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Autore: Jeon_Dia    12/08/2018    0 recensioni
BLACKPINK FANFICTION
PAIRING: Chaennie (Chaeyoung x Jennie)
"Chaeyoung non calcola Jennie Kim.
Jennie non sopporta Park Chaeyoung.
Una festa, dell'alcol e un pizzico di follia possono bastare a cambiare completamente la situazione.
Ma per Chaeng innamorarsi di una delle ragazze più popolari della scuola comporterebbe un rischio enorme. Soprattutto perché nascosta dietro quell'aria snob e narcisista, la vita di Jennie è molto più complicata di quanto non sembri."
[Songfic in parte ispirata a "Square One" e "Square Two" ; Contiene citazioni e parti di testo delle seguenti canzoni: "Boombayah", "Whistle", "Playing With Fire", "Stay", "As If It's Your Last".]
©Jeon_Dia
Genere: Angst, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Altri
Note: Cross-over, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Jennie aveva deciso di saltare scuola quella mattina. Non se la sentiva di abbandonare quel porto sicuro della sua camera da letto. L'ultima volta che lo aveva fatto, a furia di girovagare senza meta e senza sosta per i corridoi della villa, visibilmente sovrappensiero, finì per puro caso nella stanza di Jisoo. Per fortuna non la trovò nelle condizioni in cui era stata fino a qualche giorno prima, grazie al grande impegno e la collaborazione delle domestiche, ma la sua attenzione fu catturata dall'unica cosa che nessuna delle inservienti osò spostare di una virgola. E quella cosa era la lettera che  era stata inviata a sua cugina da suo padre. L'aveva ricevuta sul serio. Presa dalla rabbia e dallo sconforto, la ragazza aprì la busta e senza troppi ripensamenti lesse la missiva senza il permesso della destinataria. In quelle spesse righe l'uomo le aveva spiegato che presto avrebbe terminato di scontare la sua pena e le chiedeva il suo aiuto per rientrare nelle grazie del nonno, che aveva le redini dell'azienda di famiglia. Per riassumere voleva mettere in ombra il fratello maggiore, il padre di Jennie, in modo da ereditare il controllo della casa di moda, e aveva intenzione di utilizzare la sua unica figlia per raggiungere il suo scopo. La freddezza che riusciva a percepire da quelle parole scarabocchiate in fretta era disarmante. Evidentemente l'uomo pensava che la ragazza avesse ereditato da lui la sete di potere, e che lo avrebbe assecondato fedelmente per ricevere in cambio una posizione di prestigio a tempo debito. Che brutta razza quella dei Kim, pensò la bruna, sperando vivamente di essere un caso a parte, un unico frutto sano in quell'albero genealogico marcio fino alle radici. Ma per quanto riguardava la cugina? Perché non le aveva detto niente a riguardo? Beh, la risposta era semplice e abbastanza ovvia: era confusa. Non sapeva cosa fare. Proprio come Jennie, da quando Youngbae le aveva proposto di esporsi, denunciare suo padre e presentarsi in tribunale per testimoniare contro di lui. Entrambe si ponevano la stessa domanda: schierarsi dalla parte di un genitore che le aveva permesso di venire al mondo, o contro un mostro freddo e calcolatore che farebbe di tutto pur di salvaguardare i propri interessi?
In fondo in fondo, Jennie sapeva bene da quale parte avrebbe voluto stare, ma quella scelta avrebbe comportato dei rischi. In più, nel suo piccolo sperava che Jisoo scegliesse lei, che ignorasse le richieste di suo padre per il bene di sua cugina. Ma pensandoci, la piccola Kim era tanto diversa dal resto della sua famiglia? Non aveva trattato più volte la cugina maggiore alla stregua di una sguattera? Non si era sempre comportata in modo freddo e odioso con le persone che davvero tenevano a lei, per puro egoismo? Per farsi accontentare, per ottenere tutto quello che desiderava, aveva ferito troppe persone.

Rigirandosi tra le lenzuola che le si attorcigliavano alle gambe, il filo dei suoi pensieri la ricondusse al viso affranto di Chaeyoung, un'altra anima bianca che aveva sporcato con il catrame del suo cuore nero. La curiosità che l'aveva spinta a chiederle di stare con lei, era una copertura per il suo egoismo. Quel desiderio di non farsi sfuggire qualcosa di così meraviglioso dalle mani, quella gelosia nel vedere il modo in cui la rossa si comportava o si avvicinava a persone che non fossero lei, quella rabbia al pensiero che qualcun altro avesse potuto averla... Quella ragazza era la cosa più bella che le fosse mai appartenuta, seppure per un'unica notte, e non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare. E ammettendo a sé stessa tutto ciò, si rese conto che a causa del suo egoismo aveva rovinato le vite di entrambe. Rosé era quel tipo di persona che se ti da amore lo fa incondizionatamente, senza limiti che tengano, e per Jennie quelle attenzioni che dapprima le parevano una dolce follia che le faceva sentire il brivido di essere viva, si trasformarono in una dipendenza letale. E prima che se ne rendessero conto entrambe avevano finito per innamorarsi l'una dell'altra.

La maggiore che non poteva assolutamente permettersi di provare amore, che si era tenuta lontano da tutti per non essere ferita dal mondo esterno, si era azzardata a mostrare la parte più vulnerabile di sé stessa a qualcuno ed ora rischiava di perdere anche quella. E non è forse per questo che nonostante il ricordo delle lacrime della sua piccola rosa fosse più doloroso di avere una lama conficcata nel petto, non era ancora riuscita a trovare il coraggio di parlarle?

Lanciò uno sguardo al cellulare posato sul comodino, indecisa sul da farsi. Alla fine lo afferrò e controllò l'orario. Era tardi per entrare a scuola, ma aveva il tempo di darsi una sistemata e farsi trovare fuori dall'istituto al termine delle lezioni. Poteva andare a prendere le ragazze con Seungri, organizzare un bel pranzo per cercare di sistemare le cose all'interno del gruppo. Magari avrebbe potuto prendere in disparte Jisoo e farsi spiegare un paio di cosette, o avrebbe potuto farlo quella sera, non era questa la sua priorità. Ciò di cui necessitava era stringere a sé Chaeyoung, inspirare la sua pelle candida beandosi del suo profumo, e affondare le dita tra le sue morbide onde rosse. Ne aveva davvero bisogno.

 

ㅡAncora non risponde— disse Jisoo, e Lisa imprecò in tailandese.
Le ragazze avevano cercato di chiamare Rosé al cellulare quella mattina, prima dell'inizio delle lezioni, e un'altra volta durante la pausa pranzo, senza ricevere nessuna risposta. Ci stavano provando anche mentre seguivano la coda del resto degli studenti che si recavano verso l'uscita. Gli unici segni di vita della loro amica erano stati un paio di messaggi:

Perdonatemi.

Vi voglio bene.

Ed erano bastati a far preoccupare la maknae. La maggiore cercava di rassicurarla dicendole che probabilmente aveva bigiato con Jennie, un'altra che non vedevano da un po'. Anche se era riuscita a convincere la bionda che arrabbiata ne diceva di tutti i colori, Jisoo non credeva molto alle proprie parole. Ricordava in che condizioni si trovava la rossa l'ultima volta che aveva avuto modo di parlarle, e anche se in quei giorni si era tenuta a debita distanza dalla villa, aveva sentito dire in giro che Dong Youngbae era tornato in città. Immaginava che la cugina non aveva reagito per niente bene alla notizia, cosa che avrebbe potuto spiegare lo stato d'animo di Chaeyoung.

Solo questo ci mancava, pensò la mora affranta. Improvvisamente Lalisa le afferrò il braccio zittendosi. Erano a metà delle scale, e di fronte a loro appoggiati alla ormai immancabile auto dalla verniciatura nero brillante, vi erano Jennie e Seungri. Ma lei non c'era.
Jisoo lanciò un'occhiata sconvolta all'amica, per scoprire che il suo sguardo era puntato da tutt'altra parte. Non molto distante da loro, Park Bom si apprestava ad entrare nell'istituto tramite una porta laterale, accompagnata da una donna che la ragazza ricordava vagamente di aver visto su una rivista.
Prima che la maggiore potesse formulare un pensiero concreto, la tailandese era già corsa ad intercettare le donne, allarmando Jennie. La bruna si avvicinò alla cugina con espressione indecifrabile.
—Cosa succede?— le chiese per poi portare lo sguardo alle sue spalle. —Dov'è Rose?
—Noi... noi pensavamo che fosse con te...
La minore si passò una mano tra i capelli, il panico che si faceva largo sul suo viso.
—Tranquilla— tentò di rassicurarla Jisoo. —È una ragazza sveglia. Non è tipo da fare stupidaggini. Probabilmente...
—Unnie!
La corvina fu interrotta da una piccola Lalisa che in lacrime si fiondò tra le sue braccia.
—Se n'è andata!— urlò contro il suo petto, incurante degli sguardi curiosi che la gente intorno le rivolgeva. —È tornata in Australia!
Sconvolta Jisoo guardò prima il volto addolorato di Bom, la quale si era avvicinata al trio, poi la cugina. Vide la luce nei suoi occhi affievolirsi velocemente, fino a spegnersi del tutto. E nonostante le reazioni delle ragazze fossero più dolorose della notizia in sé, il pensiero di aver forse perso un'amica come Chaeyoung la colpì nel profondo. Ma ancora una volta decise di essere forte. Lo doveva a Jennie e Lisa.

La bruna era riversa sul letto, nelle stesse condizioni di quella mattina, se non peggiori. Il senso di colpa la stava divorando, non faceva altro che ripetersi che se Chaeyoung aveva deciso di andarsene in quel modo era soltanto colpa sua. Pensava di poterla proteggere allontanandola momentaneamente, ma aveva fatto il passo più lungo della gamba. Aveva fatto soffrire entrambe, e anche se credeva di meritare quel dolore, si odiava per aver coinvolto la rossa.

Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando si era rinchiusa in camera, prima che qualcuno bussasse debolmente alla sua porta. Senza aspettare una risposta, la signora Kim aprì lentamente la porta per poi chiuderla alle sue spalle una volta entrata. Si avvicinò silenziosamente alla figlia, si sedette con attenzione accanto a lei, e un po' esitante le posò una mano sul capo. Jennie non la respinse, non ne aveva le forze. Motivata dalla mancata reazione della ragazza, la donna prese ad accarezzarle la testa dolcemente, con mano tremante, e prese un bel respiro prima di iniziare a parlare.
—È arrivata una lettera dalla scuola. Le tue ultime assenze preoccupano i professori e il tuo andamento scolastico recentemente è peggiorato.
La ragazza si limitò a lanciarle un'occhiata scettica, facendo sospirare sua madre. Si prese un minuto di silenzio per riordinare prima di annunciare: —Ho saputo di Chaeyoung.
Sentirle pronunciare quel nome destabilizzò l'equilibrio della bruna che si ritrovò a dover trattenere le lacrime. Sua madre lo notò.
—La ami non è così?
Jennie spalancò gli occhi incredula.
—Puoi accusarmi di essere stata assente e un pessimo genitore, perché è la verità... ma non sono cieca, Jennie. In voi due ho rivisto me e tuo padre quando eravamo ragazzi, quando potevamo ancora permetterci la spensieratezza giovanile, e quando i sentimenti contavano ancora qualcosa...
Si prese una pausa per guardare negli occhi la piccola Kim che si era messa a sedere.
—Non siamo sempre stati mostri senza cuore Jennie— disse con aria affranta. Le occhiaie scure e lo sguardo stanco e sofferente la facevano sembrare più vecchia di quanto in realtà non fosse. Un altro sospiro. La signora Kim tirò fuori dalla tasca della giacca una busta e la depose tra le mani della figlia. Jennie la aprì rivelandone il contenuto: dei biglietti aerei a nome suo, di Jisoo e di Lisa.
—Mi sono già accordata con la signora Manoban, partirete all'inizio della pausa estiva. Starete fuori una settimana, non di più, e per quando tornerete Youngbae si è offerto di aiutarti a ripetere in vista della ripresa delle lezioni.
Così dicendo si alzò.
—Ti lasciò un po' di tempo per elaborare il tutto, poi mi farebbe piacere ascoltare una tua opinione.
La donna si avvicinò all'uscita, ma prima di andarsene chiamò un'ultima volta la sua piccola Kim.
—Jennie?
La ragazza, in lieve stato di shock, le rivolse la sua piena attenzione.
—Mi hai detto che per nulla al mondo vorresti seguire le orme dei tuoi genitori. Allora resta fedele alle tue parole e non commettere i nostri errori. Non tagliare tutti fuori come ha fatto tuo padre, e soprattutto non lasciare che ti taglino fuori...
Il tono della madre era deciso e fermo, nonostante dai suoi occhi scuri non traspariva alcun segno di vita.
—...come ho fatto io.

Chaeyoung camminava tranquillamente per le strade di Melbourne. L'aria fresca dell'emisfero australe le scompigliava i capelli, e nonostante l'inverno fosse appena iniziato, il freddo era ancora sostenibile con una giacca di pelle.

Quelle prime settimane di reinserimento non erano andate affatto male. Nonostante avessero soppresso una linea autobus che era abituata a prendere quando andava a scuola lì, riusciva a muoversi per la città facilmente. Aveva ripreso i contatti con qualche vecchia compagna di classe, e aveva iniziato ad uscire spesso con la sua vicina di casa Elizabeth, sua coetanea e amica d'infanzia. Tornare nei negozi e i locali che frequentava prima di trasferirsi era stato strano, così come lo era stato riprendere a parlare in inglese assiduamente. Alcune cose erano cambiate, altre no, ma restavano comunque familiari e accoglienti. Non ci volle molto per lei e la sua famiglia per riprendere la loro vecchia routine, come se non se ne fosse mai andata. Ma i ricordi restavano, vividi e invariati, fissi nella sua mente, tormentando il suo sonno ogni notte. Sorrisi e smorfie, una serie di istantanee dietro i suoi occhi, urla e risate, il riecheggiare nelle sue orecchie. Più di una volta quando non trovava qualcosa per casa le era rimasto in gola il nome di sua zia. Più di una volta, quando incappava in qualcosa di esilarante, aveva chiamato "Lisa" la sua amica Beth. Più di una volta prima di fare qualcosa di particolare aveva aspettato un parere oggettivo che non era mai arrivato. E ancora ogni mattina aveva desiderato che il cuscino a cui si era aggrappata durante la notte, fosse stato in realtà il corpo caldo della sua Jen.

Aveva troppi conti in sospeso per godersi a pieno quel suo ritorno alle origini. Forse se avesse salutato almeno Lalisa avrebbe gradito appieno le alternative e le proposte di quella vacanza. Le riunioni di famiglia, lo shopping, le montagne russe al Luna Park... pareva mancare sempre qualcosa per rendere il tutto perfetto.

Quella sera la ragazza si era divertita molto insieme a dei ragazzi della sua vecchia scuola che non vedeva da tanto. 
Si stava incamminando verso casa quando qualcosa le scattò in mente. Un'idea. Un lampo. Una nota. Una singola nota che aveva unito due melodie che le risuonavano in testa da un po'. Chiese in prestito una penna ad un passante e raccolse da terra una pagina di giornale che trasformò in un foglio di pentagramma improvvisato. Scrisse velocemente una serie di battute prima di restituire la penna allo sconosciuto, inchinandosi per ringraziarlo come era ormai abituata a fare. Guardò la sua opera con occhi luccicanti. Aveva qualcosa su cui lavorare. Qualcosa a cui dedicare tempo ed attenzione. Una distrazione.

Saltellava contenta verso casa Park, non curandosi del modo in cui la gonna le si piegava contro le cosce, avendo avuto il buonsenso di indossare degli shorts anatomici sotto di essa. Durante l'intero tragitto Rosé non fece altro che pensare al suo spartito di fortuna, che aveva piegato ed infilato in una tasca della giacca. Le tremavano le dita dal desiderio di riprodurre quella melodia con la sua chitarra. Voleva trasformare quell'idea in qualcosa di concreto, ed era eccitata al pensiero di poter comporre finalmente una canzone, dopo tanti anni di studio. La musica era parte integrante della sua vita, e quello era senz'altro un bel traguardo da raggiungere. Chissà, magari se avesse perfezionato le sue abilità avrebbe potuto rendere la sua passione una professione. Sognava ad occhi aperti con un sorrisetto beato in viso quando arrivò nel suo quartiere. La ragazza ridacchiò riprendendo tra le mani il foglio di giornale. Poi accadde l'inaspettato.

—PARK CHAEYOUNG!— si sentì chiamare da una vocina acuta, attaccabrighe e dolorosamente familiare. Spalancò gli occhi, alzando lentamente lo sguardo sulla strada di fronte a se, giusto in tempo per cogliere l'espressione peggiore che Lalisa Manoban sapesse fare, e metà strada tra l'incavolata nera e lo stare per piangere. In una frazione di secondo le si era buttata addosso facendola cadere con il sedere per terra, scoppiando poi in un pianto isterico e liberatorio. Il foglio che la rossa teneva in mano volo via passando totalmente in secondo piano.

—Brutta idiota!— gridò, facendo seguire una lunga serie di vocaboli in tailandese, che se avesse sentito sua madre come minimo le avrebbe lavato la lingua con il sapone da bucato. Piangendo e urlando, non si risparmiava dal tirarle qualche pugno o morderla dove le pareva. Cosa che in realtà la sua amica aveva apprezzato più di averla semplicemente vista. Perché in quel modo le stava provando di essere reale, e che non stava sognando. La maggiore si limitava comunque a stringerla, accarezzandole l'inconfondibile testolina bionda, seppur con una ricrescita scura ben visibile, e a ridere intervallata da qualche lamento che nessuno avrebbe preso sul serio. Si stava trattenendo dal piangere dalla contentezza, accettando la punizione della sua migliore amica. Con non poca difficoltà riuscirono ad alzarsi da terra e ad abbracciarsi decentemente.
—Non ti azzardare mai più— sussurrò la tailandese con voce rotta.
—Non lo farò.
—Lo spero per te.

La rossa rise ancora, con le lacrime che le offuscavano la vista, che aspettavano solo un segno per cadere giù. Segno che non tardò ad arrivare, quando Lisa sciolse l'abbraccio, permettendo a Chaeyoung di guardare dall'altra parte della strada. E come se fosse stato attratto da una calamita, il suo sguardo incontrò finalmente quello di Jennie.
La ragazza si bloccò, un nodo in gola le rendeva difficile respirare. Pesanti lacrime presero a scivolare lungo le sue gote ad ogni passo della bruna, che con espressione indecifrabile le si stava avvicinando, senza interrompere il loro contatto visivo. Quando era ormai a portata d'orecchio, Roseanne cercò di scuotersi, di tirare fuori un filo di voce per affrontare la ragazza che sicuramente avrebbe richiesto una spiegazione di qualche tipo.
—J-Jen...— si sforzò, ma fulmineamente la maggiore le prese il viso tra le mani, e azzerando in un attimo la distanza che le separava, la baciò.
Nessuna descrizione dettagliata o sentimentale calzerebbe bene per ciò che per entrambe era stato quel bacio. Un misto di pura tenerezza e disperata passione, come se fosse il primo ma al contempo l'ultimo. E il gusto salato delle sue lacrime in contrasto con il dolce del lucidalabbra di Jennie, Chaeyoung ci avrebbe messo la mano sul fuoco, era il sapore dell'amore. Del loro amore.

Quella sera le ragazze si fermarono a casa Park. Tutto il gruppo era su di giri, compresa Jisoo che si era lasciata andare al punto da colpire più volte la spalla di Chaeyoung con pugni tremolanti. Lisa spiegò alla rossa e ai suoi genitori che aveva estorto il loro indirizzo a Bom minacciandola di allagarle casa, causando delle grasse risate a tutti i presenti. La signora Park cucinò una cena speciale, a base di appetitosa carne arrosto, e per la gioia dei commensali, la maggiore delle Kim riuscì a mangiarne una buona porzione.
Nonostante i signori Park avessero accettato di buon grado la relazione tra la figlia e Jennie, quest'ultima si sentiva ancora in imbarazzo ad assumere comportamenti da coppia in presenza di altre persone. Imbarazzo che le colorò di rosso le guance quando la madre di Roseanne lasciò alle ragazze il compito di organizzarsi per la notte.
Di tacito accordo, Lalisa e Jisoo decisero di dormire nel divano letto in soggiorno, mentre la minore delle Kim avrebbe condiviso la camera con la padroncina di casa.

I signori Park si erano già ritirati in camera per la notte, per permettere alle ragazze di godersi quel pigiama party di ricongiungimento, quando Jennie sgattaiolò fuori al balcone del soggiorno. Aveva approfittato del fatto che le ragazze erano salite al piano superiore, per tirare fuori dalla borsa un pacchetto di sigarette che si era fatta comprare da Seungri la settimana prima. Ne accese una e tirò, lasciando che quel fumo infernale irritasse i suoi polmoni ancora contrari a quelle intrusioni. Sotto di lei la strada era illuminata dalla calda luce dei lampioni e dai fari delle poche automobili che sfrecciavano lungo quel tratto, creando un'aura giallo-arancio in netto contrasto con il nero di quel cielo senza stelle. Aveva sentito il bisogno di bruciare internamente, di sentire la testa pesante, in modo da bloccare il crollo emotivo che minacciava di sopprimere quello che restava dell'entusiasmo di quel giorno. Era soddisfatta di quella giornata, ma la sua felicità andava scemando gradualmente, e l'ansia e l'insicurezza rischiavano di avvolgerla come un manto di tenebra. Aveva paura di restare sola con Chaeyoung quella notte, spaventata dalle sue emozioni dalla sua storia che spengeva contro le sue labbra serrate per essere raccontata, per essere condivisa. Voleva che la rossa conoscesse il suo passato, e con esso ciò che l'aveva resa la persona che era. Si era resa conto di conoscere tanto di lei, ma al contrario Roseanne non sapeva quasi nulla della bruna. E Jennie aveva intenzione di rimediare. Sentiva di doverlo fare, che era arrivato il momento. Perché quella ragazza era ormai parte di lei, rappresentava la sua forza, la sua debolezza, e sarebbe stato giusto renderla partecipe della sua vita e delle decisioni importanti che avrebbe dovuto prendere di lì a poco. Eppure aveva il timore che una volta scoperto quello che con tanto zelo la maggiore aveva nascosto al mondo, la sua piccola rosa, inorridita, se ne sarebbe andata per sempre, lasciando in lei l'ennesimo vuoto.
Sospirò rilasciando una nuvoletta bianca che andò a disfarsi contro la volta scura che la sovrastava.
Sentì il suono della porta scorrevole che le si aprì alle spalle. Non le servì voltarsi per capire che era lei.

—Le altre sono su in bagno— disse Chaeyoung con la sua voce melodiosa.
—Lisa ha paura che Jisoo possa rimettere, quindi le sta appiccicata.
Emettendo una risatina stanca, la minore le si affiancò, appoggiandosi alla ringhiera del balcone, puntò lo sguardo sulla strada incapace di guardare in faccia la sua ragazza, vuoi per imbarazzo, vuoi per il senso di colpa, o semplicemente non sopportava di osservarla mentre si autodistruggeva fumando.
—Non vomiterà— esordì Jennie. —Ora sta bene.
La più piccola annuì, ma il silenzio prese il comando della situazione.
—Il suo rifiuto per il cibo era dovuto alla sua condizione emotiva. Suo padre le ha praticamente chiesto di aiutarlo a portare la mia famiglia alla rovina, dopo aver ignorato la sua esistenza per anni, e senza dimostrarle un minimo di affetto. Era sconvolta e non sapeva cosa fare. La sua salute fisica è stata il riflesso del suo dolore psicologico.
La voce della bruna giungeva fredda e impassibile alle orecchie di Rosé, che ad occhi sgranati seguiva il suo discorso.
—Rose, sai perché sono brava in inglese?— chiese improvvisamente.
Presa in contropiede la rossa rispose inciampando sulle proprie parole: -Sei andata, cioé sei stata in Zel- aish, Nuova Zelanda.
L'altra annuì facendo un ultimo tiro lungo.
—Sai anche perché ci sono stata?
—Credo... credo che tu non me lo abbia mai detto...— ammise Chaeyoung abbassando lo sguardo, mentre un lieve rossore affluiva alle sue gote.
Jennie spense ciò che restava della sua sigaretta, per poi buttare il mozzicone giù in strada.
—Risposta esatta.
La minore si decise a guardare in faccia la sua ragazza, che aspettava solo di poter incatenare lo sguardo a quello dell'altra.
—Rose, tu mi hai raccontato tutto di te. Ti sei lasciata osservare e studiare, e dato che so anche quanto frequentemente ti spazzoli i capelli, credo di poter sostenere di conoscerti abbastanza. Ma tu cosa sai di me?
La rossa riusciva a leggere l'amarezza sul viso di Jennie, che s'interruppe un attimo per passarsi una mano tra i capelli.
—Sai che mi piace sentirmi superiore agli altri? Falso. Che mi piace fare baldoria? Più o meno. Che la mia famiglia fa schifo? Ci arriverebbe chiunque mi si avvicinasse almeno un po'. Il problema è che tu ti sei avvicinata troppo, ma ancora non conosci quanto effettivamente la mia vita sia un disastro. Perché i miei genitori hanno fatto cose orribili, e tutto ciò che ho saputo fare è stato coprirli scappando. Perché in realtà sono una grandissima codarda Rose.
Non si era accorta del suo respiro affannato fino a quando l'altra non le posò una mano su una spalla per calmarla.
—Va bene così. Non sentirti costretta a parlarmene.
—Ma io...
—Il bagno è liber-ow...!— le interruppe Lalisa uscendo fuori nel suo bel pigiamone azzurro di pile, appena prima di essere aggredita da Jisoo che tappandole la bocca si lamentò a bassa voce della sua insensibilità, e del suo pessimo tempismo.
Jennie scossa la testa. —Vado a...
—Ti accompagno— precedette Rosé.
Sotto lo sguardo curioso e attento delle amiche, le due salirono al piano di sopra. La padrona di casa le indicò il bagno in fondo al corridoio, e prima di entrare nella sua stanza subito a destra le chiese: —Hai bisogno di qualcosa?
Jennie scosse la testa, issò in spalla la borsa che si stava trascinando dietro ed entrò in bagno.

Chaeyoung infilò pigramente il pigiama, senza neanche perdere tempo a chiudere la zip della felpa morbida. Si affacciò al bagno vedendo Jennie reggersi al lavandino con lo sguardo fisso sul suo riflesso allo specchio. Aveva lo sguardo spento e un'espressione fredda, ma riusciva a notare il tremolio nelle sue braccia. Roseanne non capiva perché la ragazza si reputasse una persona orribile, come aveva detto non sapeva molto della sua vita. Ma anche lei sapeva abbastanza da conoscere la sua Kim. Abbastanza da capire che in quel momento l'unica cosa che avrebbe dovuto fare era non lasciarla sola. Ed è ciò che fece.

Inizialmente quando vide il riflesso della rossa avvicinarsi, Jennie pensò di avere un'allucinazione, vedendo qualcosa che desiderava tanto vedere. Poi la minore posò la fronte contro una spalla e le cinse i fianchi abbracciandola da dietro, facendole fermare il respiro in gola. Si lasciò avvolgere da quel dolce crimine che era il suo profumo, una tentazione a cui non avrebbe mai saputo resistere, e per la quale sarebbe andata volentieri all'inferno.

E ancora una volta si lasciarono trasportare dalle loro emozioni, da quel fuoco inestinguibile che era il loro amore. Erano come due fiamme che si attraevano e si fondevano allungandosi verso il cielo. Proprio in questo modo si stringevano l'una all'altra, cingendo i propri corpi per avere più contatto possibile. A piedi scalzi percorsero silenziosamente la poca distanza che separava la stanza da bagno dalla camera da letto della minore, e una volta chiusa la porta alle loro spalle, lasciarono andare i propri respiri irregolari. Lo schioccare dei loro baci e l'alternanza melodica di gemiti e ansimi facevano da accompagnamento musicale al ritmico battere dei loro cuori all'unisono.
E nel momento in cui prese tra le mani il viso della ragazza distesa sotto di lei, senza alcun indumento a coprire le sue imperfezioni, senza alcuna maschera a coprire le sue insicurezze, senza alcun pensiero razionale a soffocare le sue emozioni, Jennie poté definirsi completa. Perché nel mondo di bugie in cui il destino l'aveva costretta a vivere, Chaeyoung era la sua verità. Per lei nulla era mai stato vero e giusto tanto quanto quella sensazione che provava all'altezza dello stomaco ogni volta in cui vedeva la sua rosa, quei brividi che le percorrevano la schiena ogni volta che la loro pelle si sfiorava, quella confusione che prendeva possesso della sua mente quando la rossa non era in giro...
—Rose— le sussurrò a fior di labbra, e quella parola bastò a far sciogliere Roseanne completamente.
La minore aveva odiato sentirsi chiamare con il suo nome inglese in Corea, dato che gli ricordava la sua casa, quella che le mancava così tanto e a cui avrebbe voluto fare ritorno quanto prima. Ma quel nome pronunciato dalla voce della sua regina, fuoriuscito dalle sue labbra gonfie rosse, l'aveva sempre fatta sentire così bene, così adatta e maledettamente perfetta, da alleggerire drasticamente il suo senso di nostalgia. E anche in quelle settimane di lontananza, era stata una delle cose che le era mancata di più, quasi quanto le dita della maggiore che giocherellavano con i suoi capelli. Allora la rossa capì che le bastava Jennie per sentirsi a casa. Che solo al suo fianco si sarebbe sentita nel posto giusto senza aver bisogno di altro. E non aveva bisogno di trovare una ragione per tornare, perché la presenza della bruna accanto a se era la prova che non se n'era mai realmente andata, e mai lo avrebbe fatto.

—Jen— chiamò la più piccola, il cui corpo snello era stretto tra le braccia della sua ragazza, in modo che entrambe entrassero nel letto singolo di Roseanne.
—Mh?
—C'è qualcosa che non sai di me.
Il tono della rossa fece allarmare per un istante Jennie, la quale si irrigidì immediatamente. -Cosa?
—Ti amo— disse Chaeyoung guardandola con occhi brillanti e sinceri. Sentì i muscoli della bruna rilassarsi e vide un adorabile sorriso, con tanto di incisivi in vista, formarsi sulle sue labbra.
—Sapevo anche questo, ma grazie per averlo confermato.
E così dicendo la baciò ancora una volta, con il cuore colmo di una gioia profonda e riparatrice.

 

 

 

Non chiedermi perché devi essere tu, resta semplicemente con me.




 

STAY

 
  
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