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Autore: MayaPatch    14/08/2018    1 recensioni
Prima parte di una serie comprendente "Ark: Aberration", "Ark: Extinction" e "Ark: Genesis"
Aurora è una sopravvissuta che si troverà suo malgrado ad indagare tra i misteri dell'isola per scoprirne la storia nascosta e il suo scopo. Ma sta accadendo qualcosa. Quel posto sta cambiando.
Genere: Avventura, Mistero, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Questa è una fan fiction su un videogioco survival/sci-fi chiamato Ark: Survival Evolved, ideato da Studio Wildcard. Di solito non mi appassiono così tanto ad un gioco da scriverci su, ma Ark ha una Lore degna di rispetto. La story line può essere ricostruita leggendo le Note dell'Esploratore che ci aiutano a capire cosa sia Ark, il suo scopo e i personaggi che sono vissuti prima dei nostri.
Anche chi non ha mai giocato ad Ark può seguire le vicende senza problemi. infatti il tutto è visto attraverso gli occhi di chi ha appena iniziato la sua avventura sull'Isola. Verrà spiegato tutto e, spero, nel modo giusto.
Userò questa storia anche come esercitazione, voglio migliorare!
Che dire? Buona lettura! Come al solito, se riscontrate errori o refusi, segnalatemeli. Siate gentili nelle critiche, non mi arrabbio se criticate in modo costruttivo ed educato.

Ark-cap by MayaPatch

Non riusciva a respirare perché ad ogni tentativo l'acqua minacciava di affogarla. Mosse gambe e braccia per raggiungere la superficie. Era buio e non vedeva nulla ad eccezione del cielo trapunto di stelle. Dov'era la spiaggia? Si guardò attorno e, prima che il panico la assalisse, scorse una colonna di luce verde in lontananza. Istintivamente iniziò a nuotare in quella direzione. Sperava con tutta se stessa di arrivare a destinazione prima di stancarsi.
Dopo un centinaio di metri, i suoi piedi toccarono qualcosa. O fu qualcosa a toccarglieli perché l'acqua attorno si mosse. La ragazza sobbalzò. Scattò in avanti per allontanarsi temendo che qualcosa avrebbe potuto attaccarla. Continuò a nuotare verso la luce. Il cielo si stava tingendo di rosa e la terra di fronte a lei prendeva forma. La costa bassa e sabbiosa non era lontana.
La ragazza continuò a nuotare quando qualcosa le toccò di nuovo il piede, poi la pancia e la gamba. Questa volta sentì chiaramente gracchiare. Si fermò e si voltò. Dietro di lei c'era un gruppo di creature dal lungo muso che la fissavano con quei loro occhi grandi, sembravano dei delfini. La pelle era prevalentemente grigia ma il fianco aveva sfumature di colore diverso da esemplare ad esemplare. Non sapeva quanti fossero, ma stavano seguendo lei. Ormai il sole stava sorgendo e c'era abbastanza luce da vedere tutto. Come pensava, la costa era vicina e si affrettò a raggiungerla. Inaspettatamente ricevette aiuto da uno di quei pinnipedi che le offrì il dorso.

Una volta al sicuro sulla terra ferma, la ragazza si rese conto che i problemi non sarebbero finiti lì. I ricci rossi le si erano incollati alle pallide guance lentigginose. Il corpo era scosso da brividi di freddo perché addosso non aveva altro che della biancheria. Non aveva nulla da mangiare e nemmeno un riparo. Si guardò attorno sconsolata.
La spiaggia pullulava di vita. Rettili bipedi dalla testa allungata si spostavano in gruppo, ogni tanto si guardavano attorno e annusavano l'aria. Tartarughe giganti zampettavano lentamente verso l'acqua. Uccelli grandi e piccoli volavano a pelo d'acqua e pescavano col becco.

Aurora alzò lo sguardo verso l'entroterra e scorse l'origine del fascio di luce, che le aveva permesso di trovare la strada: era una torre metallica che fluttuava a mezz'aria. Ai due lati c'era un rombo circondato da luce verde, che arrivava fino al suolo e attraversava l'immensa costruzione.
Rimase a fissarla per un po', incantata, poi sentì un pizzicore al polso sinistro. Toccò il punto che prudeva ma, al posto della pelle, c'era un oggetto a forma di rombo. Sembrava essere stato impiantato da qualcuno e brillava di luce azzurra. Aurora fece scorrere il dito su di esso e, di fronte a lei, come un ologramma, apparve una scheda. Vide se stessa nel riquadro a destra, a sinistra della sua testa c'erano dei quadrati nominati con parti del corpo. Il riquadro più grande, a sinistra, aveva degli spazi vuoti ed era indicato col nome di “Inventario”. Al suo interno era rappresentata l'immagine di quello stesso oggetto che proiettava la schermata. Aurora passò il dito sull'immagine e questa reagì mostrando le informazioni relative proprio alla sua persona: Campione #2445096883, Nome: Aurora. Genere: Femmina. Specie: Homo Sapiens. Epoca 74. Attributi: Intelligenza, Destrezza e Adattabilità.

«Che cosa...»
si lasciò sfuggire a bassa voce. Tutto ciò la sconcertava e incuriosiva. Dov'era finita esattamente? Cos'era quella struttura metallica che sembrava emanare un immenso potere? A cosa serviva l'impianto sul suo polso? C'erano altre persone come lei? Quasi dimenticò di aver freddo, ma il suo corpo glielo ricordò con violenti tremolii.
Intelligenza, destrezza e adattabilità.” pensò Aurora mentre si guardava attorno in cerca di qualcosa che potesse esserle utile. Trovò rami, foglie gigantesche cadute dalle palme del luogo, steli di piante da usare come corda. Inoltre scoprì a cosa serviva l'impianto, o almeno credeva: quando avvicinava il polso a ciò che voleva raccogliere, l'impianto scannerizzava l'oggetto e lo inglobava. La prima volta accadde per caso, ma Aurora apprese rapidamente. Capì anche che più cose raccoglieva e più si sentiva pesante. L'impianto le permetteva di portarsi dietro ciò che voleva, diminuendone considerevolmente il peso reale, ma aveva dei limiti.

La raccolta fu interrotta da schiamazzi acuti. Aurora volse lo sguardo alle sue spalle e il suo sangue gelò. Cinque creature bipedi della stessa specie la fissavano con interesse. Avevano delle piume lungo la spina dorsale, agli avambracci e sulla punta della coda. Ciascuna zampa posteriore era munita di un minaccioso artiglio a mezzaluna proteso verso l'alto, segno distintivo di quelli che Aurora sapeva essere Raptor. La fissavano, la studiavano con sguardo vispo e intelligente, poi si guardarono e scattarono in avanti.
La malcapitata fece lo stesso, ma dalla parte opposta, verso la foce del fiume. Corse più che poteva e si tuffò non appena raggiunse l'acqua. La profondità mise in difficoltà gli inseguitori che però non mollarono. https://steamuserimages-a.akamaihd.net/ugc/1711905846773592161/18683574D6FB3F75D65BF62F749FFAA2712F8E8F/?imw=268&imh=268&ima=fit&impolicy=Letterbox&imcolor=%23000000&letterbox=true
La fuga di Aurora continuò fino alla sponda opposta. Ogni tanto si guardava alle spalle ma i Raptor, che avevano raggiunto la riva, fecero dietro front. Sembravano terrorizzati.

Aurora si fermò a guardarli e sospirò sollevata. Ma cosa aveva spaventato quei predatori? La risposta non si fece attendere. Il terreno sotto i suoi piedi tremò, l'ombra della ragazza sparì, assorbita da una gigantesca. Il rantolio che seguì non presagiva nulla di buono.
Passò qualche silenzioso secondo e Aurora scattò in avanti evitando che la bestia potesse prenderla con le sue fauci. Ma la distanza era ancora molto breve e bastava poco per diventare il suo pranzo. La ragazza continuò a correre, consapevole che solo un nascondiglio angusto avrebbe potuto salvarla. Si era lanciata verso la foce, di nuovo.
Aurora continuò a nuotare e si voltò solo per qualche secondo prima di riprendere la fuga. La bestia era così grande che avrebbe potuto divorarla in un boccone solo. Aveva il capo un po' allungato, occhi piccoli e rossi con cipiglio maligno. I denti ricurvi all'indietro dovevano essere lunghi almeno quaranta centimetri. La pelle squamosa era di colore ocra con sfumature nere sul capo.
Finalmente Aurora raggiunse la sponda, ma la stanchezza e la rapidità della creatura non le permisero di fare un altro passo. Le fauci possenti la afferrarono dall'alto fino a metà busto.
La ragazza urlò e dimenò le gambe, invano. Dopo il dolore sopraggiunse il buio.

Mini-HLNA Skin (Genesis Part 1) by MayaPatch

Le mani strinsero la sabbia in un pugno, l'acqua le lambiva le gambe e gli occhi verdi si aprirono di scatto. Aurora alzò il capo e si guardò attorno. Si mise a sedere e si massaggiò la testa. Cosa era successo? Ricordava di essere stata catturata da una creatura enorme e poi nient'altro. Adesso sedeva su una spiaggia diversa. Era una baia che divideva due basse scogliere. La presenza di cavalli striati, che pascolavano tranquilli, segnalava assenza di predatori. Insieme ad essi, brucavano anche creature munite di tre corna, altre dotate di piastre romboidali lungo tutta la spina dorsale.
Questa volta Aurora poté davvero sospirare e rilassarsi. Alzò lo sguardo al cielo. Non riusciva davvero a capire come fosse possibile, era ancora viva e l'impianto era ancora al suo posto. Si alzò e si incamminò in cerca di materiali con cui costruire un riparo. Per qualche strana ragione, il suo inventario non aveva più il materiale che aveva raccolto prima dell'inseguimento e le toccava recuperare tutto.

Sapeva già cosa fare, era come se per lei fosse stato del tutto naturale. Prese le foglie secche, i filamenti di erba e tronchi sottili. Diede un'occhiata all'impianto che le mostrò ciò che poteva fare con quello che aveva raccolto: fondamenta, mura e tetto in paglia. Fu una sorpresa scoprire che l'impianto materializzava ciò che la ragazza desiderava e lo posizionava dove lei voleva mostrando prima un ologramma tridimensionale. Aurora, così, scelse come luogo per la sua casetta la riva del laghetto che si trovava nella zona più interna.
Il resto della giornata passò tra la costruzione del falò, lance e il controllo del perimetro. Durante la sua passeggiata, Aurora posava il suo sguardo sugli erbivori che brulicavano tranquilli. I cavalli attirarono la sua attenzione in modo particolare. Questi ultimi la osservavano, sembravano volersi avvicinare e poi fuggivano senza allontanarsi troppo.

La ragazza dai capelli rossi rifletté. Qualcosa le diceva che avrebbe potuto avvicinare una di quelle creature. Così iniziò a cercare qualcosa che avrebbe potuto attirare la sua attenzione, come bacche o piante di qualche tipo. Trovò delle bacche tonde color viola che il suo impianto catalogava come Mejo. Le raccolse e si guardò attorno alla ricerca dell'esemplare che le sembrava meno timido e pauroso. E si maledì per questa scelta. Scovare il cavallo che cercava si rivelò un'impresa titanica. Le bestie si muovevano tutte insieme e si allontanavano quando Aurora di avvicinava. Quest'ultima provò diversi metodi per incuriosirli e spingerli ad avvicinarsi. Provò ad appoggiare le bacche sul terreno o fingeva di mangiarle o camminava con nonchalance. Quando i cavalli capirono che non era una minaccia, si tranquillizzarono ma mantenevano ancora le distanze. Allora Aurora si sedette sul terreno a gambe incrociate, le bacche davanti a lei, e attese. Questa volta qualche cavallo si avvicinò ma non toccò nulla.
Ormai era il crepuscolo e la ragazza tornò nella sua capanna. Pescò un pesce di discrete dimensioni usando la lancia e lo cucinò sul falò. Prima di andarsene a dormire, lasciò delle bacche su una foglia di palma proprio di fronte la capanna.

Il mattino seguente, Aurora si svegliò all'alba “Bene, iniziamo un'altra giornata!” pensò con determinazione mentre legava i capelli in una coda alta. Aprì la porta e sobbalzò rischiando di cadere all'indietro. La testa di un Equus apparve all'improvviso e fissava Aurora con grandi occhi castano scuro. Le orecchie erano rivolte verso di lei e la stava in piedi di fronte alla capanna. Aveva il pelo castano e le strisce nere.
La ragazza allungò una mano verso il muso dell'animale che arretrò lentamente. A quanto pareva non si fidava ancora.
Approfittando dello spazio creatosi, Aurora uscì dalla capanna. Guardò il punto dove aveva lasciato le bacche e vide che non c'erano più, probabilmente il cavallo le aveva mangiate. Tirò un lungo sospiro e finse di ignorare il quadrupede per fargli capire di non essere una minaccia. Prese la lancia e si concentrò su un celacanto non troppo grande che nuotava tranquillo nel laghetto dietro la capanna.

La pesca fu un successo e la colazione con carne di pesce arrostito sul falò era pronta. Aurora usò una foglia di palma come piatto e vi appoggiò anche delle bacche. Le Mejo erano davvero buone e capiva perché gli erbivori facevano a gara per accaparrarsene quante più potevano. Il cavallo si avvicinò di nuovo, forse attirato dalle bacche, e la ragazza notò che zoppicava un po'. La zampa posteriore destra era ferita. Probabilmente i suoi simili lo avevano isolato per non dover badare a lui in caso di attacco. Così la povera bestia doveva cercarsi da mangiare, ma non ce la faceva in tempo perché gli erbivori erano tanti e mangiavano in continuazione.
Aurora aveva notato una cosa molto curiosa, qualcosa che normalmente avrebbe richiesto tempo: le risorse ricrescevano durante la notte. Le piante da cui aveva raccolto la fibra per la capanna erano riapparse, quasi come per magia. Lo stesso poteva dire delle rocce che aveva spaccato per comporre il falò. C'era qualcosa di strano in quel posto, ma non riusciva a capire cosa.

Fu il muso dell' Equus a distoglierla dai dubbi «Le vuoi?» chiese lei dopo aver ricevuto una seconda piccola spintaArk-Survival Evolved: Aurora and her Equus by MayaPatch all'altezza della spalla.
La creatura gradì l'offerta e Aurora colse l'occasione per allungare la mano sul muso e accarezzarlo. Questa volta, l'Equus non si ritrasse e si godette le coccole dopo aver finito le bacche «Sei proprio un bravo cavallo.» disse la ragazza con dolcezza. «Resta qui e riposati finché vuoi. Io ti porterò da mangiare quando ne avrai bisogno.».
In realtà le cose da fare erano tante: prima di tutto era necessario rinforzare la capanna e poi costruire una recinzione e una mangiatoia, nel caso in cui il cavallo avesse deciso di restare. Per il momento, la preoccupazione maggiore era proprio quest'ultimo e, tra la raccolta di materiali e la sostituzione delle pareti in paglia con quelle in legno, Aurora si procurava le bacche.

«Sta venendo proprio bene!» esclamò soddisfatta. Le piaceva quel sistema: non doveva lavorare duramente perché l'Impianto faceva tutto al posto suo, le bastava solo piazzare le strutture dove le era possibile. Nella sua mente, già immaginava la posizione della zona letto, della cucina, del bagno e probabilmente della zona lavoro. L'Impianto le aveva mostrato dei banchi da lavoro che le avrebbero permesso di fabbricare nuovi oggetti ed armi. Per di più quel posto le sembrava tranquillo, adatto per una casa permanente.

Continuò la raccolta di altri materiali usando anche l'accetta e il piccone in pietra che aveva costruito poco prima. Nonostante non dovesse costruire con le sue mani ciò che le serviva, il processo era faticoso. Ogni volta che otteneva il necessario, tornava indietro e poi si spostava di nuovo; in questo modo non sentiva il peso di ciò che il suo Impianto costruiva e immagazzinava.

Fu durante la strada di ritorno che Aurora vide un Raptor aggirarsi tra gli erbivori e il panico serpeggiò dentro di lei con sgradevole rapidità. Il cavallo ferito fu il suo primo pensiero. Liberò l'inventario dei materiali per essere più veloce e impugnò la lancia che si materializzò nelle sue mani. Corse verso il Raptor, ma un secondo esemplare balzò da dietro un cespuglio e atterrò la ragazza. Quest'ultima bloccava le zampe anteriori della creatura usando la lancia con entrambe le mani. I denti affilati erano a pochi centimetri dalla sua faccia e il grosso artiglio a mezzaluna della zampa posteriore sinistra penetrò nella coscia corrispondente. Il dolore fu indicibile e gli occhi le lacrimarono. Subito altri Raptor provennero da Est. Fecero scappare tutti i cavalli e ignorarono i Triceratopi e gli Stegosauri, prede troppo grosse e forti per loro.

I membri di quel branco erano molto numerosi e straordinariamente aggressivi, voraci e veloci, molto più dei Raptor che Aurora aveva incontrato il giorno prima. Gli Equus venivano aggrediti uno ad uno da gruppi di cinque o sei Raptor, che passavano poi alla vittima successiva.
Intanto, la sfida di resistenza tra Aurora e il Raptor continuava. Seppur ferita, la ragazza non voleva mollare nonostante paura e dolore non giocassero a suo favore. Contava sull'adrenalina e l'istinto di sopravvivenza che in quel momento le stavano permettendo di resistere. Piegò rapidamente la gamba sana sotto il ventre del predatore e spinse in avanti col piede con tutta la forza che poteva. Si stupì. Non immaginava di avere così tanta forza. L'animale fu sbalzato a qualche metro di distanza, ma era già pronto per saltare di nuovo. Anche Aurora era pronta e posizionò la lancia con la punta in avanti. Il Raptor saltò e atterrò di nuovo la sua vittima. Questa volta qualcosa andò storto per il predatore. Durante l'assalto, la punta della lancia fece il suo dovere conficcandosi nell'addome della creatura.

Aurora strisciò lontano dal corpo dell'animale e si rialzò, sembrò che il dolore alla coscia si fosse moltiplicato. Doveva resistere, anche se aveva perso le speranze per il cavallo con cui aveva stretto amicizia. I Raptor erano tanti, qualcuno probabilmente lo aveva già raggiunto.
Lanciò un rapido sguardo alla casupola e, con enorme sorpresa, scorse l'Equus.  Si faceva piccolo piccolo nell'erba alta per mimetizzarsi, grazie al colore del suo pelo. Solo la testa e le orecchie erano visibili. Nella foga dell'attacco, i Raptor non badavano a lui. Aurora corse verso la casa ancora incompleta, ma un altro Raptor la raggiunse. Questi era molto diverso dagli altri, il doppio della stazza. Il corpo era bianco e le piume rosse. Forse era un'allucinazione, ma la bestia era circondata da un'aura rossa.

La creatura bloccò la ragazza, come il Raptor precedente, ma non ci fu modo per respingerla. Era troppo forte e troppo pesante. La gamba ferita bruciava e la perdita di sangue si faceva sentire. La lancia si ruppe sotto il peso e la pressione esercitata dalle zampe artigliate. L’unica difesa disponibile erano gli avambracci posizionati su petto e volto. Il Raptor bianco e rosso usò le zampe anteriori per dilaniare la pelle e la carne provocando ferite molto profonde. Il sangue colò lungo le braccia e sul volto di lei, sfiancata sempre di più dalla fatica. Ormai non percepiva più alcun dolore e la speranza stava morendo con lei.
Un ruggito terrificante fece tremare l'aria e il terreno. Qualcosa correva a passi pesanti e irregolari. Si fermava, correva e rallentava, si fermava di nuovo. Poco dopo i passi divennero più frequenti. Più creature della stessa stazza erano entrate in battaglia, forse per cacciare. Aurora vedeva solo immagini confuse e appannate. Qualcosa aveva allontanato il Raptor da lei sollevandolo in aria e scaraventandolo da qualche parte. Una grande creatura alata volò nel suo campo visivo, ma passò oltre seguita da tante altre.

Prima di svenire, la rossa poté sentire delle voci concitate che davano ordini. Qualcuno le si era avvicinato e le aveva poggiato una mano calda sul volto ormai pallido «Se non ci sbrighiamo non ce la farà. Guarda le braccia...» davanti a lei si muovevano ombre dall'aspetto umano, dei volti probabilmente.
Tirò un lungo respiro e aprì la bocca «Cavallo... il mio cavallo...» mormorò prima di precipitare di nuovo nel buio.
Mini-HLNA Skin (Genesis Part 1) by MayaPatch

«Le sue ferite sono già parzialmente guarite.» disse una voce femminile dal suono delicato.

«Bene, significa che si riprenderà presto, ci ha fatti preoccupare molto. Questo è stato uno degli attacchi peggiori oltre che inaspettato. Un Raptor Alfa...» aggiunse un'altra voce femminile dal timbro più squillante.

«Cosa è successo? Ho sentito qualcosa sul malfunzionamento delle Torrette.»

«Beh,» iniziò la seconda voce con tono imbarazzato « Non c'erano munizioni. L'addetto a questo compito è in perlustrazione con Nick. Oh... ecco che si sveglia!»

«Non starle così vicino, Jenny! Potrebbe spaventarsi!»

«Oh, Sophie! Non sono così brutta!»

Aurora aveva ascoltato la discussione tra le due donne, ma si era concessa il lusso di sonnecchiare un po' di più. Ormai si sentiva meglio, era debole ma fuori pericolo. L'accaduto al laghetto le sembrava un incubo lontano, ma le ferite che pulsavano dolorosamente sotto le bende le ricordarono il rischio che aveva corso. L'angoscia la colpì come un masso e  la obbligò ad aprire gli occhi verdi « AH!» esclamò e indietreggiò contro la parete. Si era spaventata per l’improvvisa apparizione di un volto di una ragazza dalla carnagione olivastra, gli occhi blu scuro e i capelli neri rasati da un lato.

«Visto?» cantilenò la ragazza chiamata Sophie.

L'estranea dai capelli neri ghignò divertita «Buongiorno, Bella Addormentata tra i Raptor! Mi chiamo Jenny, sono la vice leader della Tribù dei Difensori.» le porse una mano «Sei rimasta incosciente per tre giorni!»

Aurora corrugò la fronte, era confusa. Fissava la mano tesa come ipnotizzata e poi la strinse con gesto automatico.
Al che il volto di Jenny si rilassò e si fece apprensivo «Se non fossimo intervenuti saresti morta, e anche il tuo Equus.»

Quella parola le riportò alla mente il motivo per cui aveva lottato così disperatamente invece di fuggire «È ancora vivo?» voleva essere rassicurata, sapere che quella creatura aveva un'altra opportunità di vivere.

«È alle stalle. Non ha la tua stessa capacità rigenerativa. Gli ci vorrà un po' di più ma starà benone. Risponde bene alle cure.» rispose l'altra ragazza dai capelli castani legati in una lunga treccia laterale. Il volto ovale era dotato di grandi occhi castani dallo sguardo vispo e dolce.

Aurora si rilassò e appoggiò la schiena alla parete dietro di lei, era tutto finito.

  
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