Serie TV > Poldark
Segui la storia  |       
Autore: lady lina 77    06/09/2018    1 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I giorni successivi all'incontro con Dwight erano stati strani a Nampara, come se il tempo si fosse fermato e avesse lasciato tutto in sospeso...

Ross aveva continuato a dormire in biblioteca e ogni discorso su Elizabeth e sul bambino che aspettava era stato congelato dietro a un ostinato mutismo. Era strano, era come se si crogliolasse nell'illusione che, se non avesse affrontato l'argomento, il problema si sarebbe risolto da solo in un modo o nell'altro. E poi c'era Demelza e voleva lasciarla tranquilla, come aveva prescritto il dottore. E affrontare quell'argomento poteva essere pericoloso e quindi andava rinviata qualsiasi discussione, qualsiasi decisione che, giorno dopo giorno, diventava sempre più inevitabile...

Sua moglie, di contro, aveva ascoltato le prescrizioni di Dwight. Ross non avrebbe mai creduto di poterla vedere a letto per giorni e invece fu quello che accadde... Rimase a letto, mangiò a letto, giocò con Jeremy a letto e per ogni cosa di cui avesse bisogno, Demelza chiedeva a Prudie.

Era sfinita, Ross lo vedeva bene e sapeva che non era solo per la gravidanza. L'espressione di Demelza era perennemente triste, i suoi occhi sempre arrossati e il suo viso solitamente luminoso, era pallido e sofferente. Quando giocava con Jeremy, quando la sentiva ridere con lui, di soppiatto li spiava dalla porta per accertarsi che lei stesse meglio ma ogni sua speranza svaniva appena osservava i suoi occhi: spersi, tristi, opachi... E sembrava che nulla, nemmeno il sorriso che si sforzava di fare al loro bambino, potesse curare quella tristezza perenne di cui lui era responsabile.

Demelza non gli parlava, se non per motivi di assoluta necessità o per facezie che riguardavano Jeremy. Era Prudie a fare da tramite fra loro, per lo più. E pure Dwight, che veniva ogni giorno a visitare sua moglie, non gli rivolgeva la parola.

Ross si sentiva in trappola, sfinito e senza forze. Mai gli era capitato di sentirsi così e non trovava via d'uscita...

Il silenzio da Trenwith di quei giorni sarebbe presto finito, lo sapeva e non poteva illudersi del contrario. Elizabeth sarebbe tornata e avrebbe reclamato ciò che le spettava di diritto: la sua presa di coscienza e il suo assumersi le proprie responsabilità.

Ross non riusciva a pensare al bambino in arrivo, non quello di Elizabeth! Era preoccupato per la gravidanza di Demelza, per Jeremy che respirava la grande tensione che si era creata in casa, per il suo matrimonio... Ma non riusciva a pensare al figlio di Elizabeth o, se ci pensava, non riusciva a sentirlo suo. Era come se quell'imposizione voluta e decisa dal destino fosse una condanna e una punizione per quanto aveva fatto.

Sapeva che Elizabeth lo aveva guidato esattamente dove voleva, Demelza aveva ragione, lei aveva ottenuto quello che voleva.

Ma era davvero colpa di Elizabeth? Lui era davvero la povera vittima della situazione?

Sarebbe stato bello e comodo pensarlo ma sapeva che non era così. Per mesi, forse per anni aveva sognato di avere quella donna che il destino e Francis gli avevano rubato e che sentiva di aver perso ingiustamente e dalla morte di suo cugino, quel giovanile ed egoistico sentimento che lo univa a lei era riesploso, lasciando indietro coloro che amava e che lo amavano.

Quanto era successo con Elizabeth era stato voluto, da lei come da lui.

E in un atto egoistico, infantile e senza senso in cui non aveva pensato alle conseguenze, aveva distrutto tutto quello che la vita gli aveva dato di bello e prezioso: la fede di sua moglie, la serenità di suo figlio e il loro futuro insieme. E ora cosa sarebbe successo? Che ne sarebbe stato del suo matrimonio e del suo ruolo di padre? Ora che aveva toccato con mano quanto effimero e malato fosse quel desiderio ossessivo verso Elizabeth, ora che aveva distrutto tutto, come avrebbe fatto? Come avrebbe fatto a raccogliere i cocci e a conciliare tutto, sempre che fosse possibile? E facendo una scelta che ai suoi occhi e al suo senso del dovere sembrava inevitabile, quanto male avrebbe fatto a chi meno se lo meritava?

Rimuginò davanti al camino a lungo, quella sera, nel silenzio di fine estate che avvolgeva Nampara. Demelza dormiva ormai da ore o quanto meno così sembrava, Jeremy era ormai tranquillo nella sua culla e Prudie, al piano di sopra, aveva sistemato ogni cosa.

E lui? Lui sarebbe andato a letto da solo, nella sua brandina, in biblioteca, come sempre...

Sorseggiò il suo brandy – era ormai al quarto bicchiere – e si apprestò ad alzarsi dalla panca, quando udì i passi pesanti di Prudie dietro di lui. "Va tutto bene, di sopra?" - le chiese.

"Sì! La signora sta leggendo un libro ed ha del miracoloso che abbia ascoltato i suggerimenti del dottore e sia rimasta a letto per dieci giorni. Ormai i dolori dovrebbero essere passati ma per fortuna prolunga il suo riposo".

Ross scosse la testa. Demelza non stava riposando, Demelza era sfinita psicologicamente, tanto duramente da non trovare le forze per tornare quella che era prima di tutta quella storia. "Quanto meno, il bambino starà bene".

Prudie si sedette sulla panca accanto a lui e Ross le versò un bicchiere di brandy. Ultimanente, miracolosamente, aveva trovato solo in lei una fidata confidente, lei che lo conosceva fin da quando era un bambino smarrito che aveva perso la mamma. "Signore, il bambino starà bene e forse anche la signora, quando avrete parlato per bene di tutto quello che è successo".

Ross sospirò, Prudie sapeva tutto ed era inutile girarci attorno con lei. "Se parlo con lei di Elizabeth, la farò stare male di nuovo".

"La fa star male anche non parlarne".

Ross si mise le mani fra i capelli. "Non so cosa fare!".

E la serva disse la cosa più ovvia ma anche la più difficile da accettare. "La cosa giusta, signore".

"Non esiste una cosa giusta, però. Qualsiasi cosa farò, ferirò qualcuno".

Prudie lo fissò, laconica. "Dovevate pensarci prima!".

Ross sussultò. Era la schiettezza semplice della gente del popolo che parlava, quella più autentica e più pratica. Era vero, come darle torto? Era colpevole su tutto ed era pronto ad ammetterlo a se stesso, ma era anche consapevole che non si poteva tornare indietro e bisognava andare avanti, in qualche modo. "E' nella natura umana sbagliare, Prudie".

"Quindi, se avesse fatto questo sbaglio la signora, l'avreste presa allo stesso modo?".

Punto sul vivo, Ross scattò sulla sedia. "Non è la stessa cosa!".

"Oh certo! L'uomo può fare come gli pare e uscirne fuori dicendo che può capitare! Una donna invece no, deve stare a casa accanto al focolare, zitta e sorridente, mentre il marito la tradisce e fa un figlio con un'altra!".

Detto così, era brutale! Faceva male quella verità, anche perché non c'era molto che potesse replicare o imputare a Demelza se avesse fatto qualcosa a danno della loro famiglia come aveva fatto lui. "Prudie...".

"Discuterne fra noi non serve a niente, signore! Quando eravate un moccioso e sono venuta quì, appena morta la signora vostra madre, quando combinavate qualcosa vi prendevo sulle ginocchia e vi riempivo il sedere di sculacciate! Ora non posso farlo – anche se vorrei – e quindi la punizione e la via d'uscita ve la trovate da solo! Siete un uomo, un marito e un padre! Decidete secondo coscienza!".

Ross la guardò storto, sapeva che non stava scherzando, soprattutto sulle sculacciate. Scosse la testa, su una cosa Prudie aveva ragione: era un uomo adulto e doveva comportarsi come tale. "La coscienza mi suggerisce di pagare la mia colpa e prendermi ogni tipo di responsabilità verso chi ho maggiormente danneggiato".

Prudie spalancò gli occhi, improvvisamente agitata. "Non vorrete...".

"Devo farlo, devo prendermi cura di chi non è in grado di farlo, soprattutto in virtù di quello che è successo. Se scegliessi ciò che voglio, ciò che desidera il mio cuore, starei quì. Ma essere un uomo, come dici tu, mi spinge a scegliere ciò che DEVO. Capisci, Prudie?".

La domestica si alzò in piedi, sbattendo le mani sul tavolo. "Giuda, siete sposato, avete un figlio e un altro in arrivo. Mi state dicendo che volete...".

"Sto dicendo che DEVO prendermi le mie responsabilità. Demelza è forte, sa cavarsela da sola e io ci sarò sempre per lei. Sarà aiutata da tutti, è amata e sa affrontare ogni cosa. Elizabeth invece...".

"E' una gattamorta che vi ha fregato come un poppante!" - tuonò Prudie. "E per lei volete far del male a chi vi ama e ai vostri bambini".

Ross si alzò in piedi, di scatto, fronteggiandola col viso. "Prudie, è solo una formalità e non pensare che lo faccia a cuor leggero. Non cambierà ciò che provo per Demelza e non cambierà il mio ruolo di padre".

Prudie scosse la testa, esasperata e con gli occhi lucidi. "Giuda, come potete dirlo? Annullare un matrimonio cambia tutto! Come potete pensare di... di farlo... e illudervi che rimarrà tutto uguale?".

"Devo farlo!" - le disse ancora, esasperato e allo stesso tempo consapevole di quanto poco lucido fosse nel prendere quella decisione di cui voleva testardamente ignorare le conseguenze.

La donna indietreggiò fino alla parete. "Volete farlo... Volete sempre andare da quella là, a Trenwith".

"Non è vero".

"Sì che lo è! Lasciate sempre sola la signora, per la gattamorta e il suo bambino. Mentre per il vostro, di bambino, non avete mai una parola gentile o il tempo per dargli attenzioni".

Si sentì morire a quelle parole perché era vero, aveva trascurato a lungo la sua famiglia ma non era solo a causa di Elizabeth rimasta vedova e sola e per il senso di responsabilità che sentiva verso di lei. C'erano stati la miniera da salvare, i minatori, i debiti...

Come leggendogli nel pensiero, Prudie lo gelò di nuovo. "Avete tanti pensieri e vostra moglie e vostro figlio non sono mai al primo posto".

Abbassò il capo, che doveva fare? Aveva ragione, era stato un pessimo marito e anche se mai, MAI avrebbe desiderato fare del male a Demelza, in fin dei conti gliene aveva fatto. Aveva fallito, come marito e come uomo. E come padre... Non aveva voluto Jeremy e anche quando era nato, gli si era tenuto lontano. Aveva avuto paura di amarlo, aveva avuto paura di rivivere quanto sofferto con Julia e tenendosi lontano, aveva finito col perdersi il bello che ogni bambino porta nelle famiglie dove viene al mondo.

"Sono arrabbiata!" - tuonò Prudie – "Vi prenderei a padellate sulla faccia per questo macello. E per quello che volete fare...".

"Non ti agitare Prudie, va a letto...".

La voce stanca e monocorde di Demelza, dalle scale, fece voltare entrambi.

Ross deglutì, non l'aveva sentita arrivare. Pallida come un fantasma, con indosso la camicia da notte e coi capelli sciolti che le ricadevano morbidamente sulle spalle, Demelza li fissava dall'ultimo scalino e solo Dio poteva sapere quanto avesse udito di quella conversazione. In un attimo fu da lei, non doveva stancarsi nelle sue condizioni... "Cosa ci fai quì?".

Lei non lo degnò di uno sguardo ma continuò a parlare con Prudie. "Va a letto, è tardi. La casa è in ordine e io sono scesa solo per scaldare un pò d'acqua e bere una tisana".

"Te la preparo io, ragazza" – si affrettò a dire Prudie.

"Va a letto" – ripeté Demelza, stancamente.

La domestica ubbidì, rammaricata e preoccupata per la piega che avrebbe preso quella serata. Lanciò un'ultima occhiataccia a Ross e poi, di corsa, andò su per le scale, in camera sua.

Rimasti soli, Ross guardò sua moglie. "Demelza, te la porto io la tisana in camera, va a letto".

Lei lo fissò freddamente, prima di avvicinarsi alla brocca sul tavolo. "Dovrò abituarmi a farlo da sola, stando a quanto hai detto, no? Meglio farlo da subito, anzi, meglio non perdere questa mia abitudine ad arrangiarmi".

Preda di tanti sensi di colpa, Ross tentò di avvicinarsi, preoccupato per lei e soprattutto per quello strano comportamento freddo, distaccato e distante che sua moglie stava usando. Ogni donna al mondo avrebbe dato fuori di matto, avrebbe urlato e pianto e lei invece... Lei era come diventata di ghiaccio. "Demelza, lasciami spiegare".

"Non c'è nulla da spiegare Ross, ho sempre saputo che sarebbe finita così. Mi chiedo solo perché tu ci stia mettendo tanto a correre da lei".

"Non voglio correre da lei!".

Demelza versò un pò dell'acqua dalla brocca a un bicchiere e poi prese delle erbe da un barattolo, versandocele dentro. "Non devi spiegarmi niente...".

Vinto dalla disperazione, Ross alzò la voce più di quanto avrebbe voluto, rischiando di svegliare Jeremy. "Demelza, non è la scelta che voglio fare, è quella che devo fare! Ho distrutto la sua vita, non la tua! Come potrebbe sopravvivere, da sola, a uno scandalo? Come potrebbe sopravvivere a George quando saprà? Come potrebbe farcela con due bambini? Chi la vorrebbe ancora come moglie, con un figlio illegittimo?".

Demelza lo aveva ascoltato in un silenzio glaciale, la sua espressione immobile come quella di una statua. "Non devi spiegarmi niente, lo so... Elizabeth è la povera damigella da salvare e tu vuoi essere il suo principe azzurro. So come funziona, ha sempre funzionato così fra noi! Ora hai la motivazione giusta per stare con lei".

"Demelza...".

Lei lo bloccò. "Quindi, che si fa? Dobbiamo andare da un prete? Da un giudice? Da un notaio? Elizabeth avrà fretta di concludere prima che si veda il pancione...".

Ross scosse la testa mentre sentiva il terreno che si sgretolava sotto i suoi piedi... "Demelza, non voglio parlare di questo, non ora e non con te! Devi riposare e non devi agitarti".

Lei lo guardò, i suoi occhi iniettati di rabbia che stridevano con il suo comportamento fermo ed irreprensibile. "Sono calma, non vedi? E dobbiamo parlarne, giusto? E' del NOSTRO matrimonio che stiamo parlando, tuo quanto mio. O la mia opinione non conta nulla anche in questo caso?".

Era terribile sentirla parlare così e rendersi conto di quanto poco l'avesse fatta sentire amata e importante. Ross sospirò e poi, con un gesto gentile le sfiorò il gomito, guidandola verso la sedia. "Mettiti comoda e ascolta, ti chiedo solo pochi minuti".

Stranamente, forse vinta dalla stanchezza, Demelza ubbidì. "Pochi minuti, Ross. Non voglio sentire nulla di quello che devi dirmi".

Si sedette davanti a lei, il suo cuore era a pezzi e solo in quel momento si rese conto di quanto sarebbe stato bello, di quanto avrebbe amato occupare il suo tempo per stare con lei, per giocare con Jeremy e per godere insieme dell'arrivo del nuovo bambino. Demelza era la sua vita e stupidamente aveva data per scontata la sua presenza, sempre... E ora? Ora che poteva fare per non perderla? "Ti amo" – disse infine, con il cuore in mano. Ed era la cosa più vera e sincera che avesse detto in quel giorno. "Il mio cuore ti appartiene e so che non puoi crederci ma è così. Non scelgo Elizabeth, scelgo te, sceglierò sempre te. Ma il mio senso di colpa mi spinge ad andare da lei che è stata l'amore di gioventù, una ossessione mai sopita e un affetto che sempre mi accompagnerà. Vado da lei perché la mia follia distruggerebbe la sua vita, ora! Ma non è amore, non quello vero, ora lo so! Sarà una formalità, credimi! Glielo devo ma questo non cambierà cosa provo per te".

Demelza fece un sorriso freddo, distante, sarcastico. "Come puoi dirlo? Annullerai il nostro matrimonio illudendoti che niente cambierà? Toglierai il tuo cognome ai nostri bambini e continuerai a considerarti loro padre?".

"Certo, perché io SONO il loro padre. E non è un atto scritto che cambierà questa cosa. Le formalità non hanno mai avuto importanza per noi, no?".

Ross tentò di prenderle le mani ma lei si ritrasse. "Non è una formalità! Sarai il marito di un altra e altri bambini porteranno il tuo cognome. Non più Jeremy, non questo bambino che aspetto".

"Io sarò sempre il padre dei nostri bambini e non li abbandonerò come non abbandonerò te!".

Demelza scosse la testa, la freddezza di poco prima vinta dalla stanchezza infinita che accompagnava ogni suo movimento o parola. "Non potrai farlo, non quando sarai sposato con Elizabeth".

"Perché no? Credi che firmando quell'annullamento, smetta di essere il padre dei nostri bambini?".

"Smetterai di esserlo per la legge. Non avrai più nessun diritto verso di loro ma soprattutto, non avrai doveri".

"Ma la legge non può spezzare un legame del genere! Io SONO il loro padre e questo non potrà cambiare per nulla al mondo".

Demelza lo guardò con aria di sfida. "Cambierà invece! Elizabeth non ti permetterà di avere legami con noi".

Ross scosse la testa. "Elizabeth avrà in sostanza ciò che vuole ma non può impormi una cosa del genere, non glielo permetterò".

Demelza abbassò lo sguardo mentre le sue mani tremavano. "Lei otterrà tutto come sempre e tu sei un illuso a credere il contrario. Sposerai lei e sarai suo marito, avrai dei doveri, Ross! Non puoi ignorarlo e far finta di nulla. Ti vorrà solo per se e per il suo bambino, vorrà Nampara, vorrà che noi spariamo dalla tua vita".

"E io non glielo permetterò!" - rispose lui, sicuro.

Demelza scostò il viso, pallida come un cencio. "Certo..." - sussurrò, sarcastica. "E noi? E io e te?".

Già, e loro? Ross non sapeva cosa dire, cosa fare, come avrebbe gestito ogni cosa ed era semplicemente in balìa di una tempesta che faticava a domare. Ma non voleva arrendersi, non per quanto riguardava lei. "Posso solo chiederti di avere pazienza, un giorno tutto si sistemerà".

"Come, Ross?".

"Non lo so. Lo scoprirò, però...". Fece per abbracciarla ma Demelza si ritrasse.

"No Ross, non voglio. Non mi toccare, non se sarai suo marito".

La guardò indietreggiare e si sentì improvvisamente solo. Avrebbe voluto avvicinarsi, stringerla a se e dimostrarle che la amava, tutte cose che avrebbe dovuto farlo prima e che non aveva mai fatto. E ora era forse troppo tardi... "Demelza".

Sua moglie, lasciando la tazza con la tisana che non aveva nemmeno sorseggiato sul tavolo, raggiunse le scale. "Sono stanca, vado a letto. Vacci anche tu e domani va da Elizabeth e comunicagli la tua decisione. Dirò a Prudie di aiutarti a preparare le tue cose da portare via".

"Demelza...".

Lei gli voltò le spalle, salendo le scale. "Va da lei, è inutile parlarne, hai già deciso. E sono stanca..." - ripeté di nuovo, con la voce rotta.

E Ross rimase solo, nella stanza. Solo, preda dei suoi demoni e della sua disperazione.

Solo, come sarebbe stato per molto tempo...




  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Poldark / Vai alla pagina dell'autore: lady lina 77