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Autore: Spensieratezza    19/08/2018    4 recensioni
Sam Winchester è adorabile, sveglio e magico. è il fratellino minore di Dean, che il maggiore non sapeva di avere. Capirà ben presto che il suo fratellino è speciale, è magico e deve essere protetto da forze oscure che vogliono fargli del male.
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Incest | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sam, Dean e gli Dei '
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Marika stava camminando nella metropoli caotica, c’era un sole cocente che la picchiava in testa e le rendeva i capelli, che erano lunghi fino al fondoschiena,  appiccicosi, e la maglietta inzuppata
 
Eppure faceva freddo, era un maledetto venerdì pomeriggio di un maledetto fine ottobre, e faceva un freddo micidiale, ti entrava nei polmoni.
Marika continuava a camminare, incurante della bolgia infernale di macchine che riempivano la strada, ma lei non le guardava, non osava alzare lo sguardo.
 
E anche se l’avesse fatto, non avrebbe comunque corso alcun pericolo, la strada non era poi cosi trafficata.
Camminava a testa bassa, sistemandosi meglio con una mano, la sciarpa viola che portava al collo, con quella manovra sfiorò i suoi capelli con la mano, che non erano affatto lunghi fino al fondoschiena, gli arrivavano poco più sotto le spalle e non erano affatto bagnati di sudore, erano CONGELATI dal freddo, ma Marika non tenne conto di questo  e continuò a camminare, la sua mente ora era diretta a un certo appartamento  disabitato, che tuttavia, non era poi cosi disabitato come avrebbe dovuto essere.
 
 
 
 
DISSOCIAZIONE. Una parola che nessuno sa mai cosa vuol dire con esattezza, ma che senti cosi tanto spesso, da anche solo intuire cosa significhi, ma INTUIRE non è lo stesso di sapere.
 
 IMMAGINARE non è lo stesso di provare.
 
Eppure Marika sapeva che non era cosi, non proprio. A volte immaginare e PROVARE, combaciavano. Si confondevano l’un l’altro, e quanto avrebbe voluto invece non scoprirlo mai.
 


Sam e Dean continuavano a seguirla a distanza, chiedendosi dove la ragazza stesse andando, quando Marika arrivò finalmente all’ appartamento.
Sam e Dean sgranarono gli occhi, notando che davanti a loro comparve un appartamento che prima sembrava non esserci. Non l’avevano notato prima.

“Sam,quando è comparso quell’aappartamento? Tu l’avevi visto?” chiese Dean.
“No, Dean.” Rispose Sam, basito.
 
La ragazza apri il portone con la chiave e fu allora che i due ragazzi videro l’intero appartamento come illuminato da un’aura gialla e magica e attorniata da un gigantesco buco che irradiava un'immensa luce azzurra di energia.

“Mio dio, ma nessuno lo vede?” chiese Dean.
“Presto, Dean. Prima che si richiuda!” lo spinse Sam, correndo con il fratello.

Sam e Dean raggiunsero la barriera che separava l’appartamento dal resto della città, appena in tempo. Marika chiuse il portone alle sue spalle con la chiave lunga che aveva tirato fuori e scomparì alla vista.

“Oddio, pensi che riusciremo a tonare indietro, Sam?” chiese Dean, allungando una mano verso quella che pareva una sfera invisibile in cui erano racchiusi.
“Se Marika fa avanti e indietro, anche noi possiamo, ma adesso noi non dobbiamo tornare indietro, dobbiamo andare avanti, Dean.” Disse Sam, aprendo il portone.
 
Marika stava salendo le scale e aveva già fatto un bel pezzo, Sam e Dean cercarono di non correre per non farsi sentire.
La sentirono esclamare:

“Riesci sempre a capire quando sto arrivando, non so come fai."

“Riconoscerei i tuoi passi dovunque, Marika” disse la voce che proveniva dalla stanza in fondo.
“Addirittura attraverso una porta chiusa?” rise nervosamente Marika avvicinandosi.
 
“Everywhere” rispose la voce, parlando in inglese.
 
“Adoro quando parli in inglese “ sorrise Marika.
 
La voce emesse una risatina. “Mi piacerebbe sapere se l’adulazione l’hai imparata da me o viceversa.”
 
La porta si richiuse con una risatina della ragazza.
 
Sam e Dean si guardarono a vicenda.

“Come faremo a indovinare dove si trova?” chiese Dean.
“Non resta che provarle tutte.” Disse Sam, guardando le varie porte.
“Cosa? Ma..la nostra missione segreta? E i coinquilini non se la prenderanno a male?”
“Dean, non credo che sia un vero palazzo, questo!”
 
 

Dean scoprì che Sam aveva ragione. Provarono ad aprire e suonare svariate porte, ma esse,  restavano immobili, senza nessuno che venisse ad aprire, o svanivano come se non fossero mai esistite, facendo venire ai due fratelli, dei brividi lungo la schiena.
“Credi che ci troviamo in un palazzo stregato, Sammy?” chiese Dean.

“Probabile o forse è la rappresentazione di un palazzo in cui prende vita i desideri delle persone..avevo letto qualcosa di simile in proposito, una volta..”
“Forse in un fantasy.” Disse Dean.
Sam lo guardò facendo boccuccia. “Dettagli.”
 


Tre rampe più su, Dean e Sam si trovarono davanti ad una porta trasparente e azzurra, sembrava fatta d’acqua, con delle venature nere dentro.
“Mi fa paura..” disse Sam, mettendoci la mano dentro.
“Anche a me..beh..entriamo..” disse Dean e i due fratelli entrarono.
 
 
 
*

Posso vedere che stai sorridendo Marika, anche al buio.”
 
“E ti fa piacere la cosa?” domandò Marika sempre sorridendo.
 
“A me si, ma potrebbe far piacere anche ai tuoi nemici, tu sei una ragazzina emotiva e sensibile, cosi sensibile che mostri il tuo cuore a tutti, ma questo è pericoloso, i tuoi nemici non devono rendersi conto della tua debolezza, se lasci che vedano il tuo animo gentile…..”
 
“Tu non sei un mio nemico” disse Marika sentendo la voce incrinarsi un po’ dall’ agitazione.
 
 
Potè sentire il respiro dell’uomo farsi più intenso, come chi non riesce a ottenere dal suo interlocutore una piena comprensione di quello che vorrebbe dire, mischiata a una nota di tenerezza dolente.
 
“io no, ma non si sa mai chi potresti incontrare sulla tua strada.”
 
Marika non disse niente.
 
L’uomo si alzò dalla sua sedia e si mosse ad accendere l’interruttore.
 
 
La stanza si illuminò all’ improvviso. E tutto ora sembrava cosi caldo, cosi accogliente, e rassicurante.
 
 
Vide la piccola stufa che Robert aveva acceso per lei vicino al lettino, per farla star al caldo…una piccola stufetta elettrica, come faceva tutte le volte.
 
Si volse a guardarlo. Robert era un uomo di pressappoco 45 anni, una piccola barba marroncina e modesta, occhi nocciola profondi come quelli di un cerbiatto, le guance piene e la bocca simili a quelle di uno studioso, un uomo di libri, un uomo di scienza.
 
Sam e Dean camminarono piano, cercando di non farsi notare.
Marika stava parlando all’uomo, della scuola.
L’uomo le faceva delle domande, le domande riguardavano quelli che la ragazza stava cominciando a classificare come AMICI.

“Dici sempre che i tuoi legami non sono destinati a crescere nel tempo, ma a disperdersi nel vento, eppure, ricordi tutti i loro nomi.”
“Questo non ha importanza.” Disse Marika agitata.

L’uomo disse che quando le persone cominciavano a ripetere spesso dei nomi, era perché cominciavano a vederli parte integrante della loro vita, ne fossero consapevoli o no, fossero disposti ad ammetterlo o no.
 
Robert notava anche che Marika stava cominciando a usare il pronome “noi” riguardo ai nomi e anche questa era una cosa tipica che usavano fare le persone quando cominciavano a vedere nell’altro un qualcosa che li accomunava, che li legava , fossero disposti ad ammetterlo o no, ne fossero consci o no.
 
E ultimamente Robert aveva notato anche quello che considerava come lo stadio “successivo” . il primo stadio era quello dei nomi e della frequenza con cui pensi a questi nomi, il secondo stadio era quello di pensare a “noi” riferito a un altro essere umano individuale, e il terzo stadio….. era quello di usare la parola *amici* . una parola che, ti scuote qualcosa da dentro quando la senti usare da altri, ma che, quando la usi tu, ti esce spontanea, fluida, inconsciamente, ti esce naturale, a volte non te ne accorgi neppure.
 
 
Marika aveva negato per giorni interi di essersi fatta degli amici all’interno della scuola, tuttavia da un po’ di giorni aveva cominciato a usare questa parola per riferirsi a lei e a un gruppo di ragazzini che conosceva da forse due settimane.
“Come stanno i tuoi amici, Marika?” le stava chiedendo Robert. Marika si mosse un po’ a disagio.
 
“Non so se sono miei amici” rispose.
 
“Eppure usi questa parola quando ti rivolgi a loro” disse Robert dolcemente con lo sguardo attento e curioso.
 
Marika sembrò confusa per un attimo,  poi dopo averci pensato su disse: “Potrebbero esserlo, potrebbero diventarlo.”
 
“E che cosa manca perché lo diventino?” chiese Robert curioso.
 
Marika chiuse gli occhi, sul suo viso di porcellana un’espressione triste e solenne “Dovrebbero dirlo.”
 
Robert corrugò la fronte riflettendo sulle sue parole.
 
“Perché per te è importante che te lo dicano?”
 
Marika non rispose a questa domanda, e Robert aveva imparato che non doveva insistere quando non otteneva delle risposte. Passò quindi alla domanda seguente.
 
“ Sono gentili con te, no?”
 
“Si “ Marika sembrò indecisa.
 
“Passate tanto tempo insieme?” cercò di spronarla Robert.
 
Marika si mosse irrequieta. “Per la maggior parte del tempo i fratelli stanno insieme, è difficile avvicinarsi…”
 
Sam e Dean si guardarono. Perché Marika desiderava avvicinarsi a loro? Cos’aveva in mente?
Sperarono che non avesse cattive intenzioni, ma non sembrava una cattiva ragazza.
“Io…io…. mi mette a disagio parlare di loro, se sapessero che parlo di loro…che cosa penserebbero di me?”
 
“è normale parlare delle proprie relazioni da uno psicanalista, Marika, perfettamente normale, fa parte della procedura”
 
“Solo che tu non sei uno psicanalista, non proprio, e questo non è uno studio, non proprio, e la procedura nasconde altro, vero?”
 
“Apprezzo molto la tua intelligenza, Marika, hai sviato intelligentemente il discorso, rimbalzandolo grazie a delle domande, che,tuttavia, ti interessano comunque. Non è geniale?”
 
“Non fare lo psicanalista con me” disse Marika con un tono leggermente rancoroso.
 
“Eppure è proprio  quello che mi hai chiesto di fare. Di frugare nella tua mente”
 
“Non è vero, io voglio solo che tu mi dica da dove vengono le cose che VEDO, e soprattutto…..dove vanno a finire quando spariscono”
 
“Dove vanno a finire le cose che spariscono? Non era una frase del libro di Harry potter, uno dei tuoi preferiti?”
 
“io….io non….”
 
“- Finalmente ho capito cos’erano i miei fantasmi! Ero io…IO apparivo e scomparivo….è sempre stato cosi, per tutta la mia vita…..dei lampi….pensieri confusi….lunghi periodi di buio in cui non esistevo…e ogni tanto una visita in sogno, a questo mondo…quasi sempre nel posto sbagliato e nel momento sbagliato…..e poi di nuovo nel buio…un po’ come il cosmo tra le stelle…ho cercato di dare un senso a tutto questo vuoto, ma non ci sono riuscita…..non mi resta che tornarci, e per sempre…..    sono io il fantasma….. - non è una citazione di un fumetto di dylan dog?”
 
 
Marika cominciò a piangere sommessamente e l’uomo provò un po’ di vergogna. Gli sembrava di percepire la parola che non arrivò mai al suo orecchio e non arrivò mai alle labbra di Marika, ne udibile ne pronunciata, ma Robert la percepi comunque.

  CRUDELE. E anche se voleva fingere che non fosse cosi, aveva a cuore quello che lei pensava.  Sentiva affetto vero per quella ragazzina, e questo anche contro la sua volontà, ma non riusciva a impedirselo.
Si alzò.
“Non permettere mai a nessuno di farti piangere o di definire chi sei, nemmeno se questo sono io. “ disse e allargò le braccia in un chiaro invito.
Maledette emozioni.

La ragazzina gli corse incontro e affondò il viso contro il suo petto, singhiozzando.
“Perdonami…figlia mia…

Sam e Dean erano sconvolti. Si guardarono a vicenda.
“Dovremmo..” sussurrò Sam.
“No, aspettiamo ancora.” Sussurrò Dean.
 
 
 
 
*
Marika era scivolata gradualmente nell’ oscurità. In quell’ oscurità che tanto la terrorizzava durante il giorno. Ma ora c’era Robert con lei, che le parlava e questo la faceva sentire al sicuro.
 
“Sei rilassata?”
 
“No” era la verità.
 
“Non lo sto chiedendo a te” disse Robert boccheggiando la sua pipa.
 
Marika si mosse inquieta.
 
“Va tutto bene Marika, abbandonati, e lascia parlare l’altra parte di te. Lascia che racconti quello che ha da dire. Lascia che si risvegli.“
 
“Ok….”
 
Ecco. Adesso sei addormentata profondamente. Non sei più Marika. "Puoi dirmi DOVE SEI?”
 
“Sono….nel mio letto.”
 
“Cosa stai facendo?”
 
“Cerco di prendere sonno….ma sono agitata…ho deglii incubi….no…non sono incubi….deliri…”
 
“Hai la febbre?”
 
“io sto….sto….morendo.” disse Marika, e una lacrima le scivolò solitaria e triste lungo la guancia.
 
Robert rimase stupito e sembrò che faticasse a riprendersi dallo sconvolgimento per qualche attimo.
“Cosa ti è successo?” chiese poi con voce ferma.
“Il dottore sta parlando con i miei genitori. Dicono che ho una *macchia* nel cervello, che si allarga, ed è troppo avanzata, non possono fare niente.”
 
*tumore* pensò Robert.
 
“Non sanno che si tratta di tumore?” le domandò.
 
“Io…non so che cosa dici….tumore? non ho mai sentito questa parola…..so solo che sto morendo, il dottore dice che non supererò la notte….”
 
Robert era combattuto se chiedere a Marika di andare avanti o interrompere la seduta…rivivere la propria morte, in alcuni casi poteva sconvolgere il paziente.
 
“Mia madre mi ha dato un infuso di erbe per farmi dormire. Ha funzionato. Sto sognando. Sono incubi. Ma sempre meglio dei deliri. “ diceva ancora Marika.
 
 
 Marika cominciò a piangere e a singhiozzare. Diceva che ad un tratto fu strappata dai suoi incubi da ladri e saccheggiatori e barbari, che erano venuti ad uccidere i suoi genitori. Ad un certo punto una bambina si avvicinò a lei….aveva i vestiti sporchi di sangue e i capelli rossi come il fuoco, sembrava un demone….
 
 
 
La guardò e allungò una mano al suo viso, mentre Marika in stato di semi incoscienza si rendeva conto a malapena di quello che stava succedendo. Aveva gli occhi semi – chiusi in una smorfia di dolore per la malattia che la stava consumando. Non poteva muoversi.
 
“Sam…calmati..” gli sussurrò Dean, rendendosi conto che il minore aveva lunghe e copiose lacrime che gli scendevano dal viso. A quanto pare, il racconto di Marika lo stava scuotendo profondamente.
La bambina aveva lo sguardo allucinato, le toccò la guancia e all’istante la sua espressione cambiò. Aggrottò la fronte e le toccò la sua. La sua espressione si fece stranita e sorpresa, mentre Marika continuava a gemere in preda al dolore.
 
 
 
 
“Lei lo sa….” Disse Marika. “Sa che sto morendo.”
 
“Marika, adesso basta, TI ORDINO di svegliarti” disse Robert che non aveva nessuna intenzione di assistere alla cronaca della morte della ragazza, di ascoltare come questa bambina l’avrebbe finita.
 
“Sam!” sussurrò ancora Dean, stringendo tra le braccia il minore, cercando di cullarlo e tranquillizzarlo al meglio.
Sam sembrava boccheggiare come se gli mancasse l’aria. Era terrorizzato.
Se si facevano sentire, li avrebbero scoperti, ma vedere in quello stato suo fratello, lo faceva impazzire. Voleva che smettessero. Voleva urlare loro di smetterla.
 
“NO, non farmi svegliare….lei vuole…vuole curarmi….” Disse Marika.
 
Robert rimase basito. Questa cosa non se l’aspettava.
 
 
Marika raccontò di come la bambina mise la mano sulla sua fronte e all’improvviso accadde qualcosa, una luce si sprigionò dal suo palmo, Marika emise un sospiro di sollievo, poi la bambina le toccò la tempia con l’indice e la fece cadere in un sonno profondo.  A quel punto degli uomini stavano per entrare nella stanza…avevano la bocca sporchi di sangue, ma la bambina non gli permise di avvicinarsi.
 
“Questo bambino è morto, consumato dalla sua stessa malattia. Vi consiglio di non trasformarlo se non volete fare la sua stessa fine, sapete bene cosa fa il sangue di uomo morto” disse decisa.
 
“Mio dio….è terribile..” sussurrò Dean, sempre tenendo stretto Sam, che sembrava aggrapparsi a Dean, come ad un’ancora di salvezza. Gli affondava quasi le unghie nella schiena, il maggiore gemette un po per il male, ma non lo mollava.
 
Gli uomini sembravano dubbiosi.
 
“Potete avere i genitori, accontentatevi, come sapete la natura a volte è crudele” continuò la ragazzina.
 
 
“NOOOOOOOOOOOOO!” fu il grido terrorizzato e angosciato di Sam.
Era fatta. Erano stati ormai scoperti.
Robert guardò nel punto in cui Sam aveva gridato e vide Sam accasciarsi al suolo, tremante, stretto nell’abbraccio di Dean, il maggiore guardava negli occhi dell’uomo, spaventato ma protettivo.
“Mi pareva di sentire una strana energia..” poi si volse di nuovo verso la fanciulla.
 
“Cos’altro vedi, cara?”
A quel punto Marika disse di essersi svegliata in un bagno di sudore, e di aver cominciato a piangere, nel suo meraviglioso letto a baldacchino.
 
A quel punto Robert insistette più a fondo nella pratica del risveglio e decise di svegliarla. Marika si svegliò. Sudata, pallida e tremante.
 
 
 
“Il ragazzino malato non eri tu” disse Robert deciso, guardando verso i due ragazzi.
Marika, che ricordava vagamente cos’aveva visto ma era troppo confusa per mettere insieme i pezzi, lo guardò interrogativa, per poi seguire lo sguardo dell’uomo che andava a finire verso il punto in cui erano Sam e Dean.
 

 
 
   
 
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