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Autore: reggina    01/09/2018    1 recensioni
È finalmente arrivato il giorno del diploma per Bright. In un giorno così importante, in un momento di malinconia e insicurezza, ci vogliono le parole giuste per convincerlo a credere che il futuro sarà comunque roseo.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Bright Abbott
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Gli ultimi due anni di liceo non sono stati una passeggiata.

I laboratori e il basket hanno reso tutto più sopportabile ma è stato comunque un periodo brutto, di quelli che non sai quanto lungo sia quel tunnel e, per molto tempo, quella luce alla fine è più una speranza che realtà.

Bright ha affrontato tutto quasi con una sorta di fiabesca determinazione e ha concluso che anche i fallimenti, che lo hanno portato a spogliarsi dell’inessenziale, hanno avuto dei benefici.

È finalmente libero perché anche se le sue più grandi paure si sono avverate è ancora vivo.

Così concrete basi sono diventate solide fondamenta su cui (ri)costruire il suo futuro .

Fallendo ha imparato cose su sé stesso che non avrebbe potuto imparare in altro modo: ha scoperto una volontà forte e più disciplina di quanto pensasse.

Ha scoperto anche di avere degli amici veramente inestimabili…


Stanotte non ha chiuso occhio e non gli è sfuggita Rose che, come una sentinella di ronda, si è affacciata di continuo alla porta della sua stanza per dare una sbirciatina a quello studio matto e disperatissimo.

E si è un po’ pentito per quelle parole che gli sono scappate quando suo padre lo ha visto con la penna tra i denti, lo sguardo perso e il viso sconcertato e ha cercato maldestramente di incoraggiarlo.

Quando lo ha zittito con un perentorio “Va di là!” Ad Harold non è rimasto altro da fare che ritirarsi in buon ordine come un bambino in punizione.

E, finalmente, il giorno del suo atteso diploma è arrivato!


- Una meta importante per ogni persona!

Direbbero con un caloroso sorriso d’affetto i suoi nonni materni, per l’evento accampati a casa Abbott già da due giorni.

Bright li inquadra.

E poi, dall’alto della sua postazione da civetta, sposta lo zoom sui genitori: sono una coppia stupenda, inseparabili come sempre, e lui si sofferma volentieri a guardarli mentre danno gli ultimi ritocchi.

Il giardino di casa è un tripudio di tavoli addobbati e decorazioni azzeccate.

Scatta qualche foto più da vicino e coglie il volto di Amy: non può che ammirare la spigliata bellezza di sua sorella e il modo in cui si muove in mezzo agli altri. Al suo fianco Colin la tiene stretta per la vita e annuisce un po’ goffamente, esibendo per un attimo un sorriso del tutto particolare che dona solo a lei.

Continua a fare inquadrature dalla finestra della vecchia mansarda che li ha visti giocare per ore da bambini ed è stata teatro di notti colme di solitaria adolescenza.

Scosta la tenda e si domanda perché se ne stia lì, da solo, come uno scontroso guastafeste quale non è.


Non lo sente arrivare.

Quando si volta, lo sorprende semplicemente sulla soglia, appoggiato con indolenza allo stipite, come se fosse casa sua: dopo anni che frequenta la loro famiglia forse Colin si sente proprio così, come se fosse un prolungamento della sua.

“Ti capita mai di bussare?”

Chiede Bright con un tono forse più infastidito di quanto vorrebbe.

Colin non perde il sorriso: per lui anche solo aver fatto tutti i gradini senza l’aiuto di nessuno e zoppicando un poco è una missione compiuta.

“Non ho mai capito come si fa! E poi mi chiedevo cosa ci fai quassù tutto solo…E tutto imbronciato!”

Bright rimette la reflex nella custodia mentre l’altro non ce la fa più a stare in piedi e si appoggia con naturalezza al letto in legno grezzo ben rifatto.

Lo sguardo da canaglia di Colin non lo lascia neppure per un secondo, la mano batte sul copriletto per invitarlo a raggiungerlo ma è soprattutto quel tono da fratello maggiore a convincere Bright ad essere completamente onesto.

“E se non dovessi farcela? Ho devastato la mia mente e il mio cuore per cercare di capire come dovrei sentirmi oggi, cosa voglio dal mio futuro ma ho soltanto quei sogni infranti, che mi sono rimasti tra le mani a lungo dopo essere diventati cenere!”

Non nega, non sdrammatizza. Si porta una mano alla nuca e guarda Colin con occhi colpevoli, implorando comprensione.

Una macchina del tempo: ecco cosa vorrebbe! Per tornare a quando erano piccolini, degli scolaretti.

Per tornare a quel tempo in cui si divertivano un sacco, parlavano di cose reali, della vita e del senso di essa. Immaginavano il loro futuro liscio come l’olio e creavano pensieri di pura fantasia.

Tutto era più semplice allora!

Vorrebbe semplicemente tornare alla vita di prima, allegra, spensierata, priva di qualsiasi paura. Prima che la montagna gli crollasse addosso e li lasciasse, per sempre, con le ossa rotte .


Colin prende un grande respiro e cerca di controllare la paura e la nausea che ha al solo pensiero di toccare quel nervo scoperto. Sono i suoi occhi svegli e quel sorriso storto a mettere alle strette Bright.

“Spesso il bello della vita ci passa davanti e noi non lo riconosciamo perché ce lo aspettavamo in tutt’altre sembianze!”

Sono poche parole ma sono quelle giuste.

Sono un incentivo a non diventare schiavo delle cose non realizzate, delle possibilità non vissute. Quel “Se” che nei giorni del rimpianto è stato lungo più di mille lettere è un enorme spreco di energia, non vi si può costruire nulla sopra.

E a farlo capire a Bright è il suo migliore amico: è questo Colin concreto e realista che, dopo aver rischiato di morire, ha fatto del tempo la sua valuta più preziosa.

Questo Colin che lo persuade con il suo convincente e fondato : “Sarai all’altezza!” Mentre gli sposta la nappa del tocco sul lato destro e scaccia quella patina di sottile malinconia.

   
 
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