Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Mikeleferro    26/08/2018    0 recensioni
Diana Verquez è una giovane fattrice presso la fattoria di famiglia. Un giorno conosce Conrado Romero, famoso avvocato. I due si sposeranno ma vivranno un matrimonio triste e infedele. La povera donna riesce a scappare dalle grinfie del marito trasferendosi a Londra. Di seguito conosce Harvie, un giovane uomo inglese. I due si innamoreranno perdutamente, anche se il passato di entrambi continua a tormentarli. La storia ci narra la dura vita che deve affrontare la donna: tra vari dispiaceri e tradimenti
La storia è disponibile anche su Wattpad. Il mio nome utente è: iron_11
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Storico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L'arrivo a Londra - Capitolo IX  

- E' sveglia dottore! - esclamò Harvie.

Diana vide intorno a lei molte persone. Era ancora distesa sul pavimento tra il sugo della pasta e le briciole del pane. Quando capì la situazione, le si calò un velo d'imbarazzo e svenne nuovamente. Il dottore, con l'aiuto di alcuni uomini, la portò nella stanza di Harvie e la distese sul letto. Giaceva con la bocca aperta, le palpebre chiuse, le mani spianate, immobili e bianche come se fosse ceramica. Il suo corpo era freddo e il sangue aveva quasi cessato di scorrere; sembrava morta. Il giovane ragazzo, in piedi, era al fondo dell'alcova mentre il medico cercava di capire la causa di tale mancamento.
Durante la notte dormì profondamente e, secondo il medico, le sue condizioni stavano migliorando.

Il pomeriggio successivo, la nave sbarcò a Londra. Harvie ritenne opportuno che la debole Diana passasse qualche giorno a casa sua, nel cuore di Leeds. La costruzione risaliva al 1770 circa ed era dunque una delle più vecchie, nonché la più vaste dell'intera città. Essa sorgeva al centro di dodici acri di terra. La struttura lasciava trapelare gli ultimi raggi del sole che lo coccolavano e lo salutavano per accogliere la luna. Le pareti erano abbracciati da estesi rampicanti e piante di vario genere che spuntavano dal fertile terreno sottostante. Quando il calesse giunse all'esterno del gigante cancello in acciaio, erano ormai le otto di sera. Matilde, la domestica, si affrettò per uscire e salutare il suo padrone.

 

- Oh signore, è un piacere rivederla! -

- Piacere è tutto mio Matilde – rispose l'uomo aprendo le porte della carrozella.

Diana dormiva ancora, stanca per il lungo viaggio. La domestica notò subito la presenza di una donna all'interno del barroccio.

- Signore, non vorrei intromettervi ma... chi è quella donna? -

- Limitati ad aiutarmi a portarla in camera sua! -

 

Verso le dieci, Diana si svegliò dal lungo sonno. Osservò la stanza. Le pareti erano in marmo bianco, come il pavimento. Le finestre avevano tendine rosse mentre sul pavimento si estendeva un lungo tappeto giallo e rosso. In un angolo vi era una statua anch'essa in marmo di Giorgio V.

Si alzò dal letto respirando a fondo e si diresse verso la porta. Esitò solo un attimo prima di aprirla e scendere le scale. Quella casa pareva un enorme labirinto; si ritrovò in un corridoio ricco di quadri e specchi. Una dolce melodia di pianoforte iniziò a invadere le stanze della villa. Diana ne rimase incantata. Il suono proveniva dal piano inferiore. Ella si sfilò la vestaglia bianca che l'avvolgeva dolcemente e la pose su una poltrona rossa. Scese i primi quattro gradini, quando di punto in bianco la melodia cessò.

 

- Diana! - esclamò una voce pesante.

La signorina saltò dalla paura.

- Harvie, che spaventò!

- Scusami. Hai un bel colorito, come ti senti?

- Ora meglio! Ti ringrazio per l'ospitalità, però devo andare.

- Dove?

- A Londra. Un mio amico mi ha affittato un appartamento in un hotel lì vicino. - disse riferendosi a Cristobal

L'uomo non era d'accordo nel lasciarla sola; era ancora molto debole. Ma la donna, testarda come non mai, non volle ascoltare il giovane inglese. Cosi prese la sua valigia in cuoio marrone, si infilò un vestito bianco e giallo canarino e abbandonò la casa tramite un calesse di Harvie. Ella lesse l'indirizzo dell'appartamento su un biglietto; era su Bond Street numero 11 nel quartiere di Mayfair.

Arrivata a destinazione, si trovò avanti un gigantesco palazzo antico. L'ingresso era controllato da un custode molto serio accompagnato da un grosso pastore tedesco. Il nome del palazzo era “Cameron Hotel”. Entrò nella Holl dell'albergo e in quel momento stava avvenendo una forte discussione tra una vecchia signora e il proprietario del posto. La causa del litigio era la scarsa qualità del servizio, nonostante l'albergo fosse a quattro stelle. Diana si guardava intorno affascinata e si avviò verso una signorina alla cassa, alta e ricca di gioielli, persino tra i capelli. Era la figlia del proprietario.

- Salve! - disse la signorina Cameron – le serve aiuto? -

- Si, mi chiamo Diana Verquez e il mio soggiorno qui è stato pagato da Cristobal Romero. -

 La cassiera cercava in un enorme libro il nome di Cristobal, ma non vi trovò niente. Diana non poteva crederci.

- Vi prego, cercate meglio! - esclamò disperata

- Vi ripeto che non c'è scritto nulla.- ribatte la ragazza infuriata

La povera donna disperata abbandonò l'albergo e, correndo, colpì con una spallata la vecchia signora che fino a qualche minuto prima stava litigando con il proprietario.

- Maledetta stai più attenta! - esclamò con molto odio.

Cristobal le aveva mentito; non aveva pagato nessun appartamento.

“Era ovvio che sceglieva di aiutare suo fratello! Sono un'ingenua!” pensava.

Si sedette su una panchina, fuori all'albergo e pianse molto. Pensò all'errore commesso sposandosi con Conrado e di aver condiviso ogni singolo minuto con quell'uomo.

La notte calava e Diana era sola e fragile tra il vento gelido di Londra. Camminò tutta la sera, non aveva mangiato. Si trovò alle spalle il Big Ben. Si sedette su una panchina in cui era presente una famiglia composta da madre, padre e figlio. Ridevano e scherzavano felicemente. Ella pensava alla sua condizione, senza un marito e senza un figlio. Era completamente sola in una città che non conosceva per niente nel cuore della sera. Era stanca e non si aveva le forze. Non sapeva dove passare la notte e come continuare la sua vita.

Più tardi arrivò alle rive del fiume Tamigi. L'acqua era fredda, nonostante fosse estate; scorreva velocemente, senza sosta. Ricordava il fiume che era presente vicino alla casa sua e di Conrado. In quel fiume, Cristobal le parlò del suo piano di fuga.

“Era tutta una menzogna!”.

Si sfilò le scarpette bianche e le appoggiò delicatamente sulla riva. Vi immerse entrambi i piedi nell'acqua violenta. Piangeva a dirotto pensando alla sua vita e a quello che ormai era diventata: una fuggitiva senza casa e senza l'amore di nessuno. Una povera ingenua che aveva creduto alle stupide lusinghe di un uomo. Aveva capito la lezione: mai fidarsi degli uomini, soprattutto quelli ricchi. Tolse la molletta che legava i suoi capelli e la gettò nel fiume. Successivamente anche l'abito fu travolto dalla violenza del Tamigi. Chiuse gli occhi e sentiva il rumore dell'acqua che si spezzava tra le massicce rocce. Schizzi di acqua le bagnavano il petto spoglio e freddo mentre i piedi erano ancora immersi. Voleva buttarsi, era questo il suo scopo. Ma una voce maschile le implorò di non farlo. Era Harvie, dall'altra sponda del fiume. 

- Cosa ci fai qui? -domandò la donna in lacrime

- Non farlo Diana, è da codardi non affrontare le difficoltà della vita. E' stupido cercare la soluzione nella morte. Sii forte e affronta la vita con dignità e forza! - esclamò

- Non posso... - esitò – non sono in grado di continuare una vita in cui vi è presente solo dolore e tristezza! Non è presente alcuna gioia -

- Allora io cosa sono stato? Solo una persona con cui sfogare il tuo maledetto dolore. Per favore, non farlo.-

Diana non parlò. Guardò l'uomo e penso che non fosse la cosa giusta. Harvie non si meritava ciò, lui si che era un amico! Si asciugò le lacrime, rinfilò il suo abito e le sue scarpette rovinate dal verde del prato sulla riva.

- Hai ragione, perdonami - terminò afflitta. 

Info: prossimo aggiornamento 28 agosto

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Mikeleferro