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Autore: Sharon_SassyVampire    28/08/2018    2 recensioni
Priest!Gerard
UniversityStudent!Frank
«Teneva entrambe le mani del ragazzo nelle sue, accarezzandole delicatamente e con fare premuroso.
Frank guardò il dipinto sopra di loro, e credette di vedere una dolce compassione anche nello sguardo delle Vergine.
Una parte di lui sperava che Lei stesse cercando di dirgli, tramite quei Suoi misericordiosi occhi pennellati, che non c’era nulla di sbagliato nel suo amore.
Gerard, invece, ammirava ancora le sue mani e giocava con le dita intorno ad esse, e tutto quel doloroso peso, che si era trascinato fin lì, sembrava sciogliersi ad ogni carezza.
Frank aveva da sempre notato, talvolta con una certa punta di gelosia, quanto al sacerdote piacesse avere le mani altrui tra le sue, stringerle, punzecchiarle, torturarle.
Mikey non riusciva proprio a sopportarlo e si lamentava di quanto, sin da piccoli, sentisse questa necessità di prendergli le mani ogni volta che doveva dirgli qualcosa.
Quello che invece non sapeva, era quanto il sacerdote amasse custodire le sue, quanto ci indugiasse, quanto avesse il bisogno di insistere su ogni singolo solco e per ogni avvallamento delle dita, e non per semplice abitudine o fissazione.
Guardò ancora la Vergine dipinta.»
Genere: Fluff, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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I think the chain broke away
And I felt it the day that I had my own time
I took advantage of myself and I felt fine
But it was worth the night
I caught an early flight and I made it home
 

 
Inutile dire che quella notte Gerard non chiuse occhio. Era tornato a casa tremando, in fuga, la mente disturbata da severi rintocchi di campana e minacciose melodie musicali. La notte aveva cominciato ad allungare i suoi artigli lungo la strada e ad ogni nuova curva solitaria provava il terrore di essere accarezzato da innumerevoli nastri di velluto nero, la mano guantata del demonio.
Era rientrato parcheggiando in fretta, chiudendosi inutilmente la porta alle spalle, cercando così di isolarsi da qualunque forza oscura che lo bracconava nel buio.
Si tolse i vestiti, strappandosi rabbiosamente via il collarino, e si gettò sotto il gelido flusso della doccia, bisognoso di lavarsi, di sfregare via la sua impurità.
Fu una notte lunga e dolorosa, dove la disperazione fu per lui il frutto più dolce tra tutte le asprezze dello spirito, una disperazione assoluta, liquida, che impregnava ogni singolo meandro del suo essere e lo accompagnava verso un’agonizzante frustrazione fatta di paura e follia.
La morte, era la morte, che lo chiamava, che lo seduceva, e insieme lo rifuggiva, in un tormento senza fine che lo dissanguava spiritualmente, fino a ritrovarsi in un limbo senza nome in bilico tra l’umanamente comprensibile e un oblio estraneo a questo mondo.
Un luogo quello che sarebbe dovuto rimanere proibito alla mente dell’uomo.
Pregava, o credeva di pregare, ma la sua anima era muta, la sua ragione troppo vigile, e Dio era lontano, disperso, forse morto, o inesistente.

 
†‡†
 
 
Gerard era distrutto.
Sporco di vernice e impolverato, aveva iniziato a tratteggiare le linee delle figure sulla parete che aveva intenzione di disegnare.
Era esausto, provato da diverse notti insonni e con i nervi a fior di pelle. L’ultima cosa che avrebbe voluto in quel momento era quella di essere sorpreso in maglietta, jeans e scarpe da tennis, coi capelli più spettinati che mai e con una striscia di vernice nera sotto lo zigomo destro da una delle persone più irritanti e bigotte che Gerard avesse mai avuto il dispiacere di conoscere.
All’ennesimo, fastidioso trillo del campanello, rassegnato, riuscì a raggiungere la porta dell’oratorio e ad aprila più violentemente di quanto ne avesse avuto l’intenzione.
Arcigna e impettita come al solito, Maria Bordini se ne stava davanti all’entrata, con la sua tuta in ciniglia da perfetta casalinga indignata dalla moda di certe donne al giorno d’oggi e la bocca distorta da una smorfia indispettita.

-“Padre Giordano non c’è?”

Gerard non riuscì a trattenere un gran sospiro.

-“No, sarà impegnato per tutto il pomeriggio. Può dire a me, signora”

Maria Bordini storse il naso, insofferente, per poi entrare e dirigersi in una delle stanze adibite ad ufficio.
Gerard la seguì, maledicendosi e preparandosi ad una lunga sessione di noiosi ed inutili monologhi da parte della donna.
Sicura e del tutto indifferente nei riguardi della figura di Gerard si sedette davanti la scrivania, guardando la disordinata superficie con evidente apprensione.
Che non avesse alcun rispetto per il giovane sacerdote non lo aveva mai nascosto, dopotutto.
Gerard cercò di darsi un tono, scivolando sulla poltroncina della sua scrivania con quanta più grazia e disinvoltura riuscisse a fingere.

-“Passerò un altro giorno per parlarne più accuratamente con Padre Giordano, ma dal momento che sei tu ad occuparti dei ragazzi…” un’evidente espressione di disprezzo le sfigurò il volto “sarà bene che ne parli anche con te dal momento che ormai sono qui.”

-“Certamente, mi dica.”

-“Sai come siamo messi di questi tempi, Satana regna sul mondo e la dottrina cattolica viene messa alla gogna ogni giorno sempre di più. I nostri ragazzi non sono mai al sicuro ed entrano a contatto con il peccato ogni volta che mettono piede fuori casa, in primis nelle scuole! Dove vengono addirittura insegnate certe assurdità che, oh, lasciamo stare. Ho pregato tanto, Dio lo sa, tutti i giorni Lo prego, perché possa mandarmi un aiuto in tutta questa perdizione! E proprio ieri pomeriggio ho avuto l’illuminazione che cercavo. Ti chiedo ora di ascoltare queste parole con la massima discrezione, come se fossimo in confessionale.”

-“Non si preoccupi, stia tranquilla.”

-“Mio figlio Matteo, il minore, si è rifiutato di andare dal parrucchiere.”

A queste parole la signora Bordini si interruppe, come se stesse soffrendo profondamente.

-“Oh, uhm, i ragazzini a volte fanno di questi capricci. Quanti anni ha Matteo? Se non sbaglio ne dovrebbe avere nove.”

-“No, no, non si trattava di un comune capriccio. Sai cosa mi ha detto? Cosa ha avuto il coraggio di dire?”


-“Non riesco ad immaginarlo, signora.”

Maria Bordini tirò un gran sospiro, come a raccogliere le sue ultime forze, e con fatica parlò.

-“Mi ha detto che voleva avere i capelli lunghi. I capelli lunghi. Come una femmina!”

Di fronte all’espressione tragica dipinta sul volto della donna, Gerard rimase altrettanto sbalordito. Tentò la carta dell’accondiscendenza.

-“Sa, in molti cartoni i protagonisti hanno i capelli lunghi, sicuramente avrà-“

-“Assolutamente no! Non esiste, non in casa mia. Ovviamente l’ho portato dal parrucchiere e l’ho fatto rasare. A zero. Così ricorderà meglio cosa un maschio deve e cosa non deve fare.”

Gerard aveva sonno. Ed era stanco. Era nervoso e al limite del proprio livello di tolleranza. La sua gamba si muoveva irrequieta sotto la scrivania e prima che potesse raccogliere quel poco di pazienza rimastagli, si ritrovò faccia a faccia con un foglio scritto a mano che in poche righe mostrava e sintetizzava le sofferenze di una vita.

-“Ho pensato che sarebbe stata una buona iniziativa quella di organizzare degli incontri per i più giovani dove venisse adeguatamente trattato l’argomento. In molte parrocchie in Italia lo hanno già fatto e a questo punto ritengo opportuno prendere delle precauzioni anche qui. Una specie di catechismo speciale in cui i ragazzi possano comprendere il male che si cela dietro certe tendenze abominevoli. Ho scritto qualche riga giusto per mettere nero su bianco alcuni punti che reputo essenziali.”

In una brutta e aspra calligrafia, erano inflitte tutte le parole che inchiodavano Gerard alla propria croce personale.
 
Posizione generale attuale della Chiesa Cattolica in merito all’’omosessualità, espressa nella Dichiarazione circa alcune questioni di etica sessuale emanata dalla Congregazione per la dottrina della fede, nel 1976:
“Secondo l’ordine morale oggettivo, le relazioni omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile.”
E nella De pastorali personarum homosexualium cura, nel 1986
“Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l'inclinazione stessa dev'essere considerata come oggettivamente disordinata.”
Dio ci creò maschio e femmina per procreare
Satana conduce al dubbio per sfruttare il tuo corpo usandolo come mezzo per fare il male
L’atto omosessuale è contro natura
Il nostro corpo è Tempio di Dio, perciò bisogna renderne conto a Lui
 
Maria Bordini sembrava soddisfatta e orgogliosa di sé nell’osservare lo sguardo finto interessato di Gerard.
Il giovane sacerdote finse di prendere seriamente la questione e lesse tre volte le stesse poche frasi, leggendole con la leggerezza di chi ha sottoposto la propria mente ad un’anestesia preventiva contro l’imminente arrivo del bruciore da quella ferita aperta.
Righe scopiazzate da Wikipedia e portate con superbia al cospetto di un sacerdote che aveva da poco più di un anno conseguito Il baccellierato canonico in teologia ed era prossimo al conseguimento della licenza in teologia con specializzazione in teologia morale.

-“Guardi, ne riparlerò con Padre Giordano. Abbiamo già organizzato diverse attività per i ragazzi, non so se troveremo il tempo neces-”

-“Ah certo. Anche io ne riparlerò con Don Giordano, e sono sicura che troverà il modo di trattare una cosa di tale importanza.”

La donna si alzò, sicura e strafottente in tutta la sua spavalda sciatteria.

-“Permettimi di dire, tra le altre cose, che non reputo molto appropriato per un prete andare in giro conciato in questo modo. Forse con Padre Giordano dovrò anche parlare del fatto che delle persone come te e i tuoi pupilli non sono adatte alla gestione dei più giovani.”

Gerard restò talmente di stucco da non riuscire a proferire parola. Rimase a bocca aperta e con gli occhi stralunati, mentre lottava tra lo stupore immobilizzante e il desiderio di rispondere per le rime a quella bigotta troppo impegnata a guardare il mondo dall’alto del suo piedistallo fatto di mezze verità cristiane e cieche credenze.
Poco prima di uscire, si voltò un’ultima volta verso il sacerdote, piena di velato disprezzo.

-“Una tagliata a quei capelli sarebbe opportuna anche per te, Padre.”

Solo nell’ufficio, Gerard si riprese dallo sconcerto iniziale, portandosi una mano tra le folte ciocche che dominavano la sua testa. Si voltò verso l’anta di vetro della libreria, e osservò con rammarico la sua figura riflettersi sulla superficie vitrea.
Trovò un grottesco ritratto di se stesso, con la striscia di vernice ancora sullo zigomo e lo sguardo profondamente segnato dal deperimento tanto fisico quanto spirituale.
Un sentimento irrequieto e subdolo oscurò la sua vista, e ciò che vide nel riflesso gli apparve raccapricciante e malvagio.
La sua stessa immagine gli apparve ora autentica, ora distorta in una blasfema e diabolica trinità rovesciata, nella quale la sua anima, da una, si lacerava affinché ne fuoriuscissero altre due perfide e sconosciute presenze. Una di esse non era altro che il frutto malformato di anni e anni trascorsi a sopprimere ogni esternazione umana di rabbia e frustrazione, un mostro silenziosamente sopravvissuto all’aborto volontario dettato dal sacerdozio. L’altra, illuminata dal vermiglio bagliore del desiderio negato, risuonava già nel suo corpo. Invocata dalle dolci preghiere della carne.
Tentò di pettinarsi la chioma arruffata, cercando salvezza nell’aranciata luce del tardo pomeriggio. Quella luce che tanto evocava, e che ora pioveva sui contorni dei palazzi e delle colline all’orizzonte, emanando una debole ma terrificante luminescenza infernale, ammiccando perfida alla cruda promessa dell’imminente notte.
Qualunque cosa fosse ciò che comunemente gli uomini di fede - di ogni fede - chiamano spirito vitale, in quel momento fu certo di esserne stato irrimediabilmente privato. E un pensiero angoscioso lo perseguitava, stagnante nei recessi paludosi della sua mente: l’orrore disumano di perdere la propria anima.

-“Gerard?”

Si riscosse udendo il proprio nome, e volse lo sguardo verso l’inaspettata apparizione di Frank sull’arco della porta.

-“Ehi!”

-“Che è successo? Ti vedo sconvolto.”

-“Non ne voglio parlare, è passata Bordini poco fa. Ti lascio immaginare.”

-“E che voleva? Un incontro settimanale in più per la catechesi o più ore di catechismo per i bambini?”

-“Voleva essere mandata a fanculo.”

Frank rise, e per un momento il suono di quella leggera e familiare risata riportò Gerard al calore della realtà.

-“Senti, domani ho un esame e vorrei passare la serata rilassandomi un po’. Ti va di fare qualcosa insieme?”

Aspettando la risposta, Frank si avvicinò alla scrivania dietro la quale era seduto il sacerdote e allungò una mano verso il viso di Gerard, cercando di strofinare via la striscia di vernice che ancora ingombrava il suo zigomo.
Crogiolandosi nel tepore di quelle dita, Gerard sospirò profondamente, chiudendo gli occhi e rispondendo con voce flebile.

-“Sono troppo stanco per uscire, Frankie. Ma a casa ho della pizza congelata e delle patatine fritte da preparare al forno.”

-“Non potevo chiedere di meglio. Ohw, comunque non riesco a mandare via questo segno nero.”

Tanto la mano di Frank indugiava sul volto di Gerard, tanto quest’ultimo rimpiangeva già il momento del distacco.
La solita espressione vispa e un po’ fanciullesca del più giovane guizzò di curiosità nel notare il foglio di quaderno scritto a mano che giaceva sulla scrivania.
Lo prese prima che Gerard potesse fare altro.
Il giovane prete si portò entrambe le mani tra i capelli, appoggiando i gomiti al tavolo e osservando Frank con occhi spenti e opachi.

-“Gerard. Ma…”

-“Lascia stare…”

Gerard gli tolse il foglio dalle mani e in un impeto di irritazione lo accartocciò, lanciandolo nel cestino accanto alla scrivania.
Se ne sarebbe pentito nel momento in cui Padre Giordano fosse venuto da lui per riparlargliene, ma al momento la questione non era di suo interesse.

-“Era per parlare di questo che è venuta la Bordini?”

-“Già… Ma non pensiamoci ora.”

 
‡†‡
 
 
Raggomitolato sul vecchio divano, Frank si era appisolato da qualche minuto. Le braccia intrecciate sul petto, il collo scoperto, l’addome che si muoveva a ritmo del respiro. Un corpo vulnerabile e indifeso, catturato dalla prigionia del sonno ed esposto allo sguardo famelico e predatorio di Gerard.
Gerard che seduto sulla sua poltrona seguiva con vana frenesia ogni linea e ogni contorno del ragazzo, nella tensione tra il sentimento di un’irrimediabile fato e al tempo stesso di un’atroce speranza.
Ogni attesa, ogni silenzio, ogni timore, ogni scintilla di desiderio scaturita dallo sfregare continuo di pulsioni celate e bisogni inappagati.
Era debole, nel corpo tanto quanto nello spirito, e quell’amore misericordioso che custodiva come una reliquia negli altarini blasfemi del suo cuore, ora era offuscato da un ebbro furore squisitamente carnale.
Quella notte riuscì a dormire dopo tanto.
Una volta rimasto solo, con Frank che se ne era voluto tornare a casa propria e le stanze di nuovo freddamente vuote, Gerard iniziò una lunga e sfiancante lotta, che gli permise però di godere dell’infame riposo dei vinti.
Non appena Frank se ne fu andato, si sedette laddove il ragazzo si era addormentato, e il dolciastro odore dell’altro prese sin da subito d’assalto i suoi sensi.
L’esasperazione della mancanza di sonno e l’insoddisfazione lo condussero ad una dolorosa e acuta disperazione silenziosa. Si mise a letto, cercando di trovare un po’ di quiete, e intrecciò il rosario tra le dita, balbettando versi dell’Ave Maria come se delirasse.
L’aria era calda e opprimente, il traffico lontano, nessuno che poteva portarlo in salvo.
I terrori della notte tardavano a raggiungerlo quella sera, in agguato dietro le tende, dietro le ante dell’armadio, oltre il bordo del letto, creature invisibili che lo spiavano con occhi di rubino, in attesa.
E attendevano, minuto dopo minuto, secondo dopo secondo, sospiro dopo sospiro, che Gerard crollasse, che si arrendesse.
Ma questa volta non per torturare la sua psiche con orrori infernali.
Volevano una sua dolce, spontanea, colpevole resa.
Mentre annaspava tentando di pregare, con i grani del rosario che sembravano così estranei nei palmi sudati delle sue mani, in balia della sua stessa inquietudine, strinse forte gli occhi, e il buio dietro le palpebre lo costrinse a guadare in se stesso
Ad ascoltare se stesso.
Il sangue che affluiva nelle sue vene lo rendeva consapevole di ciò che la sua coscienza non avrebbe mai osato ammettere.
La sua mente era ingombra di strani ritagli di immagini, di frasi casuali lasciate in sospeso, di situazioni irrealizzate. I suoi pensieri oscillavano tra vaghi tentativi di distrazione e indicibili sussurri peccaminosi.
Le preghiere si disperdevano vuote verso il soffitto, sospirate appena.
Il movimento delle labbra, abbandonata la casta purezza della fede, assunse sfumature impalpabili, lascive.
Con l’innocenza della naturalità, una mano, dimenticando il rosario, sfiorò il cavallo dei pantaloni. Meravigliato del proprio gesto e insieme più lucido di quanto non fosse mai stato nell’ultimo periodo, contrasse i muscoli dell’addome, incerto se per trattenersi o per altro. Il bacino si mosse impercettibilmente in avanti, la pressione sanguigna si alzò, concentrandosi laddove ora si infrangevano calde onde di lussuria. Riaprì gli occhi in cerca di un aiuto, di un qualsiasi appiglio salvifico che lo potesse ricondurre alla rettitudine, con la vana speranza di ritrovare il controllo di sé. 
Guardò le dita della mano attorno la quale era ancora aggrovigliato il rosario e in quel momento, quel serpeggiare vermiglio sulla propria pelle, gli parve una ferita aperta.
Il punto di non ritorno che condusse alla fatale conclusione, fu l’inevitabile conseguenza di ciò che Gerard fece poco dopo.
Facendo forza sui gomiti alzò lo sguardo, portandolo sulla parte di sé che si era ostinato a fingere di ignorare.
Si guardò.
Gerard si guardò.
Si vide grosso, duro, virile. Si vide uomo, in tutta la sua gloriosa mascolinità, e se ne compiacque. Sgusciato fuori dai candidi piumaggi della santità, si ritrovò finalmente ad essere animale, predatore, costituito da pelle, sangue, ossa e viscere.
In coda al seguito del Trionfo della Natura, percepì all’improvviso, come se fosse la prima volta, tutte le vitali pulsazioni che riflettevano il picchiare rumoroso del cuore. Alla tempia, sul collo, sui polsi, sul proprio membro in erezione.
Gerard dimenticò Frank in quell’oblio, o perlomeno il Frank che amava.
C’erano solamente lui e il suo essere maschio, forte e massiccio. Ricordò con orgoglio cosa voleva dire essere un uomo.
Gettò la testa all’indietro, invaso da quel grezzo istinto mascolino.
Lasciò andare del tutto il rosario, si distese di nuovo e allargò le cosce.
Si avvicinò all’inguine con una mano, ora più consapevole delle sue azioni, e iniziò ad accarezzarsi timidamente, come se provasse un certo pudore.
Si muoveva incerto, con tocchi lenti e irrazionali, guidati da un piacere inesperto che ancora persisteva nella negazione.
Non ci volle molto perché giungesse alla necessità di esigere di più.
Preso da una frenesia che non credeva di possedere si sbottonò i pantaloni, iniziando a toccarsi con maggior insistenza e maggior bisogno.
Contorceva i fianchi contro il palmo nell’impossibile tentativo di trattenersi, di aspettare, di fermarsi e cambiare idea.
Si sfiorava, si accarezzava, si palpava, muoveva le dita con esitazione, sussultando al suo stesso tocco come terrorizzato da se stesso.
La resa fu penosa, il piacere pungente.
Rassegnato e oramai indifferente di fronte alla propria debolezza Gerard si lasciò andare al lusso della masturbazione.
Nella tensione inconsapevole del peccato e della trasgressione, nell’ostile proponimento che questa sarebbe stata l’ultima volta, si agitava sopra le lenzuola, sospirando e stringendo i denti silenziosamente.
Era doloroso ed umiliante.
Timore e inquietudine intralciavano il flusso del piacere, rendendo tragico l’atto.
I muscoli delle cosce spalancate, del fondoschiena e dell’addome si contraevano tra sofferenza e istinto. Giunse ad un punto in cui Gerard perse il controllo dei fianchi, convulsi e disperati contro il proprio pugno.
Dopo non molto fu così vicino al culmine da sentirsi grato per essere finalmente giunto quasi alla fine di quello strazio. La primordiale sensazione dell’arrivo dell’orgasmo lo colse impreparato e colmo d’orrore.
Lo schiocco di adrenalina lo scosse talmente tanto violentemente da riportargli lucidità e controllo.
Lasciò la presa e interruppe bruscamente l’afflusso dell’imminente gioia.
Si alzò dal letto, sconvolto, con l’erezione che premeva esigente contro il suo basso ventre.
La punitiva presa di coscienza che ne seguì lo condusse ad un improvviso stato di allarme e agitazione. Corse in bagno, si tolse i vestiti con frenesia e si condannò al gelido flusso dell’acqua.
Cominciò a tremare e a stringere i denti, le mani appoggiate sulle piastrelle del muro e i capelli che si bagnavano gocciolando lungo il collo.
Orrore e sgomento furono gli ultimi resti di ciò che l’acqua aveva già sciacquato via. Il senso di colpa si era indebolito al punto da essere totalmente dimenticato.
L’adrenalina e il testosterone che si agitavano nel suo corpo si acuirono in quel glaciale contrasto, e l’erezione arrivò ad un livello di eccitazione e dolore al limite del sopportabile.
La sua stessa virilità lo richiamava a sé con l’insistenza di chi è stato trascurato troppo a lungo, vivida ed opprimente.
La voce grezza e penetrante del piacere egoistico della masturbazione gli indicava a ritmo di pulsazioni cardiache la mela e insieme ad essa il peccato originale al quale lo avrebbe condotto, in un Eden di lussuria e disobbedienza fini a loro stesse. 
Sospirò, ancora tremando leggermente sotto al freddo getto della doccia, e si tirò indietro le ciocche di capelli fradice che gli imperlavano la fronte e le palpebre.
Una volta soltanto. Una.
Doveva solo cedere. Se avesse ceduto, questa volta soltanto, lo avrebbe dimenticato in poco tempo, senza logorarsi ulteriormente con imperdonabili voglie.
Doveva solo ignorare, per una volta, i suoi voti e la sua dottrina cattolica.
Ma io non ci credo nemmeno più.
Queste parole echeggiavano fastidiose nella sua mente, alimentando la sensazione angosciosa che lo attanagliava.
Ma io non ci credo nemmeno più. Ma io non ci credo nemmeno più. Ma io non ci credo nemmeno più.
La momentanea riconquista della sua mascolinità non fu né gloriosa, né liberatoria.
Riprese a toccarsi, mortificato e patetico, ansimando con sospiri strozzati, in fretta, privato del vero piacere e pregustando l’orrido sapore del pentimento.
Le sue gambe non ressero molto, sopraffatte dalla gravità di quegli stati d’animo turbolenti piuttosto che dall’estasi, così si inginocchiò sulle mattonelle umide della doccia, come un penitente.
Non perse mai il controllo questa volta, cercò solo di concludere in fretta quella prostituzione del suo stesso corpo con la sua stessa anima, e senza rendersene realmente conto si mise a piangere. Non ebbe né il coraggio di singhiozzare, né di gemere, pianse in silenzio e con rassegnazione, lasciando che le lacrime e l’acqua gli offuscassero la vista.
Quando finalmente concluse, provò la più grande insoddisfazione e il più grande disprezzo della sua vita. Si tirò su un po’ traballante, chiuse l’acqua, si asciugò il viso e uscì dalla doccia.
Erano quasi le due di notte e lui era in bagno, grondante e intento a frizionarsi i capelli con la calma di chi non ha più nulla da perdere.
L’ultima lacrima gli scivolò via mentre ripuliva il marchio simbolico della sua disfatta dall’addome.
Eppure, una volta tornato a letto, nel cuore delle tenebre e nell’ora delle bestie infernali, quella notte Gerard riuscì a dormire.
Quella notte creature silenziose e inconoscibili cullarono il suo animo tra dolci sogni in putrefazione.
Gerard aveva ceduto, le mura esterne della sua fortezza avevano cominciato ad essere abbattute, non c’era più nessuno da vincere quella notte per loro.

 
†‡†
 
 
-“Ieri notte, quindi?”

-“Sì.”

-“Quante volte è accaduto?”

-“Una sola.”

-“Soltanto ieri dall’ultima volta che hai confessato lo stesso peccato?”

-“Sì, padre.”

-“Figliolo, c’è altro di cui vorresti parlarmi?”

-“Non saprei, non è cambiato molto da ieri. Temo di essere stato sopraffatto dall’enormità dei miei doveri ultimamente. Ma supererò questa prova.”

-“Gerard, l’altra volta forse sono stato un poco troppo duro con te, ma ho dovuto farlo per il tuo bene, per poter comprendere poi la tua conseguente reazione. Se da un lato noto una sempre maggiore debolezza d’animo, dall’altro vedo umiltà e determinazione. Ne ho conosciuti pochi di sacerdoti che hanno preso i voti alla tua età… eri poco più che un ragazzino, e la vostra strada è faticosa e in salita, più che per altri più maturi. Le tentazioni della gioventù, l’incontenibile gioia di vivere che a volte conduce all’incoscienza tipica dei ragazzi. Mi chiedo se tu sia mai stato davvero adatto a tutto questo, o perlomeno se all’epoca fu quello il momento giusto. Rifletti bene figliolo caro, il sacerdozio è una scelta che porta gioia e serenità, ma solo se il cuore è davvero pronto alla chiamata di Dio.”

-“Mi ferisce molto sapere che pensi questo di me… Io voglio questa vita, voglio contrastare le azioni di Satana e diventare esorcista.”

-“Non avevo intenzione di mettere in dubbio la tua Fede, né il tuo operato. Nonostante le tue idee, come dire, progressiste, hai sempre svolto il tuo dovere in modo eccellente, e i giovani nutrono grande stima verso di te e gli altri ragazzi. Quello che dico, lo dico pensando solo al tuo benessere, con l’egoismo proprio di un padre, più che con l’occhio giudizioso del prete. Ed egoisticamente parlando preferirei vederti felice, piuttosto che proseguire per un cammino che ti renda insoddisfatto.”

-“Padre Giordano, ti sbagli, io non sono affatto insoddisfatto, né ho mai pensato di abbandonare il mio percorso. Apprezzo molto il tuo affetto nei miei confronti, ed è totalmente ricambiato, ma non credo sia quello il mio reale problema… ho solamente… Paura. Ma sono consapevole del fatto che sia un ostacolo del tutto naturale per chiunque fosse intenzionato a praticare esorcismi. Quello di ieri è stato solo un momento di debolezza, una semplice pulsione naturale che purtroppo ho finito con l’assecondare.”

La grata del confessionale era aperta e attraverso di essa Gerard colse un guizzo nello sguardo ceruleo di Padre Giordano, un barlume di intuito appiccato dalla debole luce proveniente dai candelabri appesi al soffitto della Chiesa.

-“Era esattamente questo ciò a cui mi riferivo. Ho provato a darti la possibilità di entrare in argomento di tua spontanea volontà, ma ho sempre avuto come l’impressione che invece tu lo evitassi appositamente, confermando sempre di più i miei dubbi. Te lo chiederò ora, e dovrai essere sincero Gerard.”

Gerard annuì, sudando freddo e iniziando a percepire i segni della nausea. Gli occhi del sacerdote più anziano lo scrutarono con fermezza, mentre gli chiese:

“Gerard, tutto ciò ha a che fare con una donna?”


 


 
Il 24 luglio è stato un anno dall'ultimo aggiornamento di questa storia e niente, la cosa si commenta già di per sé. Siate clementi con me, sono solo una povera vampira matricola, e siate clementi anche con la mia prima scena pseudo smut.
Chiunque abbia letto Unholyverse troverà molti riferimenti a quella fanfiction, e volevo rendere noto che sono voluti e pienamente consapevoli.
Ho deciso di accostare questo capitolo a Buried myself alive dei The Used, non so nemmeno perché ho scelto questa canzone ma mi è venuto spontaneo collegarla allo stato d’animo di Gerard.
   
 
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