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Autore: HOPE87    10/07/2009    2 recensioni
"L’espressione della donna alla quale si era rivolto mutò repentinamente, facendosi ad un certo punto disperata. David Terris pensò, per l’ennesima volta da quando aveva ottenuto quel caso, che non si era mai trovato di fronte ad una situazione simile."
Genere: Thriller, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo strano caso

Lo strano caso

 

 

 

-         Smettila di agitarti! Mi stai facendo saltare i nervi! - .

-         Non è colpa mia se sono agitata! È la situazione che è assurda! - .

-         Fa silenzio! - .

-         Ma che ho detto di male? - .

-         Sta zitta, idiota! - .

-         Certo che quando ti ci metti sai essere davvero antipatica… - .

La porta dello studio in cui la conversazione si stava svolgendo già da tempo si aprì, e un giovane poliziotto dall’aspetto giovane e l’aria taciturna fece il suo ingresso, spostando lo sguardo lentamente all’interno della stanza spoglia.

-         Che carino… - .

Gli occhi neri del poliziotto scattarono sul suo volto, pronta a incenerirla.

-         Faresti meglio a tener chiusa quella fogna, deficiente! - .

Marsha deglutì, abbastanza rumorosamente, abbassando subito dopo gli occhi per non dover sostenere per un attimo in più quelli del giovane in completo grigio che sedeva di fronte a lei.

-         Sono il detective David Terris – si presentò il giovane, estraendo da una busta di carta – con la quale era entrato – dei fogli grandi quanto l’involucro cartaceo che li conteneva.

-         Taci - .

Il commissario Terris sollevò gli occhi dalla busta di cui stava ancora esaminando l’interno, puntando gli occhi sulla donna.

-         Prego? – chiese con tono spazientito, socchiudendo gli occhi fino a farli divenire due fessure.

-         Ehm… - si schiarì la voce tossendo più volte, massaggiandosi il collo per temporeggiare. – È un po’ nervosa… Non ci faccia caso… la prego… - .

David Terris continuò a tenere lo sguardo puntato di fronte a se per un po’ di tempo, ritornando poi a concentrare la sua attenzione sui fogli estratti dalla busta, sbattendo le palpebre più volte in preda al nervosismo.

-         Signorina Bens – pronunciò improvvisamente, in tono solenne, il detective, attirando così l’attenzione di entrambe le sue interlocutrici. – Sa perché è qui? - .

-         A dire il vero… - .

-         Sì - .

-         No! - .

L’espressione della donna alla quale si era rivolto mutò repentinamente, facendosi ad un certo punto disperato.

David Terris pensò, per l’ennesima volta da quando aveva ottenuto quel caso, che non si era mai trovato di fronte ad una situazione simile.

-         Lei è accusata di omicidio, signorina Bens – spiegò Terris, con una pazienza che non immaginava di possedere, voltando lentamente, uno ad uno, i fogli che fino a un minuto prima stringeva convulsamente in una mano, stropicciandoli.

Marsha capì in quel momento che si trattavano di fotografie. E non di fotografie comuni.

-         Ma cosa… - provò a dire la donna balbettando, sgranando gli occhi su ogni scatto macabro, ritraenti corpi dilaniati, con arti mancanti o sfondati, in diverse prospettive.

-         Sono state trovate le sue impronte digitali. Non sarebbe ora di confessare? – chiese il detective con una calma invidiabile, scandendo meticolosamente le parole.

Quando aveva ottenuto il caso e ne era giunto alla soluzione, non credeva a se stesso. Non riusciva ad immaginare come fosse stato possibile arrivare ad un risvolto simile e si era incaponito, volendo constatare, coi suoi occhi, quella che sembrava essere l’unica verità.

Non era tipo da risultare così cinico, era solo curioso di vedere fino a che punto si sarebbe spinta l’indagata quella volta. Soprattutto in quelle condizioni.

-         Co-confessare? Di cosa sta parlando? - .

-         Taci! - . Sobbalzò.

-         Perché mi ha fatto vedere queste foto…? – piagnucolò.

-         Falla finita! Falla finita adesso! - .

-         Che accidenti dici? - . Si voltò alla sua destra, digrignando i denti tra le lacrime.

Il detective Terris osservò la scena allucinato, con occhi sgranati, decidendo di voltare la testa in direzione dello specchio apparente, al di là del quale sapeva che dei suoi colleghi li stavano monitorando.

-         Sei una piagnona! Una piagnona! -.

-         Sta zitta! - .

-         Per questo ti trovi in questa situazione! Se avessi lasciato fare tutto a me, a quest’ora non saremmo qui! - .

Terris continuò ad osservare incredulo la scena, ascoltando attentamente i botta e risposta che continuavano a scambiarsi le due donne che aveva di fronte.

Guardò alla destra dell’accusata, ritornando velocemente ad osservare perplesso lei, estraendo un fazzoletto di stoffa da una tasca dei pantaloni e asciugandosi la fronte madida di sudore.

-         Come hai potuto… - mormorò la donna tra le lacrime, portandosi entrambe le mani sul volto.

-         Falla finita. - .

-         No! - .

-         Falla finita. –

-         NO! - .

-         FALLA FINITA O LA FACCIO IO! - .

-         SMETTILA! - .

-         D’accordo. - .

Una strana sensazione scosse Terris, quando vide la scena placarsi così com’era sorta. Si rese conto solo dopo di aver trattenuto il fiato.

Osservò l’accusata ancora una volta, soffermandosi sul considerare il suo fisico mingherlino, le mani piccole dalle dita sottili, il vestito rosso a fantasia fiorata che la vestiva, corto abbastanza da lasciar intravedere le ginocchia.

Un fisico per niente possente.

Era chiaro che fosse stata aiutata da qualcuno… anche se il solo pensiero gli procurava la pelle d’oca.

La vide continuare a piangere, col viso nascosto tra le mani.

Si alzò, sistemandosi la giacca, recuperando velocemente tutte le fotografie che aveva sparso sul tavolo, senza, però, perdere d’occhio le due interlocutrici.

Le dita di Marsha si allargarono, mostrando due occhi curiosi e attenti, arrossati dal pianto.

-         Sei rilassata, Marsha? - .

Terris, incuriosito da quel timbro vocale strano che veniva emesso per l’ennesima volta, ebbe il tempo di voltarsi solo a metà, prima di vedersi aggredire dalla donna.

Era saltata sul tavolo e afferrato la sedia sulla quale sedeva il detective con entrambe le mani, sollevandola e colpendo l’uomo in pieno volto, facendogli perdere sangue da un punto indefinito della fronte.

Terris si sbilanciò, completamente impreparato all’aggressione, cercando di recuperare l’equilibrio e di tenere a bada la donna, ma quella continuò a colpirlo, ripetutamente e con forza. Una forza che non credeva potesse avere una donna di quella costituzione.

Marsha continuò a colpirlo anche quando lo vide cadere a terra, e dopo avergli assestato un colpo in mezzo alle gambe e uno in testa, lasciò perdere la sedia e trascinò l’uomo per i capelli fino al tavolo.

Dei poliziotti entrarono nel momento in cui la donna, calcolata la distanza, ebbe schiacciato la testa di Terris con il bordo del tavolo, facendogli emettere un sinistro crack, seguito da una chiazza di liquido vermiglio che andava estendendosi a dismisura.

-         Oh mio Dio, che cos’hai fatto! - .

-         Quello che avresti dovuto fare tu, sgualdrina! - .

I tre poliziotti accorsi videro il volto della donna cambiare espressione a seconda di ogni frase pronunciata, ognuna delle quali veniva emessa con timbro vocale diverso. Dovette intervenire un quarto uomo per portarla via da lì.

 

-         Cristo santo…  - mormorò un collega di David Terris dalla sala di monitoraggio, ancora attonito per la scena svoltasi nel giro di pochi secondi davanti ai suoi occhi.

-         Ecco spiegato come diavolo abbia fatto a massacrare l’intera famiglia… - aggiunse un altro, bianco come un cadavere, con gli occhi sbarrati puntati sul cadavere di Terris, che in quel momento veniva coperto con un lenzuolo.

-         Ma chi cazzo è? Che cazzo ha? – chiese un terzo, scattando indietro come se avesse preso una scossa elettrica, con la faccia più turbata di tutti.

-         Lo psichiatra che ha seguito il caso l’ha definita “Sindrome della doppia personalità” – rispose un terzo, lanciando una penna contro il vetro divisorio e lasciandosi cadere sulla sedia alle proprie spalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Angolo dell’autrice…

 

Uhm… NO. Non mi piace *agita la testa a destra e a sinistra, facendo preoccupare i lettori, ai quali, quella, risulta una scena molto familiare…*

 

Buahahahahah! No, tranquilli, cioè sì, sono pazza, ma non arrivo a quei livelli XD

(Non ancora vorrai dire… ndTutti)

 

Vabbè, bando alle ciance, non vi ho nemmeno salutati u__u’

 

Salve! Sono ritornata in questa sezione con una nuova storia, liberamente ispirata al romanzo “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di Stevenson. Non a caso ho deciso d’intitolarla “Lo strano caso”, facendo un riferimento sia al caso clinico psichiatrico che al caso poliziesco.

 

Che aggiungere? Ulteriori delucidazioni? (le aggiungo non perché metto in dubbio la vostra attenzione, ma perché temo io di non essere stata sufficientemente chiara)

Dunque dunque: le parole scritte in corsivo (quelle al plurale) sono riferite all’altra lei, quella che all’inizio trae in inganno (spero, l’intento era quello >__>) e che alla fine si svela, massacrando il povero detective curioso.

Quindi fate un paio di collegamenti e capirete che anche il detective si riferiva ad una seconda persona perché aveva compreso che all’interno dell’accusata, fondamentalmente, si contendevano il controllo del corpo due personalità.

La carissima e dolcissima Marsha Bens, per tutta la durata della storia, non fa che parlare con se stessa.

 

Riguardo ai nomi dei personaggi: non ho la più pallida idea se esistano davvero il nome Marsha e il cognome Bens, così come non so se esista il cognome Terris (David è un nome abbastanza usuale… su cui non mi ci soffermo con questo dubbio). Ho lasciato libero arbitrio alla fantasia, così come al trattamento di quest’inquietante e affascinante sindrome. Non l’ho approfondita, l’ho semplicemente usata ed, essendo questo un horror, come tutti gli horror che si rispettino ho esagerato.

*Passo e chiudo*

 

Che altro? Non scrivo e mi sottopongo al giudizio di voi splendidi lettori da un po’, quindi, tirate fuori tutta la severità di cui disponete e commentate!

 

A proposito di commenti, volevo ringraziare chi ha scritto la sua in merito all’ultima storia postata in questa sezione, cioè “La fuga”.

Un ringraziamento a Mat_y, Mon-chan, Antote e Kia_do87 per aver commentato. *inchino*

 

Ora vi lascio, sperando di avervi fatti perlomeno ridere (nell’eventualità in cui questa storia vi sia risultata patetica come lo è risultata a me leggendola ç__ç).

 

Senza alcuna pretesa

HOPE87

 

   
 
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