CAPITOLO 7 - The Song of Ice and Fire
[SANSA]
“Le donne hanno altre armi oltre alle lacrime”
Sansa Stark aveva già vissuto
un assedio, in passato. Le sembravano passati secoli da quando Stannis
Baratheon era entrato nella Baia delle Acque Nere con tutta la sua flotta e il
suo esercito, pronto ad abbattere le mura di Approdo del Re e conquistare il
Trono di Spade.
Mentre gli uomini
difendevano il suo regno, la regina Cersei aveva organizzato una veglia, nel
Fortino di Maegor, per tutte le donne di corte e le mogli dei lord che
combattevano per re Joffrey.
Nel Nord quella pantomima
non sarebbe stata necessaria. Più della metà delle donne di Grande Inverno,
quelle che non si erano già messe in salvo a sud almeno, avrebbe combattuto per
la propria vita fianco a fianco con i propri uomini. Ed era certa che anche Arya
sarebbe stata in prima linea, con Jon. O almeno lo aveva creduto fino a quel
momento.
Inclinò lentamente verso il
fuoco del caminetto la lettera che Arya aveva lasciato per lei e riconobbe la
scrittura sghemba e allungata della più giovane delle sorelle Stark.
Cara Sansa,
Ho preferito affidare queste parole ad una lettera perché
sapevo che avremo litigato per quanto sto per dirti. Sono diretta ad Approdo
del Re. È il momento che Cersei Lannister risponda dei suoi crimini contro la
nostra famiglia. Vendicherò nostro padre, te lo prometto.
Spero di rivederti presto, Arya.
“E tu l’hai lasciata andare?”
Sansa s’infuriò con Jon.
“Aye”. Jon era in imbarazzo. “Ma ho fatto in modo che non andasse
sola. Gendry e il Mastino la accompagneranno e proteggeranno”.
“Quindi hai mandato qualcuno
ad uccidere Cersei senza parlarne prima con me?”. Non cercò in alcun modo di
nascondere la rabbia e la delusione che provava. Odiava essere esclusa da una
decisione importante, tanto più se questa riguardava il destino di sua sorella.
“E Daenerys lo sa o questo è il tuo regalo di fidanzamento?”
Jon aprì la bocca per
ribattere ma si bloccò, a mezza voce, non riuscendo a trovare le parole.
“Perché non me lo hai detto Jon? Pensavo che ti fidassi di me”
“Mi dispiace San…” Jon esitò
ancora. “Avevo paura del tuo giudizio”
“Paura del mio…?” Sansa era
stupita.
“…giudizio, si. Le ho ceduto
il Nord ma tu mi hai sostenuto lo stesso. Non volevo che pensassi che mi fossi
fatto raggirare o che ti abbia svenduta”. Jon si alzò e si diresse al camino.
“Non l’avrei pensato”. Sansa
lo raggiunse trattenendolo per costringerlo a guardarla. “Sei mio fratello… e
probabilmente l’uomo migliore che conosco. Se mi avessi detto di voi avrei capito
che potevamo fidarci”
“Pare che mi sia sbagliato”
Jon guardò fuori dalla finestra come a voler sottolineare l’assenza di
Daenerys.
“Tornerà” lo rassicurò.
“Anche Arya. È più scaltra
di quanto credi. E infinitamente più forte di te o di me”. Aveva qualcosa in
mano. “Ti ho fatto un regalo”. Le passò un piccolo scrigno con inciso il
meta-lupo di casa Stark. “Aprilo”
Sansa sorrise tastando il
bassorilievo con le dita. “Ne ho fatti fare quattro. Uno per ognuno di noi.
Quello di Arya l’ho nascosto nella sua bisaccia. Spero che trovarlo l’aiuti a
ricordare chi è”
Su un morbido
fazzoletto di stoffa era posato un meta-lupo di pietra grigio-argentea appeso
ad una sottile collana di cuoio nero. “Lady”.
Era sorprendentemente dettagliato e aveva due scaglie di vetro di drago dipinte
d’ocra come occhi.
Sansa si asciugò
una lacrima mentre Jon le spostava i capelli con gentilezza e le appuntava al
collo il suo dono. “È meraviglioso. Grazie”
“Devo ancora darlo
a Bran. Ti va di accompagnarmi?”
Sansa annuì. “Convincilo a
venire con noi a sud, Jon. Con ser Davos, Sam, Gilly e suo figlio, e anche
Tyrion e il seguito della regina”
“Bran dice di dover rimanere
qui a Grande Inverno. Dice che le sue abilità
saranno utili. E io… credo che abbia ragione”
“Non stai dicendo sul serio.
Vero?” Sansa era sconvolta ma l’espressione di Jon non ammetteva repliche.
Poche ore più tardi, mentre
attraversava il cortile diretta al cancello, Sansa si fermò a guardarsi
intorno. Il castello dalla parte sud era pressoché deserto, un’ora prima
dell’alba. Gli occhi di tutti guardavano a nord, in attesa.
“Andrà tutto bene, mia Lady.
Grande Inverno sarà ancora qui al tuo ritorno” la rincuorò Adrian affiancandola.
Sansa aveva chiesto a
Brienne di lasciarle il tempo di salutare il capitano delle guardie. “Adrian…”
“No” la interruppe. “Lascia
parlare me”. Sansa annuì arrossendo delicatamente e ringraziando la semioscurità
che celò quel piccolo momento di imbarazzo.
Adrian prese le sue mani tra
le sue. Mani di guerriero, indurite dalla spada e dalla lancia ma al tempo
stesso delicate e amorevoli. “Avrei voluto servirti ancora a lungo. Starti a fianco
e provare a curare le tue ferite. Ma
gli dei hanno altri progetti per…”
Sansa non gli permise di
continuare. Lo tirò a se e lo baciò, con foga, a fondo. Troppo a lungo aveva
resistito alla tentazione di invitarlo nel suo solarium a bere una coppa di
vino per paura che il ricordo dei soprusi subiti potessero, in qualche modo,
rovinare quel piccolo segreto che aveva gelosamente nascosto a tutti, tranne
che ad Arya. Anche allo stesso Adrian. Ma ora che non c’era più tempo non
poteva negarsi quell’attimo, da ricordare nelle fredde notti che la
attendevano. E non poteva negarlo a lui.
Adrian la strinse in un
abbraccio feroce, come se non aspettasse altro. Sansa lo tratteneva per i
legacci della cotta di maglia, esplorando il suo viso coperto da un ispida
barba nera con l’altra mano. Sorrise staccandosi per riprendere fiato.
“Sansa…”
“Ti prego non morire”. Lo
baciò ancora. Le loro lingue si trovarono, si conobbero, timide e desiderose.
“Ti stanno aspettando”.
Si costrinse a voltarsi
prima di poter anche solo pensare di cambiare i suoi piani. Pochi attimi ancora
e avrebbe potuto stravolgerli tutti, decidendo di restare a Grande Inverno pur
di avere anche solo un altro di quei momenti. Che stupida era stata a negarseli
così a lungo.
“Ci rincontreremo”.
Tyrion, Sam e Jon la
attendevano appena oltre il fossato insieme ad una piccola guarnigione di
Grande Inverno al comando di ser Davos Seaworth. Cento Immacolati li
aspettavano, invece, a Città della Talpa. Dal primo carro si udivano i pianti
del piccolo Sam e le parole di sua madre che cercava di calmarlo. Missandei,
Varys e Tyrion condividevano un secondo carro, un po’ più grande del primo, nel
quale avrebbe dovuto viaggiare anche lei. Ma Sansa Stark aveva voglia di
cavalcare quella mattina.
Jon stava salutando il suo più
vecchio amico, Sam. “Non sono un guerriero ma potrei esserti ancora utile. Lasciami
restare”
“Mi sei più utile da vivo
Sam. Quando tutto sarà finito avremo bisogno di te, mia sorella avrà bisogno di
te”.
Samwell Tarly non trattenne
le lacrime. “Sei un buon amico, Jon Snow”
“È ora che tu vada”. Sam si
arrampicò goffamente sul carro.
Per qualche momento Jon
sembrò disorientato.
Tutte le persone su cui
contava di più stavano partendo per il sud. In un solo colpo Jon perdeva la
saggezza e i consigli di ser Davos e il sostegno della famiglia e del suo amico
più caro. “È il destino del Lord
Comandante, non avere nessuno con cui condividere il proprio fardello” le
aveva detto una sera davanti a uno dei bivacchi dell’accampamento, prima della
battaglia di Grande Inverno.
“Occupati di lei, Ser
Davos”.
“Lo farò, Altezza”. Ser
Davos strinse la mano tesa. “…Jon”
“Ci rivedremo. È una
promessa”. Jon la abbracciò e la guardò montare a cavallo al fianco di Brienne.
Avrebbe voluto ringraziarlo per averla salvata ancora una volta, perché si
stava sacrificando per tutti loro, di nuovo, ma le parole le si impigliarono in
gola.
Diede un ultimo sguardo a
Grande Inverno e sentì le lacrime congelarsi sulle sue guance.
“Vorrei poter tornare indietro ed urlare a me stessa di
non andare!”.
[JON]
“Un suono per i Ranger di ritorno, due per i Bruti, tre
per…”
Tra i soldati di Grande
Inverno qualcuno giurava di aver visto il sole tramontare ad oriente la notte
precedente. Qualcun altro sosteneva che fosse solo una sensazione dovuta alla
minacciosa coltre di nuvole cariche di tempesta che rendevano i raggi del sole
solo un lontano ricordo.
Il tramonto era vicino
quando il corno del nord lanciò il suo richiamo. Due pattuglie avevano lasciato
Grande Inverno ma solo una aveva fatto ritorno. Per questo Jon sapeva che
presto sarebbe accaduto. Ma i tre richiami gelarono comunque il sangue nelle vene.
Dalla torre di guardia nord,
Jon vide quello che nessun uomo avrebbe mai voluto vedere. Pochi metri oltre le
trincee scavate dai suoi uomini, migliaia di occhi di un blu spettrale
puntavano verso Grande Inverno. Gli uomini agli arpioni scrutavano il cielo in
cerca del drago che aveva abbattuto la Barriera. Daenerys e i suoi draghi non
avevano fatto ritorno e se il Re della Notte avesse attaccato Grande Inverno
con Viserion i dardi in vetro di drago erano la loro unica speranza di abbatterlo.
“Maledizione. Dove sei?”. Non aveva più il tempo di preoccuparsi per lei. Eppure…
Era certo che sarebbe
tornata presto. Tyrion e ser Jorah l’aveva rassicurato. Ma Daenerys non si era
vista e Jon aveva cominciato a pensare al peggio. Che li avesse abbandonati?
Oppure le era successo qualcosa? Non poteva più scegliere cosa credere.
Altri tre richiami di corno.
Ne sarebbero seguiti molti altri quella notte.
Tormund lo aiuto ad
allacciare gli spallacci. “Sei pronto Jon Snow? Quei soldati la sotto se la fanno
addosso. Dannati figli dell’estate. Guardali”. Sulle mura sotto di loro gli
uomini restavano immobili tra le merlature in attesa di ricevere i propri
ordini. “Tutti tranne i senza-cazzo forse. E per di più la donna grossa se n’è
andata a sud con tua sorella. Quindi vedi di trovare un modo per vincere questa
battaglia o stavolta ti ammazzò con le mie mani. Haar”
Jon allacciò il cinturone
con Lungo Artiglio alla vita e annuì a Tormund. “Andiamo”
Quando comparvero in cima
alle scale tutti si voltarono a guardarlo. Si aspettavano che dicesse qualcosa,
che gli desse una speranza per sopravvivere, per lottare.
“Guardateli”. Indicò con una
mano l’orda che continuava ad ammassarsi a Nord. “Non sono qui per conquistare
il castello o saccheggiarlo. Non sono qui per un motivo politico o per riparare
ad un torto. Sono qui perché è quello che fanno. Avanzano distruggendo tutto
ciò che trovano sulla propria strada. Ma fino ad ora, mai hanno incontrato
qualcuno che li conosceva abbastanza da sfidarli. Hanno ucciso i nostri amici
che scappavano per salvarsi e ora usano i loro corpi come arma contro di noi”.
Jon estrasse Lungo Artiglio con uno strappo e la puntò verso il nemico. “Tutti
voi oggi siete lo scudo che veglia sui domini degli uomini. Seguitemi e vi
prometto che i regni degli uomini saranno ancora qui all’alba di domani”
Furono gli uomini del Nord i
primi ad urlare la propria rabbia, la propria paura. Ognuno invocò il motto
della sua casata o il nome della donna per cui combatteva. Poi il popolo libero
di unì con urla sconnesse e gli Immacolati fecero cozzare le proprie lance e
spade contro gli scudi.
Quando i venti dell’inverno
soffiarono via l’ultima luce del giorno l’orda cominciò la sua avanzata.
“Suonate il corno” ruggì per
coprire l’urlo dell’esercito. “Incendiate la prima trincea”.
“ARCIERI… Incoccare”. Adrian
Cassell trasmise il suo ordine. “Tendere. Scoccare”.
Le frecce incendiarie
illuminarono l’oscurità andandosi a conficcare nella trincea più lontana dalle
mura. La notte fu rotta dal fuoco.
“È cominciata”. Tormund
picchiò la sua ascia sulla murata. “L’ultimo a restare in piedi si prenda la
briga di bruciare gli altri”
L’orda cominciò ad
attraversare la trincea in fiamme. Le prime file di non-morti caddero vittime
del fuoco ma altri cadaveri presero il loro posto. L’urlo stridulo dei non-morti
riempi la notte e la prima trincea di legno e fango cedette.
“Incoccare. Tendere.
Lanciare”
Un’ondata di frecce
incendiarie colpì l’armata senza però rallentarla. Jon imbracciò il suo arco
lungo e incoccò la prima freccia. Attese un attimo che la punta prendesse fuoco
nel braciere e la scagliò.
“Incendiate la seconda
trincea”. Mentre incoccava la seconda freccia si accorse che i non-morti
avevano smesso di avanzare.
“Maledizione”. Tormund
imprecò ad alta voce. Centinaia di giganti si facevano largo tra i cadaveri.
Alcuni cavalcavano mammut morti, altri imbracciavano possenti tronchi d’albero
diga o pino soldato.
“ARPIONI…”. Jon corse lungo
le mura. “Dardi Incendiari. PRESTO. Mirate ai mammut, poi ai giganti”
Un primo mammut cadde
colpito al collo da un dardo trascinando nella neve il gigante che lo cavalcava
e altri due. Decine di non-morti rimasero schiacciati rallentando solo per
pochi attimi l’avanzata.
Altri giganti morirono sotto
la seconda ondata di dardi incendiari ma ben presto anche la seconda trincea
cedette.
“ARCIERI… Tirate a volontà”.
Jon si trovò un posto tra
due merli, appese la faretra al muro e cominciò la sua danza. Incoccare,
incendiare, lanciare… Incoccare, incendiare, lanciare. Finì una prima e una
seconda faretra prima di fermarsi a riprendere fiato. Aveva le spalle
indolenzite per lo sforzo. Il terreno fangoso aveva rallentato l’orda. I mammut
e i giganti arrancavano per via del loro peso. I non morti cadevano sotto la
pioggia di fuoco. Ancora nessun uomo aveva perso la vita.
“A Grande Inverno cinquecento uomini vincono contro
diecimila”
Lasciò il suo posto ad un
altro arciere e andò a cercare Adrian Cassell. “Se cambia qualcosa fa suonare
il corno. Se superano l’ultima trincea attieniti al piano. Io vado a cercare
Bran. Grande Inverno è al tuo comando”
“Aye, mio re”
Brandon Stark era, come al
solito, al cospetto dell’Albero Cuore di Grande Inverno. Jon si sorprese nel
trovarlo riverso a terra con un braccio intorno ad una colossale radice e una
mano protesa verso il volto scolpito nel tronco.
“Bran” chiamò. Il giovane
Stark non si mosse. “Che succede? Stai bene?”
“Jon”. Brandon sobbalzò,
terreo in viso come se avesse visto il Re della Notte. “Per fortuna sei qui.
Non c’è più tempo”.
“Non c’è più tempo per
cosa?”. Jon si avvicinò a lui.
“Presto! Devi vedere. Devi
sapere…”. Indicò il volto greve dell’Albero Diga. “Tieni l’altra mano sulla mia
spalla”.
Jon esitò. Il Parco degli
Dei tremò intorno a lui fino a svanire. Perse l’equilibrio e cadde in ginocchio
accanto a Bran. O almeno così credette. Quando riaprì gli occhi era Bran ad
essere in piedi accanto a lui.
“Bran. Tu… cammini?”
“Shhh… Da questa parte”. Si
avviò con impazienza nella foresta alle sue spalle.
Jon lo seguì guardandosi
intorno. Gli ci volle qualche momento per capire che quella non era la Foresta
del Lupo. Non c’erano pini-soldato o alberi di legno ferro. Era una foresta di
cedri, betulle e salici albini; e olmi, pioppi, faggi e aceri. Avevano una sola
cosa in comune: un volto intagliato nel tronco. Alcuni erano austeri, altri
rabbiosi, altri ancora spaventati o concentrati.
“L’Isola dei Volti”.
Ricordava ancora le storie che la vecchia Nan raccontava loro quando erano
bambini. “Una foresta in cui crescono
tutti gli alberi conosciuti. Dove la magia dei Figli della Foresta è ancora forte
e gli Oltre Vedenti conoscono il mondo”
In una piccola radura senza
alberi Jon riuscì a scorgere il cielo cristallino. “È primavera?”
“Qualcosa del genere”
rispose Bran senza voltarsi. “Ci siamo quasi”
Bran lo guidò fino ad una
parete rocciosa fessurata da radici bianche come il latte. In una spaccatura
nella roccia si nascondevano dei gradini. Jon percepì la temperatura abbassarsi
mentre li saliva con una mano lungo la parete rocciosa e pochi passi più su cominciò
anche a nevicare. In cima a quella breve scalata un enorme ramo di Albero Diga
sbarrava la strada ai visitatori.
“Io non posso passare. Ci ho
già provato”. La voce di Bran che giungeva dall’oscurità alle sue spalle andava
via via affievolendosi. “C’è qualcuno al cospetto degli antichi Dei. È
importante…”.
La radura che si parò
davanti a lui gli tolse il fiato. Una distesa lucente di ghiaccio tenebroso
schermata dalle fronde di un Albero Diga millenario. Come aveva detto Bran
c’era una figura in ginocchio tra due radici sporgenti.
“Daenerys”.
I capelli biondo-argento dell’uomo lo avrebbero tratto in inganno anche se
Daenerys non fosse stato un chiodo fisso nella sua mente. I suoi occhi
d’ametista erano di una sfumatura più chiara del violetto di Daenerys ma gli fu
subito ovvia la sua appartenenza a Casa Targaryen. Indossava una tunica di
cuoio bollito, nera con il drago a tre teste vermiglio cucito sul petto e sulla
schiena.
Non era solo. Insieme a lui
sedeva una piccola figura nascosta nell’ombra. Aveva la pelle chiazzata di
noce, più simile al manto di un daino che alla pelle di un uomo, le orecchie
larghe e due grossi occhi rossi dalle pupille verticali.
“Un Oltre Vedente”. La sua voce aveva una musicalità
sconosciuta a Jon, come se le sue parole fossero i versi di un canto.
“…sei sicuro del significato
del mio sogno?” chiese l’uomo.
“Assolutamente” rispose la
creatura, lo sguardo impassibile come quello intagliato nell’Albero Diga. “Non
puoi far nulla per cambiare il tuo destino”
Il Targaryen sospirò. “E il
Canto del Ghiaccio e del Fuoco?”
“Sei sicuro di volerlo
ascoltare?”. L’Oltre Vedente si coprì la bocca con le mani in una grottesca
imitazione di un’espressione di sorpresa. “Se dovessi davvero capirne il
significato…”
“Hai detto che mai un uomo è
riuscito a capirne il significato da quando hai memoria”
“Si. Ma nessuno aveva sangue
di drago. Ricorda: Ghiaccio e Fuoco”
“Cantalo per me, Custode
dell’Occhio”. Lo incitò imbracciando una piccola arpa d’argento.
Anche dalle tenebre nasce la
luce.
E le ceneri generano fuoco.
Dalla morte, la vita.
Spada di ghiaccio, annienta, distrugge
Tempeste e tormente di candide ombre
Re della Notte, sovrano del male.
Spada del Fuoco, destino oscuro.
Nato nel voto, di sangue celato.
Ha il cuore del drago e canta dal Ghiaccio.
Respinge le tenebre, dei vivi lo scudo
Figlia tempesta, dal folle passato
Ha il sangue di ghiaccio e narra del Fuoco.
Sconfiggi le Notte, Portatrice di Luce
Sangue di lupo, è il tempo del drago
È il Canto del Fuoco e del Ghiaccio.
È il Figlio del Ghiaccio e del Fuoco.
Quando il canto finì, Jon si
ritrovò in ginocchio sul ghiaccio freddo, incapace di muovere un muscolo.
“Lo canterai una sola volta.
Prima che i rubini si perdano nella corrente”. L’Oltre Vedente saltò giù dalla
radice sulla quale sedeva e si voltò verso di lui come se potesse vederlo o in
qualche modo sapesse che lui era lì. “Visita l’Occhio e avrai le risposte che
cerchi”.
“Ma sono qui ora e non ho
ottenuto nessuna risposta”. Il Targaryen era infuriato e confuso.
“Non era destinato a te,
Rhaegar Targaryen. Non è tuo il Canto del Ghiaccio e del Fuoco”. Il Custode
dell’Occhio scomparve nella foresta.
“Rhaegar Targaryen?”
Tre suoni di corno
squarciarono la notte. “Sta nevicando”
Barcollò in avanti,
disorientato. Un senso di nausea gli attanagliava le viscere. Era di nuovo nel
Parco degli Dei di Grande Inverno con una mano posata sulla spalla di suo
fratello Bran.
“Stai bene Jon? Cosa hai
visto?”. Bran si tirò su a forza di braccia.
“L’uomo era Rhaegar
Targaryen e il Custode dell’Occhio… credo mi abbia parlato”. Aiutò Bran a
sedere sulla sua sedie a ruote.
Altri tre suoni di corno.
“Devo andare. Tu…”
Bran scosse il capò con
un’espressione inquietante. “Non pensare a me. Non è oggi il giorno in cui
muoio”. Jon corse fuori dal Parco degli Dei voltandosi solo un attimo a
guardare suo fratello rituffarsi in uno dei suoi Sogni dell’Oltre.
Nel cortile gli Immacolati
erano schierati a difesa dei cancelli nord ed est. Le grate erano abbassate ma
poco oltre la battaglia infuriava.
“Non possono già aver superato le trincee” pensò.
“Dove diavolo sei stato?” lo
apostrofò Tormund quando comparve al suo fianco sul mastio principale. Era
ricoperto di fango e sangue.
“Io… non importa. Come hanno
fatto a superare l’ultima trincea?”
“L’ultima trincea”. Tormund
si lasciò andare ad una risata amara. “…ha ceduto da ore. Abbiamo seguito il
piano alla lettera ma avevano altri mammut, altri giganti. Guarda tu stesso”.
Spinse via un soldato con un grugnito. I non-morti aveva superato anche il fossato
e ora assaltavano le mura.
“Due maledettissimi mammut
sono morti vicino alle mura ovest. È lì che si è concentrata la battaglia”
“Se i giganti raggiungono le
carcasse di mammut è la fine” capì Jon.
“Ringrazia il tuo capitano
delle guardie. Se non fosse per lui a quest’ora il tuo castello sarebbe solo un
cumulo di pietre, Re Corvo”
“Non sono più un corvo,
Tormund”. Sfoderò Lungo Artiglio e si avviò nella direzione indicata dal bruto.
“Una volta che sei corvo ti
resta dentro. Lo sei per tutta la vita. Haar”
[DAENERYS]
Nella notte di Grande
Inverno centinaia di fuochi resistevano all’oscurità imminente. Quello che vide
la lasciò senza fiato. Morte, ovunque.
Le mura ovest erano state
abbattute e migliaia di non-morti si riversavano nella fortezza. Vide uomini
cadere e altri fuggire urlanti calpestare i propri compagni.
Drogon planò sul castello
ruggendo di rabbia.
“Dracarys”.
Le bastò pensarlo. Il fuoco di drago spazzò via gli assaltanti, ma la voragine
nelle mura venne spazzata da detriti e cadaveri. Un danno collaterale
inevitabile. Daenerys cercò Jon volgendo intorno lo sguardo.
“Non è troppo tardi” continuava
a ripetersi lungo tutto il viaggio verso nord. “Fa che sia ancora vivo”.
Un’altra fiammata e
i difensori di Grande Inverno ebbero il tempo di riorganizzarsi, ma ormai il
danno era fatto. I non-morti assalivano il varco guidati da decine di giganti.
Bruti, Immacolati e
soldati Stark si preparavano ad affrontarli. “Serrate i ranghi”. Ser Jorah
Mormont e Verme Grigio li guidavano.
Drogon fece un
altro ampio giro sul castello prima di riscendere sulla battaglia. La Torre
Spezzata crollò per metà, quando il drago provò ad appendersi ad essa. Vide
Tormund Veleno dei Giganti affrontare da solo quattro cadaveri e poco oltre Jon
Snow, Adrian Cassell e altri uomini che lottavano con un gigante che
imbracciava un enorme tronco bianco latte e diversi cadaveri che brandivano
armi rudimentali e vestivano pelli nere. Disposti in cerchio gli uomini si
coprivano le spalle l’un l’altro. Non poteva intervenire senza rischiare di
uccidere anche loro.
“Nooo…” urlò quando
il gigante colpì di lato. Alcuni uomini furono sbalzati lontano dalla violenza
del colpo e Jon scomparve dal suo campo visivo.
“Proteggete la
regina”. Ser Jorah Mormont e Verme Grigio arrivano al suo fianco e altri
Immacolati andarono a frapporsi fra il drago e i non-morti.
“Khaleesi. Non
dovresti essere qui”. Ser Jorah era sconvolto dalla lunga battaglia ma ancora
abbastanza lucido per correre a proteggerla non appena l’aveva vista.
Verme Grigio aveva
una ferita ad una spalla ma nel complesso sembrava stare bene.
“Sono qui per combattere,
ser Jorah” il suo tono non ammetteva repliche. Il vecchio cavaliere annuì capendo
di non poterle far cambiare idea.
Fu sul punto di
chiedergli di Viserion ma le parole le si spezzarono in gola. Il Re della Notte
non si era visto, questo era ovvio, e per ora tanto le bastò.
“Se mi volto indietro sono perduta”
Drogon spazzò via
con un colpo di coda alcuni cadaveri che stavano per aggredirli alle spalle.
“Non abbiamo tempo per parlare ora” cominciò ser Jorah. “Combattere dall’alto
sarà più sicuro per te, Altezza”
“No. Devo trovare
Jon” rispose testarda. “Va. Drogon mi proteggerà”
Quando finalmente
lo trovò, Jon stava cercando di portare i salvo i suoi uomini guidandoli verso
il cancello a sud. I non-morti li inseguivano.
Come se avesse
intuito le sue paure, Drogon balzò giù dalla torre andando a frapporsi fra loro
e i nemici che si avvicinavano. I non-morti non ebbero nessuna esitazione
neanche di fronte al drago. Lo assalirono con i loro coltelli e le loro asce
senza però scalfire minimamente le scaglie dure come l’acciaio. Una lingua di fuoco
li respinse lontano, uccidendoli.
“Dany…”. Finalmente
Jon corse verso di lei. “Il castello è perduto, dobbiamo andarcene via di qui”.
“Dove sono Tyrion e
gli altri?” chiese Daenerys dopo essere scivolata lungo il dorso di Drogon
direttamente tra le braccia di Jon.
“Sono partiti due o
tre giorni fa verso sud. Ho paura che il Re della Notte possa attaccarli. Qui
non si è visto”. Jon la sorresse. “Stai bene?” le chiese allontanandosi appena.
“Sto bene” risolse
lei in fretta anche se non era la verità. Non mangiava bene da molti giorni e
il suo corpo era al limite.
“Non sembra”. Due
non-morti aggirarono la guardia di Drogon ma Jon se ne occupò in fretta. Parò
gli attacchi con la sua lama bastarda e con due colpi ben assestati i cadaveri
caddero senza vita.
“Ho fatto preparare
provviste per tutti prima che…”. Le porse una bisaccia che portava in spalla. “Prendi
e vola verso sud. Proteggi la mia famiglia, la nostra famiglia”
“Non posso lasciarti
qui”.
“Certo che puoi
Dany. Tu sei la regina ed io il comandante del tuo esercito. È mio compito
proteggere te, non il contrario”
“No…”. Dany scosse
il capo.
Altri non morti si
scagliavano contro gli Immacolati a difesa della voragine nelle mura. Centinaia
di Dothraki in sella a cavalli morti, migliaia forse. “Il mio Khalasaar?!”.
Daenerys sentì le lacrime scorrerle sulle guance. In quel momento anche Rhaegal
si aggiunse alla battaglia. Il suo alito infuocato respinse i Dothraki non-morti
dando modo agli Immacolati di uccidere i pochi rimasti.
Solo una piccola
pausa prima della nuova ondata di morte.
“Non so come sia
potuto accadere. Gli avevo ordinato di restare a Forte Terrore”. Jon la scosse
per un braccio con tutta la delicatezza che riuscì a racimolare. “Dany, ci sono
altri uomini da proteggere, donne da salvare e bambini a cui dare un futuro.
Non puoi arrenderti, non ora”.
Daenerys lo guardò,
e nei suoi occhi color pece trovò la forza di fare ciò che doveva. Per un
attimo fu sul punto di baciarlo. Di dirgli che era suo e che non lo avrebbe
lasciato. Poi ricordò le parole che l’avevano tormentata per tutti quei giorni.
“Il sole… è tramontato ad oriente. L’ho visto”
“Non sei l’unica a
dirlo, ma non possiamo fare niente per…”
Tormund arrivò di
corsa in sella ad un purosangue nero mulinando la sua colossale ascia da guerra
a decapitare un nemico che si avvicinava. “Jon Snow. Farai all’amore più tardi
con la tua regina, Haar. Abbiamo
qualche grattacapo da risolvere”
“Dany…”. Jon provò
ancora a risvegliarla dal torpore che si era impadronito di lei. “Dany… Sali su
Drogon, prendi Rhaegal e va a cercare Sansa, Tyrion e gli altri. Sono diretti a
Nido dell’Aquila. O almeno credo”
“D’accordo Jon, lo
farò”. Quando Jon fece per parlare ancora, Daenerys lo baciò. Senti il sapore
del sangue laddove Jon si era morso la lingua in combattimento e l’odore della
polvere che gli incrostava la barba ispida.
“Questa non è la
fine per noi. Te lo prometto. Ora va”
Drogon si alzò in
volo con un violento colpo d’ali. E Daenerys percepì il sangue gelarle le vene.
Un freddo innaturale riempiva l’aria, d’un tratto immota. Lo stesso freddo che
aveva percepito a nord della Barriera quando aveva perso Viserion. Una lunga
lancia di ghiaccio sibilò vicino alla testa del drago nero. Poi un’altra e
un’altra ancora. Gli Estranei avevano fatto la loro comparsa a Grande Inverno.
Centinaia di ombre bianche, armate di spade di ghiaccio affilate come rasoi.
“Stavano aspettando i draghi come hanno fatto al lago di
ghiaccio”
“Rhaegal” chiamò
mentre Drogon si lanciava in picchiata verso gli Estranei che lo assalivano. Ma
il drago verde non rispose al suo richiamo, sembrava lottare contro se stesso
oltre che provare ad evitare l’attacco delle ombre bianche.
Anche gli Estranei
riuscirono ad entrare nel cortile della fortezza. Dall’alto vide Verme Grigio e
gli Immacolati confrontarsi con loro. Vetro nero contro ghiaccio candido. Le
armi in acciaio si frantumavano al contatto con le lance degli Estranei e
Immacolati e uomini del nord morivano sotto i colpi del gelo.
Drogon schivò
un’altra lancia ghiacciata e si lanciò in picchiata. Ma il fuoco di drago non
ebbe alcun effetto sugli Estranei, sembrò passargli attraverso senza colpirli.
“Il fuoco uccide i non-morti, ma gli Estranei sono fatti
di ghiaccio e antica magia, potrebbe non essere così facile sbarazzarsi di loro”
aveva detto Samwell Tarly in un concilio di guerra. E in quel momento Daenerys
seppe che le sue parole corrispondevano a verità.
Il drago verde e
bronzeo si contorse a mezz’aria e per un attimo Daenerys credette di vederlo
cadere. Ma non c’era traccia di sofferenza in lui. Non lo aveva mai visto
comportarsi in quel modo.
Gli Estranei erano
pronti a sferrare un altro attacco e data la vicinanza stavolta non ci sarebbe
stato scampo per Drogon. Ma il drago nero sferzò l’aria con la gigantesca coda
colpendoli in pieno e mandandoli a rotolare lontano. Alcuni morirono, altri si
rialzarono, ma Daenerys e Drogon erano ormai lontani.
L’ultima cosa che
vide fu Rhaegal che planava, atterrando nel cortile della fortezza spuntando le
sue fiamme incandescenti a difesa di Grande Inverno e Jon correre verso di lui.
“Guidalo in battaglia Jon
Snow. Salvalo” sussurrò prima di volare via.
[BRAN]
“Non camminerai, ma imparerai a volare”
Nell’anno passato nella
caverna del Corvo a Tre Occhi, Bran aveva imparato a controllare tutti gli
animali che popolavano le terre a nord della Barriera. Dal semplice corvo fino
ai colossali alci del nord. Era addirittura riuscito ad insinuarsi nella mente
di Hodor, causandone così lo sconvolgimento.
In sogno aveva visto Aegon
il Conquistatore cavalcare Balerion il Terrore Nero verso i Sette Regni e
sottometterli al suo volere, ma mai avrebbe immaginato di poter cavalcare un drago.
Grande Inverno era pronta a
cadere sotto l’assalto dell’esercito degli Estranei. Da quando Jon lo aveva
lasciato nel parco Bran aveva cercato il Re della Notte in lungo e in largo
sfruttando gli insegnamenti del vecchio Corvo. Forte Terrore era caduto sotto
il fuoco del drago di ghiaccio, dopodiché di lui non aveva trovato traccia.
Così si era concentrato sulla battaglia.
Centinaia di uomini morivano
sotto l’assalto dei non-morti a ovest del castello, dove le mura erano crollate
sotto i colpi di giganti e mammut. Gli Immacolati erano gli unici ad affrontare
il nemico in formazione compatta. Il resto dell’esercito era in rotta e Jon
Snow cercava di guidarli verso la salvezza. L’arrivo di Daenerys e dei suoi
draghi aveva migliorato anche se di poco la situazione. Il fuoco di Drogon, che
a Bran ricordava un giovane Balerion, aveva respinto diversi assalti. Ma Jon le
aveva chiesto di andare via, verso sud, per proteggere Sansa ma anche per
proteggere se stessa.
Rhaegal però era rimasto a
Grande Inverno a combattere il loro eterno nemico. Il drago verde e bronzeo aveva
provato ad opporre resistenza quando Brandon Stark era scivolato dentro di lui.
Non era stato come entrare dentro Estate o Spettro, e nemmeno come entrare
nella mente indebolita di Hodor. Rhaegal riusciva a tenerlo lontano da se
scuotendo violentemente la testa cornuta e battendo le ali nel tentativo di
scacciarlo. Ci provò ancora e ancora fino a quando il drago atterrò nella
fortezza piegandosi al suo volere.
Jon era lì vicino,
circondato dai nemici. Gli bastò una sola fiammata per aiutarlo a liberarsi.
Il drago ruggì con violenza.
“Guidami” pensò Bran.
E Jon Snow sembrò capire
quello che Rhaegal e Bran cercavano di dirgli. Si aggrappò alle scaglie
sporgenti e si tirò su, come se fosse la centesima volta che lo faceva.
“Hai sangue di drago”
Dall’alto riuscirono a
vedere che la situazione era davvero critica. Una prima falange di uomini si
stava dirigendo a sud, la ritirata coperta da un ampio cerchio di fuoco. E un
secondo gruppo era pronto a partire.
Bran percepì Jon dare dei
comandi in valyriano al drago e capì cosa fare. Proteggere la ritirata degli
uomini verso sud.
L’uomo e il drago volarono
sulla fortezza uccidendo tutti i non-morti che incontravano. Ancora, e ancora,
e ancora.
Grande Inverno bruciava e
nessun uomo era più rimasto al suo interno. Lance di ghiaccio sibilarono
intorno a loro. Una di queste colpì Rhaegal ad un’ala. Il dolore fu così
intenso da scaraventarlo fuori dalla mente del drago. La paura si impossessò di
lui. Il terrore che il drago avrebbe scaraventato via il suo cavaliere una
volta resosi conto di averlo in groppa.
Il Parco degli Dei era
invaso dai non-morti. Un uomo che brandiva una spada fiammeggiante e un
meta-lupo bianco come la neve lo proteggevano dall’assalto dei morti.
“Andate via. Non dovete
morire per me. Sono solo un ragazzo storpio” urlò.
“È proprio quello che farò.
Il Signore della Luce mi ha tenuto in vita proprio per questo. Ora lo so”
rispose Beric Dondarrion colpendo un nemico e incendiando le sue vesti di pelli
d’orso.
Spettro si lanciò sul nemico
successivo, sbranando la carne putrida all’altezza della spalla.
Il fiato del meta-lupo si
condensava nell’aria gelida quanto gli Estranei invasero il Parco degli Dei.
Alcuni brandivano grosse asce d’acciaio.
“Vogliono abbattere l’Albero
Diga” capì Bran. “Sono qui per me”
Beric Dondarrion rise. Una
risata folle, di un uomo spezzato che sa che la sua fine è ormai prossima.
“Lotta Brandon Stark. Io
sono morto molti anni fa. Tu, invece, hai tanto altro da fare”. Con queste
parole Beric Dondarrion impugnò a due mani la sua spada in fiamme e si lanciò
in un attacco suicida. Lo stridio con cui morì il primo Estraneo che affrontò
sembrò spaccargli in due i timpani. In pochi attimi però il Lord della Folgore fu
sopraffatto dai nemici, trafitto da una lancia di ghiaccio al petto. Ma non
crollò neanche stavolta. “Perché la notte è oscura e piena di terrore” furono
le sue ultime parole, sussurrate al buio che lo stava avvolgendo.
Spettro ululò. Era la prima
volta che Bran lo udiva farlo. Forse il meta-lupo sentiva di stare per
raggiungere i suoi fratelli e in qualche modo voleva avvertirli del suo arrivo.
L’Estraneo più vicino si preparò a colpire con tutta la sua forza, calò la
spada di ghiaccio e Brandon seppe che per Spettro era giunta la fine.
Il ruggito di Rhaegal
irruppe nel Parco degli Dei. Jon Snow in groppa al drago arrivò a salvarli. Le
acque termali ribollirono al contatto con le scaglie incandescenti del drago
che sbuffava le sue fiamme verso i loro nemici.
Jon balzò giù. “Presto
Bran”. Se lo caricò sulle spalle con facilità, come faceva Hodor, mentre
Rhaegal fronteggiava gli Estranei e Spettro lo seguì sul dorso del drago,
mordendo le scaglie sporgenti per non perdere la presa.
Prima di abbandonare Grande
Inverno, Jon fece volare Rhaegal sulla fortezza ad incendiare tutto quello che
ancora non bruciava. L’ultima cosa che videro fu la casa dei propri avi
divorata dal fuoco e dalla morte.
ANGOLO AUTORE
Lo so sono terribilmente in
ritardo ma pubblicare un capitolo nel mese d’agosto è stato tremendamente
complicato. Per ultimo ci si è messo il mal tempo ad interrompere la
connessione. Ma finalmente ce l’ho fatta.
Winterfell è caduta e altri
personaggi sono morti. Il Night King però non si è ancora mostrato, ha altri
piani e nei prossimi capitoli capirete quali. Questo capitolo è incentrato
interamente sul nord ma nel prossimo vedremo anche quello che succede a sud, a
King’s Landing e all’Incollatura.
Concludo ringraziando chi ha
recensito lo scorso capitolo giona,
QueenInTheNorth e Reyf e tutti i
lettori che silenziosamente continuano a seguire la storia… mi piacerebbe
sapere cosa ne pensate anche voi!
Grazie a tutti, a
prestissimo :*