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Autore: NPC_Stories    26/08/2018    2 recensioni
Cri'nthrye non ha lasciato Menzoberranzan per sua scelta: è stata portata via quando era ancora in fasce, pochi giorni dopo la nascita. Per vie traverse, passando per le mani di un mercante umano e poi di un elfo, è arrivata alla foresta di Moonwood. Un nome l'ha accompagnata in questo viaggio, un nome che non era il suo ma suonava abbastanza simile: Krystel.
È con questo nome che gli elfi l'hanno adottata, è con questo nome che l'hanno cresciuta, e infine bandita.
Krystel un giorno sarebbe diventata la Strega della Palude.
Questa è la storia di ciò che accadde prima.
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Sequel di "L'ultima pagina di un libro, l'inizio di una nuova storia".
Warning: non-con, violenza non descrittiva su minore
Genere: Angst, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Cri'nthrye non ha lasciato Menzoberranzan per sua scelta: è stata portata via quando era ancora in fasce, pochi giorni dopo la nascita.
Per vie traverse, passando per le mani di un mercante umano e poi di un elfo, è arrivata alla foresta di Moonwood.
Un nome l'ha accompagnata in questo viaggio, un nome che non era il suo ma suonava abbastanza simile: Krystel.
È con questo nome che gli elfi l'hanno adottata, è con questo nome che l'hanno cresciuta, e infine bandita.
Krystel un giorno sarebbe diventata la Strega della Palude.
Questa è la storia di ciò che accadde prima.



1113 DR: In ogni addio c'è un'immagine della morte


Per crescere un bambino ci vuole un villaggio.

È questa la filosofia degli elfi della luna, ed è normale per un popolo con un'organizzazione sociale basata su piccole comunità molto unite. I bambini hanno una madre e un padre, ma crescono come figli di tutto il clan. Gli elfi non sono nemmeno una razza particolarmente feconda, quindi è normale che ogni bambino che nasce venga considerato come una risorsa della comunità. L'educazione dei piccoli è un compito molto importante, perché possano un giorno diventare adulti equilibrati, responsabili, e consapevoli dei valori del loro popolo.
È così che sono cresciuta anche io, quando da bambina vivevo nel villaggio di Moonvines. Avevo molti adulti intorno che si premuravano di assicurarsi che non mi mancasse nulla e che le mie necessità primarie venissero soddisfatte. Non ho mai sofferto la fame né il freddo da bambina, ho sempre avuto un tetto sopra la testa e un giaciglio nella Sala delle Udienze, e persone a cui rivolgermi quando avevo bisogno di qualcosa. C'era perfino qualche altro bambino con cui giocare. Solo che, al calare della sera, loro tornavano dalle loro famiglie e il villaggio sembrava svuotarsi, man mano che tutti rientravano nelle loro case. Ricordo che restavo fuori il più possibile, fino a che non erano rientrati proprio tutti, e a volte mi sono perfino attardata in compagnia delle guardie notturne, pur di non restare sola. Perché questa era la verità: anche se di giorno non soffrivo la solitudine, mi circondavo di persone sorridenti e potevo credere di essere figlia dell'intero villaggio, la notte ero costretta a guardare in faccia la realtà, tornare al mio cantuccio nella Sala delle Udienze e riconoscere che in realtà non ero figlia di nessuno. Nessuna famiglia mi aveva voluta, nessuno mi aveva dato un posto nella sua casa, tutti quegli adulti sorridenti erano disposti ad accogliermi solo fino a un certo punto. I bambini hanno una madre e un padre, anche se crescono come figli di tutto il clan. Io avevo soltanto il clan.
A volte mi sono chiesta chi fossero i miei genitori drow; avevo sentito storie terribili sul mio popolo, e immaginavo che i miei genitori fossero crudeli come tutti gli altri. Avermi abbandonata doveva essere solo un altro aspetto della loro crudeltà. Pensavo di essere stata molto fortunata ad aver ricevuto tanta compassione e benevolenza dagli elfi della luna. Eppure, certe volte, di notte, mi sono trovata a fantasticare sui miei veri genitori che tornavano a prendermi... mi sono sentita così in colpa per quei miei sogni ad occhi aperti.
Haerelon aveva certamente una cattiva influenza su di me. Mi riempiva la testa di sciocchezze, anche se a distanza di anni mi chiedo ancora se fossero poi tutte menzogne. Ha sempre cercato di convincermi che in realtà tutto il clan mi guardasse con sospetto, perché ero drow. Forse non mi guardavano con sospetto, ma in parte credo che davvero mi tenessero d'occhio. Non penso che mi reputassero un pericolo, ma a volte ho notato che alcuni mi guardavano di sottecchi, quando pensavano di non essere visti. Che cosa vedevano in me? Che cosa cercavano? Qualche segno della malvagità “innata” nella mia razza? Qualche preavviso del mostro che sarei potuta diventare?
Haerelon comunque mi ha mentito. Per anni non sono entrata nel tempio di Corellon Larethian pensando che il dio mi avrebbe fulminata se ci avessi provato. Erano sciocchezze, naturalmente. Haerelon era solo un ragazzo, anche se a me sembrava un adulto, come avrebbe potuto sapere una cosa del genere? Sono anche stata guardata con sospetto per colpa della mia reticenza a partecipare alle funzioni religiose. Ora so che era tutta una macchinazione di Haerelon per screditarmi. Quando lord Gaeron, che era il chierico del villaggio, venne a indagare le mie motivazioni, ricordo che provai una profonda vergogna nell'ammettere le mie paure. Lui fu molto gentile con me, mi disse che se mi fossi affidata con sincerità e buona fede al Padre di tutti gli Elfi, lui non mi avrebbe fulminata e forse avrebbe anche ascoltato le mie preghiere.
Quel giorno andai al tempio di Corellon e lo pregai di farmi diventare un'elfa di superficie. Ricordo che lo pregai tutto il giorno, con gli occhi chiusi, sperando in un miracolo. Se fossi diventata un'elfa della luna, pensavo, la gente del villaggio mi avrebbe voluto bene davvero. Forse avrei avuto anche una madre e un padre. Ma la sera, quando mi decisi a riaprire gli occhi e tornare nel luogo che chiamavo casa, il miracolo non era avvenuto. La mia pelle era ancora nera come il carbone e i miei capelli candidi come la neve. Avrei voluto piangere, ma nessuno piange in un tempio, così me ne andai e basta. Gaeron mi raggiunse sulla porta, mi fece rientrare e mi offrì una tazza di infuso. Corellon non mi aveva abbandonata, mi disse. Aveva ascoltato le mie preghiere prima ancora che le esprimessi. Mi trovavo a Moonvines, no? Non era già un miracolo che una bambina drow fosse finita a vivere in mezzo agli elfi? Quello era il modo in cui sarei diventata un'elfa di superficie: attraverso l'educazione. Corellon aveva già fatto il suo miracolo per me, ora dovevo essere io a finire l'opera, dovevo essere io a diventare un'elfa, diventando un degno membro della comunità.
Spostai il mio giaciglio dalla Sala delle Udienze al Tempio, sistemandomi in un angolo nascosto. A Gaeron non dava fastidio, anzi, mi incoraggiò lui a farlo. Da quel giorno, anche se non avevo una casa, prima di addormentarmi guardavo le splendide immagini delle divinità degli elfi e pensavo che se Corellon era il Padre di tutti gli Elfi, forse non ero proprio orfana.
Ho vissuto così, quasi felice, per tre anni.

Avevo undici anni quando è successa quella cosa. Ero al fiume, facevo il bagno, Haerelon è sbucato dal nulla. Ha ricominciato con i suoi soliti discorsi sul fatto che non credeva che sarei diventata mai davvero come loro, che in quanto drow la mia vera natura era cattiva e aggressiva. Volevo gridargli in faccia che non era vero, detestavo che ignorasse così tutti i miei sforzi e le mie buone intenzioni, ma se avessi gridato sarei sembrata aggressiva e gli avrei dato ragione. Così gli risposi con calma, come al solito. Il suo sorriso beffardo, lo ricordo ancora. Il tono scettico con cui disse che voleva mettere alla prova le mie affermazioni. E poi, quella cosa.

Lo lasciai lì sulla riva del fiume; perdeva un po' di sangue dalla testa e non sapevo se fosse svenuto o morto. Fuggii. Nuotai fino al punto dove avevo lasciato i miei vestiti e scappai. Ero nel panico e assolutamente sotto shock. Mi trovarono solo ore dopo, e allora seppi che Haerelon stava bene, a parte il trauma cranico. Si era ripreso, era tornato al villaggio e aveva raccontato a tutti che l'avevo aggredito senza motivo.
Ci fu una specie di processo, anche se riservato ai soli anziani della comunità. Cercai di discolparmi. Cercai di raccontare che mi ero solo difesa, che volevo fermarlo, ma non avevo parole per spiegare quello che aveva fatto, non sapevo cosa avesse fatto. Il fiume aveva lavato via il mio sangue e non avevo ferite evidenti. Nessuno credette che mi aveva assalita.
Nemmeno Gaeron.
Questa fu la cosa che mi ferì più di tutte. Gaeron conosceva la mia volontà di comportarmi bene, sapeva quanto ci tenessi, era stato testimone di tutti i miei sforzi di essere una brava bambina anche quando nessuno dei miei compagni di gioco mi voleva intorno perché “ero un mostro”. Lui sapeva tutto questo, e non mi ha creduta. L'ho guardato negli occhi, credo di averlo anche implorato, ma lui ha semplicemente distolto lo sguardo.
Era la cosa più simile a una figura paterna, per me, ma non ha detto una parola quando gli anziani della comunità hanno deciso di punirmi con l'esilio nelle Trollmoors. Mi hanno portata al confine della foresta, a ovest, e mi hanno ordinato di cominciare a camminare senza più voltarmi indietro. Sapevo che c'erano degli arcieri dietro di me. Se ci penso ora, da adulta, non credo che mi avrebbero colpita se solo avessi girato la testa e guardato indietro, penso che fossero lì soprattutto per intimidirmi e per impedire che tornassi nella foresta, ma in quel momento ero terrorizzata e disperata, e non osai voltarmi indietro.

E ancora oggi, anche se il mio esilio è stato ritirato dopo nemmeno un anno dalla sentenza, anche se la gente di Moonvines sa com'è andata veramente, non ho più voluto tornare al Bosco della Luna. È lentamente sparito dai bordi del mio campo visivo mentre camminavo verso la brughiera, e da allora non ho più rivisto la mia prima casa.
   
 
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