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Autore: thewickedwitch    14/08/2018    1 recensioni
AU SwanQueen
Il sole stava tramontando, all'orizzonte, immergendosi lentamente nel mare. La sua luce, che si rifletteva sulle numerose bottiglie alle sue spalle, aumentava la calura di quel giorno estivo ormai al termine, resa sopportabile dal piacevole vento fresco che, di tanto in tanto, le accarezzava il volto.
Il chiosco, appartenente al resort di lusso situato a poca distanza, nella parte più interna dell'isola, stava per chiudere per lasciare il tempo agli addetti, lei in questo caso, di cenare, prima della riapertura serale, che si protendeva fino a notte inoltrata.
Aveva appena iniziato a disporre i bicchieri su un panno quando udì un voce, proveniente dal lato opposto del bancone, alla sua sinistra.
"Scusi?"
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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----Salve a tutti. Questa è una breve storia estiva, qualcosa di molto leggero, ambientata nel mondo "reale" (non Storybrooke), che tenta comunque di mantenere in parte un certo legame con i precedenti dei personaggi che tutti conosciamo, ovviamente con molte modifiche. 
è divisa in due capitoli poichè non vorrei che come one-shot risulti troppo lunga. 
è stata ispirata dal titolo stesso, proposto nell'iniziativa dei prompt estivi sul gruppo Facebook 'Maybe I need you...'.
La storia arriva terribilmente in ritardo per l'iniziativa, ma mi è stato gentilmente concesso di utilizzare ugualmente il titolo. :)
Ringrazio come sempre il gruppo per l'idea. 
Spero vi piaccia.



Posò il boccale di birra sulla superficie in legno del bancone con un tonfo, senza preoccuparsi neanche di alzare gli occhi sull'uomo di fronte a lei. Non ne aveva bisogno.
Grasso, calvo, sulla cinquantina...le era bastato un solo sguardo alla sua espressione truce ed annoiata al momento dell'ordinazione per capire che tipo di persona fosse. Il tipico maschilista insofferente al mondo intero tranne che al suo compagno di partite e bevute sul divano di casa.
Assolutamente nulla di interessante.
Passò al cliente di fianco. Lo esaminò rapidamente sentendolo ordinare una Vodka. Sogghinò.
- Il tipico ragazzetto che vuole sentirsi grande bevendo Vodka che sa già di non poter reggere- pensò.
Biondo platino, occhi azzurri, avrebbe potuto anche considerarlo carino, non fosse per quell'espressione spaurita da bambino, che era certa tentasse di nascondere, quando era in compagnia della piccola combriccola di amici che lo fissava da lontano, come a voler verificare che davvero prendesse una Vodka e non acqua fresca.
- Predatori- pensò riempiendone un bicchierino - e preda perfetta-.
Lo spinse verso di lui.
" Ecco a te. Cerca di non farti divorare" gli disse quasi materna, un pizzico di compassione celato nell'ironia.
Lui parve non capire, sgranando gli occhi, fin quando non vide il suo sguardo puntato su quei ragazzi lontani. Sorrise timidamente.
"Grazie" sussurrò.
Lei si limitò ad un cenno del capo, restando a guardarlo, appoggiandosi con i gomiti al bancone mentre si allontanava. Scosse la testa. Cosa era grado di fare la gente per quel disperato bisogno di approvazione...
Ma quelli non erano suoi problemi.
Si riscosse, iniziando ad asciugare alcuni bicchieri.
In fondo, lei era solo la barista, se così poteva definirsi, di un chiostro sulla spiaggia, a quello si era ridotto il suo grande sogno.
Serviva liquori e le eventuali sbornie dei clienti non la riguardavano più di quanto lo facessero le loro vite, sebbene spesso si fosse ritrovata, senza sapere neanche come, ad assistere ragazzini sconvolti dall'alcol, ormai abbandonati dagli amici. Si riprometteva sempre di lasciarli lì, senza aiuto, perchè, in fondo, era loro la colpa, ma sapeva bene cosa significasse sbagliare in gioventù e...non aveva mai cuore di ignorarli.
Sospirò rumorosamente. 27 anni, nessun sogno realizzato e già si sentiva molto più grande di loro.
Lavorava lì da troppo tempo.
Il sole stava tramontando, all'orizzonte, immergendosi lentamente nel mare. La sua luce, che si rifletteva sulle numerose bottiglie alle sue spalle, aumentava la calura di quel giorno estivo ormai al termine, resa sopportabile dal piacevole vento fresco che, di tanto in tanto, le accarezzava il volto.
Il chiosco, appartenente al resort di lusso situato a poca distanza, nella parte più interna dell'isola, stava per chiudere per lasciare il tempo agli addetti, lei in questo caso, di cenare, prima della riapertura serale, che si protendeva fino a notte inoltrata.
Lanciò una rapida occhiata al bancone: solo due clienti erano rimasti, l'uomo calvo e un ragazzo di circa vent'anni, totalmente preso dal suo cellulare mentre sorseggiava il suo drink. Non credeva ne sarebbero arrivati altri, almeno, non prima della chiusura.
Aveva appena iniziato a disporre i bicchieri su un panno quando udì un voce, proveniente dal lato opposto del bancone, alla sua sinistra.
"Scusi?"
Rimase interdetta per un momento: quasi nessuno usava quella parola per chiedere un drink o qualsiasi altra cosa potesse cercare in quel chiosco. Nel breve tempo che ci mise per girarsi, vinta dalla curiosità, si figurò una donna adulta, a giudicare dal lieve tono femminile, magari particolarmente educata.
E rimase sorpresa di trovare invece una ragazza. Poteva avere all'incirca una ventina d'anni, non di più.
Come le capitava con ogni cliente, non potè fermare il suo sguardo, che iniziò ad esaminarla in ogni dettaglio. Era più forte di lei, ed era quello che amava del suo lavoro. Tutti quei clienti, tutte quelle storie diverse, avevano un fascino incredibile ai suoi occhi, che non poteva ignorare. Era divertente, provare ad immaginare come fosse la loro vita, azzeccandoci il più delle volte.
Si avvicinò lentamente continuando a fissarla. Capelli dorati, occhi verdi, fisico snello e bicipiti lievemente accennati, questi ultimi in netto contrasto con i lineamenti delicati che ricordavano quasi un viso di bambina. Indossava una semplice maglietta di una chiara tonalità di azzurro.
- Ricca, di buona famiglia, educata...- il suo profilo iniziò a delinearsi nella sua mente. Si fermò davanti a lei, guardandola dritta negli occhi. C'era qualcosa in essi...qualcosa di diverso, che insieme a quei muscoli stonava con tutto il resto. Qualcosa che, strano ma vero per una come lei, non riusciva a definire.
"Si?" Le chiese.
Ma doveva averla fissata davvero troppo intensamente perchè la vide arrossire e chinare lo sguardo. Altra mossa inaspettata, dal suo punto di vista. Divertente, in buona parte.
La ragazza si schiarì la voce tornando a guardarla.
"Un mojito, per favore" distolse lo sguardo.
Lei la scrutò ancora per qualche secondo. Questa era una delle clienti che poteva definire "interessante", e aveva intenzione di studiarla, di capire di più su di lei.  
Alzò un sopracciglio, un sorrisetto ironico sulle labbra. Forse non era il modo più educato per rapportarsi ad un cliente, ma non poteva davvero evitarlo: " Un mojito?"
La ragazza tornò a guardarla senza capire: "si"
"Sei sicura di avere l'età giusta per prendere alcolici? Sai, non dovremmo servirli ai minorenni..."
Quella la guardò piccata: " Hey, non sono minorenne! Ho vent'anni e ne ho tutto il diritto"
-Centro!-
Alzò le mani: " va bene, va bene, calma! Non c'è bisogno di agitarsi." disse prendendo un bicchiere e iniziando a preparare la fresca bevanda con un ghigno soddisfatto sul volto. Lasciò passare qualche secondo di silenzio, lanciandole occhiate furtive.
" Sei qui al resort?"
Lei annuì distrattamente guardandosi intorno, come alla ricerca di qualcuno.
Corrugò le sopracciglia: " hey, va tutto bene? Cerchi qualcuno?"
La ragazza incrociò il suo sguardo, fermandosi per qualche secondo, prima di tirare un profondo sospiro. Pareva quasi esausta. Si lasciò cadere su uno sgabello poco distante, appoggiando le braccia al bancone.
"si...no, non cerco nessuno. Piuttosto cerco di evitare qualcuno..."
La questione si faceva sempre più interessante.
"Oh...capisco" rispose con aria consapevole. Tornò a concentrarsi sul cocktail, in silenzio. Per quanto le piacesse studiare i clienti, il suo lavoro veniva sempre prima di tutto.
 Vi aggiunse le foglie di menta e una fetta di lime a decorare l'insieme dalle tonalità del verde e del giallo sbiadito che si mescolavano armoniosamente e glielo passò.
" Ecco a te"
La ragazza lo prese con un sorriso, quasi rilassandosi dalla tensione che sembrava averla oppressa fino ad un minuto prima.
Iniziò a sorseggiarlo, lentamente.
La considerò una buona occasione per scambiare due chiacchiere e capire di più su di lei.
"Allora ragazzina...sei qui per lavoro o per vacanza?"
Lei la guardò male per l'appellativo ricevuto, ma presto tornò a concentrarsi sulla bevanda che pareva quasi il centro del suo universo, in quel momento.
"Vacanza" rispose distrattamente.
Ma lei non aveva alcuna intenzione di mollare.
" Vacanza? Non sembra che tu ti stia divertendo molto...sei qui da sola a bere. Non hai amici?"
"Sono un tipo solitario" rispose a malapena, senza alzare lo sguardo.
Si strinse nelle spalle: " Alla tua età tutti ce li hanno.."
Questa volta non ricevette risposta.
Credendo che altre domande non l'avrebbero aiutata, restò semplicemente a fissarla, fino a quando lei non alzò lo sguardo, leggermente contrariata.
" Hai intenzione di restare a fissarmi tutto il tempo?"
Sorrise, inclinando la testa: " Sai, fisso tutti i miei clienti, è il mio lavoro. Sopratutto quelli più...interessanti"
Lo sguardo della ragazza cadde sulle sue labbra, mentre pronunciava quelle parole. Deglutì, affrettandosi a nascondere una qualsiasi traccia di imbarazzo.
"Mi trovi interessante?"
"Mh...si, ragazzina"
La bionda scosse la testa quasi esasperata, tornando nel suo silenzio al sapore di menta e lime.
Credette che non avrebbe detto più nulla, ma dopo poco, inaspettatamente, parlò, senza alzare lo sguardo.
"Sono qui in vacanza con i miei genitori e dei loro amici. Si conoscono praticamente da sempre e...era irrinunciabile l'idea di una vacanza insieme!"
L'altra rise leggermente al suo tono sarcastico:" e i tuoi genitori non si preoccupano che tu non ti diverta?"
Prese un altro sorso: " Diciamo che...non sono esattamente al centro dei loro pensieri"
Potè percepire la tristezza, sotto quelle parole apparentemente disinteressate.
"Oh..." fu tutto quello che riuscì a dire. Come situazione, le era tutt'altro che nuova.
Le sembrava diversa ora. Erano bastate quelle parole, perchè vedesse in lei qualcosa di più, quasi una personalità nascosta. Terribilmente interessante.
"Come ti chiami?"
Lei alzò lo sguardo, c'era qualcosa di diverso ora nei suoi occhi verdi, erano quasi sorpresi.
"Emma" disse solo.
Lei le sorrise, tendendole la mano: " Io sono Roni"
La ragazza lasciò la presa sul bicchiere per stringergliela. Dopo qualche secondo sorrise divertita, volendosi prendere una rivincita sulla sua ironia : "Roni, che razza di nome è?"
"Il mio" rispose lei, forse più seria di quanto credeva, perchè il sorriso sul volto della ragazza si spense, diventando mortificato.
"Scusami io...non volevo offenderti"
Non le piaceva parlare del suo nome, o meglio, di quel nome, ma la colpa non era sua. Sorrise, cercando di rimediare.
"No, davvero, non fa niente, nessun offesa...ragazzina" ghignò a quell'ultima parola, vedendola roteare gli occhi e tornare alla sua bevanda.
"Stiamo per chiudere, sai?" riprese, sentendo ora una confidenza nuova, che forse il sapere il suo nome le aveva dato.
Emma alzò lo sguardo sorpresa: " davvero? Finisco subito!" fece per avventarsi sul bicchiere ma lei la fermò, posando una mano sul suo braccio e girandosi a guardare gli altri due clienti.
"Fa con calma, ci sono ancora loro"
Tornò a guardarla e la trovò a fissare qualcosa. Non capì, inizialmente, finchè non vide a cosa era diretto il suo sguardo.
La sua mano, le unghie laccate di viola scuro. Sul suo braccio.
Non se ne era quasi accorta, ma quello sguardo la fece sentire strana, fuori luogo, in una scomoda situazione.
Ritirò il braccio distogliendo lo sguardo, domandandosene il perchè. Non le piaceva avere dubbi, e si affrettò a scacciarli dalla sua testa.
"Puoi fare con calma, sai, non vorrei doverti soccorrere dal soffocamento da foglia di menta!" rise nervosamente, cercando di alleviare la tensione creatasi apparentemente senza motivo.
Emma rise leggermente, e quel suono la colpì. Era strana, la sua risata. Leggera, calma, limpida, come un fiume che scorreva lento lungo un versante erboso, ma che di quell'erba, verde come i suoi occhi, portava le tracce, che ne macchiavano il flusso, togliendovi parte di quella leggerezza.
Restò ad ascoltarla, come se si protendesse nei secondi a venire, finchè non si spense.
"No, suppongo di no"
Sorrise di rimando, leggermente, realizzando di trovarsi davanti ad uno dei casi più interessanti della sua "carriera".
Rimase in silenzio, ad osservare il sole che in lontananza si immergeva del tutto nel mare, lontano, in uno scorcio di scogliera contornato di palme, come una cornice,  privando quella parte di mondo della sua luce per le ore seguenti, mentre quegli ultimi due clienti andavano via, lasciando la zona deserta.
Solo loro rimasero, nella luce del crepuscolo. Avrebbe dovuto finire di sistemare quei bicchieri ma non le andava davvero. Quel panorama, quella luce, che ormai vedeva quasi ogni giorno, riacquistarono improvvisamente ed inspiegabilmente fascino ai suoi occhi, immergendola in uno stato di serenità che le mancava da tempo. Sospirò, restando immobile.
Non si accorse dello sguardo della ragazza, a cui non era sfuggito il suo cambiamento, che la guardò per tutto quel tempo, approfittando della sua distrazione per studiarla a sua volta, attentamente.
Osservò il suo corpo, il suo viso, illuminato dalla luce ancora arancione, le labbra socchiuse e quello sguardo...quei profondi occhi scuri che parevano celare mille segreti, e che, forse, in quel momento quasi surreale ne stavano svelando uno al mondo, scostando quella imperturbabile cortina di ironia che li ricopriva per la maggior parte del tempo. Era buffo, pensò, come andando ad un semplice chiosco si potessero fare le scoperte più interessanti. Se non altro, più interessanti di quella stupida vacanza .Forse avrebbe trovato qualcosa da fare, dopotutto,  oltre che fuggire dai suoi genitori e dai loro amici. Per un momento credette persino di aver trovato qualcuno con cui poter trascorrere il tempo, parlare, un'amica. Ma si affrettò a scacciare quel pensiero, meravigliandosi di sé. Aveva avuto troppe delusioni dalle persone, troppe amicizie spezzate, e non voleva cascarci di nuovo, aveva imparato a non farlo, e quella donna era solo una sconosciuta,nulla di più.
Certo, era bella, dio, se era bella, quelle mani, che l'avevano sfiorata, perfette, quegli occhi, di una profondità unica, quelle labbra...
Distolse lo sguardo da lei.
L'esperienza le aveva insegnato che proprio le persone di miglior aspetto sono quelle da tenere più alla larga. E non voleva partire prevenuta, certo, ma non le avrebbe neanche dato fiducia a primo impatto, per quanto bella e...interessante potesse essere.
Posò il bicchiere sul bancone facendo forse più rumore del normale, rumore che risvegliò Roni dal suo stato di trance.
Si avvicinò sorridendo, prendendo il bicchiere.
"Vedo che hai finito"
"Già..."
Era ora di cena, di sicuro i suoi genitori la aspettavano e non avrebbero gradito un suo ritardo.
"Beh ora...devo andare"
Roni la salutò con un cenno del capo.
"Buona serata"
Lei sorrise di rimando e fece per avviarsi quando si fermò, voltandosi indietro.
" Riaprite stasera?"
La bruna le sorrise, tornando alle sue mansioni.
" Sarò qui alle undici in punto"
"Allora...ci si rivede"
Roni sorrise, di un sorriso enigmatico che non riuscì ad interpretare.
"Ci si rivede...ragazzina".
E la guardò allontanarsi scuotendo la testa.
Un sorriso compiaciuto nacque sulle sue labbra, mentre tornava a concedere la sua attenzione a quei bicchieri da asciugare.
 
 
Guardò l’orologio, le undici e mezza. Affrettò il passo istintivamente. Quel ritardo le stava dando un terribile fastidio e mettendo addosso una tensione insopportabile. La cena si era protratta più a lungo del necessario a suo parere, e ci aveva messo un po’, alla fine, a scrollarsi tutti di dosso dando la buonanotte, per cambiarsi e uscire.
-Che stupidaggine- pensò – non ho mica un appuntamento, cosa importa se arrivo in ritardo, in fondo?-
Ma il suo corpo pareva non essere dello stesso parere, continuando a percorrere il sentiero di ciottoli tra l’erba a passo svelto. Le undici erano ormai diventate un punto fisso e temeva quasi di non trovarla, se fosse arrivata in ritardo, anche se sapeva benissimo che sarebbe rimasta lì per tutto il tempo.
Per tutta la cena non aveva fatto altro che pensare a lei, quella misteriosa barista che traboccava di ironia e fascino un istante prima, per perdersi nei colori del tramonto un istante dopo. Sapeva di avere una possibilità, un’occasione certa di rivederla, quella sera stessa, ma non era sicura fosse la cosa giusta da fare. Così abituata ad essere schiva e diffidente sentiva di andare contro i suoi stessi principi, tenendo a rincontrare una donna appena conosciuta.
Ma aveva avuto tutta quella lunghissima cena per pensarci, che era diventata insopportabile in poco tempo, come accadeva la maggior parte delle volte con i suoi. Come sempre avevano iniziato a parlare del suo futuro con i loro amici, facendone già un disegno perfetto.
-Certo, perfetto per loro magari-
Non riusciva a sopportare questo loro comportamento, come se il suo destino fosse già scritto su un libro di favole. Era giovane, aveva la sua libertà, e, cosa più importante, quella era la sua vita, e solo lei avrebbe deciso come doveva essere.
E man mano che il fastidio in lei cresceva, cresceva anche la convinzione in quello che ora stava facendo: tornare a quel chiosco e rivederla. Aveva trovato una giustificazione alla sua stessa coscienza, alla fine. Aveva bisogno di distrarsi, per prima cosa, e poi… andare a chiacchierare con una barista sconosciuta ad ora tarda, ad un chiosco sulla spiaggia, bevendo due o magari anche tre Mojiti di certo non rientrava tra quello che i suoi genitori prospettavano per il suo futuro perfetto. E sfidarli la riempiva di soddisfazione.
Aveva davvero bisogno di liberarsi da quello stereotipo di ragazza immacolata e perfetta.
In fondo, si era detta, è ovvio che per conoscere una persona la si debba rivedere. E poi, le aveva fatto una buona impressione. Poteva fare un’eccezione per una volta.
Ma dentro sé sapeva che il problema non era davvero quello. Il problema era che ci teneva a farlo più di quanto avrebbe dovuto. E questo la spaventava. Poter essere, in qualsiasi modo,  legata a qualcuno, anche solo in quello strano desiderio di rivederla, la spaventava.
Ma doveva smetterla. Insomma, si odiava per questo, per entrare in crisi ad ogni minima decisione che fosse sua. Voleva avere una notte libera, libera da tutte quelle preoccupazioni e da quella vita che le andava troppo stretta. Ed in quella donna,  aveva visto una possibilità di averla, pur non sapendone la ragione.
 
Si fermò un momento, giunta in prossimità del chiosco. Poteva già vedere le tante persone che occupavano lo spiazzo, illuminati da luci rosse e bianche, sentire il vociare che si mescolava alla musica.
Si chiese un’ultima volta se fosse la cosa giusta da fare e in quel momento decise di liberarsi davvero. Di essere davvero sé stessa, almeno per una sera.
Prese un profondo respiro e proseguì, superando le siepi.
Non appena il bancone si rivelò ai suoi occhi, essi partirono automaticamente alla sua ricerca, e la scorsero quasi subito. Maglietta nera infilata nei jeans, ciuffi di capelli mossi e scuri che le coprivano il viso mentre si affrettava a destra e a sinistra per servire un numero spropositato di avventori. Si avvicinò, quasi attirata magneticamente. Le labbra tinte di scuro socchiuse, l’espressione concentrata. Era davvero bella.
Si sforzò di avere un espressione normale. Giunse all’estremo del bancone e vi si poggiò, attendendo che fosse lei a notarla. Sapeva che lo avrebbe fatto.
E così fu,in un attimo di pausa dai mille clienti, la scorse con la coda dell’occhio, nel tempo di un sospiro.
Un sorriso prese vita sul suo viso: era tornata, sapeva che lo avrebbe fatto. Si girò lentamente, fingendo si averla vista solo in quell’istante. Andò verso di lei con un sorriso malizioso, soffermandosi a esaminare il suo abbigliamento. Aveva una camicetta bianca che le lasciava scoperte le spalle e il  petto, molto di più non riusciva a vedere.
“Bentornata, ragazzina” le disse non appena fu ad una distanza tale da poter essere udita, oltre la musica ad alto volume.
L’espressione di Emma, quasi incantata vedendola avanzare con quel sorriso, cambiò istantaneamente in una contrariata. Era lì per vivere la sua indipendenza. Non era una ragazzina, non più. E non voleva essere considerata tale.
“Non trattarmi come una bambina, non lo sono” le disse con un tono serio da cui l’altra non si lasciò intimorire. Alzò invece un sopracciglio accentuando quel sorriso insieme divertito e malizioso.
“ Non lo sei?”
Ed Emma sentì una stretta allo stomaco a quelle parole, dette con un tono così profondo, così sexy...
-Dio, lei, è così sexy…-
Quel pensiero nacque nella sua testa prima che potesse accorgersene. Non era solita farne ma…con quella donna era davvero impossibile da evitare.
“Quale è il tuo cognome?” sentì chiedersi da lei, ben consapevole dell’effetto delle sue parole.
Ma odiava quel sorriso, per quanto le piacesse. Odiava che si prendesse gioco di lei in quel modo. Doveva smetterla, si disse, di essere timida e contenuta. Se davvero non voleva essere considerata una ragazzina,allora doveva dimostrare di essere un adulta.
“Come scusa?” chiese a sua volta fingendosi offesa.
“Il tuo cognome. Ne avrai pure uno, no?”
Sospirò, domandandosi a cosa mai le servisse il suo cognome.
“Swan” esalò.
Roni sorrise ancora, andando a servire una cliente lì vicino, assimilando la sua ordinazione in silenzio e iniziando a riempire il bicchiere.
“Allora, signorina Swan…” passò il bicchiere che aveva tra le mani alla ragazza di fronte a lei per poi dedicarle nuovamente la sua attenzione poggiandosi al bancone di fronte a lei, guardandola negli occhi.
“Cosa posso servirle?”
Emma rimase a fissare i suoi occhi per un po’, studiandovi i riflessi delle rosse luci agitate che si rincorrevano al loro interno. Riuscì a riscuotersi poco dopo, maledicendosi per quegli attimi di silenzio.
Si allontanò stringendosi nelle spalle, fingendo indifferenza: “ un mojito”
La bruna la guardò e sorrise quasi incredula: “ davvero? Un altro mojito?”
Passò a servire altri clienti, continuando tuttavia a rivolgere a lei la sua attenzione, sapendo tutti gli altri comunque troppo assordati e distratti per badare alla loro conversazione.
“Come mai? Ti piace davvero così tanto?”
“Si, cosa c’è di strano? Lo prendo sempre.”
“mmm… ti andrebbe di provare qualcosa di diverso?” le chiese dopo averci pensato per un momento.
Lei la guardò scettica, ammirando tuttavia la velocità e la naturalezza con cui rispondesse ai vari ordini pur conversando con lei.
“Sarebbe?”
“Ti piace… il sidro di mele?” chiese concentrata nel posizionare una ciliegia candita su un cocktail come se fosse il tocco finale di un’ opera d’arte, per poi allontanarsi a rimirare soddisfatta il suo lavoro.
“Bah…diciamo che di solito preferisco qualcosa di più forte”
Roni consegnò il cocktail al cliente con un sorriso e si girò verso di lei, incrociando nuovamente il suo sguardo mentre si asciugava le mani in un panno.
“mh, allora… che ne dici di assaggiare il mio “frutto proibito”, eh?” chiese con un sorriso a dir poco accattivante.
La bionda restò a guardarla muta, nuovamente pendente dalle sue labbra, inchiodata a quella voce, lo stesso tono di pochi minuti prima, non comprendendo esattamente il significato di quelle parole e allo stesso tempo lottando contro la sua mente che non riusciva a fare altro che pensare quanto quella donna fosse dannatamente sexy.
Nel suo silenzio lei continuò, distogliendo lo sguardo e spostando alcune cose dietro il bancone.
“il ‘mela avvelenata’. Si tratta di una ricetta…in parte di famiglia, a cui io ho applicato le mie modifiche. È una specie di sidro di mele ma molto più forte. Contiene un misto di liquori e…vari ingredienti. Insomma, in verità non è sul menù perché…è davvero molto forte. Ma sai, sarà il drink principale, nel mio bar”.
Lei continuò a fissarla in silenzio, sforzandosi lentamente di concentrarsi sulle sue parole.
L’altra rialzò lo sguardo : “allora?” chiese non sentendola rispondere.
“Uh? Si…si, io…va bene” rispose a malapena.
Roni sorrise iniziando a prepararlo. In verità non erano molti quelli che lo conoscevano. Lo considerava un po’ un tesoro, una cosa tutta sua, da preservare fino al giorno in cui sarebbe riuscita a realizzare il suo grande sogno: aprire un suo bar. Ma non poteva negare che le facesse piacere, di tanto in tanto, farlo provare a qualcuno. Solo le persone più interessanti, ovviamente.
Ne andava molto orgogliosa e approfittò del momento di mancanza di clienti per prepararlo con ogni cura.
Emma la osservava in silenzio. La vide iniziare a bollire delle spezie, a mescolare tra loro piccole quantità, accuratamente misurate, di alcuni dei più forti liquori il chiosco offrisse, cosa che le fece leggermente preoccupare, dubitando per un momento della sua capacità di reggerlo, ma convinta a non tirarsi indietro.
Era affascinante, dovette constatare, vederla preparare quel cocktail. Il modo in cui ne fosse totalmente assorbita, come sembrasse avere a che fare con materie che conosceva alla perfezione ma che, nonostante tutto, trattasse con la massima cura ed attenzione. Pensò di non aver mai visto qualcuno preparare un cocktail con così tanta perizia. E le tornarono in mente parte di quelle parole a cui prima non aveva prestato molta attenzione, completamente presa dai suoi pensieri com'era.
“Poco fa parlavi di…un tuo bar? Ne hai uno?”
Lei sorrise malinconicamente: “ No, purtroppo no. Sai, servono delle licenze, anni di esperienza eccetera, per poterne aprire uno. Ma…un giorno ce la farò. Riuscirò ad aprire il mio bar, il Roni’s” disse con tono importante allontanandosi dal bancone per mimare con le mani nell’aria la forma dell’insegna.
Risero entrambe di cuore, poi lei tornò al suo lavoro, scuotendo lievemente la testa.
“Un giorno, ma…non ora”
Emma abbassò lo sguardo, cogliendo tutta la tristezza celata dietro le sue parole.
“Ti piace davvero molto il tuo lavoro, vero?”
Lei sospirò: “Già…” e si scoprì a fare qualcosa che non si sarebbe mai aspettata da sé, iniziò a raccontare.
“Sai, quando ero piccola avevo uno zio. Lui…mi voleva un bene dell’anima, molto più…beh, di quanto me ne volesse mia madre, così passavo la maggior parte del tempo in sua compagnia." fece una pausa. Non parlava mai a nessuno di quello, del suo passato, ma sentì di potersi fidare, in qualche modo, di quella ragazza silenziosa.
“E lui aveva un bar. Lo chiamava ‘il suo banco dei pegni’.” ricordò con un sorriso
“Sai, era una persona molto generosa e… offriva drink a molti uomini che non avevano i soldi per permetterseli. Diceva sempre che, un giorno, avrebbero trovato un modo per ripagarlo e…beh, così è stato. Ha avuto in cambio tutto l’affetto e l’aiuto del quartiere, e ora tutti hanno un buon ricordo di lui”
Emma ascoltò il suo racconto, in silenzio. Non si aspettava una mossa del genere. Era di gran lunga più di quello che aveva sperato di ottenere.
“Lui…è morto?” le chiese debolmente.
La donna sorrise tristemente, fissando il bicchiere innanzi a se che iniziava finalmente ad essere riempito di un liquido trasparente rosso fuoco.
“Si…sette anni fa” tacque per qualche secondo.
“oh…mi dispiace” sussurrò, pentendosi di quella domanda.
“Già, ma…” Roni  sospirò, mostrando un sorriso nostalgico quanto pieno d’amore e di vita.
“ha lasciato molto di sé, tra cui…” inserì nel bicchiere dell’azoto liquido che sprigionò una piccola nube di fumo.
“Questo” disse posandolo sul bancone davanti a lei.
Emma lo guardò interessata studiandolo. Il liquido di quell’accesa tonalità di rosso pareva agitarsi all’interno, forse scosso dall’azoto, e l’effetto del fumo lo faceva somigliare ad una pozione.
“Wow…” disse ammirata. Lo prese in mano, quasi con rispetto e fece per portarlo alle labbra quando fu fermata dalla sua voce.
 “Sicura di essere capace di reggerlo, signorina Swan?” le chiese divertita.
E allora scattò qualcosa in lei, senza che ne sapesse precisamente il motivo. Sorrise come non si credeva in grado di fare, come non aveva mai fatto, con malizia, mentre una nuova sicurezza si impossessava della sua mente. E quelle parole uscirono spontanee dalla sua bocca.
“Tu non hai idea di che cosa sono capace”
E l’altra la guardò sorpresa per un istante, perchè davvero non l’avrebbe creduta capace di un tono così adulto, così sexy, ma subito dopo ghignò, accettando ben volentieri il suo gioco, guardandola intensamente negli occhi.
“Allora dimostramelo”
Ed Emma non distolse lo sguardo dai suoi nemmeno per un istante, mentre portava lentamente il bicchiere alle labbra e riceveva la prima ondata di quel liquido brillante, percependo i piccoli granelli di zucchero di cui il bordo del bicchiere era accuratamente ricoperto, tra le labbra. Ingoiando il primo sorso non sentì nulla, ma un istante dopo, nella bocca ormai vuota, si sprigionarono un insieme di sapori dolci ed insieme terribilmente amari, che la lasciarono senza fiato. E la gola bruciò solo dopo quella rovente carezza liquida. Sentì la testa più leggera, per un istante, mentre sostava senza parole, sconvolta da quel gusto ma cercando al tempo stesso di analizzarne ogni minima parte, di non perderne neanche la più insignificante. Nelle narici giunse, delicato, come una carezza di conforto, totalmente in contrasto con il forte sapore appena sperimentato, una lieve fragranza di mela. Solo mela.
Dovette ammettere che era uno dei drink più forti che avesse mai assaggiato e... uno dei migliori.
Si accorse che Roni la stava ancora guardando, in attesa di un riscontro. Un cliente cercò di richiamare la sua attenzione insistentemente solo per ricevere un brusco " aspetti un attimo!".
Era troppo importante per lei quel momento per venire distratta da uno stupido cliente. Voleva, doveva, sapere il suo parere. E si accorse di temerlo, in parte.
Lei prese un profondo respiro e sorrise.
"Wow... è...è... fantastico!"
La bruna rilasciò il respiro che aveva  trattenuto fino ad allora e sorrise, di una sincerità e contentezza che Emma non poteva dire di aver mai visto prima sul suo viso. E sorrise a sua volta, perchè le fu inevitabile.
Presto Roni si riscosse andando a servire l'altro cliente.
"Sono contenta che ti piaccia" le disse, cercando di non mostrare troppo quella inspiegabile contentezza che stava crescendo in lei.
"No, sul serio, è...uno dei drink più buoni che io abbia mai assaggiato. Quello che... quello che fa provare, il gusto che rimane è...sconvolgente. C'è stato un momento in cui mi è sembrato che stesse per uccidermi. " risero entrambe.
"Beh mia cara, si chiama 'Mela avvelenata' per questo"
"Veramente, è favoloso" aggiunse prima di prenderne un altro sorso e lasciarsi nuovamente sopraffare da quei sapori sconvolgenti, chiudendo gli occhi, mentre tutti i rumori parvero affievolirsi. Quando tornò in se però assunse un espressione perplessa.
"Però...è come se mancasse qualcosa"
L'altra si girò interessata, con un sopracciglio alzato.
"Come prego?"
"Manca qualcosa" rispose lei con naturalezza guardandosi intorno.
Roni la guardò sbalordita. Ok, teneva al suo parere, ma sapeva anche di essere piuttosto esperta in materia.
"Precisamente..." continuò la bionda, trovando quello che cercava e afferrandolo :"...questo" finì, lasciando cadere nel bicchiere un po' di cannella.
L'altra la guardò ad occhi sgranati.
"Hai messo della cannella nel 'Mela avvelenata'? Questo è un assassinio ragazza!"
Emma prese un altro sorso assaggiando quel cambiamento e scosse la testa.
"No, non lo è. è perfezione invece"
Ora poteva definire quella bevanda davvero perfetta, la migliore che avesse mai assaggiato.
La bruna scosse la testa scettica.
"Parlando francamente, signorina Swan, non credo lei sia più esperta di me in materia..."
Lei sorrise e le porse il bicchiere.
"Assaggialo"
Roni la guardò senza perdere quel cipiglio tra l'indispettito, lo scettico e il meravigliato, per poi fissare il bicchiere per qualche secondo. Ed infine, allungò la mano per afferrarlo.
Certo, sapeva di avere un talento innato ed innegabile, e continuava ad essere convinta di stare per assistere alla rovina della cosa di cui andava più fiera, ma...  non era mai stata  chiusa alle novità.
Portò il lato opposto a quello da cui lei aveva bevuto, alle labbra e lo assaggiò, ricambiando il suo sguardo.
E dannazione, dopo un  primo momento di spaesamento, nel sentire variato quel sapore che conosceva così bene, dovette ammettere che era davvero buono. Normalmente la cannella non le piaceva, ma così...il sapore si confondeva con quello dei liquori, risultando assolutamente piacevole, e dando un leggero pizzicore in più sulla lingua.
Rimase piacevolmente meravigliata, ma sarebbe stato contro il suo orgoglio ammetterlo apertamente, così le ridiede il bicchiere e annuì soddisfatta.
"Si...è accettabile, dopotutto. Potrei sfruttare il tuo consiglio quando mi ricapiteranno clienti strani come te"
Emma sorrise, consapevole della verità, non badando alle sue parole.
" Dai, ammettilo che ti piace da morire!" disse con un entusiasmo da bambina.
Si rifiutò di darle quella soddisfazione.
"Come ho detto...non è male come idea."
Sapendo che non avrebbe ottenuto di più, la bionda lasciò cadere la questione.
Roni diede una rapida occhiata all'orologio.
"Hey, la musica migliore, almeno a parere dei clienti, la mettono a quest'ora. Puoi andare a ballare anche con il cocktail, il bicchiere me lo riporti più tardi. Certo, sempre se non te lo versi prima addosso". rise, guadagnandosi un'occhiata assassina dall'altra.
"Primo, non vedo perchè dovrei versarmelo addosso..." la interruppe contrariata con una mano mentre stava per ribattere e continuò: " e secondo... non mi piace la discoteca. Non mi piacciono i posti affollati in generale".
Lei si strinse nelle spalle: " E allora perchè sei qui?"
Emma alzò uno sguardo serio su di lei, restando a fissarla per qualche secondo, riflettendo se fosse  il caso di dire quello che voleva davvero dire, la verità, o se ne sarebbe rimasta troppo scoperta e vulnerabile, ma alla fine decise di parlare.
"Per te"
disse semplicemente, optando infine per ignorare quegli sciocchi dubbi e reticenze. Si portò velocemente il bicchiere alle labbra prendendo due generose sorsate.
Roni alzò le sopracciglia squadrandola, quasi diffidente.
"Per me?"
Non rispose, continuando a bere.
L'altra parve restare quasi in pensiero, per brevi secondi, poi si illuminò.
"Senti, ho un' idea. Quando finisco potrei...portarti a vedere un bellissimo posto che davvero in pochi conoscono qui. Visto che non ti piacciono i luoghi affollati, insomma. Che dici, ci stai?"
Emma ci pensò, impassibile, per qualche secondo. Era davvero la cosa giusta? Per quanto ne sapeva, avrebbe anche potuto portarla in un posto isolato per ucciderla. Ma presto si sgridò mentalmente: doveva smetterla di fare la stupida. Aveva deciso di essere diversa, per quella sera, di provare qualcosa di nuovo. E forse fidarsi faceva parte di questo. In fondo, sarebbe sempre potuta scappare se le cose si fossero messe male. Si strinse nelle spalle.
"Ok"
"Ok?" le era sembrata così riservata che non credeva davvero avrebbe accettato.
"Si, perchè no. In fondo, ho bisogno di distrarmi"
Roni la guardò in silenzio per qualche momento ancora, studiando il suo volto.
"Bene..." le tornò in mente il loro incontro di quel pomeriggio.
"A questo proposito... da chi scappavi prima, se posso chiedertelo?"
Lei sbuffò, contenta tuttavia dell'allentarsi di quella tensione.
"Beh ecco... presumo che per i miei genitori lo scopo di questa vacanza fosse anche farmi avvicinare al figlio dei loro amici...me lo hanno praticamente messo alle calcagna e...sono fortunata se di tanto in tanto riesco a liberarmene"
Roni rise di gusto: " Ah, capisco"
E fece sorridere di riflesso anche Emma.
" Non fraintendermi, è un bravo ragazzo, credo che la maggior parte delle ragazze lo definirebbe carino e...credo si sia anche innamorato di me ma... insomma, io non lo voglio è...è un idiota! Non riesce a fare un pensiero che non sia stato fatto dai suoi genitori due secondi prima e...insomma, immagino sia una vittima anche lui ma...dovrebbe reagire!"
Lei rise di nuovo, reclinando leggermente la testa all'indietro.
" La maggior parte delle ragazze lo definirebbe carino, tu no?" le chiese, innocentemente ma con malcelata curiosità.
La bionda sorrise debolmente: "diciamo che...io ho gusti un po' diversi..."
E quella sera scoprì quanto ottima fosse la soluzione di bere dopo aver detto cose che potevano metterla a disagio. Nascondersi dietro il bicchiere era forse una delle cose più intelligenti che aveva mai fatto. Temeva una risposta ironica da parte sua, ma invece lei lasciò cadere il discorso.
"Dovrebbe reagire dici... tu lo fai?"
Lei rispose con una risata sarcastica, cogliendo al volo l'occasione per cambiare discorso.
"Sono qui, no?"
E Roni  le sorrise, con sincerità, dolcezza quasi, prima di servire un altro cliente.
Restarono lì, senza scambiarsi più di qualche parola per molto tempo. I clienti aumentarono in una nuova ondata che la tenne occupata per molto tempo, lasciandole poche possibilità di conversare.
Ma Emma non distolse l'attenzione da lei neanche per un istante, quasi incantata, gli occhi incatenati a quel corpo tonico e flessuoso, studiando  i suoi movimenti e bevendo gli ultimi sorsi di quel drink squisito, continuando a stupirsi di quanto fosse brava nel suo lavoro e visibilmente appassionata ad esso. E non sentiva il bisogno di fare nient'altro, che guardarla cullandosi nel sapore dolceamaro del 'Mela avvelenata' .
Così presa com'era non si accorse di un uomo poco distante che la stava fissando ormai da tempo e che lentamente si avvicinò.
"Hey ciao. Posso offrirti da bere?" le chiese lui.
Lei si riscosse dal suo stato di trance e si girò a guardarlo. Oltre all'aspetto, a suo parere lievemente ripugnante, la investì il suo alquanto spiacevole sentore di alcol.
"No grazie. Sono apposto" rispose semplicemente girandosi nuovamente.
Ma lui non desistette e si sedette vicino a lei : " Ne sei sicura? Quale è il tuo nome?" le chiese con un tono che le diede il voltastomaco .
"Ho detto che sono a posto, grazie" rispose infastidita girandosi dall'altra parte.
Ma nonostante tutto lui continuò, imperterrito: " Lo sai che sei proprio carina?"
Lei stava per ribattere e cacciarlo in malo modo quando sentì la voce di Roni.
"Hey tu, la signorina ti ha detto che è apposto, cosa non ti è chiaro?"
L'uomo la guardò profondamente offeso ed infastidito.
" E tu chi saresti?"
"Non sarò nessuno ma..." tirò fuori una mazza da baseball da sotto il bancone: " ...ho questa. E sono sicura tu non abbia voglia di sperimentare quanto è pesante".
L'uomo la guardò sgranando gli occhi per un istante. Lasciò lo sgabello alzando le mani, con aria truce.
"Va bene, va bene, sta calma donna! Me ne vado!"
Presto si allontanò tornando nel mezzo della pista da ballo.
Emma si girò a guardarla, insieme stupita e contrariata.
"Mi sarei potuta benissimo difendere da sola" disse secca.
"Beh prego!" ribattè la bruna girandosi tra le mani la mazza.
Lei le lanciò un'occhiata truce prime di rivolgere la sua attenzione a quella specie di "arma".
" Una mazza da baseball? Davvero?" le chiese scettica con un' alzata di sopracciglia.
Ma presto la sua espressione cambiò, vedendo la luce che si accese nei suoi occhi. Una vendetta, una fame quasi. Quel suo solito sorriso malizioso e divertito le tornò sul volto.
"Tu non hai idea di cosa sono capace".
Emma sorrise di rimando, ed ebbe l'impressione che molta di quella malizia si fosse trasferita sul suo viso.
 
   
 
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