Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Myrddin Emrys    30/08/2018    0 recensioni
Los Angeles è una città magica, dove tutto può accadere e dove niente è come appare.
Lo sa bene Daisuke, che un giorno il destino pone davanti a Tiziano, un italo americano che non nasconde un certo interesse nei suoi confronti. Quando Daisuke scopre con orrore di essere attratto da lui, fugge e inizia a cambiare ragazza ogni settimana, fino al momento in cui il maledetto destino li fa incontrare di nuovo. E da quel momento Tiziano non se lo lascerà scappare una seconda volta, bensì gli farà una corte spietata, recitandogli la stessa dichiarazione d’amore che si erano scambiati Corrado e Hideyori un secolo prima.
Ma cosa hanno in comune Tiziano e Daisuke con Corrado e Hideyori, vissuti a Londra in un periodo in cui amare una persona dello stesso sesso era un reato?
Los Angeles è una città magica, dove tutto può accadere e dove niente è come appare.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Era sconvolto e imbarazzato da quanto accaduto nella carrozza e temeva che la gente intervenuta al ballo potesse leggerglielo in faccia.
Aveva guardato a testa bassa Morikawa quando questi aveva aperto lo sportello per farli scendere, arrossendo appena. Il samurai non aveva battuto ciglio.
«Ora potrò rendermi conto se le lezioni sono andate a buon fine.» disse Hideyori entrando nel salone illuminato a giorno.
            Corrado lo seguì in silenzio, accorgendosi di quante persone si avvicinassero a Hideyori per salutarlo o per presentargli amici e parenti. Era ricercato da tutti, poiché curiosi nei confronti di un essere diverso da loro.
A sua volta Corrado salutò gli ospiti che conosceva e alcuni si informarono sulla salute di Lady Cecil e Lady Rosemary. Risucchiato nel vortice, Corrado si manteneva accanto a Hideyori e Morikawa e tra un incontro e l’altro riconobbe il giovane che si era fatto avanti con Rosemary. Questi lo vide e gli rivolse un tenue sorriso, girandosi poi a conversare con la ragazza che gli stava al fianco.
Corrado lo guardò, accorgendosi della familiarità con la quale si rivolgeva alla giovane. Preferì evitare di porsi domande, anche perché non erano affari suoi.
            Prese un calice da un vassoio portato da un cameriere e Hideyori lo imitò. L’orchestra aveva già iniziato a suonare una polka e i padroni di casa aprirono le danze, vorticando in mezzo al salone.
Corrado si avvicinò all’orecchio dell’amico e suggerì:
«Dovreste invitare qualche dama. Solo così capirete se le lezioni sono servite.»
            Hideyori annuì e gli sorrise.
«Consigliatemene qualcuna.»
            Corrado si guardò intorno, cercando tra la baraonda di gente stipata nel salone e alla fine individuò un paio di ragazze. Le indicò all’amico e questi si rivolse a Morikawa.
Il samurai accennò un inchino e si diresse verso le ragazze per palesare le intenzioni del suo signore.
«Ancora non riesco a credere che abbiate potuto pensare che io e Hiro-san...»
«Hideyori-sama!» esclamò Corrado imbarazzato, osservandosi intorno, temendo orecchie indiscrete.
«Yuki.» lo corresse con insinuante dolcezza, nello sguardo un barlume di desiderio.
            L’italiano lo guardò negli occhi e strinse i pugni per non saltargli addosso. Era oltremodo pericoloso stargli vicino e accorgersi che tubava con lui senza pudori.
L’altro sorrise e si girò verso Morikawa. Le due ragazze sembravano raggianti dell’invito a danzare e annuivano alle parole del samurai, mentre tenevano lo sguardo fisso su Hideyori.
«Signor Bardi, che sorpresa vederla qui.»
            Corrado si girò e vide un amico di Lady Cecil che scortava orgoglioso la figlia.
«Mister Hugo.» salutò inchinandosi. «Miss Hugo.»
            La ragazza si genuflesse e piegò con grazia la testa in risposta.
«Allora c’è anche Lady Cecil con voi?» s’informò l’uomo.
«Temo di no. A dire il vero sono qui in veste di insegnante di ballo di Hideyori-sama.» e fece un gesto con la mano per presentare l’amico.
            Mister Hugo sfoggiò un sorriso a cinquanta denti e osservò il giapponese mentre parlava con Morikawa.
Corrado si rese conto che l’uomo gli si era avvicinato con l’intenzione di poter fare la conoscenza del ragazzo e dentro di sé si domandò quanti, nel salone, commentassero quella sua apparizione al fianco del rampollo.
All’improvviso si accorse di trovarsi suo malgrado al centro dell’attenzione e l’agitazione lo lasciò per un attimo interdetto. Non si era aspettato di dover fare i conti con la curiosità che suscitava Hideyori. Di certo il prestigio che quei nobili ne ricevevano conoscendolo, avrebbe fatto sì che parlassero a lungo di tale evento nelle noiose serate invernali.
            Tornò a concentrarsi su mister Hugo e schiarendosi la gola lo presentò all’amico. Questi s’inchinò appena e in quel momento la musica finì.
«Perdonate, ma ho un ballo che mi attende.» si accomiatò Hideyori posando il calice e andando verso le due ragazze.
«Il vostro allievo è una persona interessante.» commentò l’uomo. «Ritenete possibile che possa far danzare anche mia figlia? Ne sarei onorato.»
            Corrado trattenne una smorfia e sospirò.
«Chiedetelo a lui. Ora perdonatemi: devo controllare i progressi del mio allievo.»
            Si concentrò sulla musica e individuò Hideyori mentre danzava con una delle ragazze in mezzo ad altre coppie. Sembrava cavarsela abbastanza bene e, al momento, pareva non le avesse ancora pestato i piedi. Lei sorrideva e si accorse che parlavano tra un volteggio e l’altro. E quando Hideyori sorrise, Corrado avvertì una fitta allo stomaco. O era il cuore?
Che diamine, un futuro medico che non riconosceva i malesseri? Possibile che quando si trattava di lui perdesse la lucidità? Distolse lo sguardo e si accorse dell’occhiata di Morikawa. Provò ad abbozzare un sorriso, ma il samurai rimase imperturbabile. Allora bevve l’ultimo sorso di vino e posò il calice.
            Quando si rigirò verso la pista da ballo, quello che mise a fuoco fu il volto di Michael. Sussultò e in un secondo iniziò a sudare freddo. Cosa ci faceva lì?
«Corrado, tutto mi sarei aspettato, tranne che incontrarvi qui.» esordì.
            L’italiano sbatté le palpebre e d’istinto allentò il nodo alla cravatta. Avrebbe volentieri tolto la giacca, ma non era dignitoso rimanere in camicia e gilet.
«Che sorpresa, Michael.» mormorò con tono piatto.
            Si accorse che l’altro lanciava occhiate a Morikawa, immobile nel punto esatto dove Hideyori lo aveva lasciato e senza pensarci due volte Corrado si allontanò il più possibile, per evitare che si incontrasse con il giapponese.
            Michael gli andò dietro e lo raggiunse in una sala dove gli uomini si erano riuniti per fumare i sigari. L’italiano prese un calice da un tavolo e bevve, cercando di calmarsi.
«E così,» iniziò Michael, «siete venuto in compagnia dello Shōgun
            Il tono beffardo lo irritò, tuttavia preferì non raccogliere la sfida e trangugiò il vino.
«In veste di insegnante di ballo, sì.» confermò.
«Insegnante di ballo.» ripeté Michael con aria assorta. «E l’allievo è diligente?»
«Che ci crediate o meno, sono il suo insegnante.»
«Non mi dite.» lo dileggiò. «Un bel salto di qualità dallo scontro per strada.»
            Corrado si incupì e si guardò intorno: seduti sui salotti o in piedi, gli uomini presenti discutevano tra loro di politica, di guerre, affumicando la stanza con i loro sigari puzzolenti. Lui odiava il tabacco.
E odiava quel tono irriverente di Michael.
Fece una smorfia e si allontanò, tallonato dall’altro.
«Aspettate!» esclamò l’inglese afferrandolo per un braccio.
            Corrado si girò di scatto per affrontarlo e stava per rispondergli, quando i suoi occhi incrociarono quelli di Morikawa al di là della spalla di Michael. Il nipponico si avvicinò con aria minacciosa e Corrado trattenne il fiato.
«Problema, Corrado-san?» domandò osservando il braccio del ragazzo trattenuto da Michael.
«Ah.... No, grazie, Morikawa-san
            Michael lasciò la presa e rimase perplesso all’espressione seria del giapponese.
«Bene. Allora prego, Corrado-san.» invitò indicando il salone. «Hideyori-sama aspetta.»
            Corrado si accorse che la musica era terminata e dopo aver lanciato un’occhiata a un confuso Michael, seguì il samurai con sollievo.
«Grazie, Morikawa-san.» gli disse. «Il mio compagno di studi alle volte è piuttosto esuberante.»
«Voi parla troppo.» tagliò corto.
            L’italiano si zittì, azzardò un’occhiata alle proprie spalle per accertarsi che Michael non gli andasse dietro e quando non lo vide si sentì rincuorato.
«A quanto pare, il mio primo ballo è andato a buon fine.» commentò Hideyori. «Ho commesso errori evidenti?»
            Corrado scosse la testa e stava per rispondergli che non doveva stringere troppo la donna, quando si rese conto che era solo una scusa per placare la gelosia.
«No, Yuki-sama. Siete stato molto bravo.» ammise. «Forse dovreste essere meno rigido, se proprio vogliamo trovare una pecca.»
«Aa...»
            Hideyori si morse la lingua per non rispondere e si limitò a sorridergli malizioso. Corrado temporeggiò, accorgendosi del doppio senso, quindi portò la mano davanti alla bocca e trattenne il riso.
 
***
 
            Per il resto della serata Hideyori fu catturato dagli uomini che volevano conoscere lui e il Giappone e, a dispetto dell’odio per il tabacco, si vide costretto a rimanere nel salone e a rispondere alle domande.
            Tra i presenti c’era anche Michael, che guardava in silenzio e ascoltava, il volto cupo che non prometteva nulla di buono.
            In quella occasione, Corrado prese coscienza dell’infinita pazienza mostrata da Hideyori, che sopportava stoicamente ogni conversazione. Così come era paziente Morikawa. Lui sarebbe fuggito via dopo pochi minuti, cercando una scusa; invece loro apparivano sereni, quando sapeva benissimo che odiavano simili circostanze.
Come ci riescono? si domandò sorpreso. Aveva sì visto persone palesare diplomazia in alcune occasioni, ma i due giapponesi erano una maschera impenetrabile di emozioni.
            All’improvviso una domanda gli attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno: cosa pensava realmente Morikawa di lui? E, ancor più terrificante, cosa pensava in realtà Hideyori?
In quel preciso istante, mentre li osservava mostrare un volto che era certo fosse l’opposto di quello che sentivano, le sue certezze iniziarono a vacillare.
            Le mie certezze? si ripeté sconcertato. Non ho certezze: ho solo le mie speranze, i miei sogni e non so se rientro negli stessi sogni di Yukihito. Oddio, cosa diavolo sto farneticando? Cosa mi sto aspettando?
            Portò una mano alla fronte e chiuse gli occhi.
 
***
 
            Solo a notte inoltrata, quando gli ospiti iniziarono a lasciare la casa, Corrado e Hideyori colsero la palla al balzo per andarsene. Erano stanchi e puzzavano di tabacco in maniera vergognosa.
«Mi dispiace che abbiate dovuto ascoltare le chiacchiere nel salotto.» mormorò Hideyori mentre la carrozza partiva.
            Corrado si accorse che l’altro era imbarazzato e non ne comprese il motivo.
«Non dovete scusarvi, non è stata colpa vostra.»
«Sì, invece. Sono stato io a insistere affinché mi accompagnaste al ballo. Per questo vi porgo le mie scuse.»
«Non vedo il motivo. Sul serio.»
            Hideyori sospirò e si lasciò andare contro lo schienale del sedile, rilassandosi.
«Questo sarà il mio ultimo ballo. Ordinerò a Hiro-san di disdire ogni altro appuntamento.»
            Corrado rimase in silenzio, stringendosi nel mantello per sfuggire al freddo intenso della notte. Eppure, a dispetto degli sforzi, il gelo nel cuore non si attenuò. Hideyori gli stava dicendo che le lezioni erano terminate.
E con le lezioni terminavano i loro incontri.
«Va bene.» sussurrò flebile.
            Michaelmas Term, il primo periodo accademico, si sarebbe concluso nel giro di un paio di settimane e lui avrebbe approfittato per tornare a casa per Natale, dove avrebbe dimenticato Hideyori e quello che rappresentava. Forse, tutto sommato, era meglio finirla subito, prima che la storia diventasse seria.
Almeno per quanto lo riguardava.
            Il giapponese provò a guardarlo attraverso la tenue luce che proveniva dalla luna e che si infrangeva contro il vetro delle finestre e si domandò il motivo del tono sommesso. Si staccò dallo schienale e si chinò in avanti per posargli una mano sulla gamba.
«Rimanete con me stanotte.»
            Corrado trattenne il fiato prima di accettare. Se era un modo per dirsi addio non si sarebbe tirato indietro.
 
***
 
            Il bagno fu una liberazione dalla puzza di tabacco. L’acqua era così invitante e bollente che i due ragazzi vi si immersero con piacere e, senza accorgersene, si appisolarono ai bordi della piscina, seduti sullo scalino che percorreva l’intero perimetro.
            Corrado riaprì gli occhi quando un fascio di luce rifletté attraverso la finestra, finendo sul suo volto. Ancora assonnato, sbadigliò e si accorse di essere ancora in acqua.
Girò lo sguardo in cerca di Hideyori e lo vide addormentato dove lo aveva lasciato.
            Si stiracchiò, strofinò gli occhi e si immerse, pensando di aver trascorso la notte più strana della sua vita. Quindi uscì e si diresse nel bagno per svuotare la vescica, per poi sbadigliare e tornare nel caldo della piscina.
«Ohayō gozaimasu.» salutò Hideyori reprimendo uno sbadiglio.
«Buongiorno.» rispose.
            Il giapponese uscì dall’acqua per dirigersi in bagno e Corrado lo seguì con lo sguardo, sentendosi avvampare.
Gettò indietro la testa, riflettendo che avrebbe dovuto rivestirsi e tornare a casa, senza indugiare oltre. E tuttavia era così bello stare immersi, coccolati dal calore e sentirsi leggeri come una piuma, che il pensiero di dire addio a tutto, di dire addio a Hideyori, gli stringeva lo stomaco e gli frantumava il cuore.
            Prese coraggio e uscì, avvolgendosi nell’asciugamano. Osservò gli abiti lasciati sulla panca e fece una smorfia: puzzavano ancora di tabacco.
«Cosa fate?» domandò Hideyori uscendo dal bagno.
            Corrado sbatté le palpebre, pensando che fosse ovvio.
«Mi rivesto.»
            Hideyori gli si avvicinò, gli prese il volto a due mani e lo baciò.
«Avete così tanta fretta di lasciarmi?»
«Ehm... No, ma...»
«È da ieri che siete strano: cosa succede?» s’informò con aria preoccupata. «Capisco che vi siate annoiato e vi ho chiesto scusa.»
«No, no!» si affrettò a negare. «La serata non c’entra nulla. E poi non mi sono annoiato.» aggiunse sorridendo appena.
            Hideyori lo studiò con espressione assorta, in attesa di una risposta soddisfacente e Corrado inspirò a fondo per racimolare il coraggio.
«Avete detto che non parteciperete più a nessun ballo.» spiegò. «Ho capito che le nostre lezioni sono finite e che non ho più motivo per venire qui.»
            Oddio, ma cosa stava dicendo? Gli aveva appena detto che era andato solo per le lezioni e non per lui! Gemette e si nascose il viso con le mani.
            Gli occhi di Hideyori si strinsero e sul suo volto transitò per primo lo stupore, quindi l’irritazione e infine l’offesa.
«Io non sono un valido motivo?» soffiò.
            Corrado scosse violentemente la testa e un secondo dopo soffocò Hideyori in un abbraccio disperato.
«Perdonatemi.» supplicò. «Non intendevo quello che ho detto. Ho solo pensato che voi, sospendendo le lezioni, non volevate più vedermi.»
            Hideyori si sciolse dall’abbraccio e con occhi furiosi corresse:
«Io ho sospeso le serate danzanti, non le lezioni.»
            Corrado aprì la bocca, senza riuscire a replicare. Chinò appena di lato la testa, domandandosi se non fosse giunto a conclusioni affrettate.
«Perdonatemi.» ripeté confuso. «Ho pensato che non volevate più vedermi. Non volevo imporvi la mia presenza se... Sono mortificato.»
            L’altro strinse ancor più gli occhi, impossibilitato a capire quel ragionamento e Corrado si lasciò cadere sulla panca di legno, prendendosi la testa tra le mani.
«Oh, Dio!» gemette.
            Provò a spiegargli le sensazioni provate la sera prima e il conseguente dialogo in carrozza e solo allora Hideyori capì. Sedette accanto a lui e gli prese il mento per costringerlo a guardarlo.
«Inazuma o/ te ni toru yami no/ shisoku kana.» recitò.
            Corrado rimase a guardarlo, perdendosi nei suoi profondi occhi neri.
«È un haiku del maestro Matsuo Bashō.» tradusse Hideyori sfiorandogli le labbra con un bacio. «“Quando hai acceso la candela/ è stato come un lampo/ nel buio”.»
            Corrado avvertì un tuffo al cuore e un secondo dopo abbracciò Hideyori, sussurrando:
«Che Dio mi perdoni, ma ti amo. Ti amo, Yukihito-sama
            Hideyori sgranò gli occhi, impreparato a quella dichiarazione e al tu, che mai nessuno gli aveva rivolto.
Chi era costui che si arrogava il diritto di penetrare nella sua vita stravolgendola con i suoi modi bizzarri? Come osava dirgli così apertamente quelle cose? Come osava fargli battere così forte il cuore, tanto che pensava sarebbe esploso?
«Corrado-san, io...» balbettò, soffocato dal suo abbraccio. «Io non voglio perderti.» ammise sorvolando sulle formalità. «Mi dispiace per quello che hai potuto pensare, ma per me sei la candela che ha illuminato la mia vita. Io... Ah... perdonami, ma è il mio modo di dirti che ti amo.»
            Corrado si allontanò per guardarlo, beandosi del rossore sulle gote dell’altro, scosse la testa e non ci fu più bisogno di altre parole.
 
 
Santa Monica, California, 2013
            Tiziano saltellò appena sui piedi prima di prendere posizione, fissò l’avversario e sferrò un hasami zuki, un doppio pugno a forbice che disorientò l’altro. Approfittò di quell’esitazione e terminò il combattimento con un hiza geri, un calcio con il ginocchio.
«Ippon!» urlò il maestro mettendo fine alla dimostrazione.
            Tiziano sistemò il kimono e s’inchinò all’avversario, rientrando tra i karateka inginocchiati ai lati del tatami. Il maestro gli rivolse un sorriso e lui rispose di rimando.
«È tanto difficile raggiungere la cintura nera?» domandò un allievo ammiccando all’obi nero intorno alla vita di Tiziano.
            Questi scosse la testa e si concentrò sul viso del ragazzino che lo fissava con palese ammirazione.
«No, è sufficiente l’impegno.»
            L’altro abbassò lo sguardo sulla cintura bianca che avvolgeva il suo kimono e sospirò. Trattenendo il divertimento, Tiziano si chinò verso di lui e gli parlò all’orecchio:
«Quella non ha importanza. Anche io potrei portarne una bianca, ma il sensei non vuole. Ciò che conta,» concluse picchiando l’indice sulla testa del ragazzino, «è quello che sta qui dentro.»
            Il bambino sorrise, corroborato dalle parole che gli erano state rivolte e in quell’istante Tiziano udì squillare il cellulare. Si alzò, fece il saluto al tatami e corse a rispondere.
Era l’unico a cui il maestro concedeva di avere il telefono a portata di mano, poiché spesso lo chiamavano per lavoro. Ma quella chiamata non era lavoro.
«Sì, Marisol?»
«Sei ancora in palestra?»
            Il ragazzo si allontanò per non farsi udire e per non disturbare la lezione, confermando:
«Già.»
            Dall’altra parte si udì un borbottio in spagnolo e un attimo dopo Marisol urlò inviperita:
«Ti sto aspettando da mezz’ora! Che cazzo ti dice il cervello?»
            Tiziano allontanò il cellulare dall’orecchio per guardare l’ora e fece una smorfia: si era dimenticato l’appuntamento con Marisol. Merda! Chi l’avrebbe sentita ora?
«Ah... Dammi un quarto d’ora e arrivo.»
«Non un minuto di più!»
            Il ragazzo accettò e chiuse la comunicazione. Tornò accanto al tatami, sorrise all’allievo per incoraggiarlo e fece un cenno al maestro. Questi annuì e con un sospiro Tiziano andò a farsi la doccia.
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Myrddin Emrys