ti pare. Il mio desiderio è stato così morboso e ingiusto da essere ripagato in tale modo. In sette anni, Marinella, da quanto l'ho amato, non mi sono mai nemmeno una volta preoccupato di accertarmi che non l'avessi in qualche modo danneggiato."

"Ma come potevi immaginarlo, se le tue intenzioni sono sempre state buone?"

"Uno che fa la mia vita certe cose le immagina." risponde, arido e accusatorio. "Non sono mai stato un bravo ragazzo. Al contrario di lui, io non lo sono stato mai. Ho scoperto di essere omosessuale quand'ero davvero piccolo. I miei ovviamente non l'hanno saputo per un pezzo perché avevo una tonnellata di ragazze copertura, ma nel frattempo ho fatto un sacco di sciocchezze. Poi l'ho detto e loro mi hanno schifato e allora ho fatto ancora più sciocchezze, sempre più gravi. E no, non parlo di quelle che sapete voi, come non essermi presentato alla maturità o aver imbrattato mezza piazza, no... quelle che ho fatto io sono cose incoscienti e stupide e porca puttana!" grida, sferzando un pugno contro il parapetto, spaventandomi e facendomi urlare a mia volta. "Lo sapevo! Cazzo, lo sapevo!"

"Tomma-" d'istinto mi avvicino a lui, ma come al solito mi scansa e si fa ancora più distante.

"Non mi toccare, sono pieno di merda." piange, al limite dello sconforto e con la mano gocciolante di sangue.

Nemmeno Lorenzo, che è in condizioni decisamente più gravi, si è mai mostrato così a terra. Qui è chiaro che il problema non è la sua salute, ma gli enormi sensi di colpa che lo attanagliano per aver contagiato Lorenzo a causa della sua salute. Ricordo la frase che mi disse quel giorno in cui stavamo preparando la pizza in cucina: Per me stesso non mi preoccupo mai, fidati. E lo vedo... pur essendo allo stesso modo malato, la sua disperazione è tutta per Lorenzo.

"Quando ho conosciuto Lori, la mia vita si è sistemata." singhiozza, reggendo la mano dolorante con quella buona. "Ero felice. Credevo che persino Dio mi avesse perdonato per non essere normale. Credevo di aver intrapreso un cammino talmente giusto che anche tutti gli errori del passato si sarebbero automaticamente cancellati. Semplicemente... non ci ho pesnato più. Ho pensato solo a lui e a quanto amore stessi provando, veramente, per la prima volta. Sono stato così preso che... per tutti questi anni, Marinella. Lo amo ma non sono mai riuscito a dargli amore; solo casini e ora, forse, l'epilogo peggiore che ci possa essere. Non riesco neanche a pensarci..."

"Ora basta, Tommaso, per favore." lo imploro cercando di imporre un tono fermo, sebbene non sia per niente facile. "Non ce la faccio ad ascoltarti così, sul serio. Torna dentro, medicati quella mano e vai da Lorenzo. Fate pace."

"Sì, ok, buon piano." annuisce, mentre con la mano pulita si asciuga il viso. "Come ho fatto a non pensarci prima?"

"Come hai fatto a sopravvivere finora con tutti questi sensi di colpa?"

"Infatti preferirei essere io quello con il tumore, ma la vita è stronza." mi guarda. "E mi sono sforzato per rimanerci, in vita."

Mi stringo più forte le braccia, turbata: "Ci posso parlare io con Lorenzo."

"Non osare." Tommaso mi punta l'indice contro, ed è un'aperta minaccia. "Ho smesso di inquinare la vita di Lorenzo, è meglio per lui se ne rimango fuori e sappiamo che questa è anche la sua volontà. Mi sono offerto in mille modi di aiutarlo, gli avrei anche dato il fegato se non fossi malato, ma lui sta meglio alla larga da me. Ha reso molto chiaro che spera che sia io il primo dei due a morire."

"Non lo intendeva sul serio." lo rassicuro.

"Tu non l'hai sentito." smentisce. "Era quanto di più sinceramente inteso potesse dire. E non l'hai nemmeno visto, perché se ci fossi stata avresti avuto paura del suo sguardo. Ma comunque, è stata la reazione più onesta che abbia visto. Almeno non è tra quelli che mi hanno detto che non è colpa mia."

Non me lo figuro proprio Lorenzo. Cioè, so che può essere terribile a volte, ma non me lo vedo a causare traumi negli altri o esternare cattiverie così pesanti. Posso immaginare la sua rabbia al momento, ma probabilmente c'era anche dell'altro. Secondo me, ciò che estremizza così le reazioni di Lori è il diretto coinvolgimento di Tommaso Fiore.

"Lavorare al vestito insieme a lui, negli ultimi giorni, mi ha solamente dato conferme in questo senso." continua. "Lorenzo si sforza di essere normale con me, ma mi odia con ogni parola, ogni sguardo e ogni respiro."

Abbasso gli occhi, delusa. Io tifavo per loro, nonostante tutto. Avevo sperato in un ritorno di fiamma, anche dopo aver saputo dell'epatite. Anzi, per qualche perversa ragione, mi ero messa in testa che proprio questa li avrebbe riavvicinati. Forse sono troppo stupida pure io; incapace di guardare in faccia la realtà e rassegnarmi al fatto che ormai non ci possa essere nulla di recuperabile. Eppure, avevo fantasticato su quel vestito e su di loro che collaboravano amorevolmente, riscoprendo quanto c'era stato e quanto potrebbe ancora esserci. È davvero tutto allo sfascio? Io avevo visto quell'intenzione in Lorenzo, poco fa... l'avevo vista...

"Comunque." fa, saltando finalmente giù dal muretto. "Hai ragione sull'urgenza di medicare la mano e soprattutto, ripulire questo macello. Non vorrei infettare qualcun altro con la mia malattia."

Tommaso è davvero una delle persone con cui mi risulta più difficile parlare. Non so mai come rispondere, che cosa dire, mi sembra sempre arrabbiato.

"Perché sei così duro con me?" gli chiedo, allora, mentre lui cerca di rimettersi in sesto.

Dopo essersi ripulito del tutto il viso, si volta affrontandomi apertamente: "Perché sono geloso."

Le mie sopracciglia volano al cielo: "Sei geloso di me?"

"Lorenzo ti ha baciato e forse anche amato. Forse più di quanto abbia mai amato me."

"Era una fase." gli ricordo. "Siamo tutti concordi su questo. E, comunque, sei così da quando ti ho conosciuto."

Tommaso fa una smorfia: "Mi hai conosciuto la sera in cui mi sono presentato a Lorenzo. Ed eri con lui. E stavate brindando."

Oh cielo.

"E prima di conoscermi non era diverso." aggiunge, saputo. "L'ho osservato a scuola, eravate sempre appiccicati. Sono stato geloso di te dal primo momento in cui ti ho vista e tu nemmeno mi conoscevi."

Apprendo questa notizia con un certo stupore, ma ne sono anche felice: alla fine Tommaso non mi odia perché non gli piaccio, ma perché sono troppo legata a Lorenzo. Troppo secondo lui, ovviamente.

"Comunque non è colpa tua." non so come, ma riesce a sorridermi. "Sarò per sempre tanto geloso quanto grato per quello che fai per lui, per come lo fai sentire e come l'hai sempre fatto sentire apprezzato. Quando ancora mi parlava, mi ha confessato che senza di te, gli anni delle superiori sarebbero stati un inferno. In più, il tuo supporto durante tutte le sue prese di consapevolezza è stato prezioso. L'ha reso il ragazzo che è e che io, personalmente, amo. Quindi grazie. Ma sarà una delle poche volte che me lo sentirai dire, perché comunque rimani la stronza per cui cinque anni fa sono stato scaricato."

Fisso Tommaso con espressione indecifrabile.

"Grazie?" rantolo, indecisa su come prendere il tutto.

Lui fa un cenno in risposta e poi va verso la porta: "Se Lorenzo o la sua famiglia non mi vorranno in giro il giorno dell'operazione, scrivimi tu. Me lo devi."

"Certo." annuisco. "Te lo prometto."

Fiore non dice più nulla, apre la porta e poi sparisce nel corridoio. Per quanto mi riguarda, rimango per un po' scioccata, immobile qui nel mio angolino, ma poi penso che tronerà per ripulire il punto in cui ha preso a pugni il cemento, così anche io levo le tende. Passo per il bagno per sciacquarmi la faccia, poi scendo al piano terra e concludo la serata.

Facciamo qualche altro brindisi tra ex compagni di classe, ridiamo con Magno e Gloria sulla loro decisione di dormire separati per questa notte e poi giochiamo di nuovo a Dire Fare Baciare con la poca gente rimasta. Non duriamo più di tanto: è tardi e domattina dobbiamo essere tutti operativi per il grande giorno. I bambini sono già collassati sul divano, Lorenzo è messo uguale e in salotto di persone sveglie ne sono rimaste ben poche.

C'è Marco seduto su una sedia a fissare con malinconia Rachele che dorme. Poi c'è Shymée che sta intrecciando le rosse ciocche di Ile, dopo averle assicurato di conoscere una tecnica per fare mossi anche i capelli corti. E poi ci sono io, che ho trascinato Federica in cucina con la scusa di aiutare a lavare i piatti e i bicchieri, ma in realtà per aggiornarla su quanto accaduto nelle ultime ore. Ci rimane male almeno quanto me, poi passiamo ad altri discorsi, tipo a quanto siamo emozionate per domani, a come ci vestiremo, a quanto lei e Pier debbano avere dei figli, eccetera eccetera.

A un certo punto Fede nota qualcosa di insolito. Dice che mi sente emozionata, ma forse fin troppo, quasi agitata. Mi chiede se sta andando tutto bene tra me e Mattia. Le rispondo come prestabilito, ma non la convinco. Quindi ci va pesante e mi rivela che secondo lei me ne sto troppo con Sayid. Temporeggio elencando qualche qualità di Sayid per cui potrei essere giustificata, ma poi lei piazza la fatidica domanda: "Senti, ma che cavolo intendi fare con Mattia, dopo il matrimonio? Perché ho come l'impressione che tu stia combinando un casino dei tuoi."

Un punto a mio vantaggio è che come Fede conosce bene me, io conosco bene lei e so esattamente come rassicurarla, pur non dandole alcuna rassicurazione. Metto in piedi tutto un lungo monologo, in cui in realtà blatero un sacco, ma non do la risposta alla sua domanda. Per fortuna è stanca e come me, risente delle ultime novità e si lascia abbindolare dalla mia ars oratoria. Si congeda minacciandomi di non fare cazzate e di combattere per quello che vuole il cuore, fregandomene delle paure e degli spettri del passato.

Tutto molto bello, peccato che io non abbia ancora rivelato a nessuno di ciò che ho sentito quel giorno, fuori dalla stanza di Mattia, e che quindi i consigli di Fede non siano altro che parole vuote. Se sapesse la verità, mi avrebbe sicuramente fatto una lavata di capo, o alla peggio sarebbe andata da Mattia per sistemare le cose. Ma come ho già detto, non posso correre questo rischio. Domani sarà l'ultimo giorno in cui Mattia e io saremo costretti a stare insieme, poi ognuno dei due scriverà di suo pugno il proprio destino.

Anche se, in un recondito angolo di me, spero ancora con tutto il cuore che Mattia cambi idea all'ultimo secondo e decida di restare con me per sempre, chiedendomi di sposarlo, fecondandomi con il suo seme e promettendomi di morire di vecchiaia al mio fianco, circondati dai nostri nipoti.

Tsè... la mia fantasia non ha proprio limite, a volte sono costretta a riconoscerlo.

"Ti hanno abbandonato?" la domanda è proprio da parte sua, il che un po' mi scombussola e un po' rischia di farmi mollare il piatto che ho fra le mani in un attacco cardiaco. È da oggi che mi sento di morire in sua presenza.

"Nah." gli sorrido, sistemandomi i ciuffi in disordine con la spalla, nella speranza di non sembrare uno scopino del water. "Sono rimasta volutamente da sola per riflettere un po' e anche per finire di lavare questa roba."

"Su cosa dovevi riflettere?"

"Beh, potrei elencarti diversi argomenti, ma diciamo sulla vita in generale, ecco."

"Come sempre." Mattia sfila dalle mie mani il piatto che ho finito di risciaquare, poi afferra il canovaccio più vicino e lo asciuga.

Vedete? Saremmo perfetti come coppietta di fidanzatini casalinghi.

"Grazie." faccio, dilettata dal suo gesto e dalla fantasia di noi due che convoliamo a nozze in un ipotetico mai. "Tu non vai a dormire? Domani è il gran giorno."

"Lo so, sono stato a festeggiare per Lori e poi ho giocato a Fifa contro tuo fratello. Mi sono fatto prendere la mano e mi è sfuggita l'ora."

Roteo gli occhi: uomini.

Mattia ripone il piatto nella mensola sopra di noi, evitando l'imitazione dell'Uomo Ragno che invece sono costretta a fare io per arrivarci. Mentre lo osservo nel suo taglio a cui non mi sono ancora abituata, mi lascio risucchiare dall'angoscia. In questi giorni mi sono sforzata di fregarmene, ma il pensiero quasi febbrile della missione è sempre dietro l'angolo, specialmente quando lui non è con me. Penso sempre: avrà fatto o no quella telefonata? Quando si deciderà a darmi la notizia?

Lui non me lo dice e io nemmeno glielo chiedo, perché sono terrorizzata da ciò che succederà da quel momento in poi.

"Che cosa farai dopo il matrimonio?" inaspettatamente, questa domanda viene invece proprio da lui e mi prende del tutto alla sprovvista.

"Beh, io..." faccio arrossendo e passandogli un altro piatto. "Non saprei... non ho ancora... non lo so."

"Hai parlato con Benigni?"

"No."

"Hai fatto piani per New York?"

"No."

"Te ne andrai con Sayid?"

Poso il piatto che ho appena afferrato e mi giro verso di lui, sia con il viso che con il busto: "Perché me lo chiedi, Mattia?"

"Perché abbiamo rimandato questo discorso fino al matrimonio e il matrimonio è domani."

"Allora dimmi anche quali sono i tuoi di programmi."

Mattia non abbassa lo sguardo, anzi mi fissa intensamente, con aria di sfida: "Non lo so."

Certo che lo sa, è che è uno stronzo.

"Beh, pensaci." rilancio, consegnandogli solennemente il piatto. "Il futuro è alle porte."

Mattia fa una mezza risata e allunga il piatto verso l'alto per sistemarlo sulla mensola. Non so quale sia lo scopo delle sue indagini, ma non mi pare per nulla triste o sconsolato rispetto a questo argomento. Sembra che il mio allontanamento non abbia fatto altro che divertirlo: probabilmente è qui ora per assicurarsi definitivamente di potersene andare senza sensi di colpa, come se già la conferma di poco fa non fosse bastata.

"C'è qualcosa che vorresti dirmi, Argenti?" se ne esce chiamandomi arrogantemente per cognome.

"No, Zingaretti." rispondo, irritata, sciacquando l'ultimo piatto sotto al rubinetto. "E tu?"

"Beh, in realtà sì." si china, afferra il piatto e poi sussurra. "Puzzi ancora di Sayid."

Questa frase mi offende all'inverosimile. Quando vuole, sa essere davvero infantile, per cui decido di prendermela e di andarmene a letto senza nemmeno augurargli la buonanotte. Ma mentre sono ancora di spalle, intenzionata a uscire dalla cucina, sento una frase che mi attanaglia lo stomaco e mi immobilizza le gambe.

"Mi mancherai."

Indugio sullo stipite, serrando gli occhi e respirando a fatica. Le mie dita si sono strette attorno al legno della porta e la mia gola è così annodata che non riesce a far uscire nemmeno un fiato. Dunque, con uno sforzo disumano, mi costringo ad andare via e lascio alle mie spalle questa sorta di congedo ufficiale.

E quindi è così; è un addio anche per lui. 

Gli mancherò e basta.

Sapevo che avrebbe fatto male, è solo che non pensavo così tanto.

***


ANGOLO AUTRICE

Aloha :)

Finalmente siete riusciti a leggere questo capitolo! Lo so, vi ho fatto attendere abbastanza, ma ho avuto qualche intoppo lungo la strada. La cosa positiva è che vi ho regalato un capitolone lunghissimo, la cosa negativa, invece, è che siamo davvero molto, troppo, preoccupantemente vicini alla fine e io sto iniziando a deprimermi. Non credo di potercela fare, sul serio T_T

Alla fine di "Io e te 3" dovrebbero mancare SOLO cinque capitoli, il che è davvero un dramma, se ci pensate. Prima del numero 18, però, vi farò leggere una OS che pubblicherò nell'apposita raccolta e che credo piacerà a moltissimi di voi. Avete già indovinato? Diciamo che è una delle più attese di sempre.

Dopo aver pubblicato quella, finalmente sarà il turno del capitolo 18, ovvero IL GRANDE GIORNO. Magno e Gloria si sposano e io sono più agitata di loro. Non ci posso ancora credere :')

Nonostante tutti gli arcobaleni che sto vomitando, mi rendo conto che il vostro umore potrebbe non essere ugualmente alle stelle. Ciò che avete appena letto, specialmente nella seconda metà del capitolo, non è stato del tutto positivo, anche se, per come la vedo io, può ancora succedere di tutto. Nel prossimo capitolo sicuramente ci sarà un punto di svolta che attendiamo da molto. In questo cap e nel precedente, tra Nelli e Mattia ci sono stati più punti in sospeso che punti di incontro/scontro, ma si tratta di portare pazienza. So che ad alcuni di voi questa situazione sta seccando e... beh, come biasimarvi XD Tuttavia, bisogna cercare di capire la situazione e allo stesso tempo far tesoro anche dei non detti. Nessuna scena è solo riempitiva, ricordatelo, e possiamo trarre qualcosa anche da momenti che non fanno progredire la trama, ma che, comunque, la arricchiscono.

Alla fine di questa storia, quanto meno, potrete dire di aver conosciuto talmente bene Nelli e Mattia da poterli ritenere vecchi amici.

Ma adesso bando alle ciance e via con le domande! Ormai questo momento è d'obbligo.

1) Pensate che si stia manifestando un riavvicinamento tra Federica e Pierpaolo? Se sì, è già terminato, o potrebbero arrivare ad essere ancora più vicini? Succederà qualcosa tra di loro entro la fine del matrimonio?

2) Vi è piaciuto il confronto tra Nelli e Mattia sul tema del matrimonio? Qual è la vostra opinione a riguardo?

3) Avevate mai immaginato il passato sentimentale di Ai Zu? Vi piacerebbe leggere, in futuro, una OS sulla storia di Ai e Chiyo?

4) Vi aspettavate che Francesco sarebbe andato a riprendere Alessandra di sua spontanea volontà? Ma più che altro, ce la farà?

5) Visti gli ultimi sviluppi, quale potrebbe essere il destino di Lorenzo? Come potrebbe reagire Tommaso, se qualcosa andasse storto?

6) Ha fatto soffrire anche voi quel "Mi mancherai" di Mattia? Davvero anche per lui si tratta di un addio ufficiale?

7) Mancano solo 5 capitoli: pensate siano sufficienti a stravolgere le sorti di "Io e te", oppure sono troppo pochi perché qualcosa possa cambiare?

Direi che per questa volta vi ho sufficientemente, per citare il mio poeta preferito, "ubriacato di cazzate". Mi metto subitissimo ascrivere la nuova OS e il cap 18 e nel frattempo, aspetto con un po' d'ansia i vostri commenti. Più ci avviciniamo alla congiunzione con il prologo, più temo che la retata sotto il mio portone si verifichi davvero. Non vogliatemi troppo male, ok?

Alla prossima!

Daffy


***


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