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Autore: HikariRin    13/08/2018    1 recensioni
Di fronte alla certezza dell'ultimo scontro contro Ordinemon, Taichi decide di rivelare a Sora tutto ciò che ha sempre tenuto dentro. La risposta di lei accende in lui speranze sopite per lungo tempo. Cambierà questo il loro finale?
Fanfiction vincitrice del concorso 'Digimon Adventure tri.: Diamo una speranza alle nostre ship!' indetto da eleCorti sul forum di EFP
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya | Coppie: Sora/Tai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cosa sarebbe successo se Taichi non fosse caduto in quel burrone e avesse assistito all’ultimo scontro con i Ragazzi Prescelti?
Scopriamolo insieme in una storia dai risvolti alternativi!


*Fanfiction vincitrice del contest ‘Digimon Adventure tri.: Diamo una speranza alle nostre ship' indetto da eleCorti sul forum di EFP, che trovate a questo link:

http://www.freeforumzone.com/d/11491376/Digimon-adventure-tri-diamo-una-speranza-alle-nostre-ship-/discussione.aspx?&t=636697961805766376&t=636704413883579884*


 


Torai ~× Again

 

 

Era ancora vivido nei suoi occhi, l’ultimo scontro contro il Digimon della distruzione.

L’evoluzione avvenuta di Meicoomon aveva dato del filo da torcere ai loro partner, nonché creato divisioni fra loro, tra chi credeva che ci sarebbe dovuto essere un sacrificio e chi avrebbe voluto attendere. Ma lui sapeva che le cose non avrebbero mai potuto risolversi da sole, per questo aveva voluto combattere.

Erano tutti salvi per un soffio; Jesmon aveva attaccato Raguelmon costringendolo alla fuga, ma fortunatamente Omegamon aveva deviato il suo attacco impedendo a quel potente raggio di luce di colpire Yamato e Meiko, che si era gettata avventatamente in direzione della sua compagna divenuta oscura.

Solo, non avevano potuto impedire che da lei nascesse un mostro ancora più potente. Homeostasis aveva decretato che sarebbero stati necessari dei sacrifici, ma Hikari si era opposta fermamente a lei, perché voleva credere fermamente in Meicoomon, nei suoi ricordi con Meiko, nella sua felicità con lei e con loro. Ma il crollo della ragazza, che aveva chiesto loro di porre una fine a Mei-chan, aveva sconvolto anche lei. Tailmon aveva ottenuto un’evoluzione oscura che era stata a sua volta risucchiata dall’oscurità di Raguelmon, e dalla loro unione era nato un abominio che aveva aperto un varco verso il mondo reale e lo aveva attraversato sotto gli occhi increduli dei Ragazzi Prescelti, del professore e dei loro Digimon.

Poiché Koushirou aveva visto un pericolo ben più grande nell’annullamento dei confini tra il Mondo Digitale e quello reale, insieme a Yamato avevano decretato che si tornasse indietro. Così, anche loro avevano approfittato di una distorsione. E si erano ritrovati a dover condividere un rifugio più o meno sicuro.

Poiché l’unica cosa che avrebbero potuto fare era attendere, lo sgomento nelle iridi pulsanti dei suoi compagni era ciò che più gli creava apprensione, ma anche ciò su cui più avrebbero potuto contare nel momento in cui sarebbero stati forzati a combattere ancora. Si sentiva in colpa, perché avrebbe dovuto chiedere ancora dei sacrifici e della perseveranza a tutti loro; mentre abbandonato sulla ringhiera della terrazza immersa nell’oscurità osservava il cielo ed Agumon sgranocchiava qualcosa accanto a lui, sentì aprirsi l’anta scorrevole della finestra. Dietro ad essa comparvero Yamato e Gabumon, e il primo venne ad accasciarsi sulla ringhiera in metallo con lui, rimanendo in silenzio fino a che non voltò lui stesso il viso.

“Comincio a capire quello che dicevi tempo fa. Sul fatto di non capire cosa sia giusto e cosa no.”

Lo disse con un sospiro, ed abbassò ancora il viso sospirando a sua volta. In quel momento semplicemente non voleva lottare, e non avrebbe immaginato di dover arrivare a comprendere a tal punto il dolore altrui.

“In questo momento possiamo solo andare avanti. Dobbiamo farlo per Meiko, che perderà più di tutti.”

Yamato si rinchiuse ancora in un silenzio duraturo, poi portò un palmo a smuovere i capelli. Intorno a loro qualsiasi traccia del mondo che conoscevano pareva perduta; il cielo era scomposto, non si udiva il vento.

“Non ho mai voluto prendere il tuo posto o simili. Volevo che tu lo sapessi.”

“Non l’ho mai pensato.”

Rispose con un sorriso, tirandosi leggermente indietro rispetto alle sbarre che si smossero lievemente.

“Non che ci sia molto da prendere, comunque. Anche a causa della mia titubanza siamo arrivati a questo.

  Abbiamo già attraversato molte cose. Sono certo che con l’apporto di tutti risolveremo tutto quanto.”

“Tu credi negli altri. L’unica persona in cui io riesco a credere è me stesso. Persino per credere in Gabumon ho impiegato un bel po’ di tempo. Sei un ottimo leader, quella che hai tu è una qualità preziosa. Se tu non ci fossi, ci sarebbe richiesto un doppio sforzo per andare avanti in qualsiasi circostanza, ne sono sicuro.”

Il suo discorso estemporaneo lo aveva lasciato attonito, e non sapeva come rispondere. Non aveva mai ritenuto di essere tanto importante, ma era grato di avere degli amici come loro; persone che in alcun modo si sarebbero tirate indietro. Un ringraziamento sommesso uscì dalle sue labbra, e subito dopo si spalancò l’anta in vetro della terrazza affianco alla loro. Sora li salutò con un sorriso, e mentre lui rispondeva con una reazione altrettanto spontanea e cristallina sul suo viso, Yamato decise di lasciarli soli.

“Dovresti riposare. Non sappiamo quando quella creatura si farà viva di nuovo.”

“Scusami, ma non riesco.”

Teneva le mani avvolte l’una nell’altra, all’altezza del petto; un gesto amorevole che mostrava che qualcosa o qualcuno le stava a cuore, lo sapeva bene. Abbassò il viso, poggiandosi coi gomiti alla ringhiera della terrazza che lo separava da lui, e non poté fare altro che andarle vicino perché i suoi occhi erano tristi.

“Sora, c’è qualcosa che non va?”

“Anche tu non riesci a darti pace, vero?”

Stava per dire qualcos’altro, ma si fermò; la mano che subito era andata verso di lei, a lenire il suo dolore, si posò sul gelo del metallo più prossimo a lui. I suoi occhi si dipinsero del buio della notte che lei aveva colto.

“Taichi, non è colpa tua. Non devi portare tutti i tuoi pesi da solo.
  Noi tutti sosterremo con te questa battaglia.”

“Sora, non è come pensi.”

Si volse verso la notte, verso le luci lontane della città, verso quella che era sempre stata la loro quotidianità che lentamente si perdeva inghiottita da ciò che per loro era stato lo straordinario, quando erano bambini.

“Non credo affatto che sia colpa mia. Penso solo che tutti noi abbiamo già perso qualcosa di importante. Abbiamo affrontato un reboot, e non siamo stati capaci di evitare di perdere i nostri compagni. Un sacrificio finale come questo potrebbe essere l’unica strada da percorrere, eppure non credo che tutti sopporterebbero. Nel nostro percorso non abbiamo mai superato niente del genere. Non per come siamo ora.”

Notò che aveva abbassato lo sguardo; forse il suo cuore aveva capito. Sollevò lo sguardo al connubio tra i due mondi, e non poté fare a meno di sorridere, perché in fondo loro conservavano ancora ogni cosa.

“Però, so che tu hai ragione. Dobbiamo essere uniti. Più di ogni altra cosa, ho sempre pensato che servissimo tutti. Ci vuole coraggio per amare. E per non deludere gli amici. E per essere affidabili, riflessivi, sinceri. Ciò che abbiamo costruito finora è la nostra luce, e siamo sempre attaccati a una speranza.

 Siamo una squadra che funziona, e tu sei sempre qui per ricordarcelo, Sora. Grazie.”

I suoi occhi si illuminarono nuovamente nell’oscurità del vuoto che li circondava; le sue mani si strinsero, ed il sorriso che aveva occupato le sue labbra divenne sincero. Annuì lievemente e sollevò lo sguardo, in cerca della stella più luminosa. Sospirò al vedere i mondi che si sgretolavano, ma i suoi occhi erano già più coraggiosi. E lui si rese conto che non aveva bisogno di gesta eclatanti per incoraggiare i suoi amici. Erano tutti diversi; più adulti, più consapevoli. Qualcosa intorno a loro sarebbe ancora potuta cambiare. Forse, non gli sarebbe stato così difficile parlare apertamente. Il professore lo diceva sempre. Dovevano essere loro stessi a cambiare il mondo intorno a loro; quindi, non avrebbe lasciato che la catastrofe lo cambiasse.

“Sora, prima che arrivi la fine di tutto, voglio che tu sappia una cosa.”

“Eh?”

I suoi occhi lo osservavano con un certo stupore; non sapeva se per le sue parole o per la fine di tutto. Trasalì per averla sconvolta tanto e portò una mano fra i capelli, mentre sul suo viso si dipingeva un leggero rossore. Sentiva qualcosa dentro sé ribollire al punto da provocargli il batticuore, ma non poteva permettersi di perdere un’altra occasione, perché probabilmente sarebbe stata l’ultima che avrebbe avuto.

“È imbarazzante…”

Lei continuava ad osservarlo immobile nella medesima posizione, in silenzio; cosa che gli faceva intendere che probabilmente non se lo sarebbe aspettata affatto. Fece appello a tutto il suo coraggio, e sospirò.

“Io ti ho sempre voluto bene. Fin da quando avevo undici anni,quando tu venivi a bussare alla mia porta. Quando ci siamo perduti e tu avevi nostalgia di casa, io ti guardavo da lontano e pensavo che ti amavo. Quando il giorno di Natale hai regalato quei biscotti a lui e non a me, io sono morto dentro. Anche adesso penso di vedere ancora un futuro per noi, ma la verità mi si presenta agli occhi, e non voglio più cambiarla.”

Gli occhi di lei erano passati dallo stupore al dissenso. Sollevò un sopracciglio, portando le mani sui fianchi.

“Quale verità? Taichi, sono stata felice di sapere che tu mi hai sempre parlato di verità quando eri il primo a nascondere qualcosa, ma se era così importante per te perché non me lo hai detto quel giorno?!”

“Volevo che tu fossi felice, e se tu lo fossi stata lo sarei stato anch’io. Non ti sto dicendo queste cose per cambiare i tuoi sentimenti. Volevo solo che tu lo sapessi, perché non vorrei andarmene con questo peso. Puoi continuare a fare come hai sempre fatto. So che hai sempre pensato agli altri, prima che a te.”

“Appunto per questo, c’è stato un momento in cui eri tu la persona più importante per me!”

Sollevò lo sguardo colpito dal medesimo stupore di lei, al realizzare le sue parole. La conversazione aveva preso un risvolto inaspettato. Certo, aveva sempre continuato a rimanere ancorato alla sua speranza. Non aveva mai creduto davvero che quella sarebbe potuta essere una realtà, tantomeno che lo fosse stata.

“E poi abbiamo appena detto che nessuno dovrebbe andarsene, se non erro.”

“Mi dispiace…”

“Con quale abilità riesci sempre a confondermi e rovinare tutto, Taichi?!”

Proprio mentre Sora poggiava con forza le mani sulla ringhiera di fronte a lei il terreno cominciò a tremare, e per un attimo Taichi pensò che poteva essere la rabbia tuonante di lei. Un tremendo boato scosse la città all’intorno, e solo dopo qualche secondo realizzò che indossare gli occhialini avrebbe potuto chiarire ciò che stava accadendo. Nel cielo a poca distanza da loro era comparsa l’ennesima distorsione, dalla quale era comparsa nuovamente la creatura che persino coloro che avevano sempre una risorsa temevano tanto.

Allarmati i propri compagni, i Ragazzi Prescelti si gettarono per le strade ancora una volta, preoccupati per la propria compagna ma allo stesso tempo decisi a mettere fine alle sue sofferenze una volta per sempre.

Inizialmente Meicoomon pareva riconoscere la propria partner. Hackmon, il messaggero di Homeostasis, riportò che colei che desiderava la stabilità e l’armonia aveva deciso che ci sarebbe stato un reboot del mondo reale, unica speranza per l’umanità in quanto avrebbe posto fine al disordine e distrutto la creatura che minacciava l’ordine universale. Il suo migliore amico, però, si era mostrato fortemente contrario. Yamato era colmo di rabbia; a lui non importava affatto chi avrebbe vinto, il mondo non si sarebbe salvato comunque. I Prescelti sarebbero rimasti comunque una squadra, e una delle loro compagne stava soffrendo. Non ci sarebbe stata altra risoluzione che proteggerla eliminandone la causa, e anche lui lo sapeva. Quindi entrambi si lanciarono contro Homeostasis e il suo messaggero, dicendo loro che avrebbero salvato il mondo a modo loro. Anche Hikari inizialmente aveva osteggiato fortemente la sua decisione ma in seguito si era arresa, poiché anche Meiko aveva deciso che la sua speranza per Mei-chan era semplicemente che, in qualunque luogo sarebbe andata, lei avrebbe potuto sorridere ancora.

Fortuitamente Koushirou trovò i dati dei loro Digimon nascosti all’interno di un blocco della memoria di Meicoomon, e tutti furono sollevati al conoscere che i propri partner potevano ancora recuperare i loro ricordi. Mentre la battaglia infuriava nel cielo e la misteriosa creatura denominata Ordinemon diveniva sempre più instabile, Meiko trovò la password di accesso a quel blocco sigillato di dati. I Digimon recuperono gradatamente se stessi e mentre Omegamon, nato dalla determinazione e dall’amicizia di lui e Yamato, acquistava una nuova forma ancora più potente, giunse a dar loro man forte anche Himekawa, la quale avendo superato il suo iniziale smarrimento a causa dell’oblio di Bakumon arrivò proprio con lui dicendo di aver scoperto ove Ygdrasil teneva segregati Daisuke e gli altri loro amici, e li aveva così liberati e trasportati immediatamente in ospedale in quanto versavano in gravi condizioni. Il professore Nishijima era così felice di rivederla che quasi non riusciva a contenere la gioia, regalando loro un momento di ilarità mentre Omegamon poneva fine alla vita di Ordinemon e quindi di Meicoomon, che dopo aver ringraziato Meiko con quell’unica parola in dialetto che avesse mai considerato preziosa lasciava tutti quanti loro.

 

Passò del tempo, in cui la città cominciò la sua ricostruzione e le cose iniziarono a ristabilirsi anche fra tutti loro. I Digimon tornarono nel Mondo Digitale, ma all’occorrenza erano sempre in grado di raggiungerli grazie al varco che Koushirou aveva creato, che non necessitava di un dispositivo per l’interscambio tra i due mondi. Arrivò l’inverno, e con esso la possibilità di riflettere nuovamente sul futuro. Il professore Nishijima aveva abbandonato il suo incarico per concentrarsi unicamente sul suo lavoro con Maki, che aveva accettato nuovamente di tentare di costruire qualcosa con lui; non necessariamente una storia.

Alla vigilia di Natale Takeru aveva mandato una mail alla loro nuova amica, che era tornata a Tottori ma conservava ancora i ricordi preziosi che aveva costruito con loro, ed era loro grata perché l’avevano salvata. Tramite Takeru e Hikari, questo lo aveva appreso successivamente, Sora aveva scoperto che lui aveva modificato il piano della carriera e cominciato a frequentare una scuola preparatoria che gli sarebbe servita nel percorso di vita che aveva deciso d’intraprendere. Fra le due strade delle parti avverse, aveva scelto quella di mezzo. Se la mediazione fra esseri umani e Digimon avrebbe evitato altre riattivazioni forzate, quella sarebbe stata la sua strada. Sorrise, mentre ammirava ancora la fotografia che aveva riposto sulla scrivania. Non avrebbe mai scelto un percorso sul quale anche il suo partner non fosse stato d’accordo.

Era la mattina del Natale, una leggera brezza scuoteva le ante della finestra della sua stanza e la frescura dell’aria all’intorno lo accompagnava persino sotto i vestiti.Era sollevato all’idea che la sera avrebbe incontrato i suoi amici; Mimi aveva organizzato una festa a casa sua e invitato anche quelli digitali. Mentre veniva colto da un brivido che lo costrinse a scaldarsi sfregando le braccia, sentì bussare alla porta.

Quando le aprì avvolto nel suo caldo maglione, gli si presentò con i capelli più corti, ma la frangia era tenuta da un lato da un fermaglio. Aveva un giubbotto caldo dello stesso colore della sua partner digitale e il copriorecchie azzurro. Sotto al giubbotto poteva intravedere la gonna della divisa scolastica e le calze. Teneva la cartella fra le mani, giunte sull’addome, ed era lievemente rossa in viso. Pensò fosse il freddo.

“Sei ancora così bardato?! Muoviti, forza!”

“Non essere così dura con me. Non stavo per niente bene, fino a un attimo fa.”

“Possiamo sempre fermarci a prendere qualcosa di caldo lungo la strada.”

 

Camminavano l’uno accanto all’altra,come non accadeva da troppo tempo; Sora aveva proposto di andare a scuola insieme nella giornata di Natale. Avrebbe detto che fosse per parlargli di qualcosa che aveva scelto proprio quel giorno. Erano partiti molto presto, perché il tragitto era lungo. Di tanto in tanto lei sospirava, e fu quando lui si volse verso di lei all’ennesima dimostrazione di insofferenza che le cose cambiarono.

“Quello non è il fermaglio che ti ho regalato?”

“Lo è. Fin da quel mio compleanno, è sempre stato molto prezioso.”

“Sono lusingato.”

Aveva sorriso in modo sincero, ma lei non lo aveva notato perché continuava a camminargli dietro e a tenere lo sguardo rivolto al marciapiede. A un tratto si era fermata, e lui lo aveva colto immediatamente perché non aveva mai distolto lo sguardo da dove era lei. Quindi si era voltato e le si era avvicinato di nuovo, e l’aveva vista stringere le mani sul manico della cartella e ritrarre il viso dietro alla sciarpa rossa.

“Ho parlato con Piyomon, di quando eravamo bambini. Di quando mi ero arrabbiata con te per via di questo fermaglio, e mi sono resa conto che le cose che abbiamo lasciato indietro non sono mai del tutto dimenticate. Credo di sapere come ti sei sentito per tutto questo tempo. Credo che le cose debbano sempre avere una possibilità, e fino ad ora ti ho visto fare solo scelte coraggiose. Quindi ho voluto esserlo anch’io.”

“Chiedendomi di andare a scuola a piedi con questo freddo?”

Era rimasta immobile per un attimo, poi aveva riso sommessamente e sollevato nuovamente lo sguardo. Voleva essere sempre lo stesso per lei, e desiderava che conservasse nel tempo quel ricordo di lui. Negli anni che avevano trascorso insieme l’aveva vista ridere, piangere, preoccuparsi per gli altri, e aveva sempre pensato di voler lenire ogni suo affanno. Era sempre sollevato, quando riusciva a strapparle un sorriso.

Sora si sollevò sulle punte, e avvicinandosi a lui gli lasciò il calore dell’impronta delle sue labbra sulla pelle. Immediatamente si sentì scaldare enormemente da dentro, e mentre di fuori arrossiva la vide sorridere.

“Chiedendoti di tornare bambini.”

Gli disse, riparandosi nuovamente dietro la lana. Rimase interdetto per un attimo, e subito dopo avvertì il calore di una delle sue mani sulla propria. La strinse, e per un momento gli parve che qualcuno avesse voluto regalargli la felicità. Lei lo trascinò per la strada poco più avanti, e si voltò indietro illuminata dal sole.

“Non trovi che ci sono tante cose che abbiamo ancora da fare insieme? Come realizzare dei sogni?”
 

“Trovo.”

Le rispose, ridendo ancora con lei sulla strada che li avrebbe portati verso il futuro, insieme, uniti. E i sentimenti che nelle ultime settimane aveva creduto di provare per Meiko sfumarono gradualmente nel cielo, come le memorie sbiadite dell’ultimo riavvio di una storia che aveva già un finale radioso.

 

 


Note dell’autrice:

 

Salve a tutti, sono HikariRin!! Mi sono divertita davvero tanto a scrivere questa OneShot.

Il finale di tri. ha deluso la metà degli spettatori: tante cose non dette, tante hint di cose poi non mostrate, e quindi ho pensato di metterci una pietra sopra e di cambiare leggermente il finale, almeno per questi due. Non riesco a scrivere di Taichi e Sora senza fare accenno a quel velo di tenerezza che li avvolge, sempre e comunque. Mi sono chiesta quanto Taichi dove li porterà la strada che insieme hanno scelto di percorrere, e chissà, magari sarà quella di un finale alternativo anche per la storia originale. Magari scopriranno che il sogno di entrambi era semplicemente quello di stare insieme.

Ringrazio chiunque di voi abbia letto questa storia, e ancor più ringrazio elecorti per aver indetto il contest e avermi dato la possibilità di darle forma. (Ma accidenti, come mi sarebbe piaciuto vedere i ragazzi di 02!)

   
 
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