Serie TV > Poldark
Segui la storia  |       
Autore: lady lina 77    28/08/2018    2 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mentre tornava a casa, si sentiva come un condannato a morte. Se Ross avesse potuto, si sarebbe sotterrato da solo sotto terra per la vergogna che stava provando verso se stesso e quello che aveva fatto.

In una notte di follia aveva distrutto tutto ciò che di buono aveva costruito nella sua vita. Aveva rimesso in piedi Nampara, aveva costruito una famiglia assieme a una ragazza buona e gentile che lo amava e che gli aveva dato dei figli e tutto, TUTTO era stato spazzato via dalle sue azioni, dai suoi desideri egoistici, dalla bramosìa di possedere qualcosa che aveva sognato intensamente da ragazzo e che non gli apparteneva più.

Ora che ci pensava, Demelza aveva ragione, non era stata solo una singola notte a distruggere ogni cosa. Era da tanto che il suo cuore e la sua mente vagavano verso Trenwith, era da tanto che aveva lasciato da parte le cose importanti e più amate accampando scuse su scuse per correre da Elizabeth, era da tanto che aveva smesso di prendersi cura di sua moglie e suo figlio. Ogni suo pensiero, ogni suo gesto, ogni sua azione era stata votata al benessere di quelli di Trenwith e sul serio aveva abbandonato a loro stessi Demelza, Jeremy e il piccolo in arrivo. Vero, c'erano tanti problemi attorno a lui da risolvere e che lo avevano tenuto occupato, ma da quanto non rideva con sua moglie, da quanto non la baciava e la faceva sentire amata e unica? Da quanto non giocava con Jeremy...? Anzi, ora che ci pensava, non aveva mai giocato con suo figlio, lui. E nemmeno aveva mai accarezzato il ventre di sua moglie che ospitava una nuova vita che si apprestava a venire al mondo in una famiglia ormai distrutta.

E ora ce n'era un altro di bambino in arrivo, quello di Elizabeth. E sarebbe stato il caso di cominciare a pensare seriamente anche a questa nuova realtà! Che doveva fare? Fingere e far finta di nulla o prendersi le sue resposabilità? Aveva messo Elizabeth in un mare di guai che difficilmente avrebbe saputo fronteggiare da sola e lui ne era responsabile. Ed esserne responsabile significava di nuovo scegliere lei a discapito di Demelza.

Non riusciva a concepire di fare quanto gli aveva chiesto Elizabeth ma la voce della sua coscienza gli urlava, come aveva fatto lei poco prima, che glielo doveva.

Elizabeth aveva preteso forse a ragione la priorità ma odiava il modo in cui aveva parlato di Demelza e di Jeremy, sentendosi superiore a lei. Ma se Elizabeth aveva parlato a quel modo, era per arroganza? O perché lui, in fondo, l'aveva portata a pensare di essere superiore a Demelza? Non era questo, che gli aveva ripetuto più volte, sussurrando? Che era lei il suo vero amore, che gli amori veri superano gli ostacoli, che una parte del suo cuore sarebbe sempre stata sua... Non era lui che con gesti e sguardi, le aveva fatto intendere silenziosamente che era lei la donna con cui voleva stare?

Eppure ora, quando da salvare c'era ben poco, si rendeva conto che era il Ross ventenne quello che correva da Elizabeth in cerca di attenzioni, era il Ross adolescente e scavezzacollo che aveva preso il posto del Ross adulto, da quando Francis era morto. Aveva inseguito come uno stupido i suoi sogni di ragazzo, non rendendosi conto che ora era altro che desiderava, che era cambiato e che la sua felicità risiedeva altrove. Aveva cercato in quel passato fatto di ricordi perfetti e felici, giovanili, un presente che fosse idilliaco in egual maniera, senza rendersi conto che la vita vera, che l'amore vero erano altro rispetto ai sogni di un ragazzino che ancora non aveva imparato a vivere.

Guardò al cielo, cercò in esso una soluzione a tutto quel marasma che era diventata la sua vita, ma non trovò nulla. Non c'era soluzione, c'era solo biasimo per se stesso, per ciò che aveva fatto e per l'uomo che era diventato: un uomo che doveva scegliere e non sapeva più nulla, né quale fosse la soluzione giusta, né cosa volesse il suo cuore.

E si sentiva un mostro...

Quando giunse a Nampara, era quasi mezzogiorno. Il sole era alto in cielo e sembrava una di quelle giornate estive perfette dove non ti può succedere niente di male.

La sentì ridere, dal retro...

A passi lenti, per non farsi sentire, oltrepassò la stalla e si affacciò a sbirciare dal muro sua moglie che stava giocando con Jeremy. Sistemavano del fieno che il vento aveva sparso nell'aia e lei rideva... O quanto meno, si stava sforzando di farlo. Le sue labbra sembravano quelle di una persona felice, sorridenti e sbarazzine, ma i suoi occhi tradivano una profonda stanchezza e tristezza. Erano gonfi, doveva aver pianto...

Jeremy, vicino a lei, trotterellava fra le sue gambe lanciandole manciate di fieno che coglieva da terra. Rideva, felice dei suoi due anni e mezzo e completamente all'oscuro di tutto, come era giusto che fosse.

Accanto a loro, borbottando, Prudie legava delle fascine, per niente felice di lavorare col caldo e con lo stomaco vuoto.

Ross rimase lunghi istanti a fissarli, desideroso di unirsi a loro, di ridere con loro e vivere quella quotidianità fatta di piccole cose che forse non si era mai soffermato ad apprezzare. Si chiese se fosse troppo tardi, se si potesse fare qualcosa, se tutto il male che lui aveva fatto potesse essere superato ma si sentì piccolo ed impotente davanti a quei pensieri e rimase immobile, mentre una fitta gli faceva dolere lo stomaco.

Fu Demelza a scorgerlo, con la coda dell'occhio. Smise di ridere e divenne improvvisamente seria, stringendo a se protettivamente Jeremy. Poi spinse il bimbo verso Prudie, facendogli segno col capo di prendersene cura. "Tesoro, vado a preparare il pranzo, tu resta quì e finisci di sistemare il fieno".

Jeremy annuì, rifugiandosi fra le braccia di Prudie. "Sì".

Demelza gli si avvicinò, non dicendo una parola e sorpassandolo prima che il loro bambino vedesse che era tornato. “Entra dentro” – sussurrò quindi, in un soffio.

Ross la seguì silenzioso e ubbidiente come un cagnolino. Era così strano vederla tanto fredda, distante, altera e rigida, lei che era sempre stata dolce e gentile.

Entrarono in casa e per la prima volta da quando era nato, Ross ci si sentì un estraneo. E forse lo era o lo sarebbe stato a breve…

E allora?” – disse lei, poggiando le mani sul tavolo della cucina.

Ross osservò il suo viso reso stanco dal dolore, dalla gravidanza e dalle mille preoccupazioni che le affollavano la mente e si sentì in colpa per il male che le avrebbe inferto nuovamente. Ebbe paura, si chiese se sarebbe stata abbastanza forte da affrontarlo o se sarebbe crollata, gettandolo ancora di più in una profonda disperazione da cui non trovava strade di uscita. Si chiese se essere sincero o se tergiversare ancora un po’ ma si rese conto che mentire non sarebbe servito a nulla se non a farla arrabbiare ancora di più, una volta scoperta la verità. Demelza doveva saperlo e lui non aveva tempo, aveva decisioni importanti da prendere quanto prima. “Siediti” – le disse, in tono gentile.

Sto bene in piedi”.

Ross deglutì. “Forse sarebbe meglio se tu…”.

Demelza lo fulminò con lo sguardo. Era sfinita ma aveva ancora la capacità di tirare fuori una grinta da leonessa. “Non ho voglia di sedermi e non ho voglia di preamboli! Che ti ha detto Elizabeth? Cosa vuole e cosa hai deciso di fare?”.

Ross chiuse gli occhi, non c’era modo di indorare la pillola, non c’erano frasi dolci e gentili che potessero lenire la gravità di quanto stava per dire. “E’ incinta” – disse infine, rendendosi conto di quanto quelle due semplici parole, dette in modo tanto diretto e brutale, avrebbero provocato nelle vite di tutti.

La vide impallidire di colpo, tanto che temette di vederla svenire. “Cosa?”.

Lo ripeté, di nuovo. “Elizabeth è incinta. Aspetta un bambino e il padre sono io”.

Per lunghi istanti Demelza non disse nulla, divenne come di ghiaccio, di pietra. Rimase immobile, non urlò, non pianse, non imprecò, non lo prese a sberle. Rimase solo zitta, come se si fosse estraniata da tutto e tutti e la sua mente fosse fuggita lontana. Il suo viso era immobile, non esprimeva alcun sentimento o reazione, era come se il suo cuore e la sua mente si fossero paralizzate. Si sentì spaventato, di tutte le reazioni che si sarebbe aspettato, era quella che gli faceva più paura. “Demelza”. Tentò di avvicinarsi a lei per scuoterla o per sortire qualche sorta di reazione e a quel punto lei lo guardò con sguardo vacuo e lontano.

Non toccarmi…” – sussurrò, con una voce che non sembrava nemmeno sua.

Demelza”.

NON-TOCCARMI!” – urlò stavolta, allontanandolo bruscamente con una spinta.

Tentò di afferrarla per i polsi, di attirarla a se ma lei, con la grazia di un felino, si divincolò. “Sta lontano da me… Da noi!”.

Spinto dalla disperazione, tentò di nuovo di avvicinarsi a lei. “Demelza, dobbiamo parlare!”.

Gli occhi di sua moglie divennero lucidi, benché sembrasse intenzionata a non piangere. “Di cosa, Ross? Di Elizabeth? Non devi dirmi niente, immagino già perché ti ha voluto a Trenwith e quello che ti ha detto! Vuole che tu ti prenda le tue responsabilità, giusto? Lo pretende, vero? E in fondo non era questo a cui mirava quando ti ha scritto quella lettera, in quella maledetta notte di due mesi fa? Ora ha tutti gli strumenti per averti, sei in trappola. E immagino che tu ne sia felice, ora sei davvero legittimato a correre da lei, a stare con lei e con la tua perfetta famiglia…”.

Ammutolito, senza parole, si rese conto che Demelza aveva saputo capire i sentimenti e le azioni di Elizabeth meglio di quanto lui non avesse mai fatto. "Demelza, come puoi pensare che sia felice? Pensi davvero che avrei voluto una cosa del genere?".

La donna strinse i pugni, appoggiandosi con entrambe le mani al tavolo. "Oh, non lo so! Magari volevi solo una notte di passione o magari volevi la spinta giusta per rimanere con lei definitivamente. Non so cosa vuoi, cosa volevi, cosa vorrai fare! Tu lo sai, non io!".

"Demelza, ascoltami...".

"NO!!!". Lei indietreggiò, coprendosi protettivamente il ventre. "Aspetti un bambino da lei... E io non voglio stare a sentirti! Non voglio scuse, non voglio bugie, non voglio niente. Dimmi solo cosa vuole fare lei e cosa vuoi fare tu".

Ross deglutì. Capiva quanto fosse sconvolta, ne percepiva a pelle il dolore che era anche il suo in quel momento, anche se lei non ci avrebbe mai creduto, e non sapeva cosa fare. "Voglio parlarne con te, con calma".

"Perché?".

"Per trovare una soluzione. Deve esserci, Demelza".

Lei si avvicinò a un vaso di fiori ricolmo di margherite e poi, con un gesto violento, lo scaraventò a terra, mandandolo in mille pezzi. "Aspetti un figlio da Elizabeth! Che soluzione vuoi che ci sia a questo? Vuoi stare mezza settimana quì e mezza a Trenwith? Cenare con lei e pranzare con noi? Sposare entrambe? Vivere tutti insieme da qualche parte per caso? La soluzione ideale sarebbe stata una sola, non correre da lei, ma era più forte di te, è SEMPRE stato più forte di te! E ora cosa vuoi, che io ti dia una soluzione? La chiedi a ME? A me che non hai mai voluto ascoltare e che sono sempre venuta per ultima? La soluzione te l'avrà prospettata Elizabeth! O sbaglio?". Gli si avvicinò, il suo volto era sconvolto e minaccioso, sembrava desiderosa solo di picchiarlo. "E' per questo che ti ha chiamato, giusto? Cosa voleva Elizabeth, stamattina?" - chiese sconvolta e sibillina, come percependo la natura di quanto si erano detti lui e il suo primo amore poche ore prima, a Trenwith.

Ross era annientato, non sapeva come dirle quanto gli aveva suggerito Elizabeth. Gli sembrava una mostruosità e lo era, in effetti, ma oggettivamente era l'unica soluzione possibile per ovviare, almeno in parte, al disastro che aveva combinato. Avrebbe fatto il bene di Elizabeth, della donna che aveva danneggiato, glielo doveva dopo averle precluso ogni altra possibilità... Ma il bene di Demelza? E dei bambini? Per loro, cosa poteva fare? "Credo che si sia rivolta a un avvocato che le ha suggerito una soluzione... Non riesco a trovare altre spiegazioni a ciò che mi ha detto".

Demelza lo guardò, sconvolta. "Quale soluzione?".

"Una soluzione che tutelerebbe lei e il bambino che aspetta".

Sua moglie sorrise, freddamente. "Ovviamente...".

Era sarcastica, disperatamente sarcastica. Possibile che Demelza avesse imparato a conoscere Elizabeth meglio di quanto la conoscesse lui? "Il nostro matrimonio, Demelza, potrebbe non essere valido. O meglio, potrebbe essere invalidato".

Demelza, a dispetto della rabbia, spalancò gli occhi sorpresa e si bloccò. "Cosa?".

"Abbiamo mentito sulla tua età, quando ci siamo sposati. Lo ricordi? E questo, se si facesse ricorso, renderebbe le nozze nulle".

Lei lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite, poi scoppiò a ridere. Sembrava isterica, fuori di se... Non l'aveva mai vista in quello stato e aveva paura. Non le faceva bene tutto quello stress, non ne faceva a lei e nemmeno al bimbo che aspettava. Sperava almeno che Jeremy, fuori con Prudie, non sentisse nulla... "Demelza, per favore, siediti. Sei fuori di te".

Come se non lo avesse nemmeno sentito, lei si appoggiò alla parete e poi, una volta smesso di ridere, lo guardò con freddezza. Non c'era traccia di lacrime in lei, era come se i suoi sentimenti fossero congelati. "Ross, io sono tua moglie! Siamo sposati da cinque anni, abbiamo avuto due figli e ce n'è un terzo in arrivo! E un cavillo non annullerà mai tutto questo".

"Per legge potrebbe" – ammise lui, sconfortato. Era orribile pensare che un semplice dettaglio potesse annullare un matrimonio, un amore e tutto quello che si era costruito insieme in giorni duri, di lacrime e sudore ma fatti anche di amore e risate, di gioia e di nuova vita venuta ad arricchire le loro.

Demelza parlò, con freddezza, la sua voce era metallica. "La legge potrebbe se tu lo vorrai! Elizabeth non può provare nulla e non può ottenere nulla, da sola. Potrebbe farlo solo se tu...". Si bloccò e per un attimo parve vacillare dalla sua freddezza. Abbassò il capo, si accarezzò il ventre dolcemente e in quel momento una smorfia di dolore le attraversò il viso. "Tu fai sempre quel che è meglio per lei... Tu lo farai..." - sussurrò, quasi stentando essa stessa di sentirsi dire quelle parole. Lo guardò, ora smarrita, vedendosi passare davanti ogni azione, ogni parola, ogni atto occorso fra loro dalla morte di Francis.

Si sentì morire, vedendola così. E si rese conto che conosceva a perfezione ogni sua debolezza, ogni suo tentennamento e tutto quello che, in quei mesi, lo aveva spinto da Elizabeth. "Demelza, io non so cosa fare! Non so cosa sia giusto o cosa sia sbagliato! Qualsiasi decisione prenderò, farò soffrire qualcuno".

Lei si toccò il ventre e finalmente una lacrima le rigò il viso. "Non sai cosa è giusto e cosa è sbagliato? Questo bambino è giusto! E quanto vuole Elizabeth e il bambino che aspetta è sbagliato! Ma ormai esistono, esiste tutto questo e tu lo hai creato! E ti conosco, Ross Poldark! Ti conosco bene e quando devi scegliere fra il mio bene e quello di Elizabeth, è lei che scegli! SEMPRE! Perché mi chiedi cosa fare? Perché vuoi ascoltare ME quando di certo, in cuor tuo, hai già deciso cosa vuoi?".

Lui balzò in piedi, come punto da uno spillo. "Io non ho deciso niente!".

Lei calpestò i vetri del vaso rotto, avvicinandosi a lui mentre questi le scricchiolavano sotto i piedi. "E invece sì! Perché se avessi ritenuto folle l'idea di Elizabeth, le avresti riso in faccia da subito e poi saresti tornato da me. E invece sei quì e me ne parli e forse ora ti sembra di non aver deciso niente ma in realtà la tua abnegazione, il tuo senso del dovere, i sensi di colpa per aver distrutto la vita di una donna per bene e i sentimenti che provi per lei ti spingeranno a scegliere lei. Lo so io, lo sai tu... Quando si tratta di Elizabeth, il bene della tua famiglia arriva dopo. Io, i tuoi figli, tutto quello che abbiamo costruito insieme, non contano niente se nei paraggi c'è lei".

Non era così! Non era dannatamente così e avrebbe voluto urlarglielo in faccia che forse sì, aveva ragione, che forse avrebbe dovuto fare quello che aveva chiesto Elizabeth perché se non lo avesse fatto sarebbe stato la causa della sua rovina, ma che non era quello che desiderava il suo cuore. Ora che aveva avuto Elizabeth, ora che aveva toccato con mano ciò che era e la freddezza del suo cuore, si rendeva conto del perché dopo quella notte il suo istinto lo aveva riportato a Nampara, dalla sua famiglia. Si rendeva conto che Elizabeth era un sogno infantile e che tutto quello che voleva era l'amore vero, adulto e sincero costruito con sua moglie. Come poteva dirglielo, come poteva fare in modo che Demelza gli credesse, dopo quello che aveva fatto? Come poteva quando nemmeno nemmeno lui era più capace di fidarsi di se stesso? Eppure c'era una certezza nella sua vita ed era sempre stata Demelza, lei e solo lei era l'unica presenza che aveva ritenuto da sempre incrollabile e insostituibile accanto a se. L'aveva messa da parte, aveva commesso tanti errori con lei ma MAI avrebbe potuto credere che un giorno le sarebbe sfuggita dalle mani. E invece ora aveva capito... La amava ma non era stato capace di prendersene cura.

Se avesse assecondato Elizabeth non ci sarebbe mai stata gioia in quella decisione, per lui, MAI. Ma solo dolore e rimpianto per quanto aveva distrutto da solo... "Demelza, aspetta, lasciami spiegare" – sussurrò, sfiorandole le braccia.

Ma lei si ritrasse con la foga di una bestiolina ferita che scappa dal suo assalitore. Indietreggiò e i suoi occhi si riempirono di una ferocia di cui non l'avrebbe mai creduta capace. "Non mi toccare!".

Non la ascoltò, le si riavvicinò e la prese per la vita. "Demelza".

"NON MI TOCCARE!!!". Lei urlò, si divincolò e lui non riuscì a dire nulla. Non riuscì a dirle né che l'amava, né che nessun cavillo legale o annullamento di matrimonio avrebbe cambiato ciò che lei e i suoi bambini rappresentavano per lui.

"Ti prego, calmati".

"Sta lontano da me" – disse lei, fra i singhiozzi. Poi si accasciò a terra, improvvisamente, come se di colpo le forze l'avessero abbandonata. Si prese il ventre con le mani, si rannicchiò ed emise un singhiozzo di dolore.

Ross fu preso dal panico e in un attimo le fu accanto, in ginocchio. "Demelza, cosa cè?".

"Sta lontano, ora possa" – sussurrò la donna, fra i singhiozzi.

Al diavolo, non si sarebbe allontanato e tutte le sue preoccupazioni in quel momento presero forma. Stava male ed ancora, era lui la causa di tutto ciò. Il dolore che le aveva inferto era troppo per una donna nel suo stato e anche se Demelza era forte, non sarebbe stata capace di sopportarlo. "Ti porto in camera".

"No" – rispose lei, col fiato corto. "Chiama Prudie, non voglio che tu mi tocchi".

Beh, Prudie poteva essere una buona soluzione al momento, l'avrebbe assecondata per non agitarla ulteriormente. "Va bene, corro a chiamarla! E poi andrò da Dwight e lo farò venire quì".

Demelza annuì, senza obiettare. Non ne aveva la forza e capiva anche lei che aveva bisogno di un medico.

Di corsa Ross uscì fuori e, urlando, disse a Prudie di andare dentro e di portare Demelza a letto perché non si sentiva bene. Poi prese Jeremy, lo mise sul cavallo, montò anch'esso in sella e, con la disperazione che aveva preso possesso di ogni sua fibra, andò al galoppo con suo figlio da Dwight.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Poldark / Vai alla pagina dell'autore: lady lina 77