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Autore: LaPrincesseJasmine    27/08/2018    0 recensioni
STORIA INCENTRATA SU ALEX E MARC
Dal testo: "L'ipotesi era inconcepibile. Sfuggiva ad ogni logica ma, d'altronde, tutta quella vicenda era fuori dal comune.
Alex non sapeva cosa fare. La testa le doleva e non aveva più la forza di pensare: in poco tempo tutto il suo mondo le era crollato addosso."
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sembrava che il suo stomaco avesse deciso di fare una specie di sciopero e rifiutare tutto ciò che lei cercava di somministrargli...

I suoi genitori, sempre più preoccupati, avevano deciso di approfondire quale fosse la causa del suo malessere con degli esami medici.

Lei era contraria perché non le sembrava il caso di fare prelievi su prelievi per una semplice influenza intestinale ma i suoi genitori non avevano voluto sentire ragione.

“Alex, non è normale!” aveva detto suo padre con la solita espressione aggrottata di quando si preoccupava per lei “non riesci più a mandare giù nulla... i medici sapranno dirci cosa darti per farti stare meglio!”

Anche sua madre era medico ma era una cardiologa e comunque, senza un esame, non avrebbe potuto trarre nessuna conclusione.

E così stava lì, nella sala d'attesa aspettando che il suo nome venisse chiamato. Sua madre la accompagnava ed era tesa come una corda di violino. Questo atteggiamento fece sorridere Alex, visto che la madre compiva quotidianamente operazioni a cuore aperto, ma quando si trattava dei suoi cari non ragionava più e si faceva prendere dall'angoscia.

“Alexandra Freeland” chiamò un'infermiera bassa e grassoccia indicando la porta nella quale Alex sarebbe dovuta entrare.

 La giovane entrò accompagnata da Jodie e si sedette pazientemente mentre l'infermiera infilava una siringa nel suo braccio e ne estraeva un bel po' di sangue. Alex guardava indifferente.

“Alex, non ti fa più impressione il sangue?” chiese sua madre sorpresa.

“No” rispose Alex “Non più.” Non più da quado aveva visto Marc ferito per lo scontro in lizza. Era stata temprata in quel mondo così lontano e ora una cosa banale come la vista del sangue non poteva più scalfirla.

 

Alex e sua madre attesero per quella che alla ragazza parve un'eternità i risultati degli esami. E quando, finalmente, la dottoressa le chiamò nella stanzetta, sua madre corse affannata come se stesse facendo la mezza maratona, preoccupata di sapere che problema avesse la sua bambina.

“Signora” disse tranquilla la dottoressa “i risultati degli esami sono perfetti. Non c'è nessun batterio virulento che possa causare un'influenza intestinale e quindi io escluderei quest'ipotesi. Secondo questi esami Alexandra è sana come un pesce.”

Alex sentì il respiro di suo madre farsi meno affannoso e la sentì rilassarsi sulla sedia.

Anche lei si rilassò, anche se in verità non si era nemmeno accorta di essersi agitata.

“Anche se c'è una cosa che non mi torna” aggiunse la dottoressa scrutando quelle carte piene di numeri ad Alex incomprensibili. Jodie si rizzò nuovamente sulla sedia, in ansia.

“Se non vi dispiace vorrei controllare” concluse poi la dottoressa.

Sua madre annuì meccanicamente e Alex si trovò in un batter d'occhio sul lettino d'ospedale.

La dottoressa le alzò la maglietta e prese uno strano marchingegno che Alex era convinta di avere già visto, probabilmente in qualche film. Qualcuno le spalmò un gel ghiacciato sulla pancia. Sua madre si ritrasse con un sospetto orribile.

Una specie di rotellina le venne adagiata su quel gel e il macchinario entrò in funzione. Un battito leggero si distinse chiaro nella stanza silenziosa mentre sul display dello strano marchingegno appariva un'immagine in bianco e nero.

Alex si sentì mancare il fiato.

“Proprio come pensavo” disse la dottoressa ignara dell'angoscia delle altre donne presenti nella stanza “Congratulazioni, Alexandra, tra qualche mese avrai un bambino.”

L'ipotesi che Alex si era costruita nella mente venne immediatamente confermata e la giovane sbiancò.

Il silenzio avvolse la stanza e nessuno parlò più.

 

 

Alex si riabbassò di scatto la maglietta incurante del gel colloso che le bagnò i vestiti. Balzò giù dal lettino e biascicò un “arrivederci” alla dottoressa, correndo via.

Aveva bisogno di schiarirsi le idee e, soprattutto, non era pronta ad affrontare sua madre.

Uscì fuori sentendosi mancare il fiato e crollò sui gradini d'ingresso dell'ospedale incapace di reggersi in piedi.

Il figlio di Marc. Ma com'era possibile? Interi secoli la separavano da quel ragazzo, come poteva aspettare un bambino suo?

L'ipotesi era inconcepibile. Sfuggiva ad ogni logica ma, d'altronde, tutta quella vicenda era fuori dal comune.

Alex non sapeva cosa fare. La testa le doleva e non aveva più la forza di pensare: in poco tempo tutto il suo mondo le era crollato addosso. Fino a qualche mese fa era una normalissima diciottenne che pensava alla scuola e agli amici. Adesso era cambiata, si sentiva cresciuta, ma non era affatto sicura di sentirsi pronta a diventare madre.

Una mano le afferrò un braccio aiutandola a rialzarsi: era sua madre. Aveva il volto cinereo e non parlava.

Condusse Alex in macchina e guidò fino a casa. In silenzio.

 

 

“I Cavalieri Teutonici richiedono un aiuto per la crociata di cristianizzazione verso i prussiani.” iniziò re Luigi IX. “Intendo inviare qualche centinaio di uomini, non di più.”

La riunione durava già da un paio d'ore e Marc iniziava ad accusare la stanchezza delle ore precedenti passate ad allenarsi con la spada. Quella frase, però, catturò subito il suo interesse.

Marc si sentiva indegno di essere un cavaliere e indegno di essere il figlio del Falco: aveva disonorato una fanciulla e non l'aveva nemmeno sposata. Avrebbe voluto chiederle scusa per quella perdita di autocontrollo, anche se le sue scuse non sarebbero servite a nulla, ma non ce l'aveva fatta.

Da allora la vergogna e il senso di colpa lo attanagliavano, oltre al senso di vuoto che sentiva da quando Alex non c'era più.

Meritava di morire. Forse almeno così avrebbe evitato che ulteriore disonore si abbattesse sulla sua famiglia.

Morire per una nobile causa poteva essere una soluzione.

“Andrò io, maestà, se me lo consentite” sentenziò attirando l'attenzione di tutti i cavalieri presenti nella  sala.

“No. Assolutamente no.” disse il re mentre suo zio Guillaume diceva arrabbiato “E' fuori discussione.”

“Non intendo sacrificare il mio Primo Cavaliere.” disse il re austero. “Questa non è la nostra guerra. Andranno a combatterla gli uomini dell'esercito, non certo i miei cavalieri più fidati.”

“Ma sire...” tentò Marc vedendosi zittire da un gesto di re Luigi.

“Basta così” annunciò il sovrano. “la riunione è sciolta”

Tutti i presenti si inchinarono al sovrano. Guillaume afferrò il nipote e lo trascinò fuori dalla grande sale.

“Sei uscito di senno?” gli chiese adirato. “Odori ancora di latte e vuoi lanciarti in una missione suicida. Perché?”

Marc non rispose e abbassò lo sguardo. “Scusami zio.” disse dispiaciuto “In questi giorni sono un po'... confuso.”

“L'ho notato.” disse Guillaume abbandonando il tono adirato “Forse questi giorni a Chatel-Argent ti faranno bene. E quando torneremo qui avrai le idee più chiare.”

“Sì, mio signore.” rispose Marc “Vado a prepararmi per  la partenza.”

 

 

Daniel sentì Jodie arrivare in macchina e si stupì di sentire lei e Alex immerse nel silenzio più totale. Forse Alexandra aveva qualcosa di grave. L'idea gli balenò per la prima volta in mente e gli parve immediatamente insopportabile. Si alzò di scatto e andò ad aprire la porta. Gabriel giocava con il suo videogioco, seduto sul divano.

“Ciao Jodie” iniziò Daniel “tutto bene?”

La moglie gli lanciò uno sguardo che non seppe decifrare e richiuse subito la porta non appena Alex entrò.

“Chiedilo a tua figlia se va tutto bene.” rispose Jodie con la voce incrinata.

Daniel guardò Alex che tenne lo sguardo basso e non sembrava voler proferire parola.

“Alex?” tentò Daniel preoccupato.

Lei perseverava nel suo mutismo.

“La dottoressa ci ha dato una notizia meravigliosa” rispose allora sarcastica Jodie “diventeremo nonni.”

Daniel per un attimo pensò di aver capito male e solo dopo qualche secondo realizzò il significato di quelle parole. Gabe, che nel frattempo aveva raggiunto il padre in piedi sulla porta, lasciò cadere a terra il suo videogioco, con la bocca aperta.

“Stai scherzando?” disse Daniel facendo oscillare lo sguardo da Jodie ad Alex.

Jodie non rispose e in Daniel iniziò una tempesta di sentimenti: ira, angoscia, incredulità, paura, delusione,...

Non era forte abbastanza per contenerli tutti e alla fine infatti esplose.

“Non ci posso credere.” disse rivolto alla figlia che rimaneva in piedi sulla porta come in attesa del Giudizio Universale.

Poi Daniel fece una cosa che non aveva mai fatto: schiaffeggiò la figlia. Si pentì subito di quel gesto e gli occhi di Alex si riempirono di lacrime.

“Ma almeno sai di chi è questo...?” la parola “bambino” gli si bloccò in gola. Non riusciva a dirlo. Avrebbe reso tutto troppo reale.

“Sì” disse Alex con voce strozzata “Di Marc”

“Ma cosa dici?!” disse Daniel perdendo definitivamente il controllo “Non può essere.”

Poi si ricordò del figlio minore “Gabe, vai in camera tua.”

“Ma papà...” tentò Gabriel.

“Subito!”

Non avendo mai visto suo padre così, il ragazzino non se lo fece ripetere due volte e corse in camera sua.

“Alex non dire stupidaggini.” riprese Daniel “Chi è il padre? Brad... si chiamava così quello che ti piaceva tanto? O Thomas quello che ti ha invitato alla sua festa di compleanno? Dimmelo!”

Ormai sembrava un'altra persona. Completamente in balia delle sue emozioni.

“Papà è Marc il padre” riprovò Alex sfinita e spaventata. “Deve essere lui. Non può essere nessun altro.”

Daniel iniziò a pensare ad alta voce, parlando a vuoto “Ma nel Medioevo... quel ragazzo... non è possibile... chissà se Ian... lo uccido... non è possibile...”

   
 
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